• Non ci sono risultati.

3.3

Spettroscopia a campo integrale

Molti strumenti del VLT utilizzano la spettroscopia a campo integrale (Integral Field Spec- troscopy, IFS). Essa viene chiamata anche spettroscopia 3D ed è una tecnica che permette di compiere osservazioni in tre dimensioni e ottenere simultaneamente informazioni di ti- po fotometrico e spettroscopico. In questo consiste la differenza sostanziale rispetto alla spettroscopia a fibre e alla spettroscopia long slit (2D). In particolare, la spettroscopia 3D permette di ottenere spettri sull’intera area di cielo osservata, mentre la spettroscopia 2D permette di ottenere spettri lungo la sola direzione spaziale in cui è disposta la fenditura. Utilizzando un IFS si ricavano, quindi, cubi di dati, come mostrato in figura3.3, che conten- gono informazioni spaziali e spettrali contemporaneamente. In particolare, il cubo di dati è descritto da due coordinate spaziali, X e Y, e da una coordinata spettrale, Z. Pertanto, lungo le direzioni X e Y viene campionata l’area di cielo, mentre lungo la direzione Z vengono campionati i conteggi in funzione della lunghezza d’onda. Inoltre, nel caso della spettro- scopia a campo integrale, una volta ottenuto il cubo di dati, ogni elemento spaziale viene chiamato pixel spaziale (spaxel) per differenziarlo dai pixel del rivelatore. In particolare, si ottiene uno spettro per ogni pixel del campo di vista e questo risulta utile soprattutto quan- do si vuole osservare una sorgente estesa. In questo modo si riduce il tempo di osservazione rispetto alla spettroscopia long slit, la quale, per ottenere le stesse informazioni, dovrebbe ripetere le osservazioni più volte.

Inoltre, un IFS, se utilizzato con il supporto delle ottiche adattive come nel caso di SINFONI, permette di osservare regioni estremamente dense, come le regioni centrali degli ammassi globulari.

Sono diversi, quindi, i vantaggi che la spettroscopia a campo integrale introduce rispetto alla spettroscopia 2D. D’altro canto, però, a differenza di tale tecnica, la spettroscopia 2D permette di ottenere alta risoluzione spettrale.

3.3.1

Spettrografi a campo integrale

Uno spettrografo a campo integrale è uno strumento complesso, solitamente costituito da due componenti: uno spettrografo standard e un sistema ottico, chiamato Integral Field Unit (IFU).

Lo scopo dell’IFU è quello di raccogliere sul piano focale del telescopio la radiazione prove- niente dal campo di vista osservato e disperderla per poi focalizzarla sul rivelatore presente all’interno dello spettrografo.

Esistono tre configurazioni ottiche diverse per gli IFU, in base a come essi riorganizzano la radiazione che raccolgono:

Figura 3.3: Esempio di data-cube: lungo la direzione X e Y viene campionanto il campo di vista, lungo la direzione Z vengono campionati i conteggi in funzione della lunghezza d’onda. Si ottengono contemporaneamente, quindi, informazioni spaziali e spettrali. In alto viene mostrata una singola slice del cubo ad una λ fissata. A destra, invece, viene mostrata una slice spettrale, che mostra lo spettro della sorgente intera (Credit: Stephen Todd (ROE) and Douglas Pierce-Price (JAC)).

• Matrice a microlenti (microlence array, MLA): un sistema di lenti collima la radia- zione proveniente da ogni elemento del piano focale in un punto diverso. Da qui la luce viene dispersa e poi focalizzata sul rivelatore all’interno dello spettrografo pre- sente nello strumento. In questo modo viene prodotto uno spettro per ogni microlente presente e, pertanto, la copertura spaziale sarà buona, a differenza di quella spettrale. Lo svantaggio principale, infatti, consiste in una limitata copertura spettrale, ai fini di evitare la sovrapposizione degli spettri provenienti da regioni spaziali adiacenti nell’immagine (Bacon et al.,1995;Lee et al.,2001).

• Fibre ottiche: in questo caso, per campionare la regione di cielo, viene utilizzato un fascio di fibre ottiche, il quale trasferisce la radiazione dal piano focale direttamente allo spettrografo. Si ottiene, così, un numero di spettri pari al numero di fibre uti- lizzate. Le fibre sono flessibili, pertanto, possono essere disposte in modo da non far sovrapporre gli spettri rendendo possibile, così, una copertura spettrale maggiore ri- spetto al caso precedente. Lo svantaggio, però, è che in questo caso il campionamento spaziale non è ottimale a causa della sezione circolare della fibra. Si può ovviare il problema aggiungendo una matrice di lenti al fascio di fibre, la quale raccoglie e col- lima in punti diversi la radiazione garantendo, in questo modo, anche la copertura

3.3. SPETTROSCOPIA A CAMPO INTEGRALE 37 spaziale (Allington-Smith et al.,2002;Barden & Wade,1988).

• Image-slicer: in questo caso il campo di vista osservato viene suddiviso in strisce sottili (slices) da uno specchio segmentato, il quale riflette la radiazione incidente in direzioni differenti. È presente, poi, un altro sistema di specchi che raccoglie tale ra- diazione e la riflette verso lo spettrografo, allineandola per simulare la presenza di una fenditura. Questo utilizzo del rivelatore permette di avere una buona risoluzione sia spaziale che spettrale, dal momento che non sono presenti spazi vuoti tra i segmenti dello specchio e che non si ottengono spettri sovrapposti. In particolare la risoluzio- ne spaziale in una direzione è data dalla PSF dello strumento e nell’altra direzione è determinata dalla larghezza della slice. Un altro vantaggio consiste nel non utilizzare lenti ed evitare, così, aberrazioni cromatiche (Content,1997;Vivès & Prieto,2005). Quest’ultima configurazione ottica descritta è maggiormente utilizzata in regioni infrarosse dello spettro e anche l’IFS utilizzato da SINFONI fa uso di un image-slicer. Lo strumento SINFONI verrà descritto più approfonditamente nel paragrafo3.4.

In figura3.4viene riportato uno schema riassuntivo delle tre configurazioni possibili de- scritte.

Figura 3.4:Schema riassuntivo delle tre configurazioni ottiche possibili per l’IFU e del loro funzio- namento: in alto si ha il caso del microlence array; al centro il caso delle fibre ottiche con aggiunta di lenti; in basso viene mostrato il caso dell’image-slicer (Credit: M. Westmoquette, adapted from Allington-Smith et al. 1998).