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Per struttura finanziaria si intende la composizione delle singole fonti di finanziamento che costituiscono le passività ed il patrimonio netto. Alcuni dei fattori che possono influenzare la struttura finanziaria di un’impresa sono:

1) il tasso di sviluppo e la stabilità delle vendite future; 2) la struttura dell’attivo aziendale;

3) la struttura concorrenziale del settore.

Una prima necessità per l’impresa è quella di quantificare il fabbisogno finanziario netto, così da poter scegliere le migliori fonti di finanziamento funzionali alla sua copertura e riuscire ad ottimizzare la propria struttura finanziaria. Infatti bisogna sempre considerare le relazioni che intercorrono tra gli impieghi e le fonti di finanziamento. Se il fabbisogno è destinato ad investimenti a breve termine o al sostengo del grado di liquidità aziendale si deve ricorrere a forme di finanziamento a breve termine; nel caso di investimenti per acquisto di beni strumentali le fonti a cui ricorrere devono essere di lungo termine. La durata degli

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impieghi e quella delle fonti devono essere sempre correlate fra loro, in modo tale che l’impresa sia sempre in grado di far fronte agli impegni finanziari assunti con le entrate generate dalla gestione corrente.

Uno dei metodi utilizzabili dall’impresa per quantificare il proprio fabbisogno finanziario e monitorare la gestione corrente è la predisposizione di un business

plan o prospetto economico – finanziario.

Attraverso la redazione di un business plan le imprese riescono a quantificare, seppur in maniera approssimativa soprattutto nel caso di start up, il proprio fabbisogno di capitale prospettico in relazione al business condotto ed alla capacità di generazione di redditività dello stesso. In particolare, attraverso un’analisi dei flussi finanziari (che tiene in considerazione la variazione del CCN37

e dei finanziamenti a medio – lungo termine già accesi) svolta a consuntivo (attraverso l’analisi dei bilanci d’esercizio chiusi negli ultimi 3 anni) e in via previsionale, è possibile mostrare la capacità di rimborso potenziale di nuovi affidamenti ed eventuali disequilibri derivanti dalla gestione corrente. Di seguito viene mostrata in forma scalare la modalità attraverso la quale si può pervenire al calcolo del FCFF38 (Free Cash Flow to Firm). Una volta calcolato questo valore

l’impresa conosce la propria capacità effettiva di rimborso di eventuali ulteriori finanziamenti ed è in grado di poter calibrare la quantità opportuna di capitale da richiedere al mercato bancario.

Figura 26 Sviluppo del calcolo del FCFF in forma scalare partendo dal FCFO.

37 Ammontare di risorse che compongono e finanziano l'attività operativa di un'azienda ed è un indicatore

utilizzato allo scopo di verificare l'equilibrio finanziario dell'impresa nel breve termine. Fonte: Wikipedia.

38 FCFF rappresenta quanta parte del flusso di cassa della gestione caratteristica è disponibile alla

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Il business plan non fornisce solo un’analisi quantitativa dell’attività d’impresa, ma anche una parte qualitativa. Infatti all’interno di questo documento viene svolta un’analisi sul mercato di riferimento dell’impresa, capace di mostrare le criticità e l’evoluzione che lo stesso ha subito nel tempo. Attraverso un’analisi di mercato l’impresa può decidere con contezza gli obiettivi da raggiungere (in termini, ad esempio, di quota di mercato aggredibile) e le strategie da applicare, che possono essere anche disruptive (come operazioni di strategy innovation). Lo strumento del business plan risulta utilizzabile a 360° dall’impresa e negli ultimi anni sempre più operatori finanziari lo richiedono nella fase istruttoria di nuove pratiche di finanziamento o ristrutturazione e rinnovo di affidamenti già in essere. Infatti la predisposizione di un business plan migliora i rapporti con gli istituti di credito in quanto viene limitata l’asimmetria informativa fra le parti; ciò comporta una rideterminazione del rating dell’impresa e, nella maggior parte dei casi, un miglioramento dello stesso.

Un ulteriore strumento utile al monitoraggio della gestione finanziaria aziendale è l’analisi della Centrale Rischi di Banca d’Italia. La Centrale Rischi (o CR) è un sistema informativo che monitora l’andamento dell’indebitamento che persone fisiche o giuridiche hanno nei confronti di banche e società finanziarie. Un utilizzo non ottimale degli affidamenti in essere comporta un peggioramento del rating creditizio ed una conseguente difficoltà nelle condizioni di accesso al credito (importi, tassi e collateral) o nell’accesso stesso.

Dalla considerazione sulla situazione economico - finanziaria dell’impresa, sul suo mercato di riferimento e sugli obiettivi che la stessa si pone è possibile individuare una struttura finanziaria che risulti, seppur non ottimale, la più adeguata.

Diversi sono gli indici che si possono utilizzare per monitorare l’equilibrio finanziario, così da poter applicare dei correttivi per riportare lo stesso a valori ottimali.

Uno di questi indici è il rapporto tra Patrimonio Netto e il totale del passivo dello Stato Patrimoniale. Esso dovrebbe essere almeno pari al 25%; più il rapporto scende al di sotto della soglia consigliata, più l’impresa risulta sottocapitalizzata impattando direttamente sul merito creditizio.

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𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜

𝑇𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 > 25%

In Italia la maggior parte delle PMI sono sottocapitalizzate; ciò per la banca è sintomo di scarsa affidabilità in quanto, all’aumentare del numero dei debitori aumenta la loro esposizione e quindi il rischio che il proprio credito non venga rimborsato, in considerazione della mancanza di un patrimonio adeguato a garanzia.

Un ulteriore indicatore per misurare l’equilibrio finanziario è il leverage o indice di indebitamento.

𝐷𝑒𝑏𝑖𝑡𝑖 𝑎 𝑏𝑟𝑒𝑣𝑒 𝑒 𝑀 − 𝐿

𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 ≤ 4

L’indice di indebitamento rivela il peso dei finanziamenti di terzi rispetto al totale degli investimenti aziendali. Il valore può dipendere da diversi fattori, tra cui l’attività economica esercitata. Valori superiori a 4 indicano anomalie strutturali dell’impresa ed un peso eccessivo degli oneri finanziari. Oneri finanziari che in ogni caso si devono attestare in un valore massimo pari al 3-4% del fatturato; una valorizzazione maggiore degli oneri finanziari rischia di assorbire tutta la marginalità prodotta dall’attività aziendale. In questo caso l’impresa continuerebbe a produrre solo per pagare i propri debiti.

Come già detto in precedenza non esiste una struttura finanziaria ottimale, ma questa deve essere calibrata in funzione dell’attività economica svolta dall’impresa. Per questo risulta utile una diversificazione delle fonti di finanziamento e, quindi, il ricorso al pluri – affidamento.

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