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La «Confraria Sancti Spiritus de Yporegia». Un caso emblematico di formazione solidaristica

tardomedievale in Piemonte

ALBERTOSCIASCIA

L’intervento proposto in occasione di un precedente convegno del 2017 comprendeva una panoramica generale del tema delle formazioni solidari- stiche attestate come confratrie nell’arco alpino nordoccidentale in epoca tardomedievale, con la presentazione per sommi capi di alcuni esempi si- gnificativi1.

Alcune peculiarità relative alla Confraria Sancti Spiritus de Yporegia erano state già accennate in tale sede rimandando tuttavia a una successiva analisi maggiormente strutturata, che trova ora spazio in questo convegno, la presentazione di dettagli più approfonditi che consentissero di inquadrare con maggior accuratezza le caratteristiche specifiche di questo importante ente solidaristico che nel tardo medioevo esprime le sue prerogative sul ter- ritorio eporediese.

In particolare, gli aspetti affrontati a grandi linee nel precedente contri- buto e che vengono invece ora approfonditi in maggior dettaglio sono rela- tivi alle regole di accesso alla confraria, alle cariche e ai ruoli previsti per la gestione della stessa e alle finalità poste, soprattutto in relazione al loro impatto in ambito sociale.

1. Le fonti

Sono essenzialmente due le fonti conservate che consentono di tracciare con particolare precisione le caratteristiche della confraria eporediese e ri- costruirne, tra il resto, struttura, organizzazione, composizione, funziona- mento, finalità, prerogative e partecipazione in funzione del tipo di analisi e degli interessi specifici del ricercatore che si avventuri nella lettura di queste importanti testimonianze tardomedievali.

1Cfr. A. S

CIASCIA, Le «confratrie» tardomedievali nell’arco alpino nordoccidentale, in Solida-

rietà antiche e moderne. Un percorso storico, a c. di P. MERLIN, Roma 2017, pp. 21-36. Atti del Convegno di Studi «Solidarietà antiche e moderne dal Medioevo all’età contemporanea» (Torino 4-5 aprile 2017).

LE COMUNITÀ DELL’ARCO ALPINO OCCIDENTALE,

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Si tratta del Cartario della Confraria del Santo Spirito di Ivrea2, stam- pato a Torino nel 1929 a cura di Gino Borghezio e Galileo Pinoli e degli Sta-

tuti del Comune di Ivrea3, editi a Torino tra 1968 e 1974 a cura di Gian Sa- vino Pene Vidari, entrambi pubblicati nella Biblioteca della Società Storica Subalpina.

Il presente intervento focalizza l’attenzione essenzialmente su queste due ricche fonti, già sufficientemente esaurienti per le finalità di questo contri- buto e per la contestualizzazione in tema di solidarietà e di come questa si esprima concretamente sul territorio attraverso formazioni ufficialmente ri- conosciute e norme più o meno prescrittive che ne regolano il funzionamento. Altre fonti minori e spesso scarse, quali privilegi, documenti privati, atti notarili, laudari, necrologi, sebbene non trascurabili4, assumono un valore marginale nel momento in cui si voglia sottolineare e far emergere il con- tributo delle autorità e degli enti pubblici nella realizzazione di queste ini- ziative solidaristiche, contributo che si palesa concretamente con l’inseri- mento delle norme di riferimento in documenti di assoluto valore e rilievo tanto formale quanto simbolico come gli Statuti5. Considerando quanto pre- ziosi siano questi documenti, non solo per gli studiosi ma soprattutto per chi li ha prodotti e conservati nei secoli, risulta evidente l’importanza rivestita dalla confraria eporediese che viene ritenuta meritevole di un significativo spazio all’interno di una raccolta di norme e regole fondamentali di riferi- mento per la gestione della cosa pubblica e della natura dei rapporti gover- nanti la società dell’epoca.

Per la ricostruzione della storia degli Statuti del Comune di Ivrea si ri- manda alla già dettagliata analisi offerta da Pene Vidari e agli Studi Epore-

diesi anch’essi editi nella Biblioteca della Società Storica Subalpina, con il

significativo contributo di Edoardo Durando sulla Vita cittadina e privata

nel medio evo in Ivrea6.

2G. BORGHEZIO, G. PINOLI, Cartario della Confraria del Santo Spirito d’Ivrea (1208-1276),

Torino 1929 (BSSS LXXXI), pp. 213-268.

3Statuti del Comune di Ivrea, a c. di G.S. PENEVIDARI, Torino 1968-1974 (BSSS, CLXXXV-

CLXXXVI-CLXXXVIII).

4Cfr. P. BUFFO, I documenti dell’Archivio storico del comune di Ivrea (1142-1313), in “Bollet-

tino Storico-Bibliografico Subalpino”, CX (2012), 1, pp. 201-308.

5Cfr. quanto detto a tal proposito in occasione del precedente convegno (A. SCIASCIA, Le «con-

fratrie» tardomedievali nell’arco alpino nordoccidentale cit., pp. 21-23), particolarmente in rap-

porto con altre realtà in cui il radicamento dell’ente solidaristico, sebbene evidente e documen- tato, non risulta formalizzato a livelli così elevati e significativi dalle istituzioni politico-am- ministrative locali.

6E. DURANDO, Vita cittadina e privata nel medio evo in Ivrea desunta dai suoi Statuti in B. VESME,

55 Il Cartario raccoglie complessivamente 37 documenti redatti tra il 1208 e il 1276, 35 atti notarili e 2 elenchi di censi, non riportati in ordine crono- logico, bensì seguendo criteri differenziati tra cui certamente anche la rile- vanza dell’atto stesso agli occhi del compilatore. A titolo esemplificativo, i primi due documenti registrano le transazioni che consentono la realizza- zione e l’ampliamento della domus confrarie, la sede fisica della confraria, a indicazione del radicamento ed espansione della formazione solidaristica, della consistenza degli ambienti in cui si riunisce e vengono raccolte le do- nazioni e i censi, e della collocazione sul territorio comunale. Gli elenchi di censi sono invece riportati nella parte finale della raccolta, documenti XXXIII e XXXVI.

I 35 atti notarili sono poi suddivisibili in sottocategorie: in prevalenza si tratta di legati consistenti in vino, segale o denaro (20 documenti), testa- menti (6 documenti), donazioni (3 documenti), investiture e affitto di beni immobili (3 documenti), transazioni relative a vertenze giudiziarie nei con- fronti di debitori (2 documenti) e atti di acquisto di beni immobili (1 docu- mento).

Il regesto cronologico7facilita inoltre una utile ed efficace analisi del contenuto principale degli atti in termini di distribuzione temporale, con- sentendo di identificare periodi di particolare concentrazione di documenti relativi a incrementi delle entrate della confraria, in contrapposizione a pe- riodi in cui si registra invece un calo o una stasi delle donazioni a favore del- l’ente. Nello specifico sembrano essere periodi particolarmente positivi in questi termini il decennio 1218-1228 e gli anni compresi tra il 1241 e il 1250, mentre gli altri anni compresi nel periodo coperto dalla raccolta in esame (68 anni tra 1208 e 1276) presentano una più evidente dispersione. Una ricerca incentrata in modo più puntuale sulla storia economica com- plessiva del periodo e del territorio in oggetto consentirebbe un inquadra- mento più preciso delle condizioni specifiche in cui tale produzione docu- mentaria si realizza, non è tuttavia certamente da sottovalutare l’ipotesi di perdita di documenti la cui consistenza, in termini sia quantitativi che qua- litativi, potrebbe condurre a conclusioni diverse. L’analisi qui condotta è ri- volta peraltro all’analisi degli aspetti legati a considerazioni di carattere pre- valentemente sociale, ritenendo comunque di interesse generale l’osserva- zione sopra riportata e basata sulle fonti al momento disponibili.

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2. Criteri di accesso alla confraria

L’accesso alla confraria risulta esteso ad ampie categorie della popola- zione eporediese, a cominciare dall’assenza di distinzioni di genere e ri- volgendosi inoltre tanto a chierici quanto a laici. Tali aperture, sebbene non definite in modo esplicito da apposite norme, risultano certamente desu- mibili dall’analisi dei termini utilizzati in varie occasioni nei documenti.

I termini confratres e consorores sono per esempio attestati in due oc- casioni nel documento XXXIIII degli Statuti intitolato De confraria Ypo-

regie et de eius questionibus. Si parla quindi di «Nullus eciam confratrum

et consororum ipsius confrarie qui debet aliquid dare ipsi confrarie […]»8 e, più avanti nello stesso documento, «Ille vero persone que fuerint electe et asumpte super officiis confrarie predicte, maxime confratres et consoro- res, non possint nec debeant aliquod officium eis iniunctum pro confraria respuere […]»9.

Entrambi i passaggi risultano significativi in quanto, oltre a mettere in luce l’accessibilità della confraria tanto a uomini quanto a donne, sono in- seriti in un contesto che offre preziose indicazioni circa le modalità di re- gistrazione dei membri dell’ente e, tema che viene affrontato con maggior dettaglio nel paragrafo successivo, alcune regole relative alle cariche elet- tive previste dalla particolare struttura organizzativa.

Per quanto concerne questa sezione, la seconda citazione è preceduta dalle seguenti parole: «Quando vero contingerit debere ostendere vel pro- bare aliquem esse de dicta confraria, possit illud probare per solum librum vel scripturam in qua sunt scripta nomina confratrum nec posit aliqua per- sona exire de dicta confrariam, nisi per priore et massarios fuerit abso- luta»10. Risulta quindi evidente la necessità di una formale iscrizione a un registro, o comunque l’esistenza di un documento scritto, che raccoglie i nominativi degli affiliati e costituisce un particolarmente rigido vincolo di appartenenza all’ente, che può essere sciolto solo da cariche interne rilevanti quali il priore o i massari di cui si parlerà più avanti. Il ricorso a tali for-

8Statuti del Comune di Ivrea, a c. di G.S. PENEVIDARIcit., vol. I, doc. XXXIIII, p. 135. 9Ibid., p. 136.

10Ibid., p. 136. Questa significativa caratteristica, certamente esplicita ed evidente nei docu-

menti relativi all’ente eporediese, non è tuttavia necessariamente da ritenere non applicabile a

formazioni solidaristiche coeve e documentate in contesti simili. Cfr. G. COMINO, Risorse del

suolo e forme della solidarietà: le confrarie e l’ospedale in una comunità della valle Gesso (XVI-XVIII secolo), in R. COMBAe M. CORDERO(a cura di), Entracque, una comunità alpina tra

Medioevo ed Età moderna, Cuneo 1997, p. 85 sgg.; A. SCIASCIA, Le «confratrie» tardomedievali

57 malità può risultare giustificabile da motivi riconducibili per esempio a esi- genze di accuratezza e continuità degli introiti in termini di contabilità in- terna e di consistenza del patrimonio per cui sono infatti predisposti anche elenchi appositi e disponibili nel Cartario, come anche per la necessità di dover esercitare un puntuale controllo sul volume delle iscrizioni e delle cancellazioni in modo da garantire la sopravvivenza dell’ente, la continuità del suo operato, la programmabilità delle iniziative, il mantenimento della sua struttura, la sua rilevanza socio-economica in relazione al potere poli- tico e alla gestione delle conflittualità caratterizzanti la società tardome- dievale.

Anche il documento n. XVII del Cartario, datato 8 giugno 1226, trat- tando di lasciti testamentari dei coniugi Phylipponus e Gualdra, indica nei paragrafi finali che «si filii vel filie suprascriptorum Phyliponi et Waldre vellent aliquo tempore intrare in ipsam confraria[m] debeant per se solvere sicut alii confratres»11, palesando quindi la possibilità sia per i figli che per le figlie della coppia di entrare a far parte della confraria.

Risultano inoltre documentate altre indicazioni circa il profilo socio- economico dei possibili affiliati, con riferimento in particolare al censo mi- nimo e alla condizione sociale riconosciuta. Il documento del 1329 intito- lato Statutum confrarie riporta «In primis providerunt et ordinaverunt dicti sapientes unaa cum procuratoribus quod quecumque persona cuiuscumque conditionis sit que dare debuerit confrarie Sancti Spiritus de Yporegia tam ex forma statuti quam ex forma iudicati seu promisionis seu alio quocum- que modo que reperiatur in scriptis in libris dicte confrarie tam per se qual per eius antecessores a quibus habuerit iura […]»12, rendendo quindi espli- cita l’appartenenza a qualunque condizione sociale (cuiuscumque condi-

tionis) di coloro che sono tenuti alla corresponsione dei versamenti previ-

sti. Sebbene nel passo citato si faccia riferimento a individui già vincolati a obblighi con la confraria e non a coloro che desiderino entrare a farne parte o a cui sia consentito l’accesso, la sottolineatura della non rilevanza della condizione personale deve essere necessariamente riferibile alla ete- rogeneità della estrazione sociale degli affiliati.

Nello stesso documento del 1226 sopra citato13è invece evidenziabile la chiara indicazione della necessità di versamento di una quota associativa

11G. BORGHEZIO, G. PINOLI, Cartario della Confraria del Santo Spirito d’Ivrea cit., doc. XVII,

p. 241.

12Statuti del Comune di Ivrea, a c. di G.S. PENEVIDARIcit., vol. II, p. 14.

13G. BORGHEZIO, G. PINOLI, Cartario della Confraria del Santo Spirito d’Ivrea cit., doc. XVII,

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che, al pari di tutti i confratres, sarebbero stati tenuti a versare anche i nuovi membri dell’ente. Il legato derivante dal lascito testamentario di cui sareb- bero stati beneficiari gli eredi, oggetto specifico dello scritto come anche ri- portato nel regesto14, è distinto da questo eventuale obbligo e risulta am- piamente e dettagliatamente descritto nel corpo del documento.

Ulteriori dettagli relativi alla condizione socio-economica dei membri della confraria sono reperibili nuovamente nel già citato documento n. XXXIIII degli Statuti che riporta alcune rilevanti condizioni richieste per l’iscrizione nei registri dell’ente. Viene specificato che «Item quod que- cumque persona que fuerit capud sui hospicii seu quolibet hospicium seu catena que stat et habitat in dicta civitate Yporegie et suburbis dicte civita- tis vel de cetero stabit et habitabit per se et eius familiam que sit in estimo seu erit in futurum librarum IIII imperialium et a quatuor supra usque ad li- bras XX teneatur et debeat sine aliqua exceptione iuris vel facti dare et sol- vere singulis annis eminam I siliginis pulcri grani ad menssuram Yporegie, et a dictis libris XX supra usque ad libras quinquaginta teneatur dare starium unum siliginis»15. Notiamo quindi il riferimento esplicito alla apertura della confraria a chiunque risieda nei confini cittadini e possegga beni per un

minimo di 4 lire imperiali. Questa indicazione è interpretabile anche come obbligo per tutti coloro che soddisfino tali requisiti, anche dalle risultanze dei registri comunali e catastali, di contribuire in modo proporzionale alle proprie disponibilità agli introiti dell’ente.

È dunque documentabile un principio che può essere definito di equità e democraticità per certi aspetti e che sembra pienamente comprensibile e giustificabile date le finalità specifiche della confraria e da come questa le interpreta a vantaggio della comunità16. Questo principio risulta particolar- mente significativo se messo in relazione all’entità del cittadinatico epore-

14Il regesto del documento in oggetto, 8 giugno 1226, doc. XVII recita infatti «Filippone di ser

Berno e sua moglie Gualdra legano al signor Guifredo priore un’asinata annuale di vino per

la Confraria». G. BORGHEZIO, G. PINOLI, Cartario della Confraria del Santo Spirito d’Ivrea cit.,

p. 264.

15Statuti del Comune di Ivrea, a c. di G.S. PENEVIDARIcit., vol. I, doc. XXXIIII, p. 137.

16Tali aspetti, particolarmente rilevanti ai fini del presente convegno e in continuità con quanto

riferito in occasione del precedente, sono certamente riferibili alla confraria qui studiata nel det-

taglio, ma anche in modo trasversale ad altri enti caritatevoli coevi. Cfr. M. GAZZINI(a c. di),

Confraternite religiose laiche, Repertorio Reti Medievali, 13.5, Versione 1.1, settembre 2007.

Cfr. anche EAD., Confraternite e società cittadina nel medioevo italiano, Bologna 2006; EAD.,

“Fratres” e “milites” tra religione e politica. Le Milizie di Gesù Cristo e della Vergine nel Due- cento, in «Archivio Storico Italiano», CLXII (2004), pp. 3-78; EAD. (a c. di), Studi confraternali:

orientamenti, problemi, testimonianze, Firenze 2009; A. SCIASCIA, Le «confratrie» tardome-

59 diese come analizzato da Durando che dice «Chi voleva essere ricevuto cit- tadino di Ivrea colla propria famiglia, doveva stabilire in essa la sua abita- zione, possedere almeno per dieci lire imperiali e venire dalla credenza in- scritto nei libri d’imposta in uno dei terzieri. Doveva inoltre far dono al co- mune di una balestra a due piedi coll’occorrente ad essa. Queste erano le condizioni generali di accettazione; potevansi però stabilire altri patti, per- ché di ogni cittadinatico si stendeva un contratto od instrumento. […] Si capisce che per questa via non potessero acquistare la cittadinanza che feu- datari o ricchi»17. Emerge chiaramente la sostanziale differenza tra la quota richiesta per accedere alla confraria, 4 lire imperiali, rispetto alle 10 lire imperiali necessarie per ottenere il cittadinatico. L’ulteriore osservazione di Durando che identifica in feudatari o ricchi i soli che potessero diventare cittadini di Ivrea offre una lettura aggiuntiva in chiave comparativa che ci porta a formulare la ragionevole ipotesi che il censo minimo di 4 lire im- periali livelli quindi in modo significativo verso il basso la possibilità di partecipare attivamente alla vita politico-economico-sociale cittadina of- frendo una alternativa comunque di rilievo a individui di condizione sociale non necessariamente elevata e a cui sarebbero state precluse altre vie.

L’esercizio del controllo da parte dei vertici della confraria viene co- munque posto in atto a tutela del patrimonio e degli introiti dell’ente e an- che per limitare le possibili liti nei confronti dei debitori, per mano di boni

viri come enunciato sempre nel documento XXXIIII degli Statuti «Et quod

per procuratores comunis tres in concordia singulis annis eligantur tres boni viri unus per tercerium qui habeant bayliam et auctoritatem extrahendi de dicta confraria omnes misserabiles personas que sunt in estimo librarum IIII que eis videbuntur non posse solvere dictam confrariam, et predicti tres sapientes etiam habeant bayliam et auctoritatem ponendi in dicta confraria omnes illos qui sunt minori estimo librarum IIII quos crediderint et eis vi- debitur quod possint solvere dictam eminam siliginis […]»18. Si nota anche la possibilità di eventuale deroga a quelli che vengono indicati come re- quisiti minimi, qualora vi sia parere concorde da parte dei boni viri e a se- guito della verifica delle disponibilità patrimoniali necessarie per il versa- mento della quota minima prevista.

Come anticipato nei paragrafi iniziali, la flessibilità e apertura previste per l’accesso all’ente si estendono a comprendere chierici e laici, in modo non particolarmente sorprendente data la natura stessa della confraria, la sua origine e le sue prerogative. A differenza di quanto attestato in modo di-

17E. DURANDO, Vita cittadina e privata nel medio evo in Ivrea cit., p. 31.

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retto per confratres e consorores, filii e filie, in questo caso si può espri- mere questa considerazione sulla base delle indicazioni specifiche asso- ciate ai nominativi citati in vari documenti e nell’utile elenco dei nomi di alcune cariche interne (priori e massari) di cui si tratterà nel successivo pa- ragrafo.

Leggiamo quindi, per esempio, al documento XXIII del Cartario «ita ta- men quod presbiteri ipsius Confrarie missas et vesperas seu matutinas ca- nant pro mercede et remissione anime sue seu omnium defunctorum et in sempiternum gaudium in eternum profitiant»19a conferma del fatto che la celebrazione di alcune messe e funzioni in memoria dei defunti e per la re- denzione delle loro anime viene talvolta demandata a chierici appartenenti alla stessa confraria. Oppure, nell’elenco sopra menzionato possiamo in- dividuare in modo diffuso il riferimento a cariche particolari dell’ente as- sociate a termini appartenenti all’ambito clericale: troviamo quindi per esempio nel 1244 «dominus Martinus sacerdos Sancti Petri» e nel 1255 «presbiter Aprilis»20.

Un’ultima considerazione significativa in merito alla composizione del- l’ente con riferimento a quanto detto circa la condizione socio-economica degli affiliati e relativamente al preciso intento di rivolgersi ad ampie cate- gorie della popolazione è dedicata alla attestazione del termine dominus in molti documenti, a testimonianza del fatto che, parallelamente alle dero- ghe citate per estendere verso il basso la possibilità di accesso alla confra-

ria, certamente molti confratres godono di una condizione privilegiata in

termini di disponibilità economiche e patrimoniali. Questo termine com- pare diffusamente in molti documenti del Cartario e nell’arco temporale che si estende dal 1218 al 1276. A titolo esemplificativo si segnalano il do- cumento IX del 22 o 29 marzo 1218 dove leggiamo «[…] dominus Ober- tus de Mercato pro intuitu anime sue et pro mercede suorum parentum et suorum amicum legavit et cessit Confrarie Yporiensi Sancti Spiritus […]»21, oppure il documento I del 3 maggio 1249 che recita «[…] cum baculo uno quem in manu tenebat Caspardus filius condam domini Ricardi de Burgo fecit investituram et datum et cessionem et puram et semplicem et inrevo- cabilem donationem ad presens inter vivos in manibus domini Conradi de

19G. BORGHEZIO, G. PINOLI, Cartario della Confraria del Santo Spirito d’Ivrea cit., doc. XXIII,

pp. 248-249.

20Cfr. elenco dei nomi dei priori e massari rintracciati nei documenti esaminati dagli autori.

Ibid., pp. 215-217. Cfr. anche A. SCIASCIA, Le «confratrie» tardomedievali nell’arco alpino nor-

doccidentale cit., pp. 27-29 e in particolare la nota n.6 a p. 28.

61 Sancto Sebastiano Yporiensis ecclesie generalis procuratoris […]»22e, in- fine, il documento XXXIV del 16 luglio 1276 che riporta «[…] Hanricus

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