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È uno stupendo dialogo di Platone, nel quale si descrivono le ultime ore di S o crate, e si discorre dell’ im m ortalità dell’ a­

Calza proprio a’ nostri tempi, in cui i tr is ti corrono il cam po per loro, e , nuovi M in ossi, giudicano con la coda. M a odano Cicerone, s e pure non g lie la dànno anche a lui una presa di codino: — L a u d a r i a bonis et v i t u p e r a r i a m a l i s, u n u m a tqu e id em est. L a con- chiusione poi è verissim a: anche nel so le ci sono le m acch ie e i punti oscuri.

JVon è ancor nato, nè mai nascerà un uomo Che piaccia a tutti; nè anche Giove, che impera soprai gli uomini e sopra gli (Dei, piace a tutti.

Gli uomini si, e s ’ intende ch e non possano andare a’ versi di ognuno ; e anche G iove, a quel modo che se lo foggiavano g li a n tich i, non poteva contentar tutti. Ma brontolar della Provvidenza è m alignità o ignoranza degli uomini, che all’ intendere han corte le ale.

J\lon mi fidando salvai il mio, fidandomi lo perdei: tuttavia è difficile il ben consigliarsi o dell’ una cosa o dell’ altra.

Pur troppo T eognide ha ragione. Quando non ci fo sse altro esem pio, basterebbe per tutti il solennis- sim o e recente della c iv ilissim a R epubblica di Fran­ cia, che ha m enato pel naso l’ Europa, fidente nella lea ltà delle sue officiali dichiarazioni. Ma di tali trionfi non ne vorrei a casa m ia.

Ci vuol poco a avvezzar 'male un uomo ben avvezzato; ma ci vuol tanto a, avvezzarne bene uno avvezzato male.

Lo sviarsi è la più facil cosa e quella che si fa con meno considerazione di tutte le altre, ma il rav­ viarsi poi è m olto difficile. I Fiorentini , celiando usan dire: — Eh, costa più un vezzo che una co lla ­ na — equivocando sulla voce v e zzo .

f.Viglia a calci lo sciocco popolo, e dagli di buone frustate e pongli un buon giogo : tanto niun popolo vorrà mai bene a chi comanda.

0 che, s ’ è in Siberia? Fino a im brigliare i rom­ picolli, gli arruffoni e la plebaglia sfrenata, due l e ­ gnate non farebbero m a le , e anche Cristo chiappò una volta il mazzo delle funi. Ma pel p op olo, edu­ cazione ci vuole e non il bastone.

Tutti facciam delle cose un po’ meglio e un

P0’ PeSS^° •’ non c’ & nessuno che sappia a fondo

il tutto.

Anzi si potrebbe aggiungere, che chi più sa, si co n ­ tenta meno delle su e a zio n i, e invano s ’ affanna di conseguire quella perfezione, ch e g li lam peggia di­ nanzi alla mente.

CPochi han la fortuna d’ esser virtuosi e

belli ; e chi l’ ha, può dirsi felice : tutti gli

fanno onore: i suoi pari gli cedono il posto, e pér insino gliel cedono i vecchi.

La virtù e la b ellezza sono raggi di cielo, e rendon degno d’onore e d’amm irazione, chi più se n’abbella e riluce.

È ornamento della patria qtiel cittadino, il quale nè si raduna col popolo, nè sta soggetto e si lascia sopraffare agli scellerati.

A questa stregu a quanti o rn a m e n ti ha l’ Italia? Chi sa , risponda.

Chi f a del bene a’ vili ed oziosi, fa doppio male : butta via il suo, e non ne ha nè grado nè grazia.

È chiaro com e l’acqua di fonte. •

Adatta il tuo fa re a’ tuoi varii amici: qui va dietro a quello : altrove fa tti un altro. Que­ sto barcamenare è miglior cosa e più utile che la sapienza e che la virtù.

N on mi piace, e non credo che il g iocar co si d’ al­ talena p o ssa gu stare ai galantuom ini. Una certa pie­ g h ev o lezza e arrendevolezza non g u a sta ; anzi è ne­ cessaria n ella v ita , m assim e con g li am ici onesti e virtuosi; chè lo star troppo in sui punti e m ostrarsi tutto d’ un pezzo, potrebbe sem brare stolto orgoglio e vana prosunzione. Ma quel b a rc a m e n a rsi mi pare la virtù e la sapienza del Girella del G iusti; e di c o sì fatti n’ è ammorbato il m ondo. N o , il carattere, la s c h ie tte z z a , la lealtà innanzi tu tto , e questo mi par ch e sia in fondo in fondo l’ am icizia. M alaugu­ ratam ente il consiglio di T eognide trova anche oggi m olti e m olti se g u a c i; ed eg li non fa il m oralista, m a considera gli uomini, non quali dovrebber’essere, m a com e sono.

0 Cimo, vestiti vari costumi secondo i varii amici, accomodando la tua indole all’ indole loro; fa come il polipo, che piglia il colore della pietra a cui sta aggrappato ; chè il saper mutare costume da un momento all’ altro, an­ che ciò è sapienza.

Sapienza n o , prudenza piuttosto: mi pare; o v e ­ ramente, è la bandiera de’ Girella e delle giubbe ri­ voltate. Del resto non differisce dall’aforismo di prima, e fa ricordare l’Ovidiano — Qui sa p it, in n u m e ris m o - ribus aptu s erit.

Chi si pensa che altri non sappia nulla, e di saper egli ogni cosa, costui ha perso il giudizio, ed è pazzo dichiarato : tanto sa altri quanto altri.

Lo scienziato perfetto non c ’ è al mondo. Il sapere umano, per quanto si voglia ricco e profondo, è sem ­ pre d ifettivo, e m ostra veram ente di averne poco, chi si gonfia e crede d’essere una cima. Gradazioni però ce ne son tante!

Abbi prudenza nel conversare ; e fa conto che ogni cosa ti. sia ignota, come se non vi fossi, e sappi reggere alle celie. Fuori sii forte : conosci l’ indole di ciascuno : co’ matti fa il matto ; co’ galantuomini fatti il più galantuomo

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A nche Dante d isse, N e lla ch iesa c o ’ sa n ti, e d in ta ­ vern a co' g h io tto n i. Il consiglio di serbar prudenza nelle conversazioni, di reggere alle celie, di far conto di non saper n u lla , è a ssa i opportuno p e’ gio v a n i, che facilm ente rompono lo scilinguagnolo e ne di­ cono delle m archiane. E neppure sta bene im bron- cire alle urbane celie o scorrucciarsi. ( V . Il Brindisi d e l G iu s ti) .

JNon c è nessuno sotto la cappa del sole che non abbia alcuna marachella. Io non posso conoscere quel che abbiano in capo i miei cit­ tadini, ai quali, faccia io bene o male, non piaccio in ver un modo.

Se noi sai tu, T eognide bello, chi vuoi che lo sappia, a tanti secoli di distanza? F o rse non eri nè un pa­ sticcio, nè vin d olce; sen za le quali c o s e , diceva il savio B ione è im possibile di piacere alla m oltitu­ dine. L a prima parte però della sentenza si capisce da tutti, e s ’ è visto anche più sopra; m a chi sa qual razza di tacch erella sarà stata quella di T e o g n id e, dacché ciascuno deve aver la sua?

(Per piccola cagione non ti metter nel caso di perdere un amico, prestando fede alla vile

calunniaChi s imbizzarrisce d’ ogni piccolo

dÀfettuzzo degli amici, è impossibile V essere

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