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La stazione nella storia

Nel documento Rimini, immagini di città (pagine 197-200)

IMMAGINARIO E LETTERATURA

Un’indagine mirata a ricostruire la storia della stazione non può non tenere conto della sua complessità e della sua valenza: la stazione è un luogo urbano, uno spazio pubblico, una macchina per i trasporti, un raccoglitore di aspettative legate al viaggio.

Nel corso dell’evoluzione da «semplice luogo di sosta e attesa al riparo a vero e proprio tipo edilizio»1, la stazione ferroviaria mostra infatti uno

stretto legame con l’immaginario collettivo influenzando la cultura del tempo sia per quanto riguarda arte e letteratura, sia il mondo popolare, gli scambi e il commercio.

La nascita delle prime stazioni ferroviarie avviene agli inizi dell’800, in seguito all’invenzione del treno a vapore e alla costruzione della rete ferroviaria. «Basati sull’invenzione del motore a vapore di James Watt, i primi treni furono la forza motrice delle Rivoluzione industriale, divennero disponibili per il pubblico a partire dal 1825 in Inghilterra col primo tratto Stockton- Darlington ed unirono nel 1859 la costa orientale e occidentale degli Stati Uniti nella corsa alla conquista del West »2.Le

immagini letterarie del tempo «colgono essenzialmente l’impatto della ferrovia sul passaggio delle campagne e delle zone industriali limitrofe alla città»1. e gli scrittori si schierano: i romantici sono ostili, nostalgici

«per i viaggi a piedi o in carrozza trainata da cavalli, delle percezioni individuali del paesaggio diluite nel tempo e nello spazio»1, i progressisti

sono entusiasti «delle nuove abitudini di vita e di scambio, dell’accelerazione dei ritmi di lavoro e di spostamento, dell’esperienza di conoscenza di sé e degli altri»1. La letteratura esalta la contrapposizione

tra l’impeto del treno, il suo rapido avanzare e la quiete serena delle campagne.

Il treno ha dato l’impressione di racchiudere in sé qualcosa di animalesco, un toro che sbruffa, un serpente che sibila, un drago che sputa fuoco, «un mostro marino dal raffreddore di testa che getta fuori acqua da sfiatatoi ostruiti o gli ansiti e sbuffi di un serpente di mare che abbia inghiottito un vascello di traverso»3.

Fig 2. J. Turner, Pioggia, vapore e velocità, 1844

3. La descrizione è riportata in un articolo apparso in La Charte de 1930 di Théophile Gauthier, cit. in R. Cesarani, Treni di carta, pp. 33

4. Proust, M. 1918, A l’ombre des jeunes

filles en fleurs, in La recherche du temps perdu, tomo II, Parigi Gallimard trad.

it. Caproni, G. 1967 All’ombra dellle

fanciulle in fiore, Torino: Einaudi, pp. 633

Nella stazione si contrappongono movimento e stasi, la rapidità tumultuosa dei treni e della tecnologia ed i lenti tempi umani dell’attesa. Nella metà del XIX secolo viene posta l’attenzione sull’idea di luogo dell’attesa, la stazione, una piazza coperta da ampie volte in ferro e vetro, diviene sia soggetto che sfondo di vicende letterarie. L’eterogeneità dell’umanità che la popola è fatta anche di squallore, angoscia e miseria, che autori come Ruskin e Daudet, hanno tratteggiato con crudo realismo.

Agli inizi del XX secolo la base degli utenti della rete ferroviaria si allarga; la classe borghese, viaggiare in treno diviene appannaggio anche gente comune. La stazione diventa approdo sicuro, luogo in cui si ritrova l’essenza della propria città, emblema della propria terra e delle proprie tradizioni.

Le descrizioni e le interpretazioni del ruolo esercitato dalle stazioni nella vita dei viaggiatori e dei cittadini esercita ulteriore fascino nella letteratura del tempo dedica al tema del viaggio

A tal proposito Marcel Proust in una famosa pagina delle Recherce descrive le stazioni come :«luoghi speciali […] i quali non fanno parte per così dire della città ma che contengono l’essenza della sua personalità , allo stesso modo che ne portano un nome su un cartello segnaletico»4 o quando distingue il viaggio in treno da tutti gli altri in

quanto capace di rendere come la più profonda possibile, la differenza tra la partenza e l’arrivo, facendola percepire come una totalità simile ad un volo dell’immaginazione in grado di unire un punto all’altro, rendendo assimilabili due luoghi, due pensieri, due entità.

L’arte mostra a sua volta una duplice lettura del luogo della stazione, se infatti da una parte De Chirico sottolinea nella sua metafisica il carattere di solitudine, di silenzio, di un tempo umano che sembra fermarsi se messo di fronte al tempo infinito di una manifestazione più elevata, d’altra parte Marinetti esalta la velocità5, la potenza del

treno come simboli di un tempo frenetico, che si fa sviluppo a tutto tondo, senza un momento di esitazione, inglobato nell’inarrestabile progresso che egli celebra nelle sue creazioni. I treni diventano dei

Fig.3 Rizzo, P. Treno in corsa, 1929 tratto da http://www.archiviopipporizzo. it/ (consultato il 10/11/2015)

5. Filippo Tommaso Marinetti scrive: «Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa; canteremo [...] le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; [...] le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi».

Manifesto di fondazione del futurismo,

punto n. 11, 1908 pubblicato in Marinetti, F. 1914 «Manifesti del futurismo», Lacerba cavalli d’acciaio che con i loro enormi petti scivolano tra le rotaie, in

grado di trasportare masse di persone nei luoghi a loro destinati, con la potenza di motori sempre più rombanti, con la forza e il vigore di tempi nuovi, alla ricerca di traguardi sempre più estremi.

Allo scoppio della Seconda Guerra la stazione diventa invece il luogo dove si salutano, spesso per l’ultima volta, i propri cari destinati alla battaglia, il treno e progressivamente la stazione assumono una posizione meno centrale nel sistema dei trasporti venendo soppiantati dall’aeroporto e dalle autostrade, il primo per la fruibilità finalmente conquistata da parte di tutti o quasi, la seconda per la comodità che lo sviluppo industriale ha donato al cittadino, che in tal modo comincia ad organizzarsi seguendo i propri tempi e non quelli di un treno che parte o arriva.

Così la stazione diventa a partire dagli anni Sessanta un posto anonimo, abbandonato a se stessa come una cattedrale comunque frequentata ma senza fedeli, un ripiego, un luogo di esclusivo passaggio anche se arricchito di negozi, locali, attività, divenendo un tramite di cui si può ammirare la struttura superficialmente, senza interrogarsi sulla sua vera natura.

Bisogna però sottolineare che negli ultimi tempi, anche grazie ad un interesse economico, la stazione sta tornando ad essere un luogo di primaria importanza. I fattori che stanno facendo tornare la stazione in auge sono: sviluppo dell’alta velocità, l’esigenza di decongestionare le strade, il prezzo conveniente degli spostamenti, un’opera di riqualificazione urbana attenta ad utilizzare aree già esistenti. Testimonianza di questo sono alcuni edifici recentemente ristrutturati o costruiti per dare la possibilità agli utenti di usufruire delle nuove tecnologie.

STAzIONE DI POSTA: UN PADIGLIONE E UNA TETTOIA

Le prima stazioni sono datate tra il 1830 ed il 1840, spesso sorgono in zone periferiche della città, vicino alle prime zone industriali, e non hanno un aspetto che si possa definire autonomo, specifico, ma

Fig.4 Crown Street Station, Liverpool, 1830. Veduta prospettica.

6. Per la definizione generale del termine stazione, vedi in particolare Quaroni L.; ad vocem Stazione, in Enciclopedia italiana, Roma 1938; e G. Consoni, ad vocem

Stazione, in Dizionario enciclopedico di Architettura e Urbanistica, Roma 1968

assumono le loro caratteristiche da edifici preesistenti come la stazione della posta o un imbarcadero, luoghi cioè legati ad una tradizione preindustriale e che divengono esempi pratici da seguire.

Il nome stesso della stazione nelle diverse lingue paga un tributo agli antefatti storici, infatti in Germania il termine Bahnhof deriva da

Posthof che designa gli alberghi della postale e in Italia stazione viene

dal latino statio che era il termine per indicare le tappe del servizio di posta nelle principali vie dell’Impero6.

Gli edifici erano spesso semplici strutture rurali e domestiche alle quali veniva aggiunta una tettoia, e le componenti principali erano due: la sala d’attesa per i viaggiatori e la galleria dei treni, elementi che del resto rimarranno i cardini del futuro sviluppo delle stazioni. Questi due elementi sono la base che permette alla stazione di cominciare ad assumere un suo carattere specifico, la sala d’attesa come luogo coperto e facente parte di una struttura legata al contesto urbano e allo spazio che la circonda.

Un celebre esempio di questo nuovo edifico è la stazione di Crown Street di Liverpool, costruita nel 1830 essa è composta da un solo edificio parallelo ai binari disposto su due piani, nel primo dei quali è presente la sala d’attesa e nel secondo l’abitazione del capostazione, con una tettoia a completare il tutto. La stazione di Versailles, come quella di Toulon, Civitavecchia e numero altri centri, ha uno schema diverso: il fabbricato viaggiatori è sdoppiato in due corpi, uno per le partenze e uno per gli arrivi. Un terzo tipo è costituito dalla prima stazione costruita a Milano nel 1840, dotata di un carattere più complesso e ricercato; la sala d’attesa è separata dalla galleria dei treni e l’edificio costruito a qualche metro dai binari è in stile classico, non assimilabile agli altri spazi comunemente diffusi nelle nascenti stazioni.

Nel documento Rimini, immagini di città (pagine 197-200)

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