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un panorama di generi tra prosa e poesia

4 Allo stesso

(1913)

Accogli gli auguri di bene che ricambio, per te, mio caro amico, per i tuoi figli, e per la tua cara moglie

4 Ad eundem

(MCMXIV)

Nuper quae nobis misisti vota benigne Reddimus haec eadem multiplicata tibi.

4 Allo stesso

(1914)

Ti abbiamo contraccambiato moltiplicati

questi stessi auguri, che benigno ora ci mandasti.

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Disticha mea manu scripta in flabellis sorte venalibus

(MCMXIV)

a. Accipe flabellum, quo det tibi frigus in aestu

Iucundum flabris aura agitata citis b. Hoc move flabellum, si quando perfurit aestas:

c. Hoc cape flabellum, dulce ut, cum Sirius ardet,

mota levamentum ventilet aura tibi d. Parvum flabellum si quando agitare juvabit,

ver tibi praebebit, ferveat aura licet. e. Flabellum parvum pariam tibi commoda magna,

aera si mecum pulset amica manus f. Salve, flabellum! Quamvis sit torrida, frigus

Aura dabit motu sollicitata tuo. g. Motibus indulgens flabelli frigus habebis

Etsi bacchetur stella molesta canis h Utere flabello, medioque frueris in aestu

Auris quas tepidas tempora verna ferunt

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Distici scritti di mia mano Su alcuni ventagli per lotteria

(1914)

a.

Accetta il giocoso ventaglio, con cui ti dia frescura d’estate l’aria agitata da guizzanti soffi.

b.

Sventola questo ventaglio, quando brucerà l’estate: L’aria più mite ti darà un grato refrigerio.

c.

Prendi questo ventaglio, piacevole quando, mentre arde Sirio, l’aria mossa ti ventili il sollievo.

d.

La primavera ti suggerirà quando converrà agitare il piccolo ventaglio, se appena l’aria s’intiepidisca

e.

Ti procurerò un piccolo ventaglio, una gran comodità, se una mano amica scuota con me l’aria.

f.

Buon giorno, ventaglio! Per quanto sia torrida, l’aria darà refrigerio, mossa dal tuo movimento.

g. Favorendo i moti del ventaglio avrai refrigerio,

persino quando la fastidiosa costellazione del Cane andrà folleggiando. h.

Usa il ventaglio, e nel mezzo dell’estate godrai di aure temperatissime che annunciano tempi primaverili.

6 (MCMXV)

In puellam iuventute florentem

Pulchra iuventa tibi ridet, dum labitur annus; at mihi jam senium quae volat hora tulit. Te manet annorum series longinqua puellam;

at mihi nunc restant tempora curta seni.

6 (1915)

Ad una fanciulla fiorente di giovinezza

La bella gioventù ti sorride, al volgere dell’anno, ma a me l’ora che vola ha portato ormai la vecchiaia. La lunga serie di anni ti attende fanciulla, ma

a me, adesso, vecchio, non restano che tempi incompiuti.

7 (MCMXVII) In urnam cineris mei

In cinerem versus iaceo: si forte resurgam Tum mihi det fatum tempora iniqua minus

7 (1917)

All’urna delle mie ceneri

Giaccio riverso nella cenere: ma se mai dovessi risorgere, mi dia il fato tempi meno iniqui.

8 (an. MCMXVII)

In calamum meum confractum

O qui pauca quidem, sed non spernenda, notasti Tu, calame infelix, fractus inersque mane, nec pigeat fati, quod te percussit, iniqui:

iam nostris studiis nullus habetur honor.

8 (1917)

Alla mia penna spezzata

Tu, che certo scrivesti poche cose, ma non disprezzabili, tu, o penna infelice, spezzata e inutile, stamattina, né ti rincresca del fato iniquo che ti colpì:

già nessun onore c’è pei nostri studi.

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Post Austriam deletam (an. MCMXIX)

Ille ego, qui nuper curis oppressus amaris Et nimio interitus captus amore mei Post obitum flammis uri mea membra iubebam,

in cineremque meum tristia scripta dedi, et calamum fregi, atrocis vi percitus irae,

ne qua foret nostra charta notanda manu; arva quod Italiae nunc demum libera vidi

impiaque immani est Austria fracta nece, Itala nec posthac sine vindice fortia cernam

corpora barbarico tradita carnifici; si mihi contingat iamdudum occumbere morti,

talia decedens fundere dicta velim: Austria quod periit, quod vicit Patria, possum

Iam tibi contentus dicere, vita, vale.

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Dopo la distruzione dell’Austria (1919)

Ero io quello che poco fa, oppresso da amari affanni, e affascinato dalla morte per il troppo amor di me, ordinavo che le mie membra fossero bruciate dalle fiamme, dopo morto, e diedi alle mie ceneri i tristi scritti, e ruppi la penna, trascinato dalla forza di una rabbia atroce, perché non ci

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fosse più carta nostra per scrivere a

mano; poiché i campi d’Italia ora infine vidi liberi, l’Austria esser distrutta da una rovina spietata ed enorme, non vedrò forti corpi italiani

consegnati al barbaro carnefice senza un vendicatore; e se mi toccasse alfine di soccombere alla morte, queste parole vorrei profferire morendo:

che l’Austria perì, che la Patria vinse, e che ormai contento potrei dirti, o vita: addio!

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In Leonardum Vincium (*) (a. MCMXIX)

Fulgidus ut coeli campos complectitur aether Terrarumque polos oceanumque mare, omnia doctrinae sic, Vinci, regna tenebas, et poterat solus te superare Deus: nulla tuae radios mentis mens sustinet acres, nec potis est laudes dicere lingua tuas

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A Leonardo da Vinci241

(1919)

Come il fulgido etere del cielo abbraccia i campi, i poli della terra e il mare oceano,

così tu, o Vinci, tenevi tutti i regni della scienza, e solo Dio poteva superarti:

nessuna mente sostiene gli acuti raggi della tua, né la lingua è in grado di dire le tue lodi.

241 Questo epigramma fu stampato per la prima volta con un grosso svarione

(campus in luogo di campos), non ostante l’esattezza della prova di stampa licenzia- ta dall’autore, nel volume pubblicato dall’Istituto di studi Vinciani in Roma, che porta il titolo Per il IV centenario della Morte di Leonardo da Vinci, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, pag. 401. Fu ripubblicato con la debita correzione negli Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino, vol. LIV, 1919, p. 921, e nella Rivista di filologia e di istruzione classica, vol. XLVII, 1919, p. 439.

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Distichon in honorem discipulorum Regiae studiorum Universitatis Taurinensis qui pro Patria mortui sunt242

(MCMXIX)

Morte sua juvenes patriae peperere triumphum: agmina quae duxit docta Minerva fuit.

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Distici in onore degli Studenti della Regia Università di Torino caduti per la Patria

(1919)

Con la loro morte i giovani procurarono un trionfo

alla patria: colei che comandava le colonne fu la dotta Minerva.

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In minutas eorundem discipulorum imagines pictas (an. MCMXIX)

Ora vides juvenum, studiis qui sponte relictis pectora pro patria firma dedere neci

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Per i ritratti in miniatura degli studenti morti per la patria (1919)

Ecco i volti dei giovani che, abbandonati spontaneamente gli studi, offrirono al sup- plizio per la Patria i loro petti impavidi.

242 In eorum honorem iam ab anno MCMXVII in pariete auditorii maximi Regii

Athenaei haec disticha mea inscripta sunt: Morte obita mortem vitarunt tempus in omne / dum stabunt Alpes et mare Thybris alet. / Mentibus in nostris vivent serique nepotes marmore in aeterno nomina sancta legent. Haec autem ex tabella onorifica a me composita sunt exscripta, cuius exemplaria familiis alumnorum Athenaei, qui in acie pro patria ceciderant, summa virorum ac mulierum celebritate a. d. VIII kal. Apr. Eiusdem anni distributa sunt; quo quidem die mors eorum immortalis me quoque ora‐ tione in maximo Athenaei auditorio primum commemorata est (In loro onore fin dall’anno 1917 questi miei distici furono posati in una parete dell’Aula Magna del Regio Ateneo: «Dopo la morte evitarono la morte per sempre, finché ci saranno le Alpi ed il Tevere alimenterà il mare. /Vivranno nelle nostre menti ed i lontani discendenti leggeranno i loro santi nomi sul marmo eterno».Questi distici inoltre sono stati copiati da una lapide da me composta, i cui esemplari furono distribuiti il 22 Marzo dello stesso anno alle famiglie degli allievi dell’Università, caduti combat- tendo per la patria, con grande partecipazione di uomini e donne; e proprio in quel giorno la loro morte immortale fu anche ricordata per la prima volta da me in una orazione tenuta dell’Aula Magna dell’Università).

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A Guerrino Benedetto Fraccalvieri

Lux odierna pari memorat tibi tempora ritu quae voluisti homini quaeque sacrare Deo. Nam schola doctorem, te templa habuere ministrum quot numerant annos saecula secta quater, Tot jam annos pueri dociles juvenesque magistrum Te audire et laeta discere fronte solent;

totque sacerdotem Christi te turba veretur in templisque tuo pendet ab ore pia.

Te extollunt omnes, quaerunt matresque patresque Quae tibi laus hodie, quis tribuator honor. Gaudia quanta moves, quod nunc tibi fascia collum ornet et in media sculpta corona cruce, ultro quam misit, cui dat Victoria nomen Princeps, qui sapiens Itala fata regit ! Credere qui natos tibi consuevere parentes, te praeceptorem, te celebrantque ducem. Spargis enim teneras in mentes lumina docte, et monstras vitae qua via recta patet. Ergo nil mirum, si te reverentur alumni, teque colunt toto corde vocantque patrem; si, qui te novit, te exoptat dicere amicum, expetit et semper tempora fausta tibi. Illa igitur cuncti ferimus felicia vota, ut tibi praeclarum pergere detur iter, altera et ut possis vicesima quinta videre tempora sollemni concelebranda die! Quod si non poterit lux haec fulgere poetae, collegas lustret discipulosque tuos

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A Guerrino Benedetto Fraccalvieri

La luce di oggi, in modo eguale, ti ricorda i tempi

che tu assegnasti all’uomo per consacrare ogni cosa a Dio. Ed infatti da quanti anni contano i secoli divisi per quattro, la scuola ti ha come professore, il tempio come ministro;

da tanti anni gli allievi docili e giovani ti ascoltano e imparano con viso lieto, e da tanti anni il popolo riverisce te quale sacerdote di Cristo,

e devoto nei templi pende dalle tue labbra.

Tutti ti esaltano, e le madri e i padri cercano quali lodi oggi e quali onori ti si attribuiscano.

Quanto orgoglio muovi, ora che un collare ti adorna il collo, con una corona scolpita al centro di una croce,

ben più di quanto ti inviò colui al quale la Vittoria dà il nome di Principe,

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che con sapienza governa i destini d’Italia! I genitori che si abituarono ad affidarti i figli, celebrano te come precettore e guida.

Tu spargi infatti nelle tenere menti la luce, o dotto, e fai vedere dove passa la retta via della vita.

E dunque nessuna meraviglia se gli allievi ti riveriscono, se ti onorano con tutto il cuore

e ti chiamano padre; se chi ti conosce desidera soprattutto chiamarti amico, e ti augura sempre tempi felici.

Tutti rivolgiamo allora quegli auguri di buona fortuna,

affinché ti sia concesso di incamminarti per il sentiero luminoso,

e che tu possa vedere il cinquantesimo anno da concelebrare nel giorno solenne! E se la luce non potrà rifulgere al poeta, risplenda sui colleghi e sui tuoi discepoli.

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