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Spettroscopia Fotoelettronica di Raggi X (XPS)

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 120-125)

Al fine di analizzare la composizione dei campioni ottenuti e di conoscere l’intorno chimico di alcune delle specie atomiche in essi presenti, sono state condotte analisi XPS. La tecnica XPS (X-Ray Photoelectron Spectroscopy) è un potente strumento d’indagine che permette di compiere analisi qualitative e quantitative della superficie di campioni solidi, con profondità di analisi dell’ordine di pochi nanometri.

Si tratta, quindi, di una tecnica spettroscopica in cui il campione viene esposto ad una radiazione X, in grado di promuovere l’emissione di fotoelettroni con energia cinetica Ek provenienti dai livelli energetici più interni della specie che ha assorbito il fotone di energia hv, dove v è la frequenza della radiazione incidente. Il processo di irradiazione ed emissione avviene in condizioni di ultra alto vuoto UHV (Ultra High Vacuum), quindi a valori di pressione ottimali dell’ordine di 10-9 mbar [Briggs & Seah, 1990; Ertl & Küppers , 1985].

Nella realtà della pratica, la BE viene riferita al livello di Fermi del composto in esame, quindi l’espressione diventa:

E

k

= hν – BE – Φ

dove Φ rappresenta la “funzione lavoro”, grandezza caratteristica del composto analizzato, che dipende anche da alcuni parametri strumentali.

In Figura IV.3 è schematizzato il processo descritto:

Figura IV.3 Il processo di fotoemissione.

Le radiazioni impiegate sono molto energetiche (nell’ordine dei keV) e perciò in grado di espellere elettroni interni. Lo stato eccitato che si viene a creare è molto instabile (tempo di vita di 10-14-10-15 s) e la lacuna elettronica formatasi verrà colmata da un elettrone di un livello esterno attraverso due possibili meccanismi: l’emissione dell’energia in eccesso di questo elettrone sotto forma di radiazione X (fluorescenza X) oppure l’impiego dell’energia in eccesso di tale elettrone (quello che satura la lacuna) per espellere un secondo elettrone, da un livello più esterno (emissione Auger); questi processi sono competitivi (Figura IV.4).

Una regola del tutto generale è che elementi con numero atomico Z minore o uguale a 35 danno più facilmente emissione Auger piuttosto che fluorescenza X, come indicato in Figura IV.5:

Figura IV.5 Resa in emissione di fotoelettroni, in relazione al numero atomico.

Nota quindi la frequenza della radiazione incidente, dalla misura dell'energia cinetica degli elettroni emessi è possibile calcolare l'energia di legame dell'elettrone fotoemesso. Affinché avvenga fotoemissione, l’energia della radiazione incidente deve essere superiore all'energia di legame: solo così si può originare un fascio polienergetico di elettroni dovuto all'emissione di elettroni da gusci differenti di atomi diversi.

Gli elettroni coinvolti nel processo sono elettroni di core ed essendo i valori di energia cinetica che possono assumere saranno, ovviamente, quantizzati; considerando questo si deduce che l’aspetto tipico di uno spettro XPS, che raccoglie la distribuzione dei fotoelettroni in funzione delle relative BE, sarà a picchi discreti in corrispondenza di precisi valori di energia di legame, espressi in eV.

Come prima analisi si ottiene lo spettro survey, esteso all’intervallo completo di BE campionabile dallo strumento (0 - 1350 eV), per poter identificare tutte le specie presenti nel campione mediante confronto con dati di letteratura (analisi qualitativa); si procede quindi alla registrazione dello spettro multiplex, per ottenere un’analisi qualitativa più dettagliata delle regioni di BE di interesse, dalle quali è inoltre possibile svolgere un’analisi semi-quantitativa.

“fantasma”, causati dalle impurezze presenti nella sorgente). A questi si aggiungono le cosiddette interazioni di stato finale, shake-up e shake-off, dovuti a processi di eccitazione o ionizzazione.

La posizione, in termini di B.E., per ogni picco fotoelettronico è caratteristica per ogni elemento e dipende dallo stato chimico in cui si trova; inoltre può essere influenzata dall’intorno chimico in cui è immerso l’elemento, al punto di poter parlare di “spostamento chimico”. Inoltre la posizione dei picchi può essere alterata da fenomeni di caricamento superficiale del campione conseguenti al fenomeno di fotoemissione. In questo caso è sufficiente correggere lo spettro utilizzando come riferimento il picco fotoelettronico dell’orbitale 1s del carbonio avventizio, che corrisponde ad un valore di BE di 284.6 eV.

La sorgente utilizzata in uno spettrofotometro XPS, in linea generale, è un anodo metallico (tipicamente Al o Mg), che viene bombardato con elettroni di energia sufficiente, e conseguentemente emette radiazioni caratteristiche, tipiche della sorgente in uso.

Le analisi descritte in questo lavoro di tesi sono state raccolte con uno strumento φ5600 ci della Perkin Elmer utilizzando la sorgente standard in alluminio, che sfrutta emissioni Kα di Al, centrate a 1486.6 eV. Le analisi sono state effettuate con un passo di 1 eV nel caso delle acquisizioni survey, su un intervallo complessivo da 0 a 1350 eV, e con un passo di 0.1 eV per gli spettri multiplex.

La tecnica si è rivelata fondamentale, nel presente lavoro, per determinare la presenza o meno di alcuni elementi, lo stato di ossidazione dei centri metallici e il loro intorno chimico; inoltre, questa tecnica ha consentito di ottenere la composizione percentuale dei campioni, mediante analisi semi-quantitativa.

IV.6 Microanalisi

La composizione dei composti ottenuti in questo lavoro è stata determinata mediante analisi elementari, svolte nel Laboratorio di Microanalisi del Dipartimento di Scienze Chimiche dal dottor L. Calore con uno strumento Fisons EA 1108: tale

reattore primario dell’analizzatore, costituito da un tubo di quarzo mantenuto a 1020°C (reattore di combustione), attraverso il quale fluisce una corrente costante di elio arricchita con un eccesso di O2 per favorire la combustione del campione. In queste condizioni (“combustione dinamica a flash”) si ottiene una combustione quantitativa. I gas prodotti a seguito del trattamento, dopo aver attraversato gli strati di WO3 ed, in seguito, di rame metallico della colonna primaria sono separati per gas-cromatografia frontale mediante colonna di Porapak QS lunga 2 m e termostatata a 190 °C.

I singoli componenti (N2, CO2, SO2 e H2O) sono misurati mediante rivelatore a conducibilità termica e i dati ottenuti sono trattati mediante opportuno software al fine di determinare le percentuali in peso degli elementi ricercati (C, H, N, S). In Figura IV.6 viene riportato uno schema dello strumento usato per la microanalisi:

CAPITOLO V

SINTESI E CARATTERIZZAZIONE DEI

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 120-125)

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