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Lo studio radiografico della tibia prevede due proiezioni ortogonali, postero- anteriore e medio-laterale, in grado di fornire una visione frontale e sagittale più realistica possibile.

La proiezione postero-anteriore si effettua con l’animale in decubito ventrale, alloggiato in una culla o mantenuto con cuscini in modo che il suo piano sagittale risulti il più possibile perpendicolare al terreno; l’arto posteriore da studiare viene iperesteso caudalmente e appoggiato sulla cassetta radiografica, alla quale deve stare il più aderente possibile; anche il tarso risulta necessariamente in massima estensione.

Questa proiezione è quella più utilizzata per lo studio della tibia, in particolare per l’individuazione di deformità torsionali, e deve includere tutta l’articolazione del ginocchio, la tibia ed il garretto; talvolta può essere estesa anche al femore, così da ottenere un’immagine completa dell’arto pelvico. In quest’ultimo caso, considerando che la radiografia deve includere anca, femore, ginocchio, tibia e garretto, è necessario nei soggetti di grossa taglia utilizzare una pellicola di grandi dimensioni ed eventualmente posizionare la cassetta radiografica lungo la diagonale, in modo da sfruttarne la sua massima lunghezza (Fig.3.6)20.

Il corretto posizionamento è garantito dall’iperestensione del ginocchio, che impedisce qualsiasi rotazione a livello di questa articolazione; se non sono presenti deformità dell’arto, il radiogramma mostrerà la rotula alloggiata fra le labbra trocleari, ed il margine mediale del calcaneo sovrapposto al punto di maggiore profondità del solco astragalico; nel caso di torsioni interna o esterna della tibia, tale margine sarà spostato in senso rispettivamente laterale o mediale84.

Recenti studi hanno messo in evidenza l’inadeguatezza del metodo radiografico standard nella valutazione della torsione tibiale; infatti, un malposizionamento dell’arto con lieve intrarotazione del ginocchio può far evidenziare deformità torsionali inesistenti. Questo probabilmente perché la corretta posizione della tibia prossimale nel radiogramma viene valutata sulla base di punti di riferimento femorali, come la rotula e le fabelle; non è però detto che un corretto posizionamento caudo-craniale del femore garantisca necessariamente un adeguato

posizionamento caudo-craniale della tibia. Per ovviare a tale problema, gli autori promuovono l’utilizzo della TC che si è rivelata una metodica molto meno influenzabile da artefatti di posizionamento2.

La proiezione medio-laterale della tibia, così come descritta precedentemente a proposito dello studio della morfologia femorale, fornisce informazioni essenziali per la valutazione dello stato articolare e della morfologia tibiale, in particolare riguardo alla torsione ed all’inclinazione del piatto tibiale. Per la determinazione dell’angolo di inclinazione del plateau tibiale è essenziale ottenere una visione laterale del ginocchio in cui i condili femorali e tibiali siano perfettamente sovrapposti: errati posizionamenti potrebbero far sovra- o sotto-stimare la reale l’inclinazione2,71.

Uno studio radiografico di buona qualità fornisce già notevoli informazioni sulla presenza o meno di deformità scheletriche a carico di femore e tibia, soprattutto sul piano frontale e sagittale. Nonostante ciò, le difficoltà riscontrate spesso nell’esecuzione di radiografie di buona qualità, o meglio ancora, “perfette” (tempi di esposizione e posizionamento dell’animale), fa sì che metodiche avanzate come TC o RMN restino comunque il “gold standard” per garantire la migliore valutazione ed interpretazione della morfologia scheletrica di femore e tibia, e questo vale in particolare per quanto riguarda le deformità torsionali e rotazionali2,32.

Figura 3.6: Proiezione postero-anteriore dell’arto.

3.2 Interpretazione radiografica delle

deformità scheletriche dell’arto posteriore

Le deformità scheletriche che possono colpire un arto o un segmento osseo sono diverse e vengono generalmente distinte sulla base del piano dello spazio sul quale si manifestano.

Le alterazioni ossee più comunemente riscontrate in ortopedia veterinaria sono le deviazioni sul piano sagittale (Fig.3.7), caratterizzate dalla perdita del parallelismo fra gli assi della porzione prossimale e distale presa in considerazione. Generalmente si parla di varismo quando il distretto distale presenta una anomala angolazione verso l’interno, e di valgismo quando la deviazione è verso l’esterno. Questa terminologia si applica sia nel caso in cui la deviazione interessi un singolo segmento scheletrico ed allora sarà seguita dal nome dell’osso coinvolto; sia quando vengano coinvolti due segmenti adiacenti, ed in questo caso la struttura di riferimento sarà l’articolazione frapposta ad essi. Si parlerà quindi di varismo/valgismo femorale o tibiale quando saranno interessati da deformità i singoli segmenti ossei. I termini “genu varum” e “genu valgum”, spesso citati quando si affrontano problematiche riguardanti l’arto pelvico, descrivono condizioni patologiche caratterizzate da deviazioni angolari del tratto distale dell’intero arto in direzione mediale o laterale rispettivamente. Il “genu varum” può essere, a sua volta, causato da un femore valgo con tibia normale, oppure da un femore normale in presenza di una tibia vara. Allo stesso modo, il “genu valgum” può essere associato ad un femore valgo con tibia normale, o ad un femore normale con un varismo tibiale.77

PROSSIMALE

MEDIALE LATERALE

PIAO SAGITTALE

DISTALE

Figura 3.7: Piano sagittale dell’arto posteriore

Le deviazioni sul piano coronale o frontale sono più frequenti a carico dell’arto anteriore, soprattutto di radio ed ulna, ma possono comunque manifestarsi a livello di qualsiasi segmento osseo (Fig.3.8). Si parla di procurvatura o anterocurvatura quando l’osso presenta una curvatura patologica a convessità craniale e porzione distale deviata caudalmente, mentre la condizione opposta è definita recurvatura (osso con curvatura a convessità caudale e parte distale deviata cranialmente).

Sul piano assiale o trasverso si fa generalmente una distinzione in base alla sede della deformità. Nel caso in cui la deviazione sia nell’ambito di un segmento, si parla di torsione, e questa può essere interna o esterna a seconda della direzione assunta dalla porzione distale del segmento stesso. Invece, quando l’alterazione torsionale interessa due segmenti separati ed è interposta, quindi, da un’articolazione, viene definita rotazione; anch’essa può essere interna o esterna in base alla deviazione assiale mediale o laterale del segmento osseo più distale (Fig.3.9).

Si distingue dalle deviazioni suddette la traslazione, deviazione generalmente secondaria a fratture malconsolidate, caratterizzata da una dislocazione del segmento

PROSSIMALE MEDIALE LATERALE DISTALE CRANIALE CAUDALE PIAO FROTALE

distale dell’osso con mantenimento però del parallelismo delle superfici articolari.25,95 PIAO TRASVESO PROSSIMALE DISTALE MEDIALE LATERALE

Figura 3.9: Piano trasverso o assiale dell’arto posteriore