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Giovanni Gallone

1. Sulla nozione giuridica di rischio e sul «rischio-corruzione»

Il «rischio» è cifra caratterizzante ogni attività umana organizzata 1.

Questa constatazione, immediata e intuitiva, si scontra con l’obiettiva diffi- coltà di inquadrare dogmaticamente il primo termine del problema.

Se, infatti, i concetti di attività, e in particolare di «attività amministrati- va», e di «organizzazione» sono stati, sin dagli albori della disciplina, ampiamen- te dibattuti, l’elaborazione dottrinaria ha scontato, fino a epoca recente, un certo ritardo nel fornire una costruzione giuridica unitaria di rischio 2.

Ciò non perché il concetto di «rischio» rappresenti un inedito sul panorama normativo, ma perché manca, almeno in campo amministrativo, una sua chiara definizione positiva.

1 La pervasività del rischio, la sua incalcolabilità e le intime correlazioni con il mondo del diritto sono

state esplorate da N. Luhmann, Soziologie des Risikos, Berlin, 1991, nella traduzione italiana Sociologia del

rischio, Milano, 1991. Le stesse organizzazioni umane si fondano sulla gestione del rischio in quanto sorgono

sulla mancanza di mezzi per assorbire l’incertezza, legittimando con ciò il proprio potere (sempre N. Luhmann,

Organizzazione e decisione, Milano, 2005, 178 e ss.).

Il rischio, ed in ispecie quello da incertezza scientifica, rappresenterebbe la cifra caratterizzante della società moderna anche nella visione di U. Beck, Risikogesellschaft. Auf dem Wegin eine undere Moderne, Frankfurt, 1986, nella traduzione italiana La società del rischio. Verso una nuova modernità, Roma, 2000. Secondo l’Autore il processo di modernizzazione avrebbe determinato il passaggio dalla società c.d. «classista» o di «scarsità», la cui sfida principale era quella della ridistribuzione della ricchezza a quella del «rischio» , preoccupata di assicurare l’ allocazione delle fonti di pericolo connesse alle attività di produzione. La dimensione essenzialmente «antropica» del rischio nella società moderna è evidenziata anche da A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Bologna, 1994, 112 e ss.

2 In campo amministrativo la prima elaborazione compiuta la si deve a A. Barone, Il diritto del rischio,

Nell’ambito del diritto comune, plurimi sono i riferimenti espliciti allo stes- so. Esso è, però, sempre preso in considerazione quale accadimento negativo il cui verificarsi è volontariamente assunto, nelle sue conseguenze, da una parte. Il rischio è, di volta in volta, o l’oggetto mediato di un contratto tipico (come in quello di assicurazione) o l’alea, giuridica o economica, legata alla causa concre- ta di un dato negozio 3. Ne deriva una nozione assai riduttiva, tutta incentrata sul

dato volontaristico, come tale difficilmente esportabile a contesti in un cui esso manca.

Il rischio, infatti, è fenomeno che assume rilievo giuridico in sé, in disparte dalla circostanza che vi sia stata o meno la sua assunzione volontaria.

E questa autonoma rilevanza la si apprezza in termini di possibili conse- guenze che lo stesso può sortire non solo sull’attività organizzata cui inerisce ma anche sui terzi che vi vengano in contatto 4.

Ne discende la necessità, oltre che l’opportunità, di un approccio multi- disciplinare, che attinga in primis al campo delle scienze sociali ed economiche.

Un utile ausilio è, oggi, rappresentato dalle norme UNI ISO 31000:2010 in tema di «Gestione del rischio – Principi e linee guida» adottate nel 2010 5.

Benché si tratti di norme tecniche, sprovviste di autonoma forza cogente 6,

esse rappresentano, allo stato, la base condivisa e universalmente riconosciuta del c.d. risk management. Il loro valore operativo è, peraltro, stato confermato dal-

3 Il termine compare a più riprese già nel Codice civile del 1942 con riguardo istituti differenti quali la

mora (con il fenomeno della perpetuatio obligationis ex art. 1221 c.c.) ed il contratto tipico di assicurazione (di cui costituisce secondo taluni l’oggetto mediato, secondo altri autentico profilo causale). Il rischio, tuttavia, è tradizionalmente identificato con la c.d. alea del contratto (artt. 1467 comma II e 1469 c.c.). Sul punto il rinvio è a G. Alpa, Rischio contrattuale (Diritto vigente), in Enc. Dir., XI, Milano, 1999 e R. Niccolò, Alea, in Enc. Dir., I, Milano, 1958, G. Di Giandomenico e D. Riccio I contratti speciali -I contratti aleatori, Torino, 2005. Con- cetto non perfettamente sovrapponibile è quello di «pericolo», pure preso in considerazione dal diritto comune sul piano della responsabilità da fatto illecito (il riferimento è all’art. 2050 c.c.).

4 Nel linguaggio economico le c.d. «esternalità». Con esse ci si riferisce agli effetti che l’attività di un’u-

nità economica esercita, al di fuori delle transazioni di mercato, sulla produzione o sul benessere di altre unità (riflessi in campo sociale, ambientale etc.). Per una analisi dell’argomento il rinvio d’obbligo è al padre dell’e- conomia del benessere K.J. Arrow, Social Choice and Individual Values, Yale University Press, 1951. Sui «cos-

ti sociali» delle attività organizzate R.H. Coase, The problem of the social cost, in The Journal of law and econom- ics, III, 1960.

5 L’acronimo UNI come noto sta ad indicare l’Ente nazionale italiano di unificazione, associazione pri-

vata senza scopo di lucro che svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario. Detto ente rappresenta l’Italia nel corso dei lavori degli organismi internazionali di normazione ISO e CEN.

6 La categoria delle «norme tecniche» appartiene al variegato e composito mondo della c.d. soft law (sul

fenomeno si vedano gli studi di A. Pizzorusso, La produzione normativa in tempi globalizzazione, Torino, 2008 ed , in senso critico R. Bin, Soft law, no law, in A. Somma (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmo-

derne, Torino, 2009). Con detta espressione si è soliti indicare documenti il cui compito è quello di definire,

secondo lo stato della miglior arte e tecnologia, le caratteristiche (dimensionali, materiali o prestazionali) di un dato prodotto, processo o servizio. Esse trovano base consensuale e sono il frutto dell’elaborazione e dell’aggior- namento continuo portato avanti da rappresentanti delle categorie economiche e sociali interessate con criteri di trasparenza e sotto il patrocinio di enti appositamente costituiti (per una disamina approfondita di genesi e caratteristiche delle norme tecniche il rinvio è a A. Zei, Tecnica e diritto tra pubblico e privato, Milano, 2008).

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la scelta da parte di A.N.A.C. di porle alla base della propria pianificazione anti- corruzione 7.

Ma il più valido contributo che le norme UNI ISO 31000:2010 sono in grado di offrire al giurista che si approcci al problema del rischio di organizza- zione è in termini di prospettiva. Il concetto di «rischio» che si affaccia in esse, oltre a presentare portata generale, appare emancipato dalle coordinate tradizio- nali e risente, in positivo, dell’influsso del sapere tecnico. Esso viene definito, in maniera neutra, come l’«effetto dell’incertezza sugli obiettivi» 8. Una definizione,

questa, che permette di apprezzarne la naturale ambivalenza: esso si risolve nello scostamento (che potrà essere in negativo o in positivo) da un risultato atteso 9. Il

rischio può, dunque, essere inteso anche come «opportunità», con la conseguenza che la sua gestione diviene frangente essenziale per l’ottimizzazione del risultato. La diretta correlazione con gli obiettivi che la struttura si pone lascia, poi, intendere che il rischio vada apprezzato, anzitutto, nella dimensione organizzati- va. L’organizzazione altro non è, infatti, che il processo di selezione e strutturazio- ne dei mezzi con i quali si punta alla realizzazione degli obiettivi 10.

La rilevanza del momento organizzativo è ancor più evidente se guarda alla species del «rischio – corruzione» 11.

è, questa, forma di rischio propria dell’attività amministrativa che si ali- menta delle incertezze insite in essa. In tal senso la corruzione è, in maniera del tutto peculiare, fattore di rischio endogeno alla struttura organizzativa. Sicché, a differenza di quanto non accada per i consueti rischi «da incertezza scientifica», l’attività amministrativa deve, anzitutto, riflettere su se stessa correggendo dall’in-

Sul fenomeno della normalizzazione il rinvio è a E. Chiti, La normalizzazione, in S. Cassese (a cura di), Tratta-

to di diritto amministrativo, parte speciale, IV, Milano, 2003, 4003.

7 Vi è da chiedersi se le norme tecniche abbiano assunto, quindi, valore cogente indiretto in forza di

detto rinvio in maniera analoga a quanto già da tempo accade nel diritto dell’Unione europea, ricco di richia- mi ricettizi a detti documenti.

8 Ben più riduttiva appariva l’accezione tradizionale di rischio, visto come semplice «combinazione del-

la probabilità e della conseguenza del verificarsi di uno specifico evento pericoloso» propugnata da altre norme tecniche più risalenti (quale l’OHSAS 18001:1999 Occupational Health and Safety Assessment Series, emanata dalla B.S.I. - British Standard Institution, in tema di sicurezza sul lavoro).

9 è la distinzione, ampiamente impiegata in campo economico, tra downside risk e upside risk. 10 In economia l’organizzazione è, dopo la pianificazione (intesa quale determinazione degli obiettivi),

la seconda principale funzione di gestione (sui rapporti tra organizzazione economica ed efficienza P. Milgrom, J. Roberts, Economia, organizzazione e management, vol. I, Bologna, 2005).

11 Con riguardo ai caratteri di questa specifica tipologia di rischio si veda A. Barone, Governo del terri-

torio e sicurezza sostenibile, Bari, 2013, 65 e ss. L’analisi dei rapporti tra fenomeni corruttivi e funzione ammi-

nistrativa è al centro di numerosi studi. Tra questi F. Merloni, L. Vandelli, La corruzione amministrativa. Cau-

se, prevenzioni e rimedi, Firenze, 2010; B.G. Mattarella, La prevenzione della corruzione in Italia, in Giorn. Dir. Amm., 2013, 213 e ss. Sugli interventi legislativi di contrasto alla corruzione si vedano C.E. Gallo, Legge anti- corruzione e funzione amministrativa, in Giustamm.it, 2013, e G. Piperata Contrattazione pubblica e lotta alla corruzione. Uno sguardo alle recenti riforme amministrative italiane, in www.federalismi.it, F. Cingari, Corruzio- ne: strategie di contrasto, Firenze, 2013.

terno le proprie storture organizzative 12. Una amministrazione «autoriflessiva»

potrebbe dirsi, parafrasando la fortunata espressione coniata con riguardo alla gestione dei rischi «da incertezza scientifica» 13.

La natura interna di questa species di rischio si riflette sulla nozione stessa di «corruzione».

Troppo asfittiche paiono le corrispondenti categorie penalistiche, sempre strette dalle ragioni della tassatività e determinatezza 14. Il rischio corruttivo è con-

tenitore ben più ampio in cui va a confluire ogni fenomeno di asservimento del- la funzione amministrativa all’interesse privato. Ciò in quanto il concreto atteg- giarsi della condotta, centrale nella prospettiva della repressione, risulta, nell’ot- tica del diritto amministrativo della prevenzione della corruzione, fattore secon- dario. La natura «corruttiva» del fenomeno è, in questi campi, legata all’impat- to che lo stesso è destinato ad avere sul piano organizzativo in termini di devia- zione dal perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’amministrazione. Sicché è «corruzione» secondo i dettami del risk management ogni condotta, anche non rispondente allo schema dello scambio di utilità tipizzato dal legislatore pena- le, che, anteponendo ragioni private, comprometta la realizzazione dell’interes- se pubblico affidato in cura all’amministrazione 15. A rilevare è, in altri termini,

più che il fatto in sé, il suo risvolto in chiave di risultati, sulla resa della macchi- na amministrativa.

Chiare sono le implicazioni di questo cambio di prospettiva.

12 Non può dirsi che nella gestione del rischio da «incertezza scientifica», specie in campo ambienta-

le, non assuma rilevanza il momento organizzativo (così A. Gossement, Le principe de prècaution: essai sur l’in-

cidence de l’incertude scientifique sur la dècision et la responsabilitè publique, Paris, 2003) . L’esigenza di fronteg-

giarlo, nella duplice ottica della prevenzione e della precauzione, condiziona inevitabilmente l’assetto dell’Am- ministrazione, contribuendo a ridefinire i rapporti procedimentali e a trasformarli in «multipolari» (così nel modello della c.d. co-amministrazione). Tuttavia, se questa dimensione è profilo comune ad ambedue le tipo- logie, solo nel caso della corruzione l’organizzazione, prima che rimedio è fonte stessa del rischio (sul punto

amplius sub § 3).

13 A. Barone, Il diritto del rischio, cit., 155 e ss. Il referente sociologico della costruzione è rappresenta-

to da U. Beck, Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica nell’ordine sociale della modernità, Trie- ste, 1994, 12 e ss.

14 Il riferimento non può che essere agli art. 318 e ss. del c.p. come da ultimo modificati dalla legge 6

novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione) pubblicata in G.U. n. 265 del 13 novembre 2012. Le fattispecie corruttive, in tut- te le possibili declinazioni tipizzate (la corruzione per la funzione, quella propria, quella antecedente, l’indebita promessa o dazione di denaro o altra utilità) vedono il loro comune denominatore più che nel mercimonio del- la funzione pubblica in sé considerato (pure presente in altre fattispecie quali l’abuso di ufficio ex art. 323 c.p.) nell’esistenza di un pactum sceleris tra parte pubblica e privata, retto da logiche di corrispettività.

15 Il catalogo è talmente ampio da inglobare praticamente tutte le ipotesi di delitto contro la pubblica

amministrazione, a partire dal peculato (art. 314 c.p.) per giungere alla concussione (art. 317 c.p.) passando per la turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.).

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Anzitutto la «corruzione» è vista come «costo» a carico della collettività, quantificabile economicamente 16.

Questa visione del fenomeno sembra, peraltro, aver animato i più recenti interventi del legislatore italiano sul fronte anticorruzione. La lotta al fenomeno è stata ispirata, più che da un rinnovato slancio etico, dall’esigenza di garantire l’at- trattività del sistema – Italia sul piano internazionale. La legislazione anticorru- zione è divenuta, anzitutto, fattore di competizione tra gli ordinamenti, terreno privilegiato di realizzazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost. 17

Torna, così, l’endiadi «rischio-opportunità», di cui si diceva in precedenza, a suggerire un modello in cui la gestione del rischio – corruzione va a saldarsi con la valutazione della performance 18. L’equazione che ne esce è la seguente: un’am-

ministrazione in grado di contenere i fenomeni corruttivi è un’amministrazione efficiente; e, specularmente, un’amministrazione efficiente si mostra meno per- meabile alla corruttela.

Del resto l’efficienza viaggia di pari passo con la riduzione dei margini di incertezza che connotano l’azione amministrativa. Ed il rischio, come visto in apertura, altro non è che «incertezza», con ciò intendendosi l’assenza o, comun- que, carenza di informazioni che consentono la comprensione di un dato evento. Incertezza che nel caso della corruzione, ancora una volta, si atteggia in maniera assolutamente peculiare.

Nei rischi «da incertezza scientifica» l’assenza o carenza di informazioni discende dal carattere inedito dell’evento il quale, non essendosi mai verificato, non consente di formulare giudizi prognostici attendibili in ordine alla probabili-

16 Ormai da tempo si evidenzia tra gli economisti lo stretto rapporto esistente tra debito pubblico e cor-

ruzione (A. Del Monte, E. Papagni, Public expenditure, corruption and economic growth, European Journal of

Political Economy, 2001, 23, 379-396, P. Mauro, Corruption and composition of government expenditure, Journal of Public Economics, 1998, 69, 263-279). Per una analisi economica N. Fiorino e E. Galli, La corruzione in Ita- lia. Un’analisi economica, Bologna, 2013.

17 L’indice più accreditato appare allo stato quello elaborato annualmente da Transparency Internatio-

nal (TI), organizzazione internazionale non governativa impegnata nello studio e nel contrasto a livello globa-

le dei fenomeni corruttivi. L'Indice di corruzione - Corruption Perceptions Index (CPI) – si presenta come una graduatoria dei paesi del mondo ordinata sulla base «dei loro livelli di corruzione percepita, come determina- ti da valutazioni di esperti e da sondaggi d'opinione». Il suo successo è testimoniato dalla circostanza che detto indice statistico è stato posto a base di numerosi documenti tra cui, l’EU Anti Corruption report del 3 febbraio 2014 a firma della Commissione europea, il report Curbing Corruption - Investing in Growth – licenziato ad esi- to dei lavori dell’O.E.C.D. Integrity Forum del 26 febbraio 2015 ed il Doing Business 2016: Measuring Regula-

tory Quality and Efficiency della World Bank, 2016.

18 Il c.d. «ciclo della performance» introdotto con il Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, Attua-

zione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di effi- cienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni pubblicato in G.U. n.254 del 31 ottobre 2009 - Suppl.

Ordinario n. 197. Per un commento della riforma si rinvia a R. Perez, Il «Piano Brunetta» e la riforma della pub-

blica amministrazione, Bologna, 2010, per una analisi del ciclo di gestione della performance M.G. Cosentino, Il ciclo di gestione della performance, in M. Tiraboschi, F. Verbaro (a cura di), La nuova riforma del lavoro pub- blico, Milano, 2010.

tà ed entità di conseguenze infauste. A essa si accompagnano i fenomeni di natu- rale obsolescenza tecnica e l’impossibilità di predire lo sviluppo delle conoscenze scientifiche 19. Si può, dunque, parlare, per queste ipotesi di rischio da «ignoto» 20.

Ben diverso è per la corruzione. Essa è rischio endogeno legato all’organiz- zazione interna dell’amministrazione. Quindi, almeno in linea teorica, gli opera- tori dovrebbero essere in possesso di tutti i dati necessari alla sua gestione. Senon- ché l’incertezza non è da riferire all’assetto organizzativo in senso formale (frutto di una specifica scelta e conoscibile ex ante) quanto, piuttosto, al concreto fun- zionamento della macchina amministrativa. L’incertezza investe, quindi, l’effet- tivo quomodo della gestione dei processi decisionali, attenendo ai piani dell’etica (la c.d. «incertezza etica») e delle relazioni soggettive (quali l’esistenza di conflit- ti di interesse).

L’incertezza in cui si sostanzia il rischio-corruzione risiede tutta, dunque, nello scarto tra essere e dover essere dell’amministrazione 21.

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