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LO SPIRITO DI UN POPOLO

(VOLKSGEIST)

«Felice l’uomo - scriveva Hölderlin nel suo Hyperion - che attin­ ge la sua gioia e la sua forza dalla prosperità della patria»1. L’individuo non è per Hegel - l’individuo ridotto a se stesso - che una astrazione. Perciò la vera unità organica, l’universale concreto, saranno per lui il popolo. Mentre Schelling vede nella produzione dell’opera d’arte l’in­ tuizione assoluta, quella che concilia il soggettivo e l’oggettivo, il co­ sciente e l’in-cosciente, scrivendo a Jena il System der Sittlichkeit Hegel sostituisce all’opera d’arte, come espressione dell’assoluto, l’organismo concreto della vita di un popolo. La sua prima filosofia dello spirito sarà la descrizione dell’organizzazione sociale, dalle sue fondamenta nei bisogni concreti degli uomini fino al culmine nello Stato, e sarà la religione di un popolo, grandezza spirituale originaria contemporanea­ mente soggettiva e oggettiva. Nella famiglia, la più alta unità alla quale si innalza la natura lasciata a se stessa, «l’uomo vede la carne della sua carne nella donna», ma questa contemplazione di se stesso in un altro ad un tempo identico e diverso è ancora influenzata da una differenza naturale. La famiglia è solamente un’anticipazione dello spirito di un popolo e perciò Hegel aggiunge: «Se, secondo la natura, l’uomo vede la carne della propria carne nella donna, secondo l’ordine etico egli scopre lo spirito del proprio spirito solo nella realtà etica e attraverso di essa»2.

1 Nell'Hyperion [Johann Christian Friedrich Hölderlin, Hyperion oder der Ere­

mit in Griechenland (Iperione o l’eremita in Grecia) 1797-1799] l’amico di Hegel Hölder­

lin si rappresenta egli stesso così come lo stato della Germania a quell’epoca. La scena è solo in apparenza la Grecia moderna in rivolta contro la dominazione turca.

2 HEGEL, System der Sittlichkeit, ed. Lasson, Band VII, 1913, p. 465. [«der Na­ tur nach sieht der Mann Fleisch von seinem Fleisch im Weib, der Sitdichkeit nach allein Geist von seinem Geist in dem sittlichen Wesen, und durch dasselbe»; Sittlichkeit, p. 465; «secondo la natura l’uomo vede nella donna carne della sua carne, ma solo secondo l’eti­ cità vede nell’essere etico, e grazie a questo, spirito del suo spirito», Eticità, p. 241]. È solo nella vita di un popolo che «l’intuizione intellettuale diventa contemporaneamente una intuizione reale», «allora gli occhi dello spirito e gli occhi del corpo coincidono», [«die intellektuelle Anschauung ist durch die Sittlichkeit, und in ihr allein eine reale, die Augen

È in un popolo e soltanto in esso che la moralità si realizza, che essa non è più solo un dover-essere, un «ideale inaccessibile». Se si considera lo spirito di un popolo come realtà spirituale, come seconda natura, aveva già detto Schelling, parlando del mondo del diritto, si può dire che «la ragione vi è effettualmente realizzata», che esso è «la presenza dello spirito vivente». In questo spirito l’individuo non ha soltanto la sua destinazione, si può dire inoltre che esso la ha raggiunta, che essa non è al di là dell’individuo, poiché essa è presente nei costumi e nella vita totale del suo popolo. Ecco perché gli antichi saggi hanno detto che la saggezza e la virtù consistono nel vivere conformemente ai costumi del proprio popolo3.

Lo spirito di un popolo è dunque ciò che concilia il dover-essere

(sollen) con l’essere. E' una realtà storica che oltrepassa infinitamente l’individuo, ma che gli permette di ritrovarsi in una forma oggettiva. E' propriamente il mondo dello spirito - l’individuo che è un mondo, dice Hegel nella fenomenologia[a] -, e non idealmente come nella filosofia

des Geistes und die leiblichen Augen fallen volkommen zusammen», Sittlichkeit, S. 465; «l’intuizione intellettuale è (sussistente) grazie all’eticità e soltanto in essa è reale; gli occhi dello spirito e quelli corpo coincidono perfettamente»». Eticità, p. 241].

3 Phénoménologie, traduzione citata, tomo I, p. 292. [«In einem Freien Volke ist darum in Wahrheit die Vernunft verwirklicht; sie ist gegenwärtiger lebendiger Geist, worin das Individuum seine Bestimmung, d. h. sein allgemeines und einzelnes Wesen, nicht nur ausgesprochen als Dingheit vorhanden findet, sondern selbst dieses Wesen ist und seine Bestimmung auch erreicht ist. Die weistesten Männer des Altertums haben darum den Au- spruch getan; daß, die Weisheit und die Tugend darin bestehen, den Sitten seines Volska

gemäß zu leben», Phänomenologie, S. 258; «Perciò in un popolo libero la ragione è in verità attuata; essa è spirito presente e vivente, nel quale l’individuo non solo trova espressa e data come cosalità la sua destinazione (cioè la sua essenza universale e singola), ma è esso stesso questa essenza ed ha anche raggiunto la sua destinazione. Proprio per questo gli uomini più sapienti dell’antichità hanno trovato la sentenza: sapienza e virtù consistono nel vivere

conformemente ai costumi del proprio popolo», Fenomenologia, I, p. 296]. Lo spirito - realtà sopra-individuale - vi è definito come la ragione realizzata, diventata essa stessa essere con­ creto, tomo II, p. 9. [ma corrige «p. 9» nel testo in «pp. 11-12». Der Geist «ist das Bewußt­ sein aus dessen Betrachtung wir soeben herkommen. Diese Vernunft, die er hat, endlich als eine solche von ihm angeschaut, die Vernunft ist, oder die Vernunft, die in ihm wirklich und die seine Welt ist, so ist er in seiner Wahrheit; er ist der Geist, er ist das wirkliche sittliche Wesen», Phänomenologie, S. 315; «Lo spirito è la coscienza dalla cui considerazione noi proprio ora veniamo. Se questa ragione, cui esso ha, è infine intuita da lui come tale che è ragione, o come la ragione che è in lui effettuale e che è il suo mondo, allora esso è nella sua verità; esso è lo spirito, è l’essenza etica effettuale», Fenomenologia, II, p. 4],

M «Der Geist ist das sittliche Leben eines Volks, insofern er die unmittelbare Wahrheit ist; das Individuum, das eine Welt ist», Phänomenologie, S. 315; «In quanto è la verità immediata, lo spirito è la vita etica di un popolo: l’individuo che è un mondo»,

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morale di Kant e di Fichte per i quali il mondo, anche quello spirituale, «è sempre come non deve essere perché la morale lo renda come deve essere». Ma, al di là della moralità (Moralität) che in Kant e in Fichte esprime soltanto il punto di vista dell’individuo che agisce, Hegel scopre la realtà viva dei costumi e delle istituzioni (Sittlichkeit). La virtù nel senso attuale del termine ha un significato nettamente individualistico; essa corrisponde piuttosto al momento dell’opposizione tra l’individuo e il suo popolo. «Non era lo stesso con la virtù antica, che era una virtù sostanziale»4, che trovava il suo contenuto nella vita stessa del popo­ lo. Per rendere la differenza tanto importante che Hegel istituisce qui fra i termini «Moralität» e «Sittlichkeit», adotteremo per convenzione le espressioni francesi moralità e mondo etico. La scelta della parola «etico» è beninteso abbastanza arbitraria, ma ha il vantaggio di colle­ garsi etimologicamente con il termine greco «ethos», costume, usanza, che Hegel considera come avente il suo equivalente nel termine tedesco

«Sitte». Certo la parola moralità si collega anche a «mores», ma questa inevitabile etimologia indica bene che la moralità nel senso kantiano del termine è solo un momento e non il tutto della vita etica; corrisponde soltanto allo stadio della riflessione soggettiva e si colloca tra la vita im­ mediata in un popolo e l’organizzazione oggettiva della società e dello Stato5.

Queste osservazioni ci porterebbero, se le sviluppassimo, al di là delle intuizioni iniziali di Hegel, fino al sistema compiuto della Filoso­

fia del diritto, ma a noi interessa piuttosto cercare qui l’origine del suo

pensiero. Ora non è in dubbio che sin dai suoi lavori giovanili e in par­ ticolare a Tubinga Hegel pensi la vita spirituale come vita di un popolo. I termini che usa in questo periodo sono caratteristici al riguardo; egli parla di spirito di un popolo ( Volksgeist), di anima di un popolo (Seele

4 Phénoménologie, traduzione citata, tomo I, «La virtù e il corso del mondo». «La virtù antica aveva un significato preciso e sicuro, poiché aveva il suo solido contenuto nella sostanza del popolo», p. 319. [«Die antike Tugend hatte ihre bestimmte sichere Bedeutung, denn sie hatte an der Substanz des Volks ihre inhaltsvolle Grundlage, und ein wirkliches schon existierendes Gutes zu ihrem Zwecke», Phänomenologie, S. 280; «La virtù antica aveva il suo significato preciso e sicuro, poiché possedeva un suo fondamento

pieno di contenuto nella sostanza del popolo e si proponeva come fine un bene effettuale

già esistente», Fenomenologia, I, p. 324].

5 Sull’opposizione di Moralität a Sittlichkeit, cfr. Phénoménologie, op. cit., I, p. 283. [ma corrige «p. 283» nel testo in «p. 295». Phänomenologie, S. 260; Fenomenologia, I, p. 299]. Nella Filosofia del diritto Hegel distingue il diritto astratto (oggettivo), la mora­ lità soggettiva (Moralität), la loro unità nello Stato (Sittlichkeit). [La notazione etimologica di Hyppolite riprende le pagine conclusive del Cap. Ili di Naturrecht].

des Volks), di genio di un popolo (Genius des Volks). Cercheremo tra poco l’origine di queste espressioni nella filosofia dell’epoca, ma esse indicano già nettamente uno dei tratti caratteristici del pensiero hege­ liano. Tra l’individualismo e il cosmopolitismo, Hegel cerca lo spirito concreto come spirito di un popolo. L’incarnazione dello spirito è una realtà contemporaneamente individuale e universale, quale si presenta nella storia del mondo nella forma di un popolo. L’umanità si realizza soltanto nei diversi popoli, che esprimono nel proprio modo, che è uni­ co, il suo carattere universale6.

Tuttavia i primi lavori di Hegel concernono soprattutto la reli­ gione. Ma appunto la religione è uno dei momenti essenziali del genio e dello spirito di un popolo. E' in quanto tale che Hegel proverà a con­ siderarla. Già solo per questo egli si opporrà alla concezione astratta e anti-storica che della religione si è fatto il XVIII secolo, con il nome di religione naturale. Ma nemmeno accetterà - anche se la sua evoluzione al riguardo è abbastanza complessa - il puro moralismo di Kant, che postula la religione a partire dal puro ideale morale. E' appunto ten­ tando di collocarsi all’interno di queste diverse concezioni che Hegel approfondirà il proprio pensiero sulla religione e contemporaneamente la propria idea, più storica di quella dei filosofi del XVIII secolo, dello spirito di un popolo.

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Vr *

Durante gli anni di seminario a Tubinga Hegel, come i suoi com­ pagni di studio Schelling e Hölderlin, è sensibile alla bellezza dell’anti­ chità classica. La Città greca è per loro la Città felice - la giovinezza del mondo - nella quale l’individuo vive in perfetta armonia con il tutto nel quale si integra. Un ideale concreto di umanità è stato realizzato, ma i popoli occidentali hanno perduto questa condizione felice. Il cristiane­ simo non è più, nel XVII secolo, che una religione esteriore, che non compenetra con sufficiente profondità la vita delle anime. Hegel cono­ sce anche il grande movimento di liberazione razionalistica che è appar­

6 È una delle idee fondamentali dell’hegelismo, la base della sua futura filosofia della storia. Egli non accetterebbe dunque la distinzione di Bergson tra il chiuso e l’aperto. Per lui l’infinito - l’aperto - deve trovarsi nel seno stesso di una società chiusa. Sussiste certo una inadeguatezza, ma questa ha per conseguenza soltanto lo sviluppo della storia nella successione dei popoli.

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so in Francia e che si diffonde in Germania con il nome di Aufklärung. Conosce i filosofi francesi del XVIII secolo, legge appassionatamente Rousseau e studia Montesquieu, la cui opera definirà più tardi «ope­ ra immortale»7. E' in questa atmosfera che si forma il suo pensiero e possiamo già provare a caratterizzare, a partire da questo momento, il problema insieme teorico e pratico che è il suo problema.

Egli si chiede: a quale condizione una religione può essere una religione che vive8? È così che distingue, ispirandosi a Rousseau, una religione soggettiva e una religione oggettiva. La religione soggettiva, che rassomiglia alla religione del vicario savoiardo, si oppone contempora­ neamente al razionalismo secco e astratto di un Voltaire e alla teologia positiva di una religione d’autorità; è una religione del cuore, capace, dice Hegel, «di ispirare le azioni più grandi perché opera sull’uomo in­ tero e non sulla sua sola ragione». La religione oggettiva, invece, «si lascia ordinare nella testa, si lascia ridurre a sistema, presentare in un li­ bro, trasmettere agli altri con la parola; la religione soggettiva si esterio­ rizza solo nei sentimenti e negli atti»9. Notiamo quest’ultima espressio­ 7 Hegel, ed. Lasson, VII, p. 411. [«In diesem Sinne hat M o n t e s q u e i u sein unsterbliches Werk auf die Anaschauung der Individualität und des Charackters der Völker gegründet, und wenn er sich nicht zur lebendigsten Idee erhoben hat, doch schlechthin die einzelnen Einrichtungen und Gesetze nicht aus der sogennanten Vernunft deduziert, noch sie aus der Erfahrung abstrahiert und dann zu etwas Allgemeinem erho­ ben, sondern wie die hören Verhältnisse der staatsrechtlichen Teile so auch die niedrige­ ren Bestimmungen der bürgerlichen Verhältnisse bis auf Testamente, Ehegesetze usw. herab, ganz allein aus dem Charakter des Ganzen und seiner Individualität begriffen»,

Lasson, VII, S. 411; Naturrecht, S. 524; «Montesquieu ha fondato la sua opera immortale nella intuizione della individualità e del carattere dei popoli e, se egli non si è elevato all’idea più viva, tuttavia non ha dedotto in modo assoluto le singole intuizioni e leggi dalla cosiddetta ragione, né le ha astratte dalla esperienza e le ha poi elevate a qualcosa di universale, ma come i rapporti superiori delle parti relative al diritto statuale, così anche le determinazioni inferiori dei rapporti civili fino ai testamenti, leggi matrimoniali etc., egli li ha concepiti solamente a partire dal carattere del tutto e della sua individualità», Diritto

naturale, p. 95-96. Dunque il precedente «XVII secolo» nel testo sta probabilmente per «XVIII secolo»].

8 Si direbbe che Hegel si proponga il problema che tormenterà tanti spiriti nel XIX secolo fino a Auguste Comte: come trovare una religione che sia più adatta della religione cristiana ai popoli moderni. Tuttavia, poco a poco è la filosofia che, pensando l’essenza della religione cristiana, diventerà la sua preoccupazione dominante.

9 Nohl, op. cit., p. 6. [«die objektive Religion läßt sich im Kopfe ordnen, sie läßt sich in ein System bringen, in einem Buche darstellen und andern durch Rede vortragen; die subjektive Religion äussert sich nur in Empfindungen und Handlungen», Nohl, S. 6; «La religione oggettiva la si può ordinare in paragrafi, ridurre a sistema, esporre in un libro, presentare agli altri mediante discorsi. La religione soggettiva, invece, si estrinseca

ne — «la religione soggettiva si esteriorizza negli atti». Basta conoscere lo Hegel successivo - quello per il quale «la vera realtà dell’uomo è la sua azione» o quello per il quale «la storia del mondo è il giudizio del mondo»[bl - per capire l’importanza di questa osservazione. Nei primi studi sulla religione che devono condurre all’ideale di una religione di un popolo Hegel vuole ritrovare l’uomo concreto nel quale una rifles­ sione che nega la vita distingue troppo arbitrariamente facoltà come la ragione e la sensibilità. Ma l’uomo concreto non può essere l’uomo pu­ ramente individuale, isolato dai suoi simili e, se si può dir così, dal suo contesto spirituale. E' perciò che Hegel oppone alla religione privata la

religione di un popolo. Questa seconda opposizione è ancora più im­ portante della precedente; ci mostra il significato sopra-individuale dei primi lavori di Hegel. A partire da questo periodo la religione appare in Hegel come una delle manifestazioni più importanti dello spirito di un popolo. «La religione è una delle cose più importanti nella vita umana, essa inquadra la vita di un popolo». «Lo spirito del popolo, la storia, la religione, il grado di libertà politica di questo popolo non si lascia­ no considerare isolatamente, sono uniti in maniera indissolubile»10. E'

soltanto in sentimenti e azioni», Mirri I, p. 35; «Objective religion, on thè contrary, “al- lows itself to be organized intellectually. It allows itself to be systematized, to be formali- zed in a book, to be conveyed verbally to others; subjective religion is extemalized only in feelings and acts”», H-S, p. 10].

0,1 <d’histoire du monde est le jugement du monde». Più innanzi, Cap. Ili, p. 73, Hyppolite riporta l’originale tedesco «Weltgeschichte ist Weltgericht». L’espressione resa più famosa dalla Filosofia del diritto di Hegel è, come è noto, il verso 95 di F. Schiller, Re­

signation (1786), in F. Schiller, Sämtliche Werke, Auf der Grundlage der Textedition von

H.G. Göpfert herausgegeben von Peter-André Alt, Albert Meier und Wolfgang Riedel, Carl Hanser Verlag, München Wien, 2004, Bd. I, herausgegeben von A. Meier, p. 133. Per Hegel, v. G.W.F. Hegel, Encyclopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, 1817 § 448, 1830 § 548; G.W.F. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts (1821) § 340. Con «tribunale del mondo» traducono Marini, Marini, p. 265 e V. Cicero, Lineamen­

ti di filosofia del diritto, Milano, Rusconi Libri, 1996, p. 561. Con «giudizio del mondo»

traducono Croce, Enciclopedia, p. 519 e Messineo, Messineo, p. 285, con implicito rinvio al «giudizio universale»; il quale non sembra essere però nel pensiero di Hyppolite; men­ tre «giudizio universale» è la versione di Enciclopedia delle scienze filosofiche (Heidelberg

1817), tr. it. a c. di F. Biasutti, L. Bignami, F. Chiereghin. G.F. Frigo, G. Granello, F. Menegoni, A. Moretto, Verifiche, Trento 1987, p. 252.

10 NOHL, op. cit., p. 3 ssgg, p. 27. [«Religion ist eine der wichtigsten Angelegen­ heiten unseres Lebens», Hohl, S. 3 ; «La religione è una delle questioni più importanti della nostra vita», Mirri I, p. 31. «Geist des Volks, Geschichte, Religion, Grad der po­ litischen Freiheit desselben — lassen sich weder nach ihrem Einfluß aufeinander, noch nach ihrer Beschaffenheit abgesondert betrachten--- sie sind in ein Band zusammen­ verflochten [...]», Hohl, S. 27; «Spirito del popolo, storia, religione, grado della libertà politica popolare non possono essere considerati separatamente, né in rapporto al loro

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notevole che le prime meditazioni di Hegel non vanno dalla morale alla religione, seguendo la via tracciata da Kant nella critica della ragione pra­

tica o nella religione nei limiti della semplice ragione. Egli studia invece

la religione come espressiva della vita umana in maniera più concreta di quanto non possa farlo un moralismo astratto11. Ora, il cristianesimo è soprattutto una religione privata, come era già stato notato da Rousseau; al contrario, la religione antica è una religione della Città, una intuizio­ ne che il popolo ha della sua realtà assoluta. Religione di un popolo e religione privata si oppongono come ellenismo e cristianesimo e Hegel si pronuncia intanto contro l’individualismo del suo tempo del quale attribuisce talora la paternità al cristianesimo. In uno studio sugli anni di Hegel a Tubinga si sono potute suggerire certe corrispondenze, da un lato tra la religione privata e ciò che Hegel chiamerà poi Moralität, dall’altro tra la religione di un popolo e la Sittlichkeit, il regno etico, o i costumi di un popolo12.

Opponendo la religione soggettiva alla religione oggettiva, la reli­ gione di un popolo alla religione privata, Hegel assume un atteggiamen­ to nei confronti della religione che non è quello dell'Aufklärung. Infatti, mentre il razionalismo astratto degli Aufklärer dissolve tutte le forme della vita religiosa e mette capo vuoi a un ateismo, vuoi a una religione naturale senza vita e senza contenuto concreto, Hegel tenta già di com­ prendere una religione come una delle manifestazioni primordiali del genio di un popolo particolare. E' perciò che la formazione dello spirito di un popolo è per lui legata alla religione di quel popolo, a delle cerimo­ nie e a dei miti che l’intelletto astratto non è in grado di capire, isolan­ doli dal loro contesto e privandoli del loro senso originario. Qui si rivela

reciproco influsso né in rapporto alla loro natura. Essi sono intrecciati insieme in un solo nodo [...]», Mirri 1, p. 58].

11 «Nell’uomo sensibile anche la religione è sensibile, gli impulsi religiosi a ben fare devono essere sensibili per poter agire sulla sensibilità», NOHL, p. 5. [«Bei sinnlichen Menschen ist auch die Religion sinnlich — die religiösen Triebfedern zum Guthandeln müssen sinnliche sein, um auf die Sinnlichkeit wirken zu können», Nohl, S. 5; «Nell’uomo sensibile anche la religione è sensibile, gli impulsi religiosi a ben fare devono essere sensi­ bili per poter agire sulla sensibilità», Mirri I, p. 33].

12 «La religione privata forma la moralità dell’uomo individuale, ma la religione

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