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Lo stadio può essere considerato a tutti gli effetti un edificio tipico del mondo greco. Per l’origine e lo sviluppo di questa tipologia monumentale si rimanda alla sezione ‘Stadio’. Qui di seguito analizzeremo le trasformazioni architettoniche e funzionali che gli stadi greci ed in particolare quelli dell’Asia Minore conobbero in seguito all’imporsi del dominio romano su tutto il mondo greco-orientale.

Mentre in Occidente gli anfiteatri romani conobbero un’importante diffusione, in Oriente non godettero della stessa fortuna. I Greci infatti erano soliti preferire ad essi i teatri e gli stadi per l’organizzazione di combattimenti gladiatori, venationes ed esecuzioni capitali in occasione delle cerimonie legate al culto imperiale. Così già a partire dalla fine del I secolo d.C. gran parte di questi complessi venne adattata per meglio assolvere a queste funzioni: in particolare l’orchestra di alcuni teatri fu circondata da una sorta di parapetto o da un alto podio; mentre le sphendonai di alcuni stadi vennero convertite in piccoli anfiteatri di forma ovale.1

3.1 I combattimenti gladiatori

Si è soliti ritenere che nel mondo orientale i combattimenti tra gladiatori si svolgessero principalmente nei teatri. In realtà la situazione era diversa. Questa tipologia di spettacoli divenne prassi abituale nelle varie realtà urbane solo in seguito all’introduzione del culto imperiale in Oriente nella fase iniziale del I secolo d.C.2 È necessario invece attendere addirittura la metà del secolo successivo per poter parlare della cosiddetta conversione delle orchestre dei complessi teatrali.3

A sostegno di questa teoria vi sarebbero alcune iscrizioni provenienti da Afrodisia. È probabile infatti che, in virtù dello stretto legame con Roma, in questa città della Caria i primi combattimenti si siano svolti già nella primissima età imperiale. In particolare lo studio delle lettere ha permesso di datare all’età augustea due documenti: il primo, ovvero un’iscrizione incisa su una base di statua, celebra un certo Papylos, agonothetes

1 Welch 1998, p. 122. 2 Welch 1998, p. 127 nota 25. 3

dei cosiddetti ‘contests of the Augusti’; il secondo riferisce di una familia composta da gladiatori e criminali, questi ultimi destinati alla damnatio ad bestias, appartenente a T.

Claudius Paulinus, sacerdote del culto imperiale.4 Vi sono poi due elementi che permettono di escludere l’impiego del teatro cittadino nell’ambito dei combattimenti: la conversione dell’orchestra, che sarebbe avvenuta solo durante il regno di Antonino Pio (138-161 d.C.), e le dimensioni della stessa, troppo piccole, in quanto conformi alla tradizione ellenistica, per ospitare questa tipologia di spettacoli.5 È quindi ipotizzabile che ai gladiatori, così come agli atleti ‘tradizionali’ fosse riservata proprio l’estremità curva (sphendone) dello stadio.

3.2 Venationes

Le venationes erano enormemente diffuse in tutto il mondo greco-orientale. Grazie alla documentazione epigrafica e alle evidenze architettoniche è possibile affermare che questa pratica veniva svolta abitualmente anche in alcuni stadi orientali.

Come i giochi gladiatori, anche l’organizzazione delle venationes era connessa con il culto imperiale. In particolare era compito dei sacerdoti mantenere gruppi (familiae) di gladiatori e combattenti, spesso piccoli criminali, da destinare alla lotta contro le fiere. A questo proposito sempre da Afrodisia proviene un documento epigrafico importante: si tratta di un’iscrizione, databile alla fine del I secolo d.C., nella quale si fa riferimento ad un sacerdote, un certo Zeno Hypsikles, il quale possedeva una familia composta da gladiatori, detenuti e cacciatori di tori (taurokathapsia).6 La taurokathapsia, un motivo di arte figurativa molto diffuso sui rilievi romani provenienti soprattutto dal mondo orientale, è in genere interpretata come la rappresentazione di un rituale officiato in concomitanza con la venerazione del toro. Questa pratica sacra consisteva in un salto acrobatico sopra l’animale; nel momento in cui il saltatore lo avesse afferrato per le corna, allora il toro avrebbe dato un colpo verso l’alto con la testa, fornendo così al saltatore la spinta necessaria per eseguire particolari acrobazie. Resta quindi da chiedersi in che luogo si svolgessero questi spettacoli. Abbiamo messo in luce in

4 Roueché 1993, n° 48, pp. 161-162; n° 13, p. 62. Per un approfondimento si rimanda alla sessione

‘Stadio – Funzioni’ presente all’interno della scheda del sito Aphrodisias di Caria.

5

Welch 1998, p. 127. Per la conversione dell’orchestra cfr. Reynolds 1991, p. 19.

precedenza come conversione dell’orchestra del teatro si dati solamente alla seconda metà del II secolo d.C. Prima di allora il diametro della stessa era di circa 25 m, uno spazio troppo limitato per poter ospitare manifestazioni di questo tipo. Possiamo quindi dedurre, a detta della Welch, che ancora una volta lo stadio rappresentasse il luogo ideale per gli spettacoli con i tori.7

Oltre all’elemento epigrafico vi è poi un’importante evidenza architettonica che sembra confermare l’impiego degli stadi per le venationes. Alcuni stadi romani presentavano un podio, alto all’incirca 1 m, la cui funzione era quella di separare la pista dalle gradinate occupate dal pubblico. È difficile credere che questo fosse in qualche modo connesso al tradizionale svolgimento delle gare di atletica; sembra invece plausibile ritenere che questa struttura agisse da protezione contro gli animali feroci. Sia nel caso dello stadio di Perge che in quello di Afrodisia infatti, sul profilo del podio in marmo sono visibili dei fori la cui funzione era quella di mantenere in tensione le corde legate ad un sistema di pali posti ad intervalli regolari lungo tutta la facciata della struttura per proteggere gli spettatori durante le venationes.8

3.3 Esecuzioni capitali

Lo svolgimento delle pubbliche esecuzioni all’interno degli stadi trova conferma negli scritti dei martirologi cristiani. Eusebio di Cesarea racconta come Policarpo di Smirne, discepolo di Giovanni apostolo e vescovo della sua città, venne arso vivo nello stadio cittadino per ordine del proconsole Stazio Quadrato dopo essersi rifiutato di compiere un sacrificio in onore dell’imperatore.9 Gli spettatori presenti allo stadio chiesero che Policarpo venisse affrontato da un leone. Il magistrato responsabile dell’organizzazione delle venationes spiegò che ciò era impossibile in quanto gli spettacoli con le fiere erano terminati per quell’anno. Questo episodio ci suggerisce che le persone erano abituate ad assistere alle esecuzioni capitali nello stadio. Un altro episodio risale al regno di Traiano Decio (249-250 d.C.) quando un altro vescovo, un certo Pionios, anch’egli originario di Smirne, venne arso vivo nello stadio della città.10 I vescovi cristiani rappresentavano il

7 Welch 1998, p. 123. 8

Welch 1998, p. 125.

9 Eusebius, Hist. Eccl. 5, 1. 10 Robert 1994, pp. 114-115.

pericolo più importante per l’autorità imperiale e per il mondo pagano in generale. Il fatto che essi fossero condannati alla pena capitale e che questa si svolgesse negli stadi lascia aperta la possibilità che il medesimo trattamento fosse riservato anche i piccoli criminali.