In questo paragrafo viene dunque presentato un approccio esplicitamente evolutivo alla soluzione dei due giochi appena discussi e, a tal fine, essi vengono ripresi in modo leggermente più astratto nella figura che segue e che sarà adoperata anche per l’esempio dell’Appendice.
Fig. 2a Fig. 2b
In questa nuova figura, i giocatori e le strategie sono gli stessi introdotti a proposito della precedente formulazione, e la stessa cosa vale per i pay-off, per i quali valgono le seguenti relazioni: a>b>c=𝑤̅, dove 𝑤̅<𝑤̿ indica la relazione tra il valore di scambio del lavoro
21 Vale comunque la pena di richiamare l’attenzione sull’estensione dinamica dei giochi super-modulari portata avanti da Milgrom, Roberts e Choi (1991) tramite la formulazione del cosiddetto ‘Momentum theorem’, che dovrebbe dare risultati sostanzialmente analoghi a quelli che seguono nel prossimo paragrafo.
2 1 comp coop Comp a, c 0, 0 Coop 0, 0 b, b B A COMP COOP COMP D, D D, C COOP C, D B, B
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subordinato e di quello professionale, rispettivamente; B>D>C, e a+c=D, 2b=B e 2c’=C con 𝑤̿ = c’>c e quindi C> c’+c>2c, che è la condizione cruciale che garantisce che la produzione di gruppo sia sempre conveniente rispetto a quella individuale.
Come anticipato, poi, a differenza dei modelli assiomatici dove gli individui rappresentano l’inizio e la fine dell’analisi, e che quindi da questo punto di vista potrebbero essere intesi anche come ‘creazionisti’, in un modello evolutivo i giocatori si trovano nel mezzo di un processo su cui hanno un controllo e una conoscenza limitati22.
Ciò a sua volta implica che, come anticipato nell’Introduzione, adottino quello che viene chiamato un comportamento adattivo o limitatamente razionale, ovvero non ottimizzante nel senso di quello che emerge assumendo che i giocatori abbiano, senza costi, razionalità perfetta e illimitata ma, come suggerito dallo stesso Schumpeter e appunto chiarito da Simon, un comportamento tendenzialmente abitudinario e ripetitivo ma intervallato da episodi di cambiamento altrettanto tendenzialmente casuali.
In particolare, seguendo da vicino Bowles (2001, cap. 2), e sfruttando l’analogia per la quale i pay-offs possono essere indifferentemente riferiti al numero di repliche o ai profitti, rappresentando quindi il veicolo tramite il quale le stesse strategie si diffondono o meno nella popolazione, si può supporre che, a ogni mano del gioco, o periodo t, una certa frazione della popolazione, magari in seguito all’esposizione a un modello di comportamento ritenuto di successo, abbia la possibilità di aggiornare la propria strategia. Indicando con x (X) la generica strategia nei due giochi 𝛾 (𝑤) [ 𝛾 (𝑏)] , e con p (Q) la frazione della popolazione che in un particolare momento sta adottando tale strategia, il generico giocatore cambierà strategia, giocando quindi y (Y), se 𝑔𝑦(𝑝) > 𝑔𝑥(𝑝) [𝐺𝑌(𝑄) > 𝐺𝑋(𝑄)], dove tali espressioni si riferiscono
ai pay-offs medi relativi a ogni strategia, ovvero, trascurando per semplicità i parametri η e δ:
22 Come è chiaro, in effetti, il concetto di evoluzione ha problemi con quelli di inizio e di fine, tanto è vero che oggi non è ritenuto necessariamente in contraddizione con visioni di carattere religioso. Questa circostanza tuttavia pone anche in evidenza i rischi della inevitabile tendenza degli approcci assiomatici a presentarsi come unici e veri. Per una discussione informata sulla questione vedi Assmann, Hinkelammert (1993).
38 (4a) 𝑔𝑥(𝑝) = 𝑝𝛱𝑖(𝑥, 𝑥) + (1 − 𝑝)𝛱𝑖(𝑥, 𝑦) , 𝑔𝑦(𝑝) = 𝑝𝛱𝑖(𝑦, 𝑥) + (1 − 𝑝)𝛱𝑖(𝑦, 𝑦) , e
(4b) 𝐺𝑋(𝑄) = 𝑄𝛱𝑔(𝑋, 𝑋) + (1 − 𝑄)𝛱𝑔(𝑋, 𝑌) 𝐺𝑌(𝑄) = 𝑄𝛱𝑔(𝑌, 𝑋) + (1 − 𝑄)𝛱𝑔(𝑌, 𝑌)].
Più precisamente, si può notare come nel caso in esame che riguarda operatori economici, tali pay-offs medi sono calcolati sulla base di aspettative adattive, nel senso che ci si aspetta che il comportamento attuale sia uguale a quello passato, e come dunque non si tratti di massimizzare una funzione di utilità attesa nel senso di von Neuman e Morgestern ma del cosiddetto meccanismo di apprendimento basato sulla risposta ottima, ovvero un meccanismo di feedback che va dai precedenti alle aspettative e quindi alle strategie, e dunque alla fine di nuovo ai precedenti (Young, 2007). Conseguentemente, indicando per semplicità con ω=Ω/2 la frazione di popolazione che valuta il cambiamento di strategia e con
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il peso che i giocatori danno alle differenze nei pay-offs associati alle differenti strategie, è possibile descrivere l’andamento della proporzione di popolazione che gioca una determinata strategia e che è del resto ciò in cui consiste l’obiettivo dell’esercizio.Pertanto, indicando con 𝜌𝑦>𝑥 la probabilità che una differenza tra pay-offs sia sufficientemente apprezzabile per indurre un cambiamento di strategia, e che dunque assuma valore 1 o 0, si può scrivere:
(5a) 𝑝′ = 𝑝 − 𝜔𝑝(1 − 𝑝)𝜌𝑦>𝑥 𝛽(𝑔𝑦− 𝑔𝑥) + 𝜔𝑝(1 − 𝑝)(1 − 𝜌𝑦>𝑥)𝛽(𝑔𝑥− 𝑔𝑦), e (5b) 𝑄′= 𝑄 − 𝜔𝑄(1 − 𝑄)𝜌𝑦>𝑥 𝛽(𝐺𝑌− 𝐺𝑋) + 𝜔𝑄(1 − 𝑄)(1 − 𝜌𝑦>𝑥)𝛽(𝐺𝑋− 𝐺𝑌). Tali espressioni possono essere così interpretate: in ogni periodo ci sono p giocatori che giocano x in 𝛾 (𝑤) [Q giocatori che giocano X in 𝛾 (𝑏)], e una frazione di questi, ω , valuta il cambiamento di strategia; ognuno di questi ωp giocatori che giocano x (ωQ giocatori che giocano X) incontrerà un giocatore che gioca y (Y) con probabilità (1-p) [(1-Q)] e con probabilità 𝜌𝑦>𝑥𝛽(𝑔𝑦− 𝑔𝑥) [𝜌𝑌>𝑋𝛽(𝑔𝑌− 𝑔𝑋)] l’informazione che acquisiscono li porta a cambiare
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strategia. Dall’altra parte, alcuni dei giocatori che giocano y (Y) incontreranno alcuni dei giocatori che giocano x (X) e, in maniera analoga a quanto appena visto per i giocatori-x (X), cambieranno a loro volta la loro strategia da y a x (Y a X).
Riarrangiando, le espressioni 5a e 5b possono essere quindi scritte come: (6a) 𝛥𝑝 = 𝑝′− 𝑝 = 𝜔𝑝(1 − 𝑝)(𝑔𝑥− 𝑔𝑦)
(6b) 𝛥𝑄 = 𝑄′− 𝑄 = 𝜔𝑄(1 − 𝑄)(𝐺𝑋− 𝐺𝑌),
ovvero, indicando con 𝑔̃ = 𝑝𝑔𝑥+ (1 − 𝑝)𝑔𝑦 e 𝐺̃ = 𝑄𝐺𝑋+ (1 − 𝑄)𝐺𝑌 i pay-offs medi delle due popolazioni, in forma più compatta:
(7a) 𝛥𝑝 = 𝜔𝑝𝛽(𝑔𝑥− 𝑔̃), (7b) 𝛥𝑄 = 𝜔𝑄𝛽(𝐺𝑋− 𝐺̃).
Come nota lo stesso Bowles, quindi, la direzione e il ritmo dell’aggiornamento dipendono da p (Q) in due modi. In primo luogo, p(1-p) [Q(1-Q)] rappresenta la varianza della strategia nella popolazione e quindi misura la probabilità che un giocatore x (X) incontri un giocatore y (Y), circostanza tanto meno probabile quanto più p (Q) assume i valori estremi 0 o 1. In secondo luogo, come si evince dalla 4a e 4b, e come è già stato accennato, i pay-offs 𝑔𝑥 e 𝑔𝑦 (𝐺𝑋 e 𝐺𝑌) dipendono in modo funzionale da p (Q) e rappresentano ciò che si assume i giocatori conoscano del gioco che stanno giocando.
A questo punto è quindi possibile concludere che i punti stazionari della dinamica di p (Q) appena descritta sono quelli in cui vale l’espressione 𝛥𝑝=0, ovvero i punti estremi p=0 e
p=1 (Q=0 e Q=1), e, eventualmente, quelli intermedi per i quali anche vale:
(8a) 𝑔𝑥(𝑝) − 𝑔𝑦(𝑝) = 0 (8b) 𝐺𝑋(𝑝) − 𝐺𝑌(𝑝) = 0.
Per quanto riguarda invece la stabilità (asintotica) di tali stati stazionari, essa richiede che uno spostamento esogeno dall’equilibrio provochi un cambiamento di segno opposto nella dinamica di aggiustamento, che riporta il sistema nelle condizioni di partenza e dunque si
auto-40 corregge. Ciò a sua volta richiede che 𝛥𝑝
𝑝 < 0 [ 𝛥𝑄
𝑄 < 0 ], ovvero che la derivata delle equazioni (7a) e (7b) rispetto alle frazioni di giocatori che giocano x (X) sia negativa.
Conseguentemente, gli equilibri asintoticamente stabili della dinamica del replicatore che si sta analizzando saranno quelli per cui vale:
(9a) 𝑑𝑔𝑦 𝑑𝑝 −𝑑𝑔𝑥 𝑑𝑝 = 𝛱𝑖(𝑦, 𝑥) − 𝛱𝑖(𝑦, 𝑦) − 𝛱𝑖(𝑥, 𝑥) + 𝛱𝑖(𝑥, 𝑦) > 0 (9b) 𝑑𝐺𝑌 𝑑𝑄 −𝑑𝐺𝑋 𝑑𝑄 = 𝛱𝑔(𝑌, 𝑋) − 𝛱𝑔(𝑌, 𝑌) − 𝛱𝑔(𝑋, 𝑋) + 𝛱𝑔(𝑋, 𝑌) > 0,
ovvero come anticipato solo i punti estremi in cui vale p=0 o p=1 (Q=0, Q=1)23.
Se dunque la dinamica del replicatore illustra un punto chiave delle dinamiche evolutive, ovvero il fatto che ciò che si osserva non è il risultato del disegno di nessuno ma dipende da sperimentazione e accidenti storici, visto che appunto l’equilibrio che si osserverà dipende in pratica dal fatto che il punto di partenza sia all’interno del bacino di attrazione dell’uno o dell’altro –bacino definito dall’equilibrio instabile intermedio o dall’intervallo che li delimita-, dal punto di vista della biologia la principale limitazione di questa formalizzazione è che non permette di analizzare le mutazioni, ovvero la novità casuale.
A questo fine è stata introdotta la nozione di strategia evolutivamente stabile (Maynard-Smith, 1973). In sostanza, la domanda cui questa nozione di equilibrio dà una risposta è a quali condizioni un equilibrio asintoticamente stabile nel senso appena definito dalle equazioni (9a) e (9b) è al riparo da una potenziale invasione da parte di mutanti che introducono una nuova strategia.
In termini più formali, ci si chiede quale sia la barriera di invasione di tali strategia, ovvero la frazione 𝜌̃ tale che se i mutanti compaiono in misura minore di 𝜌̃ la strategia esistente ottiene
23 Data l’asimmetria nei pay-off in 𝛾 (𝑤), la frazione di popolazione che rende indifferenti tra le due strategie sarà in generale diversa per i due tipi di giocatori rendendo l’instabilità di questi equilibri intermedi ancora più evidente. Come già notato in nota 2, del resto, non è neppure sicuro e nemmeno molto intuitivo che tali equilibri esistano e, per anticipare i contenuti dell’Appendice, proprio questo intervallo di probabilità in cui a un tipo di giocatore conviene una strategia e all’altro la strategia alternativa gioca un ruolo importante nel più sofisticato meccanismo di apprendimento che verrà proposto.
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un pay-off maggiore rispetto all’entrante e dunque l’invasione sarà respinta, definizione che del resto invita un’interpretazione economica altrettanto immediata e trasparente in termini di libertà d’entrata che permette di sostituire il caso con il principio di massimizzazione del profitto quale determinante dell’analisi e di accostare alle limitazioni cognitive quelle derivanti dall’appartenenza a determinate relazioni di produzione nell’interpretazione proposta della razionalità limitata.24
In pratica quindi, ipotizzando che tutta la popolazione stia giocando la strategia y (Y), ci si chiede cosa succede se viene introdotta una piccola proporzione di giocatori che giocano x (X). Dall’equazioni (7a) e (7b) segue che ciò significa valutare Δp (ΔQ) a p=ԑ quando ԑ è arbitrariamente piccolo.
Dato che poi Δp (ΔQ) avrà il segno di
𝑔𝑥(𝜖) − 𝑔𝑦(ԑ) = [𝜖𝛱𝑖(𝑥, 𝑥) + (1 − ԑ)𝛱𝑖(𝑥, 𝑦)] + ԑ𝛱𝑖(𝑦, 𝑥) + (1 − ԑ)𝛱𝑖(𝑦, 𝑦)] {𝐺𝑋(𝜖) − 𝐺𝑌(ԑ) = [𝜖𝛱𝑔(𝑋, 𝑋) + (1 − ԑ)𝛱𝑔(𝑋, 𝑌)] + ԑ𝛱𝑔(𝑌, 𝑋) + (1 − ԑ)𝛱𝑖(𝑌, 𝑌)] }, la strategia y (Y) è evolutivamente stabile contro x (Y) se e solo se 𝑔𝑥(ԑ) − 𝑔𝑦(𝜖) < 0, [𝐺𝑋(𝜖) − 𝐺𝑌(𝜖) < 0], che con ϵ arbitrariamente piccolo dà luogo alle consuete condizioni:
(10a) 𝛱𝑖(𝑦, 𝑦) > 𝛱𝑖(𝑥, 𝑦),
o, se 𝛱𝑖(𝑦, 𝑦) = 𝛱𝑖(𝑥, 𝑦), allora 𝛱𝑖(𝑦, 𝑥) > 𝛱𝑖(x,x), e (10b) 𝛱𝑔(𝑌, 𝑌) > 𝛱𝑔(𝑋, 𝑌),
o, se 𝛱𝑔(𝑌, 𝑌) = 𝛱𝑔(𝑋, 𝑌), allora 𝛱𝑔(𝑌, 𝑋) > 𝛱𝑔(X,X).
24 Nella misura in cui tali limitazioni nei mezzi materiali implicano che si ottenga meno di quanto si otterrebbe nella massimizzazione canonica indipendente in termini di uguaglianza tra costi e benefici marginali individuali, che è poi la definizione di sfruttamento, si potrebbe simmetricamente parlare di razionalità ‘aumentata’ quando l’amplificazione dei mezzi materiali derivanti dall’appartenenza a determinate relazioni di produzione permette di ottenere più di quanto si otterrebbe dalla massimizzazione canonica indipendente, che è poi la definizione speculare di appropriazione, già analizzata nella prima parte. Ciò però non deve turbare il teorico votato all’individualismo metodologico dato che in questo lavoro ci si limita a rinunciare all’individualismo in senso epistemologico mantenendone invece la dimensione ontologica. In altri termini, si tratta sempre di forme di razionalità individuale, anche se appunto involontaria o non intenzionale, la cui differenza rispetto alla massimizzazione canonica indipendente dipende dal ruolo esplicativo che viene riservato alle relazioni tra individui.
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A parole, la strategia y (Y) è evolutivamente stabile se è la miglior risposta a sè stessa e, se lo è solo debolmente, la strategia alternativa x (X) non è a sua volta la miglior risposta a sé stessa e dunque non evolve e non invade la strategia y per inerzia (drift).
Da tale definizione quindi segue che la nozione di strategie evolutivamente è quello che si chiama un raffinamento dell’equilibrio di Nash, visto che tutte le strategie evolutivamente sono anche equilibri di Nash ma il contrario non è vero e, come anticipato, che si tratta di un concetto di soluzione che è più congeniale alla condizione di massimo profitto che non al principio di scarsità e alla visione secondo cui il valore viene dalla differenza, nel senso che nel caso generale, invece dell’indifferenza tra le strategie alternative, tende a prevalere la preferenza per l’una o per l’altra25.
Ricapitolando, quindi, da una semplice ispezione dei pay-offs segue che tanto le strategie (comp, comp) e (coop, coop) in 𝛾 (𝑤) quanto le strategie (COMP, COMP) e (COOP,
COOP) in 𝛾 (𝑏) sono strategie evolutivamente stabili nelle rispettive dinamiche mentre gli equilibri intermedi in cui i giocatori sono indifferenti tra le due strategie rappresentano il punto (o l’intervallo) che delimitano i rispettivi bacini di attrazione e per questo motivo, se esistono, non sono evolutivamente stabili.
Ricordando poi che, per le relazioni di complementarietà strategica i pay-off in entrambi i giochi sono funzioni dei parametri rilevanti e che dunque la rappresentazione in forma normale delle figure 1a e 1b, e 2a e 2b, è solo approssimativamente corretta, come del resto implicito nella definizione in termini di differenze crescenti, è possibile affermare che le due coppie di equilibri discusse nel paragrafo precedente e associate rispettivamente al caso Marxiano e a quello Smithiano corretto per tener conto del carattere collettivo della produzione possono essere in realtà caratterizzate in termini dinamici e associate alle due situazioni cui si è
25 Anche volendo partire dalla teoria del consumo, del resto, che la condizione di ottimo che richiede l’indifferenza tra beni sostituibili e singolarmente considerati non sia l’unica possibile è dimostrato anche solo dall’esistenza dei beni che invece sono complementari.
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accennato nell’Introduzione, ovvero, rispettivamente, a una situazione in cui profitti e crescita sono in diminuzione e un’altra in cui invece entrambi sono in aumento.
Tuttavia, proprio per questo motivo, e date la particolarità della relazione di interdipendenza tra i due giochi sotto esame, sembra ragionevole espandere la definizione di strategie evolutivamente stabili appena data nelle espressioni (10a) e (10b) per assicurare che le strategie che non le riescono a invadere nei due giochi considerati separatamente continuino a non riuscire a invaderle anche quando i due giochi vengono considerati simultaneamente.
In altri termini, dato che per il conflitto tra Pareto-efficienza e massimizzazione del valore del gruppo che caratterizza 𝛾 (𝑤) i pay-off possono essere valutati in modo differente a seconda che lo si faccia dal punto di vista individuale o dal punto del gruppo, che i bacini di attrazione dei diversi equilibri saranno in generale diversi tra loro, e che la combinazione tra complementarietà strategiche nei due giochi considerati separatamente e complementarietà istituzionali tra i due giochi considerati congiuntamente trasforma la relazione tra i due giochi in una relazione tra equilibri, sembra ragionevole aggiungere le seguenti condizioni 26:
(11a) se 𝛱𝑔(𝜎̂ǀ𝜂) ∉ 𝑎𝑟𝑔𝑚𝑎𝑥𝛱𝑔(𝜎̂ǀ𝜂),
allora 𝛱𝑖(𝛴̂ǀ𝛿) ∈ 𝑎𝑟𝑔𝑚𝑎𝑥𝛱𝑖(𝛴̂ǀ𝛿) per almeno uno o ϵ individui;
a parole, se la deviazione individuale, che non è conveniente dal punto di vista individuale per la definizione di strategia evolutivamente stabile ordinaria, è però conveniente dal punto del gruppo, cioè vale la prima parte dell’espressione (11a), allora la corrispondente deviazione di gruppo, che pure non è conveniente dal punto di vista del gruppo per la definizione ordinaria di strategie evolutivamente stabili, non è conveniente dal punto di vista individuale per almeno uno o ϵ individui, cioè vale la seconda parte dell’espressione (11a), e dunque la strategia in
26 Gli economisti sono abituati a questo tipo di analisi dal modello IS-LM che, però, essendo basato sulla cosiddetta legge di Walras, illustra i problemi che la mancata considerazione della questione dell’esistenza dell’impresa dovrebbe porre anche per le cosiddette analisi di tipo ‘macroeconomico’, basate invece su una funzione di produzione aggregata le cui micro-fondazioni sono spesso tutt’altro che chiare.
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questione non può evolvere nemmeno indirettamente27. In altri termini, se il profitto del gruppo non è massimizzato come funzione delle strategie individuali in 𝛾 (𝑤), allora il profitto individuale è massimizzato per almeno uno o ϵ individui come funzione delle strategie di gruppo in 𝛾 (𝑏). Analogamente,
(11b) se 𝛱𝑖(𝛴̂ǀ𝛿) ∉ 𝑎𝑟𝑔𝑚𝑎𝑥𝛱𝑖(𝛴̂ǀ𝛿) per almeno uno o ϵ individui, allora 𝛱𝑔(𝜎̂ǀ𝜂) ∈ 𝑎𝑟𝑔𝑚𝑎𝑥𝛱𝑔(𝜎̂ǀ𝜂);
a parole, se la deviazione di gruppo, che non è conveniente dal punto di vista del gruppo per la definizione di strategie evolutivamente stabili ordinaria, è però conveniente dal punto di vista individuale per almeno uno o ϵ individui, allora la corrispondente deviazione individuale, che pure non è conveniente dal punto di vista individuale per la definizione ordinaria di strategie evolutivamente stabili, non è conveniente nemmeno dal punto del gruppo, e dunque anche in questo caso la strategia in questione non può evolvere nemmeno indirettamente (vedi nota precedente)28. Per dirla in altro modo, se il profitto individuale non massimizzato come funzione delle strategie di gruppo in 𝛾 (𝑏) per almeno uno o ϵ, allora il profitto del gruppo è massimizzato come funzione delle strategie individuali in 𝛾 (𝑤).
Come appena notato, in altri termini, pur riferendosi a questi due giochi in particolare, questa estensione delle condizioni di stabilità evolutiva alle coppie di strategie ha un’interpretazione economica piuttosto immediata e trasparente dato che formalizza una situazione in cui, nonostante ci siano libertà di entrata e omogeneità del prodotto, i profitti non solo sono positivi ma sono anche in aumento o in diminuzione. La prima condizione (11a), in effetti, rappresenta il caso dell’imprenditore ‘democratico’ cui si è accennato nel paragrafo 3
27 Se infatti la seconda parte dell’equazione (11a) valesse per entrambi gli individui o per il sottoinsieme sotto considerazione, la strategia in esame non sarebbe evolutivamente stabile nella definizione ordinaria, cioè la deviazione di gruppo sarebbe vantaggiosa in prima battuta.
28Per facilitare la comprensione di questa estensione, si noti che la definizione ordinaria di strategie evolutivamente stabile può anche essere scritta come:
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della prima parte, ovvero il caso di un imprenditore che, vedendo che i lavoratori non sono pagati per quello che producono, potrebbe decidere di rinunciare a una parte del suo profitto, ottenere i guadagni di efficienza di un’organizzazione più egualitaria del lavoro all’interno dell’impresa e per questa via invadere la coppia di equilibri (comp, comp); (COMP, COMP). Come anticipato nella prima parte, tuttavia, ciò non succede perché tale imprenditore ‘democratico’ verrà a sua volta eliminato da un altro imprenditore che ottiene gli stessi guadagni di efficienza, e dunque un profitto maggiore, mantenendo la stessa organizzazione gerarchica del lavoro, condizione espressa dalla seconda parte della (11a) che assicura che la corrispondente deviazione di gruppo (da COMP a COOP) non sia conveniente per almeno uno o ϵ individui, cioè appunto gli altri imprenditori che analogamente al primo stanno valutando di cambiare strategia.
La seconda condizione (11b), una deviazione di gruppo conveniente dal punto dal punto di vista individuale, rappresenta invece la situazione in cui un ipotetico imprenditore, vedendo profitti positivi, attui una politica di abbassamento del prezzo e per questa via tenti di invadere la coppia di equilibri (coop, coop); (COOP, COOP). Anche in questo caso, però, ciò viene escluso dalla seconda parte della (11b), che assicura che la corrispondente deviazione individuale (da coop a comp), che già non è conveniente dal punto di vista individuale per la definizione ordinaria di strategie evolutivamente stabili, non sia conveniente nemmeno dal punto di vista del gruppo e dunque non possa evolvere per via indiretta.
In questo senso, dunque, la compatibilità di un approccio evolutivo con il sistema teorico marxiano viene per così dire dimostrata ‘per assurdo’, dato che le condizioni appena descritte contraddicono gli assiomi della teoria neo-classica e quindi della teoria dell’equilibrio economico generale e, in particolare, la condizione di profitti nulli comunemente usata per ‘chiudere’ i modelli.
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Da una parte, questa conclusione è per certi aspetti abbastanza ovvia perché la scarsità come principio definitorio di ciò che è economico e di ciò che non lo è, la sostituzione tra fattori singolarmente considerati quale meccanismo centrale del fenomeno della produzione e la condizione di indifferenza tra usi alternativi degli stessi fattori, nel presente contesto sono stati rispettivamente sostituiti dalla combinazione tra cooperazione e divisione del lavoro, dal coordinamento degli stessi fattori produttivi nel senso della teoria dell’organizzazione e infine dalla condizione di massimo profitto.
Dall’altra parte, lo è meno perché il risultato per il quale è possibile creare valore anche facendo la stessa cosa contraddice alla radice la visione neo-classica basata sulle differenze quale fonte del valore e di conseguenza ripropone un motore della crescita, già al centro delle analisi degli economisti classici, per il quale sembra esserci ancora spazio dato che, in genere, dalle analisi empiriche risulta che circa 2/3 della crescita ha carattere residuale, ovvero risulta non spiegato (Battistini, 2013).
Ed è dunque all’interno di questo schema teorico, a mio parere più ricco, che va intesa anche la teoria Schumpeteriana dell’innovazione incrementale che naturalmente, di per sé, non ha niente di negativo ma che analizzata indipendentemente dal legame tra impresa e mercato rischia di essere male interpretata. Infatti, dei sei esempi di innovazione discussi dallo stesso Schumpeter (un nuovo prodotto, un nuovo metodo organizzativo, una nuova organizzazione del mercato, un’innovazione tecnologica di carattere non scientifico, la penetrazione di un nuovo mercato prima inaccessibile, la scoperta di nuove fonti di materie prime), solo per l’ ultima –nemmeno la preferita dallo stesso Schumpeter, si può immaginare- si può prescindere da tale interdipendenza. Negli altri casi, a seconda che ci si trovi in presenza o meno di effetti di ricchezza, per l’interdipendenza tra sfera della produzione e sfera della circolazione, l’innovazione e i cambiamenti connessi sono compatibili sia con la competizione ‘maligna’ alla Marx che con quella ‘benigna’ alla Smith, confermando che, in assenza di specificazioni,
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l’innovazione incrementale non è condizione necessaria né sufficiente per la crescita e, conseguentemente, cade anche la giustificazione del profitto di monopolio come garanzia del rendimento dell’innovazione stessa, profitto che del resto ha bisogno di tutto tranne che giustificazioni aggiuntive29.
In più, se Schumpeter avesse avuto in mente gli aspetti organizzativi dell’impresa nel senso illuminato da Coase, anche la figura dell’imprenditore-innovatore sarebbe tutt’altro che ovvia dato che, come succede del resto spessissimo, l’innovazione stessa, in particolare se incrementale come già argomentato in precedenza, può essere venduta ad un’impresa già esistente come gli altri servizi che non pertengono alla sua natura così come discussa nella