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Questa parte della tesi è dedicata all’analisi di alcuni casi studio in cui i principi dello sviluppo sostenibile e della resilienza urbana sono stati applicati concretamente e sono diventati occasione per lo sviluppo di politiche di rigenerazione urbana.

I riferimenti qui analizzati sono solo alcuni esempi, tra i tanti a disposizione, basti pensare al processo avviato a Bilbao, in Spagna negli anni ’90 o nell’area della Ruhr in Germania più recentemente che costituiscono alcune delle esperienze più significative di rigenerazione urbana e di rilancio di un territorio dopo la crisi che ha fortemente limitato le attività economiche che storicamente avevano contribuito allo sviluppo dell’area. I casi studio selezionati sono significativi in quanto fanno riferimento ad aree geografiche e contesti differenti ma mostrano analogie a livello della metodologia utilizzata per approcciarsi al tema della rigenerazione urbana. In particolare, sebbene i processi siano più datati rispetto all’Agenda 2030 dell’ONU e agli SDGs è possibile vedere in queste esperienze dei casi pratici di applicazione dei principi delineati dall’Obiettivo 11 e, più in dettaglio, del Target 11.4, ossia avviare politiche di rigenerazione urbana valorizzando il patrimonio culturale, architettonico, ambientale e naturale che caratterizza le aree in esame (United Nations, 2015, 2019).

Queste politiche sono evidenziate anche dal report Cultural Heritage Counts For Euope redatto da Europa Nostra nel 2015 con l’obiettivo di diffondere e far conoscere esperienze di sviluppo sostenibile in cui la crescita del territorio si è basata sulla valorizzazione delle proprie risorse, in particolare di quelle legate all’ambito culturale (CHCFE Consortium, 2015).

I casi studio analizzati mostrano esperienze interessanti dal punto di vista di una risposta resiliente ai fenomeni caratteristici delle città europee di medie dimensioni che, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, dopo aver attraversato decenni di forte crescita economica, con importanti ricadute anche sull’aspetto e sulla forma dell’insediamento urbano stesso, hanno attraversato un forte periodo di crisi dovuta in parte a meccanismi legati ai fenomeni della globalizzazione che hanno portato ad un crescente abbandono delle attività industriali ed economiche, che avevano contribuito maggiormente a rendere il territorio appetibile a partire dagli anni ’50 e ’60, a favore di aree geografiche in cui il costo della manodopera è inferiore.

La presenza di tali attività aveva comportato un forte fenomeno migratorio dalla campagna verso la città con conseguente creazione di numerosi quartieri operai e popolari e la dislocazione dei principali esercizi economici ha comportato una perdita di appetibilità degli insediamenti (Harvey, 1989; Sassen, 2006). A questo fenomeno sono ascrivibili diversi meccanismi tra cui un forte calo demografico nei centri urbani principali a favore delle aree rurali e la creazione di vuoti urbani, spesso di notevoli dimensioni, all’interno del tessuto urbano consolidato con conseguenti problematiche sia di natura sociale che ambientale. Più in dettaglio, la presenza di fabbriche e industrie in città ha contribuito anche ad aumentare l’inquinamento dei terreni e questo, attualmente, è un forte limite alla base dei processi di rigenerazione.

In Europa, sul finire del XX secolo si osserva quindi una tendenza generale di abbandono delle città di medie dimensioni che vedono la loro economia compromessa. Tuttavia, molti insediamenti sono riusciti a reinventarsi sviluppando nuovi settori strategici che hanno contribuito alla ripresa economica dei territori (Sassen, 1994).

Figura 54 Inquadramento dei casi studio individuati in Italia e in Europa.

Un altro argomento che può essere utile affrontare per capire la scelta di questi determinati casi studio è dato dal fatto che tutte queste realtà sono caratterizzate dalla presenza di siti UNESCO e, grazie alle loro politiche virtuose di gestione del patrimonio storico, culturale e architettonico e alla promozione di iniziative culturali come innesco per processi di rigenerazione urbana sono stati nominati Capitali Europee per la Cultura, in anni differenti.

I fondi ottenuti per promuovere iniziative legate a questo importante titolo e riconoscimento sono serviti anche per favorire la diffusione di buone pratiche a scala urbana atte a promuovere iniziative culturali e hanno contribuito a rendere la matrice fisica del territorio di maggiore qualità.

Può quindi essere interessante confrontare i vari siti anche dal punto di vista di come sono state applicate questo tipo di risorse e quali effetti hanno sortito sul territorio.

L’unico esempio che differisce dagli altri è Vitoria-Gasteiz, in Spagna, che non ha un sito UNESCO caratterizzante il centro storico e, al posto di essere stata nominata Capitale Europea per la Cultura ha ricevuto un riconoscimento dalla Commissione Europea in merito alle sue politiche di resilienza urbana e territoriale. La città spagnola è stata, infatti, nominata Capitale Verde Europea, importante titolo che va a testimoniare l’impegno di una municipalità nell’ambito ambientale.

In questo caso è interessante andare ad osservare come le risorse economiche ricevute in occasione di questa nomina sono servite a promuovere politiche di rigenerazione urbana basate sull’infrastrutturazione verde del territorio e l’implementazione di nature based solutions col fine di creare green infrastructures in grado di fornire all’ambiente urbano servizi ecosistemici per risolvere, in modo integrato, problematiche legate al traffico, all’inquinamento e ai cambiamenti climatici.

Città Sito UNESCO Capitale Europea Cultura Capitale Verde Europea Vitoria-Gasteiz \ \ 2012 LIverpool 2004 2008 \ Parigi 1991 1989 \ Riga 1997 2014 \ Porto 1996 2001 \

Figura 55 Anno in cui è stato istituito il sito UNESCO, anno in cui la città è stata Capitale Europea della Cultura o Capitale Verde Europea

4.1) Esperienze internazionali di approcci ad un nuovo paradigma di sviluppo urbano

Vitoria-Gasteiz (Spagna)

Tra le realtà che si sono trovate a dover affrontare le problematiche descritte nei capitoli precedenti c’è la città di Vitoria-Gasteiz, in Spagna caratterizzata da una vocazione prevalentemente industriale.

A partire dal 1993 nella città di Vitoria-Gasteiz, che all’epoca contava circa 210000 abitanti è stato avviato un processo di rigenerazione urbana come risposta alla crisi economica che negli anni ‘80 aveva segnato il capoluogo basco. I punti di forza di questo ambizioso programma sono l’aver trovato continuità nel tempo nonostante i vari cambi avvenuti nell’amministrazione della città, la volontà di costruire risposte integrate a differenti problematiche e l’aver riscontrato l’interesse della popolazione che ha adottato il processo e se ne è fatta carico (Centro de Estudios Ambientales, 2012; López & Rondinella, 2016). Tra gli anni ‘80 e ‘90 la città basca era caratterizzata da forte inquinamento atmosferico e del reticolo idrico, inoltre erano state riscontrate diverse problematiche tra cui il forte rumore all’interno del centro urbano. In modo lungimirante e innovativo le criticità sono state affrontate con una visione sistemica. Da qui nasce il progetto dell’“Anillo Verde”, ossia una rete di mobilità dolce che collega gli elementi naturalistici che contrassegnano le aree di frangia della città e le principali aree verdi urbane. In aggiunta sono stati realizzati gli “Itinerarios Verdes”: dei percorsi di collegamento che hanno favorito la mobilità dolce, limitando la mobilità veicolare (Centro de Estudios Ambientales, 2012).

Figura 56 Masterplan dell’Anillo Verde (percorso giallo) sul quale si innestano gli Itinerarios Verdes (percorsi blu); Fonte: Ayuntamneto de Vitoria-Gasteiz, Centro de Estudios Ambientales “Vida; Anillo Verde Vitoria-Gasteiz”

Queste soluzioni hanno consentito di ottenere un miglioramento delle condizioni ambientali, la mitigazione del microclima e l’abbattimento del rumore all’interno della città (López & Rondinella, 2016). Questo programma di rigenerazione urbana ha consentito anche il recupero delle periferie attraverso la valorizzazione del sistema ecologico e paesaggistico; queste tematiche sono state sviluppate integrando il valore sociale: la rete verde di Vitoria è stata pensata per creare spazi di aggregazione per la popolazione. Gli spazi urbani ottenuti sono predisposti per ospitare diverse fasce di età e incentivano la mobilità dolce,

creando le basi per uno stile di vita salutare. Fornire una risposta unitaria a differenti problematiche ha permesso di garantire la sostenibilità dell’intervento di rigenerazione urbana (López & Rondinella, 2016). L’obiettivo del processo è stato quello, trasformando le criticità in opportunità, di collegare in rete i principali poli attrattivi dal punto di vista architettonico e paesaggistico per creare percorsi sicuri per gli utenti, che consentissero di riqualificare la degradata periferia urbana. A differenza di quanto accaduto in altre realtà urbane in cui lo sprawl ha portato alla nascita di quartieri dormitorio, a Vitoria le aree di frangia sono diventate parte integrante dello sviluppo cittadino. Questo ha consentito di creare delle polarità a margine del tessuto urbano consolidato in cui la natura è preservata e che svolgono il duplice ruolo di filtro e collegamento tra il centro e le emergenze naturali situate a poca distanza da esso (López & Rondinella, 2016).

Figura 57 Il parco di Salburua, a poca distanza dal centro urbano; Fonte: Ayuntamneto de Vitoria-Gasteiz, Centro de Estudios Ambientales “Vida; Anillo Verde Vitoria-Gasteiz”

Con il progetto dell’Anillo Verde sono state recuperate, valorizzate e collegate in rete una serie di aree trasformate in parchi naturali dal grande valore ecologico e scenico. Un effetto generato da questa serie di operazioni è stato svincolare dalle pressioni urbanistiche le aree di frangia e attraverso un intricato processo di restauro ecologico sono stati recuperati degli ecosistemi scomparsi. Questo ha generato la nascita di servizi ecosistemici con ricadute benefiche sul clima e sull’ambiente urbano; inoltre, è stata favorita l’integrazione tra la città e il territorio circostante, è stata migliorata l’accessibilità alle periferie e, in dettaglio, sono state eliminate le barriere e le situazioni di rischio tipiche delle aree periurbane. Inoltre, sono stati creati nuovi siti ricreativi all’aria aperta e programmi educativi che puntano alla conoscenza e al rispetto dell’ambiente e della biodiversità.

tutelato e il traffico veicolare è fortemente limitato, la nascita di una nuova rete del TPL e di percorsi ciclopedonali che collegano le polarità storiche e paesaggistiche che compongono l’Anillo Verde.

Figura 58 Modello dei superblocks di Vitoira-Gasteiz; si può notare come le principali arterie stradali siano esterne agli isolati residenziali i quali diventano ambiente privilegiato per i pedoni. Fonte: Agencia de Ecologia Urbana de Barcelona

Liverpool (Regno Unito)

Un altro caso studio emblematico è quello fornito dalla città inglese di Liverpool. Questa città, come molte altre, è stata caratterizzata da una forte vocazione industriale che ne ha segnato la crescita, a partire dall’800, fino alla seconda metà del ‘900; il declino di queste attività negli anni ’70 ha contribuito alla creazione di vuoti urbani all’interno della città consolidata, portando anche a problematiche di tipo ambientale e sociale (Sassen, 1994).

Figura 59 Inquadramento del contesto geografico nel quale è inserita la città di Liverpool, capoluogo del Merseyside, nell’area nord ovest dell’inghilterra. Liverpool è a circa 70 km da Manchester, capoluogo della regione del Greter Manchester e a circa 60 km da Chester, centro di origini romane.

Questo esempio è emblematico in quanto la rigenerazione urbana è stata usata per guidare la ripresa economica e il modello è stato esportato anche in altre regioni dell’Inghilterra. In dettaglio, il processo di rigenerazione è iniziato tra gli anni ’70 e ’80, a partire dagli interventi per il recupero dell’area dei Docks (Robson, 1988, 1997).

Figura 60 Inquadramento dell’area interessata dal processo di rigenerazione urbana. In passato il sito era interessato da industrie e opifici legati alle attività marittime e il loro declino ha creato una situazione generale di degrado. Tuttavia, data l’importanza strategica dell’area e la presenza diffusa di numerosi monumenti, il sito è stato oggetto di un importante processo di rigenerazione urbana.

Questo sito viene definito area dei Docks in quanto è formato da tre scali portuali. Parallelamente a queste aree degradate si sono sviluppati siti monumentali lungo il riverfront che costituivano la prima immagine della città per chi vi accedeva dal fiume. Tra gli anni ’50 e ’70 l’industria raggiunge il suo apice e in questo periodo si ha anche il maggior numero di abitanti nella città inglese. A parte dagli anni ’70, anche in seguito a una crisi generale dell’economia, le industrie di Liverpool perdono importanza, il numero di abitanti diminuisce fortemente e l’area dei Docks diventa un grande vuoto urbano. Negli anni ’80, in seguito ad un periodo di ripresa economica, l’amministrazione decide di avviare politiche di rigenerazione (Clein, 2014). Liverpool ha avuto un’economia basata principalmente sugli scambi marittimi e questo ha portato ad una forte concentrazione attorno al porto di opifici, attività commerciali e quartieri operai caratterizzati da scarse condizioni igieniche e bassa qualità della vita (Tulloch, 2011).

Per rispondere a queste criticità, le municipalità hanno avviato dei processi rigenerativi basati sulla valorizzazione del patrimonio sia naturale che architettonico. Queste politiche hanno portato a fornire soluzioni integrate ai problemi legati alla dismissione dei siti industriali e sono state in grado di innescare un circolo virtuoso per il quale, parallelamente all’intervento pubblico, si è potuto riscontrare anche un forte interesse e coinvolgimento della sfera privata che ha contribuito alla realizzazione delle trasformazioni

Liverpool ha formato la prima Urban Regeneration Corporation (URC) del paese: Liverpool Vision (Parkinson, 2008). Più strategico degli UDC degli anni '80, il compito di Liverpool Vision era quello di lavorare in collaborazione con attori pubblici e privati per identificare e facilitare le opportunità economiche (Nurse, 2017).

Sebbene questa rigenerazione sia stata l'inizio della rinascita del Liverpool, tuttavia, è stata una prolungata attenzione al centro della città e in particolare all'offerta al dettaglio la vera piattaforma per il successo economico della città (Parkinson, 2008). Il progetto cardine di questo sviluppo è tato il modello definito: “Liverpool One” che si distingue come l'esempio internazionale di rigenerazione del centro città e per la competitività economica. Lo sviluppo, un processo lungo otto anni, riguardante circa 17 ettari di proprietà immobiliari nel centro della città (Littlefield, 2009; Parkinson, 2008) ha trasformato le prospettive economiche della città e cambiato Liverpool da una città poco efficiente a un importante centro regionale (Parkinson & Evans, 2016).

Figura 61 Andamento demografico a Liverpool. Partendo dalla rivoluzione industriale la città acquista un peso specifico notevole e diviene attrattiva per nuovi residenti in cerca di lavoro nel crescente settore dell’industria marittima. Questo trend di crescita esponenziale dura fino agli anni ’60 quando si assiste alla crisi dell’industria e delle attività portuali. In seguito a questa crisi la città tende a svuotarsi fino a quando, nei primi anni 2000, vengono avviate operazioni per trasformare la città da centro produttivo a centro turistico. Grazie a queste operazioni di rebranding la città torna ad essere attrattiva per i residenti.

Gran parte di questa attività è stata condotta sotto gli auspici dell'Urban Entrepreneurialism (Harvey, 2001). in cui le città sono considerate rivali in un mercato globale dove, per avere successo, devono attrarre capitali liberi dai loro concorrenti (Jessop, 1997, 2017).

In generale, i tipi di sviluppo che hanno avuto luogo a Liverpool riflettono i principi di progettazione urbana emersi nel Regno Unito durante gli anni '80. Ad esempio, c'è stata una forte e gradita tendenza verso sviluppi dell'uso misto in aree come Rope Walks. Nell'Ottocento quest'area era caratterizzata da magazzini e case di mercanti, a servizio dell'industria marittima. Dall'inizio degli anni '90 l'area, che era in declino, è stata riqualificata come centro dell'economia notturna di Liverpool, luogo per le industrie creative e sito per appartamenti ristrutturati (Cartwright, n.d.; Nurse, 2017).

5000 77000 422000 650000 466415 578324 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 1650 1700 1750 1800 1850 1900 1950 2000 2050 A BI TA N TI ANNO DI RIFERIMENTO

Andamento demografico

Figura 62 Inquadramento dell’area di intervento in cui gran parte degli antichi opifici sono stati demoliti e si possono notare i palazzi e gli edifici monumentali. Fonte: Bing Maps

Figura 63 L’area oggetto di intervento alla fine del processo di rigenerazione urbana. Le aree degradate sono state demolite e accanto ai palazzi monumentali si possono trovare edifici moderni il cui design innovativo dialoga con il classicismo degli antichi palazzi. Fonte: Google Maps

molti investimenti in questa direzione, in particolare da parte del pubblico che ha avviato anche politiche di rigenerazione degli spazi pubblici con l’obiettivo di promuovere politiche atte a perseguire questo tipo di obiettivi (Biddulph, 2011).

Figura 64 L’Area di Albert Docks dopo gli interventi di rigenerazione urbana.

Figura 65 L’area di Liverpool One dopo gli interventi di rigenerazione urbana.

Per i partner di Vision, la principale opportunità di riqualificazione risiedeva nel centro città obsoleto di Liverpool che, secondo loro, rappresentava un'ancora di trascinamento nell'economia dell'intera città (Parkinson, 2008). Così, nel 2000, Liverpool Vision ha presentato il proprio Strategic Investment Framework (Pringle & Lane, 2005) che ha identificato sette aree di azione per la riqualificazione incentrate sul lungomare, il quartiere degli affari, i quartieri culturali e il centro commerciale.

Sulla base di questo studio di progettazione urbana, il Consiglio comunale di Liverpool ha lanciato un invito ai partner per promuovere questa visione. Impressionato dalla portata e dal potenziale dello studio di progettazione urbana e dalle nuove strutture di governance di Liverpool (inclusa Vision), la società di sviluppo Grosvenor di proprietà del Duca di Westminster sarebbe stata infine selezionata come sviluppatore del sito (Biddulph, 2011), presentando il proposta per il sito nel 1999 (Davenport, 2009) e, dopo un esame accurato nella prima parte del 2000, sono stati selezionati come sviluppatori preferiti dal consiglio comunale (Littlefield, 2009).

Il risultato è stata la proposta per quello che sarebbe stato infine chiamato Liverpool One: una riqualificazione fondamentale di 17 ettari del centro città, che comprende circa 234.000 m2 di sviluppo, inclusi 154000 mq di spazio commerciale, con costi stimati di oltre 1 miliardo di sterline (Parkinson, 2008).

Figura 66 Il progetto per il recupero dell’area di Liverpool One in cui si può notare come il tessuto degradato venga sostituito da edifici moderni e da aree verdi. Fonte: LIverpoolone.com

Sebbene Liverpool One avesse raggiunto uno dei suoi obiettivi primari collegandosi con i distretti circostanti (Littlefield, 2009), in particolare Church Street e i Docks, subito dopo l'apertura, c'era il pericolo che il potenziale per nuovi locali a Liverpool One fungesse da drenaggio per gli altri siti di vendita al dettaglio del centro città, le preoccupazioni sono aumentate quando i principali negozi siti in aree circostanti hanno chiuso i loro locali originali e si sono trasferiti in nuovi spazi a Liverpool One. Queste preoccupazioni erano profondamente sentite in Bold St che, sebbene una via dello shopping di fascia alta negli anni '60 e '70, aveva subito un forte declino negli anni '80 e '90, diventando sede di una serie di discount. Pertanto, le vetrine vuote dei negozi, le loro sostituzioni iniziali nei negozi di liquidazione in stile magazzino e un drenaggio del traffico verso Liverpool One hanno fatto poco per alleviare i timori che la rinascita di Bold Street nei primi anni 2000 sarebbe stata di breve durata (Cartwright, n.d.).

Uno dei risultati della recente rigenerazione e rebranding di Liverpool è stato rendere la città più competitiva sul piano economico e turistico a scala sia regionale che nazionale. Liverpool One ha potenziato la vendita al dettaglio della città, consentendole di competere con i servizi per lo shopping di Manchester e Chester. La Liverpool Arena e il Convention Center attirano conferenze e concerti che sarebbero andati altrove (Nurse, 2017).

In un certo senso, il rebranding di Liverpool ha reso il centro della città più simile ad altri centri urbani, ma la città è ancora in grado di promuovere la sua caratteristica vocazione culturale e marittima. Negli ultimi anni, 8-10 milioni di turisti hanno visitato Liverpool ogni anno dal Regno Unito, da altri paesi europei e oltre, in particolare dal Giappone e dagli Stati Uniti rendendo Liverpool una delle dieci destinazioni più visitate del Regno Unito (Nurse, 2017).

Il rebranding di Liverpool è tipico di quello delle città del Regno Unito. Le coalizioni di parti interessate potenti a livello locale hanno adottato una serie di strategie intese ad attrarre turisti e mobilitare investimenti su larga scala da parte del settore privato. Nel XX secolo Liverpool è decaduta dal suo ruolo di città mondiale del XIX secolo. Ora si sta rinnovando in una città di livello mondiale per il XXI secolo (Cartwright, n.d.; Nurse, 2017).

In conclusione, il processo di sviluppo della città inglese si può sintetizzare in alcuni punti che mettano in evidenza gli aspetti su cui si è fondata la crescita urbana; in seguito al declino dell'industria marittima, Liverpool ha adottato una serie di approcci diversi per rigenerare il suo centro urbano in declino, tra cui: rigenerazione guidata dalla vendita al dettaglio e rigenerazione guidata dalla cultura. È da notarsi che, sebbene le operazioni urbanistiche siano servite a rivitalizzare una porzione importante, per dimensioni e per ruolo strategico, del tessuto cittadino, ci siano alcuni aspetti negativi collegati a queste azioni (Biddulph,

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