• Non ci sono risultati.

Studi italiani su Hölderlin dal 1915 a ogg

«La critica italiana non si è attenuta a ripetere i risultati della critica tede- sca ed anzi ha portato elementi nuovi e profondamente originali».1 Con que-

ste parole Alessandro Pellegrini condensava nel 1962 il suo giudizio sugli studi hölderliniani al di qua delle Alpi. Il germanista, nato a Cernobbio nel 1897 e scomparso nel 1985 a Milano, era a quella data professore ordinario di Lingua e letteratura tedesca a Pavia da tre anni e aveva di fronte un’altra decade di attività nell’ateneo lombardo, dove era giunto qualche anno prima dopo un periodo catanese. Il suo saggio Hölderlin in Italia, da cui è tratta la citazione, è a tutt’oggi, da vari punti di vista, il miglior punto di partenza per una riflessione sulla italienische Hölderlin-Forschung. Pellegrini, in primo luogo, era allora (non solo nel Bel paese) la voce più adatta a trarre un bilancio sul tema, in forza del corposo volume Hölderlin. Storia della critica che aveva man- dato alle stampe nel 1956 e di cui sarebbe uscita, nel 1965, un’edizione te- desca ampliata:2 un vero e proprio Standardwerk a livello internazionale, a

1 Alessandro Pellegrini: Hölderlin in Italia. In: «Il veltro» 4.1962/2: 203-212. Su Pelle-

grini cfr. Enrica Ivonne Dilk: Alessandro Pellegrini. In: IGL = Internationales Germanis- tenlexikon 1800-1950. 3 Bde. Hrsg. u. eingel. v. Christoph König. Berlin 2003: ad vocem.

2 Alessandro Pellegrini: Hölderlin. Storia della critica. Firenze 1956. – Id.: Friedrich

Hölderlin. Sein Bild in der Forschung. Übers. v. Christoph Gaßner. Berlin 1965. Già la monografia italiana dedica in apertura alcune brevi riflessioni allo Hölderlin versato e in- terpretato in Italia (pp. 2-4), che nell’edizione ampliata sono riportate e ulteriormente inte- grate, questa volta in chiusa di lavoro, con più distese osservazioni sugli studi e sulle tradu- zioni usciti nel frattempo (pp. 2-5; 530-543); anche qui sono sviluppate alcune idee centrali di Piero Bigongiari e di Giuseppe Bevilacqua (vedi nota seguente), si fa dettagliato riferi- mento alla monografia di Mario Pensa del 1954 (cfr. infra, nota 23) e ci si concentra infine ampiamente sul saggio che Giorgio Vigolo appose alla sua edizione einaudiana bilingue del 1958, inteso non solo come «gemeinsam mit Mittners Ausführungen [...] die wertvollste

lungo insuperato; uno strumento oggi certo per molti versi datato, se non obsoleto, ma utilissimo – oltre che per il vasto materiale lì raccolto – per calarsi nell’atmosfera con cui, al tempo, si guardava alla storia della ricezione (critica) del poeta svevo.

Il breve saggio del 1962, fotografia d’epoca che fissava il dettaglio ita- liano della monumentale ricostruzione storica in volume, coniugava in se- condo luogo lo sguardo agli studi su Hölderlin con la discussione di alcune epocali traduzioni italiane della lirica di Hölderlin e della stagione per così dire hölderliniana della poesia italiana da Ungaretti in poi. In questo modo, dando consistenza a spunti di Bigongiari e Bevilacqua,3 Pellegrini coglieva

brillantemente un aspetto costitutivo della ricezione complessiva di Hölder- lin in Italia come fenomeno culturale composito e consegnava il testimone a studiosi successivi, che avrebbero approfondito ulteriormente l’intreccio fra sforzo traduttivo e agone interpretativo e ampliato lo sguardo alla rice- zione produttiva di Hölderlin presso i poeti nostrani.

Un punto d’arrivo di tale filone di studi è certamente la monografia di Giovanna Cordibella, uscita nel 2009 con il titolo Hölderlin in Italia. La rice-

zione letteraria – a suo volta uno Standardwerk di splendida fattura che ha

avuto, fra gli altri, i meriti di sistematizzare e completare contributi critici sparsi, di riaffermare con forza le origini ottocentesche (carducciane e non solo) della fortuna del poeta anche nel nostro paese (fiorita poi indubbia- mente nel “secolo breve”, da Ungaretti e dal “decennio delle traduzioni” passando per Montale e Vigolo fino a Zanzotto) e di scandagliare con ela-

Hölderlin-Deutung der italienischen Schule» ma oltre i confini della critica quale «Verkün- digung eines dichterischen Programmes [...], Manifest der neuen italienischen Dichtung» (534ff.). Di e su Vigolo si vedano in questo stesso volume il saggio inedito Quali musiche suonò

Hölderlin? e le riflessioni di Giovanna Cordibella.

3 Cfr. Piero Bigongiari: Hölderlin e noi (1957). In: id.: La poesia italiana del Novecento.

Firenze 1965: 273-282. «Il “luogo” della poesia hölderliniana in Italia è intorno al 1936», scriveva Bigongiari, «quando le prime versioni del poeta del Neckar, appunto di Leone Traverso, cominciarono a circolare dattiloscritte in quel gruppo di amici fiorentino che poi venne a trovarsi implicato, non sua sponte né per sua iniziativa, nella grande polemica dell’ermetismo [...]. Si lessero allora, su “L’orto” di Bologna e altrove, certe versioni di

Grecia, di Metà della vita ecc. che indubbiamente facevano tutt’uno col midollo della nuova

poesia della generazione intorno al ’14» (273). Discusse le versioni «secche» di Leone Tra- verso, il «pedale lieve» di Gianfranco Contini e la «compattezza un po’ lustra» di Giorgio Vigolo, Bigongiari ne legge poi il riflesso sulla scrittura lirica delle nuove generazioni d’al- lora, in cui «Hölderlin costituì» un «punto di rottura» con la tradizione, facendo ampio esempio da Luzi e i suoi hölderliniani «inebriati e insieme fermi interrogativi» (207). Per la recensione di Bevilacqua vedi infra, nota 16.

stico rigore gli sconfinamenti e gli intrecci di ricezione propriamente pro- duttiva, attività critico-saggistica e mediazione interculturale (non solo tra- duttiva).4 Il contributo di Cordibella in questo stesso volume sta a dimo-

strare (accanto a ulteriori sondaggi apparsi nel frattempo) come il terreno della ricezione letteraria italiana di Hölderlin, certo non più terra incognita, possa comunque riservare ulteriori scoperte e affascinanti vedute – oltre a essere, giova ricordarlo, in continua espansione per quello «strano risarci- mento della memoria» (Mecacci) che fa tuttora dello svevo il “poeta dei poeti” per eccellenza della contemporaneità, anche presso la nuova lirica italiana.5

Simili considerazioni si possono fare per la lunga storia delle traduzioni italiane di testi hölderliniani, corsa in parallelo alla ricezione produttiva con numerosi casi di sovrapposizione.6 Iniziato esattamente centoquarant’anni

fa nella fucina di Giosue Carducci, anche questo appassionante avvicendarsi di sforzi d’avvicinamento a Hölderlin, nella tensione continua fra “classiciz- zazione” e “sperimentazione” già notata da Pellegrini,7 prosegue nel tempo

e costituisce un ambito d’indagine con amplissimi margini di approfondi- mento.8 D’altronde, anche oltre la dimensione letteraria e, più in generale,

4 Giovanna Cordibella: Hölderlin in Italia. La ricezione letteraria. Bologna 2009. Al

volume rimando per una discussione della bibliografia precedente, fra cui alcuni singoli studi che tornerò a citare oltre. Si vedano inoltre, fra i contributi usciti in seguito: ead.: Hölderlin e le riviste letterarie italiane del Novecento. In: Friedrich Hölderlin. Pensiero e poesia. A c. di Elena Polledri (= Humanitas. Rivista bimestrale di cultura. 67.2012/1): 55- 66. – Daria Biagi: Il poeta ingrato. D’Arrigo lettore di Hölderlin. In: Stefano D’Arrigo: un (anti)classico del Novecento?. A c. di Jean Nimis (= Collection de l’É.C.R.I.T 13.2013): 173-200.

5 Cfr. Andrea Mecacci: La mimesis del possibile. Approssimazioni a Hölderlin. Bologna

2006: 22.

6 Penso, naturalmente, alla folta schiera di poeti-traduttori e traduttori-poeti, da Car-

ducci a Vigolo e oltre; ulteriori sovrapposizioni riguardano l’ambito dell’interpretazione, di per sé momento inerente alla traduzione e alla ricezione produttiva (già in Hölderlin nel suo rapporto coi greci) e in certi casi resa esplicita, da parte dei traduttori e dei poeti “höl- derliniani” italiani, in testi di tenore saggistico.

7 La contrapposizione (ereditata da Bevilacqua e poi ripresa dagli studiosi sucessivi) è

in Pellegrini tra la scelta “italiana” e “canonica” di Vigolo, attento a trasportare Hölderlin nella tradizione lirica nostrana, e quella “straniante” e “modernizzante” di Traverso, «ai limiti estremi concessi dal linguaggio poetico italiano». Cfr. Pellegrini: Hölderlin in Italia (cit. nota 1): 205.

8 Oltre alla possibilità di estendere l’analisi delle traduzioni della lirica e del loro contesto

sulla base di una letteratura critica già significativa (per un mio intervento del 2005 avevo trovato oltre venti diverse edizioni in volume, senza contare le traduzioni apparse in rivi- ste), tuttora da indagare è l’arrivo nel panorama italiano del romanzo Hyperion, alla cui prima

oltre la dimensione del testo da leggere (poeticamente, criticamente, filoso- ficamente etc.), Hölderlin è divenuto parte del discorso culturale italiano. Agli anni Sessanta immediatamente successivi al saggio di Pellegrini risale

versione ottocentesca ne sono seguite sei di varia natura, dei frammenti tragici su Der Tod

des Empedokles (mi constano cinque versioni) come pure di altri testi – ivi comprese le

traduzioni hölderliniane da Sofocle che, assurte al rango di opera autonoma anche in virtù della loro fortuna teatrale, sono state a loro volta versate in italiano come anche in altre lingue europee (edita in volume quella di Ödipus der Tyrann, per ora solo per la scena quella da Antigonä). Cfr. per la lirica la bibliografia discussa in Marco Castellari: Hölderlin in Ita- lien. Übersetzer und Dichter zwischen Eifer und Wagnis. In: «Studia theodisca» 12.2005: 147-171 nonché Cordibella: La ricezione letteraria (cit. nota 4). Per le traduzioni del resto dell’opera, riporto qui di seguito informazioni bibliografiche relative ai soli volumi e se- gnalo che è in preparazione il secondo tomo dell’edizione nei “Meridiani” Mondadori in cui Luigi Reitani raccoglierà l’intero corpus non lirico. Per il romanzo epistolare: Iperione. Trad. di Luigi Parpagliolo. Milano 1886. – Iperione. Frammenti trad. da Gina Martegiani. Lanciano 1911. – Iperione. A c. di Giovanni Angelo Alfero. Torino 1931. – Iperione o l’eremita in Grecia. A c. di Giovanni Vittorio Amoretti. Milano 1981. – Iperione o l’eremita in Grecia. A c. di Marta Bertamini e Fulvio Ferrari. Milano 1981. – Iperione o l’eremita in Grecia. A c. di Giovanni Scimonello. Pordenone 1989. – Frammento di Iperione. A c. e trad. di Maria Teresa Bizzarri e Carlo Angelino. Genova 1989. Per la tragedia: La morte di Empedocle. Frammento drammatico. Trad. e intr. di Giuseppe Faggin. Lanciano 1936 (prima stesura). – Empedocle. Trad. di Filiberto Borio. Torino: Boringhieri 1961 (versione quasi integrale). – La morte di Empedocle. Trad. di Cesare Lievi e Irene Perini Bianchi. Riva del Garda 1982 (seconda stesura, poi trad. integrale: Torino 1990). – La morte di Empedocle. Trad. di Ervino Pocar. Con un saggio intr. di Beda Allemann. Milano 1983 (integrale; poi Parma 1993, con intr. di Giuseppe Bevilacqua; poi Milano 1998). – La morte di Empedocle. Trad. e appendice di Laura Balbiani. Saggio intr. e commento di Elena Pol- ledri. Milano 2003 (trad. integrale di ogni parte del cosiddetto Empedokles-Projekt). Per gli scritti teorici: Scritti sulla poesia e frammenti. A c. di Gigliola Pasquinelli. Torino 1958. – Sul tragico. Con un saggio intr. e a c. di Remo Bodei. Trad. di Gigliola Pasquinelli e Remo Bodei. Nuova ed. riv. e ampliata. Milano: Feltrinelli 1989 (1980) – Scritti di estetica. A c. di Riccardo Ruschi. Milano 1987 (poi Milano 1996, 22004). – Se il poeta è anzitutto padrone

dello spirito... A c. di Mariagrazia Portera. Pisa 2010. Cfr. infine: Edipo il tiranno. Intr. di Franco Rella. Trad. e a c. di Tommaso Cavallo. Milano 1991. Le trad. di Barbara Bacchi di entrambe le versioni hölderliniane da Sofocle, realizzate per il “Progetto Hölderlin” del Teatro Lenz di Parma, sono a quanto mi risulta inedite (cfr. anche infra, nota 9). Per le numerosissime, ulteriori traduzioni di singoli testi in vari contesti editoriali rimando alla

IHB = Internationale Hölderlin Bibliographie. Auf der Grundlage der Neuerwerbungen

des Hölderlin-Archivs der Württembergischen Landesbibliothek Stuttgart. Quelle und Se- kundärliteratur. Rezeption und Rezensionen. 11 Bde. und 1 Sonderband. Hrsg. v. Hölder- lin-Archiv der Württembergischen Landesbibliothek Stuttgart. Bearb. v. Maria Kohler, Werner Sohnle und Marianne Schütz. Stuttgart 1985-2000. La versione su supporto elet- tronico, uscita a partire dal 2001 e consultabile anche on-line, sostituisce quella cartacea per le acquisizioni d’archivio posteriori al 1984 compreso; cfr. http://www.statistik- bw.de/hoelderlin/maske.asp (ultima consultazione: 1 aprile 2014).

l’inizio della presenza teatrale e musicale dei testi hölderliniani in Italia, de- stinata a intensificarsi e ampliarsi anche ad altri linguaggi artistici nel mezzo secolo a seguire e parte, a sua volta, della trasformazione intermediale che, a livello internazionale, ha ormai raggiunto dimensioni ciclopiche.9

La (storia della) critica italiana su Hölderlin, per tornare al tema princi- pale di queste riflessioni, è parte dunque di questo transfer interculturale e interdiscorsivo complesso, per come è (stata) influenzata dai e per come influenza(va) i modi di approssimazione a Hölderlin in Italia. Gli studiosi di Hölderlin sono d’altronde spesso (stati) anche traduttori, talvolta anche me- diatori o, a livello più o meno diretto, consulenti per alcune delle operazioni culturali a cui si è accennato. Anche per questo motivo, come pure per altre ragioni che emergeranno nel seguito, delimitare con precisione i confini della italienische Hölderlin-Forschung è operazione non semplice, non assolutiz- zabile rispetto ai singoli momenti storici e, in ultima analisi, non necessaria- mente proficua (alla ricostruzione storica e forse ancora di più a uno sguardo sul presente, cui queste riflessioni vogliono alfine giungere).

Già Pellegrini, come detto, considerava ampiamente nelle sue riflessioni la pratica di mediazione traduttiva e dunque non restringeva eccessivamente la sua prospettiva alla critica stricto sensu. D’altra parte, però, il fenomeno che aveva di fronte era comunque caratterizzato da una certa omogeneità, di- versamente da oggi. Nella quarantina d’anni scarsi su cui lo studioso lariano poteva diffondersi – il primo saggio italiano su Hölderlin era in realtà com- parso attorno al 1915,10 le prime monografie nel 192611 – alla riflessione

9 È interessante notare come i testi hölderliniani siano arrivati nel teatro italiano, oltre

che con prevedibile ritardo, in forma dapprima indiretta, mediati come furono attraverso trasformazioni intertestuali e intermediali di artisti novecenteschi. Nel 1964 andarono in scena (rispettivamente a Trieste e a Venezia) la riscrittura brechtiana di Antigone sulla base della traduzione di Hölderlin da Sofocle e la “lirica in forma di spettacolo” musicale Hype-

rion, di Bruno Maderna. Per le prime messe in scena de La morte di Empedocle bisognerà

attendere il decennio successivo. Per una presentazione e analisi della ricezione teatrale di Hölderlin in Italia fino al parmense “Progetto Hölderlin” (1993) si veda Marco Castellari: Hölderlin im italienischen Theater. In: «Estudios Filológicos Alemanes» 12.2006: 301-318. L’ultimo incontro fra un protagonista del teatro italiano e Hölderlin è la produzione berli- nese Hyperion. Briefe eines Terroristen firmata da Romeo Castellucci, che ha debuttato alla Schaubühne am Halleschen Ufer il 17 marzo 2013, all’interno del festival F.I.N.D.

10 Aldo Oberdorfer: L’opera di Friedrich Hölderlin. In: «Rivista d’Italia» 18.1915/2:

205-254. L’SBN italiano cataloga invece come monografia questo pionieristico, già ampio studio di Oberdorfer (1885-1941), autore, traduttore e intellettuale antifascista che avrebbe subìto il confino poco prima della morte.

11 Giovanni Vittorio Amoretti: Hölderlin. Torino 1926. – Italo Maione: Hölderlin. Con

critica su Hölderlin in Italia avevano contribuito alcuni protagonisti della germanistica nostrana e della mediazione della letteratura tedesca in Italia nel primo e medio Novecento (alcuni legati a Pellegrini da vincoli di amici- zia) e anche, con toni notoriamente polemici, una voce imponente come quella di Benedetto Croce.12 In stragrande maggioranza si trattava di articoli,

saggi o volumi pubblicati in italiano, d’impronta nettamente letteraria ma non senza sostrato filosofico, secondo i criteri dell’epoca. Una produzione, inoltre, mossa salvo singole eccezioni dall’intento d’introdurre e ampliare nel discorso critico italiano la conoscenza di un poeta che in Germania aveva come noto esperito un risveglio d’interesse (“Hölderlin-Renais- sance”) sì relativamente tardo ma, oltre che comunque basato su una tradi- zione ottocentesca più corposa di quanto si credesse, caratterizzato da un’accelerazione e un’intensificazione tali da giungere presto a un ragguar- devole livello sia quantitativo che qualitativo.13 Gli studi italiani, di tale

massa critica tedesca, sono stati a lungo e in larga misura il riverbero, non di rado tardivo e (per ragioni linguistiche, non certo di valore) privo o quasi

in tedesco di Lorenzo Bianchi (Der junge Josef Görres und Hölderlins «Hyperion». Hei- delberg 1926), per ampiezza e per tematica non considerabile una vero e proprio trattato monografico su Hölderlin. Tutti e tre questi germanisti, a conferma di quanto detto sopra, si provarono al tempo anche come traduttori di Hölderlin, similmente al loro contempo- raneo Giovanni Angelo Alfero (1888-1962). Quest’ultimo, originario del cuneese, e Amo- retti (1892-1988), ligure, si laurearono con Arturo Farinelli a Torino negli anni Dieci, eb- bero entrambi (in parte col loro maestro) ruoli direttivi al Petrarca-Haus di Colonia (Istituto Italo-Germanico) negli anni della dittatura hitleriana e carriere parallele, il primo in cattedra a Genova e il secondo a Pisa, fra ventennio e secondo dopoguerra. Contemporaneamente a Bologna insegnava Bianchi (1889-1960), conterraneo di Amoretti che nella città felsinea aveva intrapreso studi antichisti; fra i suoi allievi Mario Pensa, che sarà autore di una mo- nografia su Hyperion (vedi infra, nota 23). Maione (1891-1971), amico di Farinelli, fu invece attivo negli atenei meridionali fra gli anni Trenta e Cinquanta, specie a Napoli. Per dettagli e approfondimenti bibliografici si vedano le schede rispettivamente di Giuseppina Piccardo Randone (Alfero), Vittoriana Bondì (Amoretti), Giulia Mignardi (Bianchi) ed Enrica Yvonne Dilk (Maione) in IGL (cit. nota 1): ad voces.

12 Non torno sul tale giudizio, espresso nel 1941, ampiamente noto e discusso ma dav-

vero non così influente per le sorti della ricezione italiana come s’è talvolta sostenuto. Cfr. Benedetto Croce: Intorno allo Hölderlin e ai suoi critici. In «La Critica» 39.1941: 201-214 e per una contestualizzazione Castellari: Eifer und Wagnis (cit. nota 8): 152s.

13 Cfr. per uno sguardo storico-critico e per ulteriore bibliografia Marco Castellari: Fried-

rich Hölderlin. «Hyperion» nello specchio della critica. Milano 2002: 159-174. Cfr. inoltre: Hölderlin in der Moderne. Kolloquium für Dieter Henrich zum 85. Geburtstag. Hrsg. v. Friedrich Vollhardt. Berlin 2014. Il volume offre anche riflessioni su questo periodo; a esso rimando in generale per approfondimenti sulla ricezione hölderliniana in Germania e per la bibliografia più recente.

d’inserimento nel dibattito internazionale. Non vuole questo essere tanto un giudizio di merito quanto la constatazione di una dinamica fra Binnen- e

Auslandsgermanistik inevitabile nel contesto descritto. Se è vero che da tale

dinamica discende anche una serie di peculiarità degli studi italiani (su Höl- derlin) e che come tali essi costituiscono un fenomeno di notevole rilievo culturale, oltre ad aver adempiuto a un ruolo mediatore specifico e meritorio che nessuno vuole sminuire o tantomeno considerare prescindibile, è diffi- cile negare che il generoso giudizio di Pellegrini citato in esergo sugli «ele- menti nuovi e profondamente originali» valesse solo in parte e, in ogni caso, con la postilla che ben poco di tale sforzo ermeneutico sarebbe entrato nella discussione extraitaliana – proprio la già citata edizione ampliata del volume di Pellegrini sarà nel 1965 la seconda (e a lungo ultima) monografia hölder- liniana di un autore italiano in lingua tedesca in assoluto, dopo il pionieri- stico, breve lavoro comparativo di Lorenzo Bianchi (1926);14 accanto a que-

sti due tomi si segnalano, come pubblicazioni nella lingua del poeta e dei suoi maggiori interpreti, un lungo saggio di Ladislao Mittner sul decimo «Hölderlin-Jahrbuch» (1957)15 e, nell’annata successiva di tale principale or-

gano critico del settore, la notevole recensione comparativa delle traduzioni hölderliniane di Leone Traverso e Giorgio Vigolo redatta da Giuseppe Be- vilacqua, da cui lo stesso Pellegrini, come detto, traeva alcuni spunti nel sag- gio del 1962.16

14 Cfr. supra, nota 11. Dopo la traduzione ampliata del libro di Pellegrini (1965), la prima

monografia su Hölderlin in lingua tedesca di una penna italiana sarà quella di Elena Polledri del 2002, cfr. infra, nota 29.

15 Ladislao Mittner: Motiv und Komposition. Versuch einer Entwicklungsgeschichte

der Lyrik Hölderlins. In: «Hölderlin-Jahrbuch» 10.1957: 73-159. A monte di questa pubbli- cazione è la considerevole sezione hölderliniana in una celebre e influente raccolta di saggi sul romanticismo: La lirica di Hölderlin. In: id.: Ambivalenze Romantiche. Messina 1954: 1-121. Si vedano inoltre, anch’essi inseriti in volumi del grande germanista fiumano che fecero scuola in Italia, i saggi: «Festa di pace» di Hölderlin (1956). In: id.: La letteratura tedesca del Novecento e altri saggi. Torino 1960: 148-158. – Hölderlin. In: id.: Storia della letteratura tedesca. Vol. II (Dal pietismo al romanticismo. 1700-1820). Torino 1964: 707- 737. Su Ladislao Mittner (1902-1975), in cattedra a Venezia dal 1945, cfr. anche per ulte- riore bibliografia la scheda di Moira Paleari in IGL (cit. nota 1): ad vocem.

16 Giuseppe Bevilacqua: Rezension der Hölderlinübersetzungen von Leone Traverso

und Giorgio Vigolo. In: «Hölderlin-Jahrbuch» 11.1958-60: 223-234. Bevilacqua, allievo di Mittner, suo assistente a Venezia e poi a lungo in cattedra a Firenze, ha al suo attivo nu- merose altre pubblicazioni su Hölderlin fino al recente volume: Una questione hölderli- niana. Follia e poesia nel tardo Hölderlin. Firenze 2007. Tradotto in una versione aggior- nata in tedesco, esso ha acceso un dibattito con numerose recensioni e alcune repliche (id.: Eine Hölderlin-Frage. Wahnsinn und Poesie beim späten Hölderlin. Übers. v. Marianne Schneider. Hildesheim 2010).

Nulla toglie ciò, sia ben chiaro, alla ponderosa e pregevole critica italiana su Hölderlin, sia a quella a cui guardava Pellegrini e che costituiva un capi- tolo notevole della germanistica e della cultura nostrana fra ventennio e do- poguerra,17 sia a quella dei decenni successivi fino a fine Novecento, in cui

pure compaiono voci importanti di “maestri” e della quale pure, comples- sivamente, si potrebbe dire aver aggiunto «elementi nuovi e profondamente originali» alla sempre più vasta messe di studi su Hölderlin in chiave inter- nazionale – senza che, tuttavia, questi rivelino una marcata osmosi delle in- terpretazioni nostrane (con singole eccezioni, naturalmente). Va detto in ogni caso che Hölderlin non fu più, fra gli anni Sessanta e la fine del secolo,

Documenti correlati