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“LE FASI DELLE OPERAZIONI DI PRIVATE EQUITY”

3.3.1 Caratteristiche attività di investimento:

3.3.1.2 La due diligence

3.3.1.3.1 Gli strumenti legati al prezzo:

Esistono diversi strumenti per superare eventuali divergenze tra il socio imprenditore e l’investitore istituzionale.

Il prezzo rappresenta una variabile cruciale in una trattativa finalizzata all’acquisizione di una quota di un’impresa e, spesso, è causa di divergenze tra il proprietario dell’impresa target e l’investitore istituzionale. Infatti, uno degli aspetti che maggiormente accomuna questa tipologia di transazioni è tipicamente la differenza tra il prezzo richiesto dal venditore e quello offerto dall’investitore istituzionale. Tale differenza può essere legata a divergenze in termini di valorizzazione dell’impresa oggetto di negoziazione. Quanto detto vale in particolare con riferimento alle operazioni di private equity realizzate da investitori istituzionali, in quanto aventi ad oggetto partecipazioni di imprese non quotate, per le quali non si dispone dunque di valori di mercato ai quali poter fare riferimento.

Inoltre, tali considerazioni assumono ancora maggiore rilevanza nel caso in cui ad essere negoziate siano piccole e medie imprese.

Di seguito si presentano brevemente alcuni strumenti utilizzati nella prassi operativa con il fine di superare le eventuali divergenze di prezzo esistenti tra venditore ed acquirente:

-accordi di earn out: essi permettono di rimandare ad un momento successivo a quello dell’acquisizione della partecipazione la determinazione del prezzo definitivo, tipicamente in funzione del raggiungimento o meno di determinati obiettivi dopo un certo periodo di tempo.

L’acquirente paga, al momento del closing, un prezzo iniziale solitamente inferiore rispetto alla valutazione del venditore; l’acquirente sarà poi tenuto ad effettuare successivamente un ulteriore pagamento, la cui entità è legata al conseguimento di risultati preventivati in un piano predisposto tra le parti al momento dell’acquisizione. Si precisa che il prezzo iniziale non è necessariamente inferiore rispetto al prezzo proposto dall’acquirente: è possibile infatti che l’acquirente paghi inizialmente quest’ultimo, salvo poi riceverne indietro una parte in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi preventivati nel piano (caso di

reverse earn out). Inoltre, il pagamento successivo e subordinato può essere sia di natura esclusivamente monetaria, sia costituito da titoli dell’impresa oggetto di acquisizione.

I risultati, al raggiungimento dei quali viene subordinata la determinazione di parte del prezzo complessivo, possono essere rappresentati da misure di performance reddituali, finanziarie e economiche.

È possibile, tuttavia, che il prezzo definitivo possa essere legato al prezzo che l’investitore istituzionale otterrà al momento del futuro disinvestimento della partecipazione: in questo caso l’investitore vincola il prezzo da pagare all’ottenimento di un determinato capital gain, e dunque di un determinato rendimento, dall’investimento effettuato. Gli accordi di earn out si adattano tipicamente a situazioni in cui l’incertezza valutativa è elevata, in funzione, ad esempio, di significative prospettive di crescita futura per la società oggetto di negoziazione. Infatti, nel caso di imprese caratterizzate da elevati tassi di crescita attesi, accompagnati da performance storiche modeste, è evidente che i livelli di incertezza e di rischio sono molto alti.

Uno strumento che può essere utilizzato nella pratica per la realizzazione di tali accordi è ad esempio il prestito obbligazionario convertibile: al momento dell’acquisizione, unitamente alle quote di partecipazione, l’investitore istituzionale sottoscrive un determinato quantitativo di obbligazioni convertibili emesse dall’impresa oggetto di acquisizione; in questo caso la variabile legata al raggiungimento futuro degli obiettivi prestabiliti è il prezzo di conversione delle obbligazioni;

-vendor note: essi hanno la finalità di dilazionare nel tempo parte del pagamento del prezzo dovuto dall’acquirente, consentendo di ridurre l’esborso iniziale a suo carico. Si tratta di fatto di un finanziamento che il venditore concede all’acquirente, rinunciando a ricevere subito parte del prezzo dovuto in cambio della sottoscrizione di titoli obbligazionari

(vendor note) emessi dall’impresa oggetto di acquisizione; tali titoli andranno rimborsati al venditore dalla stessa impresa ad una scadenza (o entro un periodo di tempo) predeterminata, unitamente alla corresponsione di un concordato tasso d’interesse. L’utilità delle vendor note è dunque legata alla possibilità, a favore dell’acquirente, di rinviare ad un momento successivo all’acquisizione parte del pagamento dovuto: una tale opportunità può risultare anche decisiva per la scelta da parte dell’acquirente di effettuare o meno l’investimento, in funzione delle possibilità di esborso al momento della realizzazione dell’operazione. -scorporo della parte immobiliare: una causa frequente all’origine di divergenze di prezzo tra acquirente e venditore è data dalla presenza di un rilevante patrimonio immobiliare in capo all’impresa oggetto di negoziazione.

In questo caso le divergenze nascono innanzitutto da differenti approcci di valorizzazione dell’impresa riconducibili alle parti in causa.

In particolare gli imprenditori, supportati in Italia anche dalla prassi valutativa vigente, tendono ad adottare approcci valutativi di tipo patrimoniale e ad attribuire agli immobili di proprietà ingenti valori, i quali si riflettono poi pesantemente nel prezzo di vendita richiesto. L’investitore istituzionale adotta invece tipicamente un approccio di tipo finanziario/reddituale, basando la valutazione sui flussi di cassa e/o reddituali che l’impresa può generare e tenendo in considerazione allo stesso tempo il rendimento complessivamente ottenibile dall’investimento. L’investitore di private equity disponendo di risorse limitate all’ammontare del fondo gestito, cerca di investire il minore ammontare possibile per impresa.

Nel caso in cui l’impresa oggetto di investimento sia caratterizzata da un rilevante patrimonio immobiliare, è probabile che il socio imprenditore richieda un prezzo elevato che si discosta dalla valutazione ritenuta congrua dall’investitore istituzionale in funzione dei flussi di cassa

prospettici e del rendimento atteso, e dunque non accettabile dall’investitore stesso.

Lo scorporo della componente immobiliare risulta un’ottima modalità per risolvere i contrasti e concludere la trattativa. In sostanza gli immobili rimangono di proprietà del venditore e l’investitore acquirente paga dunque un prezzo al netto della componente immobiliare; con riferimento agli immobili strumentali, necessari allo svolgimento dell’attività dell’impresa, tipicamente l’accordo prevede la stipula di un contratto d’affitto pluriennale tra venditore (che rimane proprietario degli immobili) e acquirente, che garantisca la continuità dell’attività dell’impresa.

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