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Cautela storicistica, dunque, va praticata nell'approntare e nell'accogliere proposte comparative come quelle avanzate sopra. In questo senso, il lavoro di Bar-Asher Siegal sugli

Apophthegmata Patrum e il Talmud Babilonese, cui si accennava, è esemplare. Le premesse

metodologiche dell'autrice si fanno forti di un dato storico saldo e preciso: la compresenza, ovvero, del movimento rabbinico e di quello monastico nella Persia dei secoli VI - VIII.50 Esiste perciò un terreno

culturale condiviso a cui ricondurre le testimonianze letterarie, ebraiche e cristiane, in nostro possesso. La chiave di volta sarebbe costituta dalla traduzione siriaca dei Detti dei Padri:51 secondo Bar-Asher

Siegal, le "tradizioni siriache [avrebbero] raggiunto i monaci dell'impero persiano e, di conseguenza, i compilatori delle tradizioni talmudiche."52 Su questa base sarebbe dunque plausibile non solo

constatare analogie tra i due fenomeni religiosi, ma anche evincere, laddove l'evidenza letteraria lo consenta, direttrici genealogiche nella storia dei testi.53 In alcuni specifici casi, cioè, vigerebbe

un'effettiva relazione di dipendenza letteraria, al capo derivativo della quale starebbe il Talmud. Quest'ultimo avrebbe assorbito determinati materiali esterni - nel nostro caso, monastici - trasformandoli in testo rabbinico, che tuttavia porta ancora tra le righe le tracce dell'origine cristiana.54

Ma gli aneddoti sulle buone maniere che abbiamo accostato per affinità di forma e contenuto possono contare su una contiguità storica, geografica e letteraria pari a quella tra le tradizioni considerate da Bar-Asher Siegal? Da una parte, come si è detto, gli Apophthegmata Patrum fanno riferimento a un contesto storico e geografico e religioso ben delineato: monachesimo anacoretico e semi-anacoretico, Egitto, secoli IV - V. Dall'altra parte, quali sono gli estremi spazio-temporali di

DER? A più riprese si è attestato che i trattati del corpus Dereḵ Ereṣ portano in eredità un magma

filologico nel quale è difficile districarsi. La sola affermazione positiva - o positivista - che si è comprovata concerne la ricezione e la diffusione dell'opera; e, stando alla tangibilità e intelligibilità della tradizione manoscritta, si finisce nel medioevo europeo.55 Una distanza, questa tra i rispettivi

appigli storici, che è difficile ignorare.

Con la coscienza di tale limite, altrettanto difficile è non interrogarsi sulla legittimità di un confronto tra chreiai rabbiniche e monastiche sulle buone maniere. L'indagine su questi brani, in altre

49 Bar-Asher Siegal:2013 p. 67. Per una definizione ampiamente strutturale di ascetismo cf. Fraade:1986 p. 257. 50 Bar-Asher Siegal:2013 pp. 42 - 63.

51 Ibid. p. 41. 52 Ibid. p. 42. 53 Ibid. p. 28.

54 Ibid. p. 18. Tra gli esempi addotti e analizzati estensivamente dall'autrice vi sono le storie su Šimʻon bar Yoḥay nella caverna (yŠeḇ 9, 1 (38b) // bŠabb 33b; pp. 133 ss.) e su Eleʻazar ben Dordya (bʻAZ 17a; pp. 170 ss.).

parole, può rivelarsi di una qualche utilità nel identificare elementi di continuità o discontinuità rilevanti tra la cultura eremitica e il mondo rabbinico (o addirittura post-rabbinico)? La domanda chiama alla mente il celebre articolo polemico di Samuel Sandmel del 1962. Sandmel definisce

parallelomania la tendenza scientifica a scovare, tra letteratura neotestamentaria, rabbinica e del

secondo tempio, paralleli la cui ragion d'essere è del tutto irrilevante dal momento che non rendono conto di alcuna specificità notevole negli estremi confrontati:

Nella varietà dei giudaismi, come rappresentata da termini quali farisei, sadducei, Qumran, terapeuti, è un'area ristretta che distingue ciascuno di questi gruppi all'interno della totalità dei giudaismi. sono le aree distintive ad essere significative per distinguere il particolare, non le ampie aree comuni tra i vari giudaismi. [...] Le varietà di giudaismi, quindi, sono destinate ad accogliere paralleli reali che però non hanno rilevanza. Le connessioni tra due o più di questi giudaismi non sono determinate dai paralleli irrilevanti.56

La rilevanza, dunque, dovrebbe essere la condizione imprescindibile perché un'analogia sia funzionale a descrivere le interrelazioni tra fenomeni diversi di una stessa cultura. A complicare il nostro esperimento comparativo, come abbiamo visto, si aggiunge la distanza - o meglio l'impossibilità di calcolare la distanza - temporale e geografica tra le culture confronto. I punti di contatto che abbiamo individuato sono quindi abbastanza significativi da colmare il divario storico, legittimando così il tentativo? D'altro canto, sarebbe naturale ridurre l'ambito triviale delle buone maniere, come affrontato dai testi presi in esame, all'universalmente ovvio.57 Resta però il fatto che, seppure la cultura rabbinica è avvezza a cavillare sui dettagli del quotidiano, la letteratura cristiana registra raramente esempi di narrazioni sull'etichetta. Dalla tarda antichità al medioevo, anzi, il caso più lampante è costituito proprio dagli Apophthegmata Patrum.58 In quest'ottica, il dato letterario da cui siamo partiti - l'impiego della chreia - assume un tratto di specificità, più che di ovvietà accidentale. A porre su un piano comune testi di per sé non contigui come DER e Apophthegmata

Patrum non è solo l'obiettivo di formare l'ethos e la prassi dei membri di un determinato gruppo, ma è,

piuttosto, la realizzazione di tale obiettivo attraverso forme di discorso che vanno oltre la nuda precettistica. DER e Apophthegmata Patrum possono perciò essere letti come campioni letterari di come una micro-società rappresenta narrativamente il proprio habitus.

56 Sandmel:1962 p. 3.

57 E non a caso, se consideriamo il senso di normalità che il concetto di dereḵ ereṣ porta con sé, v. III.2.ii. 58 Di questioni di etichetta, in effetti, si occupa anche la letteratura delle regole monastiche ma, per l'appunto, in

termini di prescrizione, e non di narrazione. Sull'importanza della tradizione monastica nella formazione della letteratura di galateo v. ad es. Roussel:1994 pp. 3 - 15.

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