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Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati nasce dall’esperienza di accoglienza decentrata sviluppata tra la fine degli anni novanta e l’inizio degli anni 2000 da alcune ONG ed associazioni locali che si erano convinte della necessità di creare un meccanismo di accoglienza che si integrasse con i servizi territoriali, mettendo al centro un’idea di presa in carico di tipo olistico e basata sul potenziamento delle capacità individuali dei beneficiari accolti. Queste esperienze hanno portato nel 2001 alla stipula di un protocollo di intesa tra il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, l’ANCI e l’UNHCR, che ha fornito l’ossatura per la strutturazione del Piano Nazionale Asilo. Si impostava così il primo sistema di accoglienza pubblico decentrato, strutturato come una rete di progetti territoriali che vedevano il coinvolgimento di una governance mista pubblico-privato basata sulla partecipazione degli Enti Locali e delle organizzazioni del terzo settore. Attualmente il sistema SPRAR si occupa della seconda accoglienza, intesa come culmine del processo complessivo di accoglienza, finalizzato all’inserimento socio- economico dei titolari e richiedenti di protezione internazionale nel tessuto economico. “Nel corso degli anni lo SPRAR ha conosciuto numerosi ampliamenti come conseguenza della situazione geopolitica principalmente del Medio Oriente e del continente africano e, quindi, dei flussi provenienti da tali aree e diretti verso l’Italia e l’Europa. Ampliamenti realizzati grazie a finanziamenti straordinari stanziati dal Ministero dell’Interno o messi a disposizione attraverso progettazioni mirate (ad esempio le risorse Otto per Mille). Nel luglio 2016 sono stati attivati 179 nuovi progetti e 4.147 posti sono stati finanziati per il biennio 2016/2017, che si sono aggiunti ai 21.865 posti finanziati nel triennio 2014” . La tipologia di beneficiari accolti nel 2016 vede 59

un 47% di richiedenti protezione internazionale (nel 2015 erano il 58%), i titolari di protezione umanitaria erano invece il 28% (nel 2015 erano il 19%), seguono poi i beneficiari di protezione sussidiaria al 14% e il 9,6% di titolari di

Sito web del Servizio Centrale dello SPRAR, fonte web: http://www.sprar.it/la-storia

Asilo (dati stabili rispetto all’anno precedente). Come sottolinea l’Altate Sprar 2017:

Tabella estratta dal Rapporto sulla Protezione Internazionale 2017, ANCI, Caritas, Servizio Centrale, Eidos 2017.

“Questi dati mostrano un grande cambiamento relativamente ai permessi di soggiorno dei beneficiari della rete SPRAR: se nel 2015 gli accolti sono stati prevalentemente richiedenti protezione internazionale, nel 2016 sono i titolari di una forma di protezione o di un permesso per motivi umanitari a rappresentare la maggioranza con il 53% degli accolti. Il dato è indubbiamente strettamente connesso alla circolare del Ministero dell’Interno del 5 maggio 2016 che stabilisce la procedura di ingresso dai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) gestiti dalle Prefetture nei progetti SPRAR, privilegiando l’inserimento di coloro che hanno ottenuto una forma di protezione o abbiano un permesso di soggiorno per motivi umanitari”.

L’incremento della presenza di beneficiari di una forma di protezione verificatasi nel 2016 ha sicuramente influito, secondo chi scrive, sulla modalità di erogazione e in parte sulla qualità dei servizi, che inevitabilmente vanno a contemplare, nel caso di beneficiari già titolari, una serie di misure in grado di mirare direttamente all’inserimento sociale, privilegiando gli aspetti di riqualificazione professionale e inserimento abitativo, senza che sia indispensabile l’investimento di tempo necessario al disbrigo delle pratiche legali per l’accesso alla protezione internazionale. Lo spirito degli interventi

previsti dai progetti Sprar è basato sul concetto di empowerment personale, inteso come un complesso di misure e di prestazioni rivolte alla persona accolta, che mirano a riattivare le capacità individuali stimolando l’autonomia e la riconquista di una dimensione

personale orientata all’inserimento socio-economico. In questo processo complesso e articolato sono coinvolti numerosi attori provenienti dal terzo settore, dagli Enti Locali e dai servizi territoriali. La presa in carico integrata, strutturata a partire da livelli più o meno elevati di interconnessione tra i servizi pubblici e privati, si sviluppa a partire dalla complessità dei piani individuali programmati. Come sottolinea il Manuale Operativo Sprar infatti:

“[…]. Per garantire questa presa in carico e per consentire alla persona di esprimersi autonomamente anche nella manifestazione dei bisogni, lo SPRAR punta molto sulla costruzione e sul rafforzamento delle reti territoriali, che coinvolgano tutti gli attori locali a sostegno dei progetti di accoglienza e, al tempo stesso, dei percorsi individuali dei singoli beneficiari” .60

I servizi erogati in favore dei richiedenti si strutturano a partire dall’individuazione di bisogni di base e complessi: il vitto, l’alloggio e i beni di prima necessità costituiscono una parte marginale delle prestazioni erogate, che si strutturano a partire dalla necessità di garantire un processo di conquista dell’autonomia che sia il più possibile in linea con le aspirazioni, le competenze e le necessità espresse. Pur non potendo soffermarsi in questa Manuale Operativo per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza e integrazione

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per richiedenti e titolari di protezione internazionale, Servizio Centrale SPRAR, Cittalia Tabella estratta dall’Atlante SPRAR 2017, Servizio Centrale, Ministero dell’Interno.

sede sulla struttura dei progetti, ci basti annotare come siano individuate una serie di aree specifiche di intervento che vanno dalla presa in carico psico- socio-sanitaria, all’informazione, supporto e accompagnamento nell’accesso alle prestazioni sociali (inserimento scolastico dei minori, attività multiculturali, mediazione linguistica e interculturale, orientamento e informazione legale, attività interculturali, servizi per l’autonomia abitativa, servizi per la riqualificazione professionale e l’inserimento lavorativo). Ulteriori misure, tra le altre, sono previste per interventi specifici quali l’accompagnamento alle procedure di ricongiungimento familiare, riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, accesso alle procedure di riconoscimento di eventuale invalidità. Le prestazioni sono erogate secondo l’idea che 61

l’accompagnamento all’accesso e all’utilizzo dei servizi pubblici vada svolto con l‘intento di mettere i beneficiari nelle condizioni di comprenderne il funzionamento e le modalità di

fruizione, in modo da gettare le basi d e l p e r c o r s o d i a u t o n o m i a individuale. Lo schema dei servizi Sprar, in continua qualificazione ed evoluzione, costituisce ad oggi uno dei modelli qualitativamente più efficienti e facilmente monitorabili in termini di spesa anche grazie al coinvolgimento diretto degli Enti Locali, non a caso lo schema di capitolato utilizzato dalle Prefetture per la gestione dei CAS richiama specificamente alcuni parametri

qualitativi già sperimentati cn successo nel modello Sprar. Il modello Sprar è basato sull’accoglienza diffusa, che prevede in prevalenza piccoli alloggi di tipo familiare con un massimo di ospiti che non superi le 10 unità e in alcuni Tabella riportante i servizi erogati nel 2016 dai progetti Sprar. Fonte ”Atlante Sprar

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2017”, Servizio Centrale.

Tabella estratta dall’Atlante SPRAR 2017, Servizio Centrale, Ministero dell’Interno.

casi strutture collettive di dimensioni inferiori alle 25 unità, rari i casi di strutture collettive di grandi dimensioni. L’obiettivo di questa tipologia di accoglienza è quello di agevolare il processo di acquisizione dell’autonomia mediante l’inserimento in un contesto urbano, ove il senso di comunità, le relazioni di prossimità e le possibilità di acquisire risorse relazionali utili, risultano incrementare e moltiplicare le opportunità di inserimento sociale. Tale dimensione abitativa consente inoltre un maggior senso di familiarità, 62

che contribuisce al superamento dei traumi ed alla riconquista di una quotidianità non spersonalizzante e più a misura d’uomo. Come si vede dalla tabella sopra solo il 10,3% delle strutture accoglie un numero di ospiti superiore alle 25 unità, mentre l’83% delle strutture è costituito da appartamenti dislocati nei centri abitati o in prossimità di zone urbanizzate. L’accoglienza diffusa è ad oggi la cifra sostanziale dei progetti Sprar, tanto che le misure intraprese per l’ampliamento del numero di posti complessivo riguardano in parte una serie di incentivi di natura economica ai comuni che decidono di accedere al FNPSA (Fondo Nazionale Politiche e Servizi per l’Asilo) e che scelgono di farlo seguendo le linee guida del Ministero dell’Interno sull’accoglienza integrata. La sfida dei progetti Sprar, e soprattutto di quelli di nuova attivazione, che ad oggi ne costituiscono la maggioranza, è la realizzazione di un sistema di welfare locale integrato in grado di includere i servizi erogati ai richiedenti e titolari di protezione entro il sistema dei servizi sociali locali. Tale meccanismo consentirebbe un approccio multidimensionale non limitato all’ambito di erogazione dei servizi Sprar, in grado di arricchire e strutturare una più ampia rete territoriale di servizi sempre più qualificata e in grado di rispondere alle necessità di tutti. A questo proposito è opportuno ricordare come tra gli obiettivi dei progetti Sprar rientri anche un continuo lavoro di sensibilizzazione dei cittadini verso il tema dei rifugiati e una serie di azioni specifiche per la qualificazione degli operatori e dei servizi territoriali che accolgono le istanze e i bisogni di tutti i cittadini. Basti pensare ad esempio a quanto alcuni servizi siano sollecitati dalla presenza di rifugiati ed Tabella riportante l’incidenza percentuale delle tipologie di strutture a disposizione dei

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al tipo di bisogni che essi esprimono: i centri per l’impiego, le agenzie di formazione professionale, gli uffici anagrafe, le anagrafe sanitarie, i distretti, i presidi di medicina di base e ogni altro servizio. Questi sportelli sono attraversati dalla specifica utenza che i RAR rappresentano e la sfida dei progetti Sprar è anche quella di siglare dei protocolli di collaborazione orientati alla specializzazione degli interventi ed all’abbassamento dei criteri di accesso formali ed informali per i rifugiati . I progetti di accoglienza 63

prevedono, come anticipato, una serie di interventi personalizzati che mettano i beneficiari nelle condizioni di ricostruire la propria autonomia attraverso la riqualificazione professionale e l’accesso a soluzioni abitative sia pubbliche che private, realizzando così il processo di inserimento. Tecnicamente la durata dell’accoglienza è stabilita in sei mesi, variabili a seconda dello status giuridico dei beneficiari accolti e sulla base del completamento di un piano individualizzato che viene costruito in maniera partecipata, a partire dalle competenze ed aspettative dei beneficiari. L’Atlante Sprar 2017, pubblicato dal Servizio Centrale in collaborazione con ANCI e Cittalia riporta infatti che:

“durante l’anno (2016) sono uscite dall’accoglienza complessivamente 12.171 persone di cui: il 41,3% risulta aver concluso il proprio percorso di integrazione (inserimento socio-economico); il 29,5% ha abbandonato volontariamente l’accoglienza prima della scadenza dei termini; il 25,6% ha visto scaduti i termini dell’accoglienza ma ha acquisito gli strumenti utili all’integrazione; il 3,5% è stato allontanato per decisione del progetto; lo 0,2% ha scelto l’opzione del rimpatrio volontario e assistito”.

Di fatto i tempi medi di accoglienza e i motivi di uscita dai progetti sono abbastanza diversificati e dipendono da fattori quali la resilienza e la capacità di attivazione dell’utenza, dalle risorse specifiche disponibili entro i progetti, dal mercato del lavoro locale e da alcuni fattori legati ai progetti migratori dei beneficiari accolti. Sempre dall’Atlante Sprar 2017 osserviamo che:

le misure previste per la qualificazione di una rete diffusa di servizi rivolti ai beneficiari

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di accoglienza sono contemplate, oltre che nelle azioni specifiche dei progetti Sprar, in una specifica sezione dei Fondi Europei dedicati all’integrazione, che mette a disposizione risorse a valere sui fondi FAMI (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione).

“Dal confronto con gli anni precedenti si registra un aumento della percentuale degli usciti per integrazione: nel 2013 era pari al 36% del totale degli usciti, nel 2014 al 31,9%, nel 2015 al 29,5%; il numero degli abbandoni diminuisce del 2%, mentre la percentuale delle dimissioni per scadenza termini passa dal 34,5% del 2015 al 25,6% del 2016 con un decremento di quasi il 9%”.

Ad oggi la rete Sprar conta come si è visto un numero di posti di poco superiore alle 26.000 unità e lo scopo dichiarato del Ministero competente è appunto la strutturazione di un sistema in grado di rispondere alle esigenze di accoglienza non solo in termini qualitativi ma anche e soprattutto in termini numerici.