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Le strutture per l’accoglienza: quadro normativo sui servizi residenziali fra norme emanate prima del 2012,

UNO SgUARDO SULLA NORMATIvA A PROTEzIONE DEI BAMBIN

4.2. Le strutture per l’accoglienza: quadro normativo sui servizi residenziali fra norme emanate prima del 2012,

norme successive e le tipologie di norme più usate per

disciplinare le comunità per bambini e ragazzi.

È possibile individuare gli specifici aspetti sui quali sarebbe parti- colarmente importante un’opera di convergenza a livello Regionale perché consentirebbe, al di là di una questione puramente nominali- stica, un efficace confronto fra le realtà regionali. Un primo aspetto è, senz’altro, quello relativo alla definizione delle voci di spesa che concorrono a formare il costo dell’accoglienza residenziale e del livel- lo istituzionale regionale che ha la funzione di provvedere al delicato compito di regolamentare la tariffazione e le voci di spesa. Solo così sarà possibile individuare categorie omogenee per servizi con standard defi- niti su tutto il territorio nazionale ed evitare che si verifichino evidenti diversità di remunerazione dei Servizi residenziali per i minorenni (con conseguenti livelli di spesa squilibrati a carico dei Servizi che dispongo- no l’inserimento e con il rischio di erogazione di Servizi di accoglienza di qualità inadeguata). Un secondo aspetto è invece, a nostro avvi- so, quello relativo alla necessità di disciplinare le eventuali prestazioni aggiuntive offerte dalle strutture attraverso una specifica definizione tipologica e una altrettanto specifica quantificazione unitamente alle generali modalità di rendicontazione da parte del Servizio residenziale ai sensi dal Capo IV del D.P.C.M. 12 gennaio 201719.

Lasciando da parte le valutazioni de iure condendo e concentrandosi su quelle de iure condito, è possibile osservare che, fino ad oggi, nella maggior parte dei casi le normative adottate dalle Regioni o dalle Pro-

vince autonome si sono evolute velocemente negli anni, anche grazie

alla natura giuridica delle norme adottate nelle singole Regioni. Queste ultime, infatti, hanno per lo più lasciato a livello di legge regionale solo la disciplina di carattere più generale utilizzando per la normativa “di dettaglio” altre tipologie di norme giuridiche più facilmente emendabili o sostituibili nel tempo. A livello di natura giuridica delle norme che disciplinano i servizi residenziali per i minori fuori famiglia le Regioni hanno adottato, infatti, in via principale, lo strumento della delibera

della giunta regionale (D.G.R.) e provinciale (D.G.P.) con funzione

d’indirizzo e regolamentare sebbene, anche se in misura nettamente inferiore (meno della metà), utilizzino lo strumento del Regolamento

regionale vero e proprio (Reg. Reg.). In particolare si tratta di regola-

19 Capo IV Assistenza sociosanitaria, artt. 24, 25, 32 DPCM del 12 gennaio 2017, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

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di origine

menti di esecuzione, che cioè intervengono per dare attuazione nel

dettaglio alle leggi oppure di regolamenti di attuazione o integrazione che intervengono, invece, per attuare una legge e hanno un minimo contenuto normativo rispetto a quelli di esecuzione. Naturalmente tut- to questo è stato possibile in virtù dell’autonomia normativa che carat- terizza le Regioni e le Province autonome che dà loro la possibilità non solo di disciplinare certe materie, ma anche di farlo (entro i limiti fissati dall’ordinamento giuridico) con la tipologia di nome che ritengono più opportuna.

L’analisi dell’evoluzione temporale delle norme ha poi messo in evi- denza che prima del 2012 la normativa regionale era in genere più semplicemente suddivisibile in legislazione specifica in materia di ser-

vizi socio-assistenziali a favore dell’infanzia e dell’adolescenza (in cui confluiva il tema delle comunità), e normativa di vario tipo più specifica sulla materia dei bambini e degli adolescenti accolti in realtà

esterne alla famiglia. Si trattava, per lo più, di legislazione cogente rap- presentata da leggi regionali sulle politiche per la famiglia con spesso previsioni più specifiche nei confronti degli interventi di supporto ai nuclei familiari al fine di prevenire l’allontanamento dei figli. In tale periodo si nota inoltre un notevole numero di norme emanate al fine

di definire degli standards minimi (strutturali, funzionali, organizzativi

e soggettivi) dei servizi e dell’assistenza erogati ai minori privi di un contesto familiare adeguato da Comunità o da istituzioni alternative di tipo familiare con l’obiettivo del continuo miglioramento della quali- tà dei servizi resi; obiettivo che viene perseguito attraverso gli istituti dell’autorizzazione e dell’accreditamento delle strutture chiamate ad operare in questo settore attraverso i quali gli erogatori dei servizi di- ventano idonei a svolgere prestazioni sociali e socio-sanitarie per conto degli enti pubblici competenti.

Se si osserva la normativa emanata dalle Regioni e dalle Province autonome nel periodo che intercorre tra il 2012 e il 2017-2018 si nota come, su un campione di circa 250 norme approvate per regolamentare le Comunità e i servizi residenziali per i minori, ci sia stato uno step gra- zie al quale il filo conduttore della normativa adottata è stato costituito dalla volontà di migliorare quegli elementi normativo-regolamentari che incidono in modo determinante sulla qualità dell’assistenza e, quin- di, sulla crescita dei minorenni ospiti nelle comunità migliorando gli standards minimi delle stesse. Infatti, l’attenzione del normatore è stata principalmente rivolta a disciplinare le principali tipologie di Comuni- tà residenziali per minori e i loro requisiti caratterizzanti; le procedure a livello normativo necessarie per diventare Comunità idonee ad ospitare minori; l’accreditamento delle Comunità presso le Pubbliche Ammini-

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trazioni; lo stanziamento delle risorse e la determinazione delle tariffe20

per i minori in esse ospitati; i controlli richiesti e la ricerca di modalità sempre migliori per una più efficace valutazione che gli enti pubblici competenti sono chiamati ad esercitare sulle Comunità per minori. In questo periodo - ma soprattutto negli anni dal 2016 al 2018 - si nota come anche nelle Regioni nelle quali mancava una disciplina speci- fica dettagliata, si sia avvertita l’esigenza di garantire – almeno sulla carta - più qualità, equità, appropriatezza ed efficacia dei percorsi assistenziali, prevedendo interventi sempre più personalizzati a favore dei soggetti ospitati e maggiori e più penetranti controlli per le comunità accoglienti. L’idea portante di

20 Cfr. le seguenti Regioni e Province autonome: Bolzano, DGP 13 giugno 2017, n. 661: