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Storia delle classificazioni

2.2 Discalculia

2.2.1 Storia delle classificazioni

Prima della neuropsicologia cognitiva degli ultimi anni, l’unica teoria che cercava di spiegare la nascita e la crescita del numero e di altri concetti matematici era quella di Piaget, secondo la quale la matematica non poteva nascere indipendente ed autonoma rispetto ad altre funzioni.

Luria (1973) ha per primo sostenuto l’esistenza di correlazioni tra danni neurologici e tipi di disturbo cognitivo. Henschen (1919) fu il primo a sostenere invece uno studio sistematico sui disturbi del calcolo, coni`o l’espressione “acalculia” per indicare un deficit specifico, indipendente da altre tipologie di problematiche, anche se il termine indica- va qualsiasi tipo di difficolt`a che sorgeva utilizzando i numeri. Il termine `e stato poi riutilizzato da Berger (1926), che ha proposto una suddivisione tra:

• “acalculia primaria” (o anaritmetia) che comprende disturbi del calcolo non legati a disturbi generali del pensiero, del linguaggio o della memoria

• “acalculia secondaria” in cui i deficit sono associati ad altre abilit`a.

Altre classificazioni dell’acalculia sono state fatte qualche anno pi`u tardi da Hecaen e collaboratori (Hecaen et al. 1961). La classificazione `e stata fatta basandosi sulle parti- colarit`a di ogni acalculia incontrata, differenziando le problematiche relative ai processi di calcolo da quelle di elaborazione dei numeri, la stessa che fu utilizzata in seguito anche da Geary (1993), in:

• Anaritmetia: si tratta della difficolt`a che si riscontra nel ripescare fatti aritmetici dalla memoria a lungo termine, nell’applicazione di procedimenti di calcolo e in alcuni casi nella distinzione dei simboli aritmetici. E’ invece intatta la capacit`a di lettura e scrittura dei numeri.

• Acalculia alessica o agrafica: E’ compromessa la capacit`a di leggere e scrivere i numeri, mentre restano inalterate le altre funzioni aritmetiche.

• Acalculia spaziale: E’ la difficolt`a che si caratterizza per la disorganizzazione spa- ziale durante i calcoli scritti, per esempio nell’eseguire un’operazione in colonna. Ci possono essere errori dovuti all’omissione o all’inversione dei numeri oppure confusione dei simboli operazionali (ad esempio + e ×).

Un’altra classificazione dell’acalculia `e stata fatta da Grewel (1952):

• Temporale: non vengono compresi la maggior parte dei numeri presentati a voce; • Occipitale: difficolt`a di percezione che non permettono una chiara rappresentazione

di un numero a pi`u cifre;

• Parietale: racchiude diverse tipologie di acalculia poich´e il lobo parietale `e presente in vari processi, soprattutto prassici.

E’ all’inizio del XIX secolo che sono state fatte le prime osservazioni della discalculia in soggetti in et`a di sviluppo ed in soggetti adulti con discalculia acquisita, cercandone analogie e differenze. Le classificazioni fatte nel corso del tempo sono state tuttavia di- verse tra loro.

Nel 1971, Johnson e Myklebust hanno analizzato le varie tappe dell’apprendimento ma- tematico, scoprendo una vasta area di difficolt`a sia nel calcolo e sia nella soluzione di problemi: difficolt`a sintattiche nella lettura e scrittura dei numeri, difficolt`a nella com- prensione dei simboli aritmetici, difficolt`a nell’eseguire le operazioni, difficolt`a nel conteg- gio, difficolt`a nello scegliere correttamente la procedura per la soluzione di un problema. Un’altra descrizione di ci`o che caratterizza uno studente discalculico `e stata data da Cohn (1968, 1971). Cohn definisce la discalculia come “un ritardo nell’acquisizione delle capacit`a numeriche: incapacit`a di riconoscere ed utilizzare i simboli aritmetici, incapacit`a di richiamare in memoria le tabelline e i numeri di riporto delle operazioni; incapacit`a di mantenere l’ordine dei numeri nello svolgimento di operazioni scritte.”

D’altra parte Kosc (1974) propone sei tipi di discalculia dello sviluppo: • Verbale: difficolt`a nella denominazione dei numeri;

• Protognostica: difficolt`a nella manipolazione di oggetti;

• Lessicale: riguarda la lettura dei simboli matematici e dei numeri; • Grafica: `e associata alla scrittura dei simboli e dei numeri;

• Ideognostica: incapacit`a di comprendere le relazioni matematiche e di fare calcoli mentali;

• Operazionale: disturbo nella capacit`a di eseguire operazioni.

La classificazione di Badian (1983), infine, riprende le tre categorie di Hecaen, aggiun- gendone una quarta:

la “discalculia attenzionale-sequenziale”, che si caratterizza per la difficolt`a nel memo- rizzare fatti aritmetici, le tabelline e le regole del riporto.

Attraverso la storia di queste classificazioni ho mostrato un ampio quadro di quello che questo disturbo comporta. Tuttavia le classificazioni viste fino a questo momento sono tutte a carattere descrittivo. Solo successivamente con lo studio di alcuni modelli cognitivi dell’elaborazione dei numeri e del calcolo `e stato possibile comprendere il si- gnificato dei tipi di deficit osservati. Oggi il modello di McCloskey, Caramazza e Basili (1985) `e quello pi`u accreditato, secondo il quale i tre moduli di cui `e costituito sono indipendenti l’uno dall’altro e possono quindi essere compromessi in maniera separata. I disturbi del calcolo individuati in questo modello sono:

• Disturbi nel processamento del numero (lettura e scrittura dei numeri) • Disturbi nel recupero di fatti aritmetici

• Disturbi nella conoscenza procedurale (applicazione degli algoritmi nelle operazio- ni).

La Temple (1991) riprende il modello di McCloskey e distingue tre tipologie: • Dislessia per le cifre

• Discalculia procedurale

• Discalculia per i fatti aritmetici

Questa carrellata di teorie e modelli differenti lascia intuire quanto ancora si conosca poco di questo disturbo. Il problema spesso `e che i modelli neuropsicologici formulati si basano sullo studio di soggetti adulti con danni cerebrali acquisiti nell’area del calcolo e si estendono anche alla discalculia evolutiva di un bambino in crescita. E’ vero che le so- miglianze tra i due disturbi sono elevate, ma in questo modo non si valuta attentamente il fattore evolutivo degli studenti rispetto ai soggetti adulti, non indagando in profondit`a sul mancato sviluppo delle normali capacit`a aritmetiche.

Nonostante la difficolt`a di dare un’unanime definizione e l’imprecisa distinzione tra di- scalculie acquisite e la discalculia evolutiva, quest’ultima presenta determinate caratte- ristiche.

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