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Una straordinaria ricchezza e varietà di risorse e paesaggi per progettare le Identità del Territorio.

Nel documento Ambiente, Turismo e Sviluppo Sostenibile (pagine 52-64)

C APITOLO Q UARTO

4.1 Una straordinaria ricchezza e varietà di risorse e paesaggi per progettare le Identità del Territorio.

Il paesaggio agrario che oggi conosciamo è il risultato di una lenta e progressiva trasformazione dell’ambiente naturale avvenuta nel corso dei secoli. Tale trasformazione è frutto sia della stessa azione naturale sia dell’intervento antropico, dell’azione secolare dell’uomo sul territorio. L’aspetto che ci presenta la terra nelle zone abitate non è quindi quello originale che potremmo definire naturale ma quello prodotto dalla millenaria trasformazione operata dall’uomo per rendere il territorio più idoneo alle proprie esigenze vitali, prioritaria la produzione di cibo. A tal fine nasce l’esigenza da parte

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dell’uomo di convertire il territorio naturale in territorio agrario, per cui, sulle terre abitate, i paesaggi che ci presenta il pianeta sono paesaggi agrari. Ogni paesaggio è quindi il risultato della combinazione sia delle proprie caratteristiche morfologiche, dei propri elementi originari quali ad esempio il clima, la disponibilità delle acque, la natura dei terreni, sia dell’opera dell’uomo che in ogni stadio specifico della sua storia, avvalendosi di specifiche tecniche, di strumenti, di diversi tipi di colture, di reti di irrigazione, di strade, di sentieri, di bordure dei campi, della costruzione di cascine, di piccoli aggregati urbani e periurbani, ha generato un preciso paesaggio agrario con i suoi elementi tipologici caratterizzanti. I paesaggi agrari devono quindi essere letti soprattutto alla luce delle evoluzioni storiche che hanno portato al loro aspetto attuale.

I paesaggi agrari, come effetto di questa lenta stratificazione agricola sul primitivo paesaggio naturale,

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hanno acquisito una loro bellezza che va salvaguardata. Il paesaggio pertanto, essendo considerato una componente fondamentale del patrimonio naturale e culturale dell’Europa, una risorsa favorevole all’attività economica, capace anche di creare nuovi posti di lavoro, va salvaguardato, pianificato, gestito al fine di pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra ambiente, attività economica nonché sviluppo e bisogni sociali.

Negli ultimi 50 anni è evidente come i paesaggi agrari europei abbiano subito una rapida trasformazione dovuta a svariate ragioni delle quali possiamo menzionare: l’evoluzione delle tecniche di produzione agricola che in alcuni casi ha comportato la banalizzazione dei paesaggi agrari a causa dell’agricoltura intensiva e specializzata nelle zone più facili da coltivare, mentre altre regioni rurali, che invece presentano forti limiti naturali, sono state destinate all’abbandono e spesso sono diventate

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oggetto di incendi di portata devastante; lo sviluppo di fenomeni che mettono in pericolo i paesaggi, come l’inquinamento delle acque e dell’aria, l’erosione dei suoli, l’accumulo di rifiuti; l’espansione urbanistica spesso non controllata e diffusa nelle zone già di forte pressione demografica che ha comportato una progressiva devastante urbanizzazione del paesaggio rurale periurbano; la pressione competitiva dei settori extra agricoli, lo sviluppo industriale con realizzazione di grandi centri di produzione dell’energia anche in zone ecologicamente sensibili; la specializzazione delle produzioni.

Oggi la campagna non è più soltanto il luogo dove si svolgono le attività agricole e dove vivono le persone che svolgono tali attività, ma è un territorio che svolge diverse funzioni che fanno si che il nostro paesaggio risulti profondamente modificato e trasformato. Se infatti in passato il paesaggio agrario era il frutto della somma

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di elementi caratterizzanti propri del luogo quali ad esempio le condizioni geomorfologiche del terreno, le condizioni climatiche, le forme di costruzioni espressione delle esigenze di chi le abitava, negli ultimi

anni la globalizzazione ha invece generato

un’uniformazione e omologazione del territorio che tende a diventare lo stesso a diverse latitudini, frammentato dal punto di vista ecologico-ambientale, modificato da trasformazioni agrarie che per l’intensificazione delle colture generano effetti di semplificazione del paesaggio stesso, perdita di biodiversità, inquinamento delle falde, eccedenza alimentari.

Fino al secolo scorso il rapporto quindi tra uomo e campagna era rimasto nei limiti di un sostanziale equilibrio, anche per via della limitata capacità dell’uomo di produrre trasformazioni rilevanti sul territorio, per cui l’azione dell’uomo si incontrava con

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quella della natura in modo armonico e non distruttivo. Quando invece i cambiamenti sono diventati non più controllabili, le trasformazioni troppo celeri, si è quindi rotto l’equilibrio tra utilizzo e gestione delle risorse, si è assistito consequenziale trasformazione del paesaggio agrario.

Nel corso della storia i paesaggi agrari hanno subito mutamenti anche radicali, anche se bisogna sottolineare come non sempre tali modifiche di natura antropica siano state negative ma, invece, come abbiano anche determinato valori estetici positivi; basti pensare ad esempio ad alcune vallate alpine dove i prati in estate hanno un colore verde attraente e riposante, turisticamente interessante, grazie agli agricoltori che li falciano di continuo evitando che questi assumano un aspetto secco poco piacevole come avviene dove si verifica un abbandono della campagna.

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particolare dell’Italia, cosi come lo conosciamo oggi, nasce di fatto fra il Settecento e l’Ottocento quando hanno avuto inizio le grandi bonifiche, il dissodamento di grandi aree del territorio collinare e montano, le piantagioni arboree ed arbustive in ampi comparti. È vero che sin dall’età comunale si erano sviluppate le tecniche delle sistemazioni collinari e montane con muretti a secco, a gradoni a terrazze, ma è solo nella metà del XVII secolo in poi che grazie ai progressi dell’economia moderna, la cosiddetta rivoluzione agronomica, si comincia ad assistere ad un decisivo ampliamento in superficie e in varietà delle colture, a

coltivazioni specializzate erbacee ed arboree

caratterizzate da maggiori produttività e minori costi. Se prima l’agricoltura era finalizzata principalmente al soddisfacimento dei bisogni primari della famiglia agricola che si basava su un’economia povera, poco meccanizzata, in cui l’alimentazione del bestiame veniva

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soddisfatta con i residui delle produzioni vegetali arboree, adesso la nuova filosofia agricola si basa sulla logica innovativa della maggiore produttività, efficienza e minori costi dando spazio a colture ad alto reddito, frutteti e vigneti, che modificano gradualmente il paesaggio europeo.

I paesaggi agrari europei hanno subito notevoli trasformazioni e stravolgimenti profondamente legati agli avvenimenti storici che hanno determinato cambiamenti economici e sociali dai quali non è possibile prescindere per comprendere le trasformazioni che si sono rivelate determinanti nello scatenare le dinamiche che sono entrate in gioco sia nella creazione di nuovi paesaggi agrari sia nella trasformazione ed evoluzione di quelli già esistenti; è quindi fuorviante parlare in maniera generalizzata di fattori che hanno prodotto questa varietà di paesaggi agrari in quanto bisogna invece anche considerare nello specifico le

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varietà di componenti, economiche, tecnologiche, geomorfologiche, climatiche, culturali e sociali che entrano in gioco.

Dopo un periodo di stagnazione verificatosi tra il Seicento e il Settecento, a metà del XVIII secolo, grazie ai miglioramenti climatici e alle innovazioni delle tecniche che comportarono notevoli benefici per l’agricoltura, si assistette ad una notevole crescita demografica determinante non soltanto per l’aumento della capacità produttiva agricola ma anche per l’espansione delle terre coltivate in seguito alla forte domanda di prodotti agricoli. Ciò comportò un arricchimento dei paesaggi agrari europei grazie alla messa a coltura non solo di terre vergini, ma anche di terre marginali, incolte o paludose del vecchio continente. In questo XVIII secolo L’Europa occidentale conobbe notevoli e significativi progressi tecnici e sociali. Escludendo alcune zone dell’area Mediterranea,

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come l’Italia meridionale e la Spagna, e l’Europa orientale dove i sistemi agricoli rimasero inalterati in quanto ancora basati sulla monocoltura cerealicola

estensiva e sul latifondo, l’agricoltura e

conseguentemente i paesaggi agrari dell’Europa occidentale subirono profonde trasformazioni. Infatti si assistette ad una maggiore domanda di beni alimentari che comportò la diffusione di nuove piante alimentari come il mais e la patata, il dissodamento e la messa a coltura di nuovi terreni agricoli, l’attuazione di nuove tecniche di coltivazione che comportassero una maggiore produttività del suolo; si cominciò a superare la medievale rotazione triennale dei terreni e l’abbandono della messa a riposo del terreno ovvero del maggese. Per comprendere ancor meglio le dinamiche complesse che entrano in gioco nella formazione e trasformazione dei grandi paesaggi europei vale la pena menzionare il fenomeno delle recinzioni, “enclosures”, che si verificò

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in Inghilterra tra Sette e Ottocento, per il quale fenomeno le terre comunali, utilizzate tradizionalmente dalla comunità del villaggio per il pascolo, la raccolta di legna, la coltivazione, e i piccoli poderi contadini furono progressivamente accorpati, venduti e fisicamente recintati con siepi e steccati. All’economia di villaggio si venne quindi sostituendo l’impresa agricola moderna guidata da imprenditori, basata sul lavoro salariato, su capitali, ricavi che venivano anche reinvestiti per la costruzione di canali, strade, bonifiche, sistemi di irrigazione, elementi che comportano un arricchimento del panorama paesaggistico.

Nonostante le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli, i paesaggi agrari conservano ancora e magari conserveranno a lungo le tracce storiche che soltanto guardando al passato è possibile ricercare, chiarire e spiegare. Se ad esempio pensiamo al paesaggio italiano, subito, nella nostre mente vengono evocate sul territorio

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toscano le tenute ad ulivo, i campi di grano alternati a quelli di vite e segnati da filari di cipressi, le case in pietra e i villaggi che segnano la presenza dell’uomo; i paesaggi delle piantagioni di cereali del Centro-Sud e delle Isole che formano le ondeggianti distese delle pianure; gli immensi oliveti della Puglia che si sposano con la bianca pietra calcarea da cui traggono nutrimento; gli ondulati vigneti delle colline che da tanti diversi luoghi del nostro Paese danno luogo ai buoni e diversificati sapori dei nostri vini; i frutteti del Trentino, dell’Emilia e della Campania; gli agrumeti della Sicilia; le articolate terrazze montane che strappano dalla roccia piccoli fazzoletti di terra, affiancate da piccole case di pietra segno della presenza degli agricoltori; i paesaggi delle pianure con le piantate, i canali, i verdi campi di foraggere e le colture intensive; le aree della produzione florovivaistica e delle colture protette; gli immensi boschi di sempreverdi, i paesaggi del pascoli alpini e di

63 quelli del Sud Italia.

4.2 Salvare il paesaggio agrario per uno sviluppo

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