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SPENTE SENSAZION

Nel documento Poemi in prosa (pagine 189-193)

Sere trascorse in ginocchio, perduto in estasi di fronte a lei come innazi a una santa, pregavo di aver parte della felicità. Quando la sua voce – più dolce del mormorio delle palme in notti serene – proferì la suprema parola, ammutoliti desideri nostalgici si destarono in me. Ero felice, la sua voce era un canto. E i sogni mi presero al laccio quando ella mi parlò. Lunghi sospiri si levarono dalla mia anima. Gustai la dolcezza dai petali delle sue bianco-rosee labbra; e con volubili sorrisi accese in me il folle desio. Conturbanti piaceri eccitavano i miei desideri. Spirava un vento leggero, pareva un placido battito d’ali invisibili. Sgorgati dai calici dei fiori, dolci fragranze aleggiavano intorno a noi nella malinconica notte d’estate. Eravamo soli. Nell’oscura lontananza si confondevano le sagome delle case: parevano sepolcri, avviluppati nello stesso silenzio dei cimiteri.

L’attesi, nelle lunghe notti solitarie d’estate. La luna riversava ancora il suo immortale chiarore sull’albero sotto cui i suoi raggi avevano carezzavato il pallido volto dell’amata.

Compresi: mi aveva dimenticato. E me ne andai con l’animo affranto, celato sotto il velo di una profonda tristezza, me ne andai. Infiammate sensazioni di un tempo, riaccendetevi nell’anima! Voglio sentire brividi d’amore.

Nascosto, appartato, umile, adoratore soltanto della sua immagine, un pianto struggente di tempi trascorsi si desta negli sguardi e grandi gocce cadono sull’effigie adorata.

Spente sensazioni!

Il tiglio innalza la fronte verso l’eterno cielo azzurro e pare immerso in un placido, sereno sogno.

Il refolo ammaliatore del vento d’un tempo mi par ora triste voce di campana al funerale delle illusioni.

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SOLO

Una ad una cadono le foglie sperperate nella quiete del triste tramonto d’autunno. È pianto, amarezza, nell’essere tutto. Un’indefinita malinconia avvolge ogni cosa. Il tramonto vacilla la sua fiamma nello struggimento della sera. Da una casa s’innalza nell’aria fumo, e si disperde lieve come un sogno sereno, carezzevole, e lo seguo con lo sguardo finché si perde nelle altezze. Amore… amore, come fumo passi.

Sono solo, e la mia anima abbraccia la tristezza dell’intera natura. All’orizzonte si perde un pianto di gru. O, uccelli errabondi, perché non mi portate con voi nelle terre perennemente bagnate dalle acque dei biondi sogni, sotto un cielo in eterno sereno, di viali in fiore! Erranti uccelli, mi lasciate soltanto desideri di vaga nostalgia, in cui naufraga l’intera mia sensibilità. Il vento soffia di desolazione tra i rami sfogliati, la desolazione delle fiabe spente. Oh, come vorrei vagare sulle onde dell’Oblio, scordare il passato, vestire la sensibilità d’un abito nuovo.

Gli alberi straziati paiono immersi in un triste pensiero. Si effonde dal pianto dell’essere un’armonia calda, struggente, come una preghiera recitata in adorazione. Il sogno mi portava un tempo su onde di cristallo nel suo mondo, e mi smarrivo nella sua allettante magia.

Come sono triste!

Fanciullo sognatore un tempo, oggi cinico, triste, ogni illusione spazzata dal vento della sorte.

Da lontano, nell’aria d’autunno, giunge la vibrazione delle note di una roca campana, è un pianto per il giorno che muore, sono i brividi della fede.

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I sogni rosei d’un tempo sono velati dalla polvere dell’oblio. I miei sguardi aleggiano nella vaghezza della lontananza. C’è un che di quieto, e fragile, che risveglia in me nostalgici desideri, che mi chiama verso altri luoghi.

Solo…

Privo di amici, mi perdo nel “pianto della greve solitudine”. Nessuno che mi conforti, nessuno, nessuno… E quanto dolorosa è questa parola. Intorno a me è silenzio sereno, pacato.

Nessun amico! Tremo al pensiero di essere dimenticato. Fuori il vento piange sulla tomba in cui il tesoro è stato inumato. Le gru errabonde non si vedono più, la loro voce si è spenta in lontananza, ma la mia anima triste lamenta, perduta nell’ombra, lo struggente passato…

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NOTE ALLA TRADUZIONE ITALIANA

1 Costache Negri (1812-1876), scrittore e uomo politico romeno. Tra i

rivoluzionari del ’48, viaggiò molto all’estero (Germania, Francia, Italia, Impero ottomano), per studio e per piacere così come in qualità di inviato delle autorità romene del tempo, lasciando tra i suoi scritti anche la descrizione di un soggiorno veneziano.

2 Uno dei più importanti fiumi della Romania, che percorre da nord a

sud la parte occidentale della regione storica della Moldavia scorrendo in una vasta pianura alluvionale (n. d. t.).

3 Canto popolare romeno appartenente al genere lirico, che esprime in

parole e/o musica stati d’animo variati, dall’amore al dolore, dallo sradicamento alla rivolta sociale.

4 Uno dei personaggi femminili principali delle fiabe romene, che

spesso unisce le caratteristiche della fata buona e della bella principessa.

5 Statu-Palmă-Barbă-Cot, lett. “Altezza-un-Palmo-Barba-un-Braccio”,

personaggio delle favole romene descritto in genere come un vecchio alto una spanna e dalla lunga barba, dotato di poteri sovrannaturali.

6 Letteralmente “Via dei Prigionieri” o “degli Schiavi”; nome popolare

della Via Lattea, immortalato nell’omonima poesia dal poeta romantico Vasile Alecsandri, nelle note spiega: “Al tempo delle incursioni dei tartari, i prigionieri che riuscivano a fuggire tornavano in Moldavia seguendo la direzione indicata da questo fenomeno celeste”.

7 Riferimento alla bruciatura delle stoppie, ovvero alla pratica contadina

di incendiare i campi dopo la mietitura allo scopo di ripulire il terreno da stoppie e piante infestanti e prepararlo a una nuova aratura.

8 Rimando alla credenza popolare secondo cui al di sopra dei punti in

cui sarebbero sepolti dei tesori, sovente dei tumuli, arderebbero (soprattutto in alcune notti dell’anno come la Pasqua e l’Anno nuovo) delle fiamme azzurre.

9 Incipit della strofa finale del Dies irae, sequenza della Messa di

Requiem - che in vari Requiem composti ad esempio da Mozart o Verdi compare come movimento a sé stante.

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ŞTEFAN PETICĂ

Nel documento Poemi in prosa (pagine 189-193)

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