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La spettroscopia di fluorescenza dei raggi X ha trovato un ampio consenso perch´e `e possibile realizzare strumentazione portatile a costi ragionevoli e consente di ottenere rapidamente l’analisi elementale (qualitativa) dell’area investigata.

Come mostrato nello schema della figura D.1, mandando radiazioni ionizzanti (raggi X, raggi gamma, particelle alfa, ecc.) su un materiale, degli elettroni vengono strappati dagli stati pi`u legati degli atomi costituenti, lasciando quindi delle lacune nei livelli K, L, M, ...1 Successivamen-te, gli elettroni pi`u esterni riempiono le lacune e l’energia della transizione pu`o essere rilasciata sotto forma di raggi X di fluorescenza. Lo spettro di fluorescenza di ciascun atomo `e costituito da gruppi di righe come nel caso di eccitazione con elettroni visto nel precedente capitolo. Le pi`u energetiche sono le righe K, cui seguono le righe L, M , .... In figura D.2 sono riportate le energie delle righe K (cos`ı come quelle delle righe L e M ), che crescono in maniera regolare con il numero atomico Z dell’atomo eccitato e sono diverse da un atomo all’altro; il loro valore varia da un centinaio di eV per gli atomi pi`u leggeri (berillio, boro) fin oltre cento keV per gli elementi transuranici. Gli atomi pi`u leggeri con Z ≤ 10 (neon) hanno solo le righe Kα, mancando di elettroni M . Per lo stesso motivo anche le righe L sono presenti solo a partire dal sodio (Z=11) al crescere del numero atomico.

Figura D.1: Rappresentazione schematica del processo di emissione di fluorescenza X.

1Per una descrizione semplificata della struttura elettronica degli atomi e dei simboli usati, si veda l’appendice???

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Figura D.2: Energia delle righe di fluorescenza Kα1, Lα1e Mα1in funzione del numero atomico Z degli elementi.

Una misura di fluorescenza di raggi X consiste nell’ottenere lo spettro di fluorescenza (in-tensit`a dei raggi X che lasciano il campione in funzione della loro energia) da una piccola area del campione in esame. L’energia delle righe trovate consente di individuare univocamente gli elementi presenti nel materiale e la loro intensit`a `e funzione della concentrazione delle specie atomiche presenti.

In laboratorio si possono avere apparecchi per misure di fluorescenza dei raggi X che funzio-nano o a dispersione di energia secondo lo schema descritto oltre, o a dispersione di lunghezza d’onda. In questi ultimi i raggi X di fluorescenza sono raccolti da un cristallo di diffrazione; in base alla legge di Bragg 2d sin θ = nλ, variando l’angolo θ di incidenza sul cristallo e quello cui si posiziona il rivelatore, si selezionano le diverse lunghezze d’onda emesse con un elevato potere risolutivo. Inoltre, la camera di misura `e in vuoto, per cui si arriva a raccogliere la fluorescenza anche degli elementi pi`u leggeri. Con la strumentazione da laboratorio `e possibile arrivare a sensibilit`a di alcune parti per milione.

La strumentazione portatile necessaria per eseguire la spettroscopia di fluorescenza X si basa sul metodo a dispersione di energia (ED-XRF: energy dispersive X-ray fluorescence). La testa di misura, montata su un sistema di posizionamento, consiste di un generatore di raggi X di bassa potenza e con fascio ben collimato sia per motivi di sicurezza che per selezionare una piccola area del campione da analizzare, e di un rivelatore di raggi X a stato solido. Non esiste un componente dispersivo, bens`ı si ricorre a dei processi fisici, per cui, nel rivelatore, si genera un impulso di corrente per ogni fotone X rivelato, la cui ampiezza `e proporzionale all’energia del fotone. Gli impulsi, amplificati e formati da un amplificatore, sono suddivisi e contati in vari

”canali” mediante un altro strumento, la scheda multicanale. La scheda multicanale `e collegata ad un calcolatore portatile (PC), necessario per raccogliere, memorizzare ed analizzare gli spet-tri di fluorescenza, che vengono visualizzati in tempo reale sullo schermo del PC. Misurando inizialmente la fluorescenza di alcuni elementi noti, si calibra il numero del canale con le energie dei raggi X emessi. I processi fisici, responsabili della formazione dell’impulso di corrente nel sensore, sono soggetti a vari eventi casuali, per cui le righe di fluorescenza hanno una forma gaussiana con una propria deviazione standard σ. `E necessario raffreddare a bassa temperatura

27 il sensore di raggi X per farlo funzionare correttamente e per migliorare il σ delle righe di fluore-scenza. Gli spettrometri ED-XRF hanno un potere risolutivo abbastanza piccolo, circa 50, ma sufficiente per separare bene le varie righe di fluorescenza di raggi X emesse dai diversi atomi presenti nel campione.

All’inizio la strumentazione portatile per spettroscopia ED-XRF era assai ingombrante e pesante; un esempio `e mostrato a sinistra nella figura D.3. Tuttavia gli sforzi compiuti dai pionieri in questo campo hanno dimostrato l’importanza fondamentale di questa tecnica come supporto agli storici dell’arte ed ai restauratori.

I rapidi progressi tecnologici avuti negli ultimi venti–trenta anni, in particolare la miniaturiz-zazione raggiunta nei componenti elettronici, hanno reso possibile costruire degli spettrometri ED-XRF trasportabili in una piccola valigia, come quello mostrato a destra nella figura D.3, realizzato nel Laboratorio di Analisi Non Distruttive ed Archeometria (LANDA) nei primi anni del 2000. Al posto dei rivelatori a stato solido raffreddati alla temperatura dell’azoto liquido mediante ingombranti dewar, si usano rivelatori raffreddati Peltier e quindi di piccole dimen-sioni. Anche tutti gli altri componenti della strumentazione (l’alimentatore dell’alta tensione, il generatore di raggi X, l’ amplificatore e la scheda multicanale,...) hanno raggiunto dimensioni, ingombri e pesi molto minori. La miniaturizzazione si `e spinta oltre, tanto che oggigiorno esi-stono sistemi molto compatti, poco pi`u grandi di una scatola di sigarette, dove sono alloggiati il rivelatore raffreddato Peltier, l’amplificatore e formatore di impulsi e la scheda multicanale, mentre la sorgente di raggi X, insieme al suo alimentatore dell’alta tensione, sono contenuti in un’altro piccolo oggetto, come si pu`o vedere nella figura D.3. Gli ingombranti PC con i loro grossi schermi a raggi catodici o a cristalli liquidi sono stati sostituiti dai calcolatori portatili o addirittura dai palmari, con i quali si comandano tutti i componenti della strumentazione por-tatile, oltre a raccogliere e memorizzare gli spettri. `E possibile acquistare dei sistemi completi per ED-XRF, dedicati a particolari esigenze dell’industria o di studi ambientali, che hanno le dimensioni di un asciuga-capelli.

In una misura di fluorescenza di raggi X, il fascio di raggi X emesso dalla sorgente viene limitato a circa 1-2 mm di diametro per poter selezionare bene il punto da esaminare. La sorgente di raggi X generalmente viene alimentata tra 30 kV e 40 kV, a seconda delle necessit`a, e con correnti molto basse, dell’ordine di una decina di µA. La sorgente emette uno spettro

Figura D.3: Sinistra: strumentazione portatile per fluorescenza di raggi X degli anni 1990.

Centro: strumentazione portatile dei primi anni del 2000. Destra: strumentazione portatile attuale.

continuo di raggi X, la cui intensit`a diminuisce al crescere della loro energia, fino ad annullarsi all’energia massima possibile data dall’alta tensione usata per alimentare il tubo a raggi X. Il tempo di misura `e di 5-10 minuti, a seconda del materiale che si sta investigando e della qualit`a degli spettri che si vogliono ottenere.

Un tipico spettro di ED-XRF presenta i picchi di fluorescenza caratterisitici degli elementi presenti nel materiale analizzato, e un segnale di fondo distribuito su tutto l’intervallo spettrale, dovuto alla diffusione elastica ed anelastica dei raggi X primari (quelli emessi dalla sorgente) sia da parte del campione che all’interno del rivelatore stesso (figura D.4). Questo fondo limita la

Figura D.4: A sinistra: Spettro di fluorescenza di raggi X misurato su un campione di bronzo.

A destra la scala dei conteggi `e stata amplificata per mostrare i segnali pi`u deboli.

sensibilit`a delle misure a valori della concentrazione di poco inferiore ad uno per mille, perch´e nasconde le righe pi`u deboli dovute alla fluorescenza degli elementi in traccia.2 Lo spettro mostrato in figura D.4 `e stato misurato, alimentando la sorgente di raggi X a 40 kV, su un campione di bronzo ternario rame – piombo – stagno; i due picchi pi`u intensi, che dominano nel grafico di sinistra, sono dovuti all’emissione delle righe Kα e Kβ del rame. Molto pi`u deboli, ed ingrandite nel grafico di destra, sono presenti le emissioni L del piombo e K dello stagno, oltre a quelle K del ferro e del nichel, che sono delle impurezze presenti nella lega. Il gruppo di righe a circa 3 keV `e dovuto all’emissione L dello stagno.

L’aria presente tra il campione e il rivelatore e la finestra di berillio del rivelatore stesso assorbono i raggi X di pi`u bassa energia, per cui, con l’ED-XRF, non `e possibile rivelare gli elementi pi`u leggeri, in particolare l’ossigeno, il carbonio e l’azoto, presenti nei composti organici e nei composti di corrosione dovuti all’interramento dei reperti studiati. Nello spettrometro mostrato nel pannello di destra della figura D.3 ci sono circa 3 cm d’aria tra il campione ed il rivelatore. Alimentando il generatore di raggi X a 40 kV e tenendo presente che il rivelatore ha una buona efficienza alle basse energie, si riescono a rivelare bene le righe di fluorescenza K degli elementi compresi tra l’alluminio e l’antimonio, e le righe L degli elementi compresi tra il rubidio e l’uranio. Questo, per esempio, consente di studiare meglio le ceramiche; inoltre `e possibile rivelare le righe di fluorescenza del fosforo e dello zolfo, elementi presenti nelle patine superficiali dei beni esposti all’inquinamento atmosferico e la cui rimozione durante i lavori di restauro va accuratamente monitorata.

2Ci si riferisce al criterio del 2σ gi`a incontrato.

29 Gli spettri di fluorescenza sono analizzati con adeguati software, che consentono di associare i vari picchi individuati con i rispettivi elementi3 e che forniscono l’intensit`a delle righe di fluorescenza in termini di conteggi presenti nell’area racchiusa dal picco. Queste analisi sono puramente qualitative. Tuttavia si ottengono molte informazioni utili sui materiali oggetto di un’indagine sia eseguendo pi`u misure su punti diversi di uno stesso oggetto per verificarne, per esempio, l’omogeneit`a, che studiando numerosi oggetti della stessa specie. Per`o, gli spettri misurati direttamente non sono confrontabili tra di loro, perch´e le loro intensit`a dipendono da alcuni fattori geometrici associati al posizionamento del campione rispetto allo spettrometro e a quanto accidentata `e la superficie del campione. Occorre quindi fare un ulteriore passo, che `e quello di normalizzare i dati raccolti in modo da uniformarli tra di loro. Il metodo pi`u semplice

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e quello di dividere i conteggi di ciascuna riga per conteggi totali ottenuti sommando quelli di tutte le righe. In termini matematici, indicando con Ni il numero di conteggi misurati in corrispondenza della riga Kα (o Lα) dell’elemento i-esimo individuato, si ottengono, per ogni spettro, i conteggi normalizzati

Pi= Ni

PNi , (D.1)

che danno solo delle informazioni qualitative sulla composizione del materiale investigato. Tut-tavia, dal confronto tra gli spettri ottenuti in maniera similare su uno stesso campione e su vari campioni, l’analisi dei conteggi normalizzati consente di ottenere informazioni importantissime sulla loro composizione e su come essa varia.

Siccome la penetrazione dei raggi X `e di alcune decine di micron, l’analisi ED-XRF `e sensibile allo stato di conservazione e alla struttura della superficie del manufatto. Quando la superficie presenta evidenti effetti di invecchiamento (corrosione, patine, incrostazioni, ...) o `e costituita da pi`u strati sovrapposti, come gli strati pittorici delle pitture, `e possibile eseguire solo l’analisi qualitativa.

Si `e detto pi`u volte che l’intensit`a delle righe di fluorescenza dipende dalla concentrazione degli elementi. La cosa `e evidente: maggiore `e il numero di atomi di un elemento presenti nella zona analizzata del campione, maggiore sar`a il numero di fotoni di fluorescenza emessi.

Tuttavia l’intensit`a delle righe `e determinata non solo dalla concentrazione dei singoli elementi, ma anche da fattori strumentali e da come i raggi X interagiscono con i singoli atomi. Questo comporta che non si possono relazionare tra di loro le concentrazioni dei vari atomi presenti nel campione e le rispettive intensit`a delle righe di fluorescenza anche per campioni omogenei.

Riferendoci alla figura D.4, confrontiamo, per esempio, le righe di fluorescenza Kα1 dello stagno (a 25,27 keV) e del rame (a 8,04 keV). Nel caso dello stagno, solo i raggi X compresi tra circa 30 keV e 40 keV emessi dalla sorgente sono in grado di eccitare i livelli K dello stagno; questa

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e una piccola porzione di tutto lo spettro ed anche la meno intensa. Invece, nel caso del rame,

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e tutta la porzione dello spettro emesso dalla sorgente da 9 keV in su che interviene. Inoltre, la sensibilit`a ai raggi X di diversa energia del rivelatore `e massima nella regione spettrale delle righe K del rame e si riduce notevolmente in corrispondenza delle righe K dello stagno. Queste osservazioni da sole fanno capire che, nello spettro XRF misurato, a parit`a di concentrazione le righe di fluorescenza dello stagno risultano meno intense di quelle del rame. Oltre a questi effetti strumentali, altre cause intervengono nel determinare l’intensit`a delle righe (nell’esempio che stiamo facendo, le righe Kα): queste sono i) la probabilit`a di eccitare i livelli K degli atomi presenti nel campione e ii) la probabilit`a che gli atomi eccitati decadano emettendo la riga di fluorescenza Kα. Tutti questi contributi giocano alla stessa maniera sia che un atomo (di rame

3Anche nello studio degli spettri di fluorescenza dei raggi X `e bene associare una serie di righe a un elemento, e non una sola riga, che potrebbe essere dovuta ad effetti spuri.

o di stagno o di piombo) faccia parte di un composto (la lega di bronzo) sia che esso faccia parte di un campione metallico puro. Facendo i rapporti tra le intensit`a delle righe misurate sulla lega e sui campioni puri, i contributi di cui sopra si semplificano tra di loro e si ottengono dei numeri che approssimano le concentrazioni dei singoli elementi.

Si possono esprimere le considerazioni fatte sopra in termini matematici per determinare come l’intensit`a delle righe sia legata alla concentrazione di ciascun elemento. In presenza di un materiale omogeneo, la cui superficie `e piana e liscia, `e possibile eseguire un’analisi quantitativa.

Per una sorgente monocromatica di raggi X di energia E0, l’intensit`a della riga i-esima di fluorescenza `e data da:

Ni(E0) = I0(E0)iKi µi(E0)

µs(E0) + Gµs(Ei)Wi , (D.2)

dove I0(E0) `e l’intensit`a dei raggi X di eccitazione; Wi `e la concentrazione (percentuale in peso) da determinare dell’elemento i-esimo; Ki `e un fattore che tiene conto della probabilit`a di eccitazione all’energia E0 e dell’efficienza di emissione della riga i-esima di fluorescenza;

G = sinψ1/sinψ2 tiene conto della geometria dell’apparato di misura, dove ψ1 e ψ2 sono rispet-tivamente gli angoli di incidenza e di osservazione misurati rispetto alla superficie del campione, µi e µs sono i coefficienti di attenuazione di massa della specie atomica i-esima e del mezzo ri-spettivamente, che danno l’attenuazione del fascio di raggi X incidente e di quello uscente mentre attraversano il campione, ed infine i tiene conto dell’assorbimento dell’aria e dell’efficienza del rivelatore in corrispondenza della riga i-esima. In genere le sorgenti di raggi X portatili emettono uno spettro continuo, pertanto l’equazione D.2 va ancora integrata su E0.

Anche se a prima vista Ni(E0) sembra essere direttamente proporzionale alla concentrazione Wi dell’elemento i-esimo, bisogna ricordare che anche µs contiene le concentrazioni di tutti gli elementi, incluso quello i-esimo:

µs(E0) =X

j

µj(E0)Wj . (D.3)

L’equazione D.2 d`a l’intensit`a di fluorescenza primaria emessa dall’atomo i-esimo; vi `e anche un significativo contributo di fluorescenza secondaria dovuta al fatto che la fluorescenza degli atomi pi`u pesanti nell’uscire dal campione pu`o eccitare gli atomi pi`u leggeri, per cui si ha attenuazione delle righe pi`u energetiche ed aumento delle altre.

I programmi per l’analisi degli spettri di fluorescenza consentono di ricavare le concentrazioni Wi con metodi ricorsivi, tenendo conto sia dell’emissione primaria che di quella secondaria, inserendo tutti i parametri relativi alle condizioni di misura, ed utilizzando librerie interne per i parametri atomici.

Nello studio in situ dei beni culturali le condizioni ideali sono verificate di rado. Bonizzoni ed al. hanno investigato l’effetto della forma irregolare del campione o di un allineamento non ideale della strumentazione nell’analisi quantitativa di oggetti metallici, trovando che con la geometria usata convenzionalmente in cui ψ1 ' ψ2 ' 45, l’errore introdotto nel calcolo delle concentrazioni pu`o essere dell’ordine di qualche percento.

Inserire un commento sulla necessit`a di usare sofisticati programmi di statistica per analizzare la grande mole di dati raccolti

In molti casi la ED-XRF consente di rispondere ai quesiti posti dagli Archeologi, per esempio, come si vedr`a pi`u avanti, il tipo di lega di un manufatto metallico o l’autenticit`a di un reperto archeologico, o i pigmenti minerali utilizzati per un dipinto. In altri casi si utilizza per eseguire una prima campionatura del manufatto, in modo da limitare ed indirizzare la selezione dei punti da cui prelevare piccoli quantitativi di materiale per ulteriori analisi pi`u complete da svolgere in laboratorio.

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