tren-ta smorfie di conto, cominciò a dire il fatto suo in questren-ta
manie-ra:
«Maestà ser(enissi)ma, resti per atto di gene- [28r] rosità servita
d’intendere che io son 50 anni compiti, che a punto venerdì mattina a
mezo giorno gli compii, ch’essercito questa nostra arte di puttanesmo;
sono stata un tempo in gran gala, in un altro in gran travaglio, che
ap-punto fu allora che, impazzita dietro a quel briccone del capitan
Zecca-doro, mi lasciai acchiappare a fargli una solennissima donazione di
tut-to il mio, con speranza d’aver Roma e tut-toma, e poi ci feci li guadagni di
monna Nera, che brugiò la vigna per far carbone. Basta, ora mi son
ri-dotta, come la puol vedere, ad inviar per la buona strada queste figliole,
acciò, addottrinate dall’esperienza mia, si possino tirar avanti al più che
sia possibile e che la necessità de’ tempi [28v] presenti comporti; e se
ben è vero che mangio sopra le spalle loro e ci vado facendo ancora
qual-che mercanziola, pure gli ho fatto ancor io delli servizii rilevanti e gli li
vado facendo, col trovargli avventori, con farli cascare a rumore e col
sapergli capare d’una condizione che gli sia proficua e di frutto, come
sono questi tedeschi e questi altri oltramontani; li quali, così
pollastrot-ti, se mi capitano per le mani non gli lascio scappare che non gli faccia
lasciar in casa le penne maestre. E in effetto lo può ben sapere la
m(ae-stà) v(ostra) dalli nipoti dell’elettor di Magonza, che in pochi mesi ci
hanno fatto una lassata in casa di Diana di più di 200 doble, senza tanti
e tanti altri, che insino ho procurato e fatto il possibile di farla diventar
gentildonna romana col farla sposare [29r] dal s(igno)r Erasmo de la
Valle, di che ancora non si è affatto perduta la speranza. Insomma
vo-glio dire che con tanti anni di negozio ho conquistata una prattica che
puol essermi sufficiente a farvi restar sodisfatte di dovermi credere
quel-le cose che son per dirvi in questa occasione; cioè che, essendo stata così
crudele e spietata la persecuzione patita in questo ponteficato contro di
noialtre poverelle che non si sono vergognati questi nipoti di papa
Ales-sandro di voler fare da Beccalongo, che faceva in un viaggio due
servi-zii, col mettere mille gabelle sopra la nostra mercanzia, per iscreditare
in questo modo la nostra professione e nello stesso tempo pigliarne il
guadagno ed empirsi la borsa con i nostri stenti e sudori. [29v] Si
do-vria perciò molto ben avvertire nell’avvenire, per non dar in peggio e
invece di migliorare che non deteriorassimo; e perciò avevo pensato
den-tro di me che il meglio di tutti sarà stato il cardinal Santa Susanna e
per questa ragione spedii un certo mio amico per le poste acciò arrivasse
«Maestà serenissima, resti per atto di generosità [servita]
d’intendere che sono 50 anni compiti (che appunto venerdì
pas-sato li finii) che essercito questa nostr’arte di puttanesimo; sono
stata gran tempo in gala
135e in altro tempo in gran travaglio, che
appunto fu allora che, impazzita dietro a quel briccone del
capi-tan Carlo Zeccadoro, mi lasciai avviluppare
136a fargli una
solen-nissima donazione di tutto il mio, con speranza di aver Roma e
toma,
137e poi vi feci li guadagni di monna Rossa, che abbrugiò la
vigna per far carbone. Basta, ora mi son ridotta, com’ [69] ella
può vedere, ad inviare per la buona strada queste figliuole, acciò,
addottrinate dall’esperienza mia, si possino tirare avanti al
me-glio che sia possibile e che la necessità dei tempi presenti
com-porti; e se bene è vero che mangio sopra le spalle loro e ci vado
facendo ancora qualche mercanzia, pur gli ho fatto ancor io delli
servizii rilevanti e glieli vado facendo, col trovargli avventori,
con farli cascare al rumore
138e col saperli tirare d’una
condizio-ne che gli sia profittevole e di frutto, come sono questi tedeschi e
questi altri oltramontani; li quali, così pollastroni, se mi capitano
per le mani non li lascio scappare che non gli faccia lasciare in
casa le penne maestre.
139E in effetto lo può ben sapere la maestà
vostra dalli [70] nepoti dell’elettore di Magonza, che in pochi
mesi hanno lasciato in casa di Diana Velletrana più di due mila
doble,
140senza tanti e tant’altri, che insino ho fatto il possibile di
farla diventar gentildonna romana col farla sposare dal signor
Erasmo della Valle,
141di che affatto non se n’è ancora perduta la
speranza. Insomma voglio dire che con tanti anni di negozio ho
incaminata una prattica che può essere sufficiente a farvi restar
sodisfatte di dovermi credere quelle cose che sono per dirvi in
questa occasione; cioè che, essendo stata così crudele e spietata la
persecuzione patita in questo pontificato contro di noialtre
pove-re pecopove-relle che non si sono vergognati quelli nepoti
d’Alessan-dro di voler far da Beccalun- [71] ga, che faceva in un viaggio
due servizii, con metter mille gabelle sopra la nostra
mercan-zia,
142per iscreditare in questo modo la nostra professione e
nel-l’istesso tempo pigliare il guadagno e impirsi la borsa con li
no-stri stenti e sudori. Si dovrà perciò molto bene avvertire
nell’av-dalla signora Cicia dello Struzzo, che stava a Frascati, e la obligasse al
Nel documento
IL PUTTANISMO ROMANO
(pagine 67-70)