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SULLA TERMINOLOGIA SCIENTIFICA

4. ALCUNI ASPETTI LINGUISTICI

4.2 SULLA TERMINOLOGIA SCIENTIFICA

Un elemento che invece collega direttamente Poe e Pascoli, senza che ci siano altre esperienze poe-tiche, è una minima rispondenza di lessico scientifico; sicuramente minima - sono due versi - ma si ritiene che abbia comunque una certa importanza nel definire i rapporti tra i due poeti e a dare un'altra prova della profonda influenza di Poe.

Si rende necessaria dunque una breve disamina della situazione linguistica della poesia italiana nel-la seconda metà dell'Ottocento, per inquadrare più chiaramente nel-la particonel-larità pascoliana; ci si ba-serà essenzialmente sul lavoro di Sergio Bozzola91 sulla crisi della lingua poetica e sul saggio La poesia moderna di Andrea Afribo e Arnaldo Soldani92.

Partendo da un dato generale, è noto come nel'Ottocento italiano sia in atto la creazione di un voca-bolario poetico nuovo, fatto di abbassamenti prosastici e di termini speciali - un rinnovamento che si potrà dire pienamente compiuto ai primi del Novecento. Questa tendenza al termine prosastico è visibile nella Scapigliatura, prendendo ad esempio Tavolozza di Emilio Praga, che usa termini co-muni come arrotini, ciabattini, mandriani, mozzi, droghieri, operai; e poi ancora cappellini, so-prabiti, berretto, corsetto, camicietta, gioielli, sottane; aglio, cipolle, patate, polli, vino, bicchieri,

91. Sergio Bozzola, La crisi della lingua poetica tradizionale, in Storia dell'italiano scritto, vol. I, a cura di Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Lorenzo Tomasin, Roma, Carocci, 2014.

botti, casseruole, ecc.; passando alle voci tecniche e settoriali, gli Scapigliati ne prendono in prestito da vari ambiti: dall'architettura e dalla scultura (auglie, archiere, torso, propilei) dal tecnicismo en-tomologico (melopea, smerinto, caleide) e botanico (elianto, elitropio, erioforo). In Emilio Praga è presente anche il linguaggio della scienza, della medicina (fosforo, microscopio, autopsia, feto) e della finanza (cedole, buoni del tesoro); e bisognerà ricordare anche Carducci, non solo quello giambico ma anche quello più propriamente lirico: si trovano in Intermezzo parole come strozzerei, sgimbescio, maiale, cesso, ortolano, asino, merluzzo, ecc.

Guardando più propriamente Pascoli, il suo utilizzo di lessico tecnico o speciale - il linguaggio post-grammaticale93 - varia dall'uso del tecnicismo, anche scientifico, alla nomenclatura popolare e dia-lettale: prendendo ad esempio gli zoonimi, si trovano tacchina, gallina, ghiandaia, cuculo, piviere, zanzare, ditteri, cavallette, libellule; tra i fitonimi, basilico, granturco, lupinella, mortella, fiorda-lisi, tasso barbasso, vilucchio, cardo, biancospino, dittamo, ornelli; questi esempi sono tratti da Myricae; nelle opere successive il linguaggio si settorializza in sottocategorie: il dialetto contadino si registra soprattutto nei Poemetti e nei Canti di Castelvecchio; qualche breve esempio in accallato "socchiuso", bàccola " mirtillo", grispollo "parte del grappolo", sciàmina "erba cattiva"; i Carmina e i Poemi Conviviali vanno invece nella direzione della vivificazione delle lingue antiche, i primi direttamente con l'uso del latino, gli altri con un italiano di forte impronta grecizzante.

Fatta questa premessa, la particolarità pascoliana su cui si vuole attirare l'attenzione riguarda per l'appunto questo vocabolario speciale: si è visto come Pascoli usi termini scientifici, ma questi ter-mini sono sempre appartenenti alla sfera della natura (fitonimi e zoonimi); in altre parole, manche-rebbe in Pascoli un lessico per certi versi vicino a quello di Emilio Praga, che utilizza, come si è ap-pena ricordato, la terminologia più prosastica della medicina, della chimica (feto e microscopio); in-fatti si può ricordare tutt'al più la coppia silice e quarzo, nella prima strofa di Contrasto, nelle Myri-cae quando, in relazione al mestiere di poeta, descrive l'attività del vasaio:

I

Io prendo un po' di silice e di quarzo: lo fondo; aspiro e soffio poi di lena: ve' la fiala, come un dì di marzo, azzurra e grigia, torbida e serena! Un cielo io faccio con un po' di rena e un po' di fiato. Ammira: io son l'artista.

e nella strofa successiva sono elencate pietre prezione - rubino, topazio, ametista - non certo rare in poesia, ma uniche in Pascoli. Il caso particolare che si vuole mettere in evidenza è un uso della pa-rola a metà tra lo scientifico e il poetico, volto a indicare fenomeni naturali o paesaggi e che si di-versifica molto dalla restante contemporaneità poetica, e di cui si vorrebbe indicare il precedente in Poe.

Le poesie dove compare questa caratteristica, evidenziata con una sottolineatura, sono due: l'una nelle Myricae, Miracolo, tra l'altro appartenente, come Contrasto, alla sezione Le gioie del poeta; l'altra è La buona novella, nei Poemi Conviviali.

Miracolo:

Vedeste, al tocco suo, morte pupille! Vedeste in cielo bianchi lastricati con macchie azzurre tra le lastre rare; bianche le fratte, bianchi erano i prati, queto fumava un bianco casolare, sfogliava il mandorlo ali di farfalle. Vedeste l'erba lucido tappeto, e sulle pietre il musco smeraldino; tremava il verde ciuffo del canneto, sbocciava la ninfea nell'acquitrino, tra le rane verdi e verdi raganelle. Vedeste azzurro scendere il ruscello fuori dai monti, fuori dalle foreste, e quelle creste , aereo castello, tagliare in cielo un lembo più celeste: era colore di viola il colle.

Vedeste in mezzo a nuvole di cloro rossa raggiar la fuga dei palazzi lungo la ripa e il tramonto d'oro

dalle vetrate vaporare a sprazzi, a larghi fasci, a tremule scintille. Dormono i corvi dentro i lecci oscuri, qualche fiaccola va pei cimiteri; dentro i palazzi, dentro gli abituri, al buio, accanto ai grandi letti neri, dormono nere e piccole le culle.

È una poesia in cui si fondono felicemente terminologia e immagini tanto naturalistiche, da im-pressionismo, quanto prosastiche: i bianchi lastricati con le lastre rare per riferirsi al cielo azzurro con le nuvole bianche; il tappeto, i palazzi, le vetrate e infine i cimiteri di contro agli elementi na-turali, del mandorlo i cui petali sembrano ali di farfalle, il canneto, le foreste; e, verso la fine, la no-tazione a metà tra il prosastico della chimica - il cloro, di colore giallo-verde - e il naturalismo delle nuvole.

La stessa cosa accade ne La buona novella, di cui si riporta solo la strofa interessata, nella seconda sezione:

Dio! che la nostra vita cader d'alto fai, come pietra, dalla tua gran fionda... la pietra cade sopra il Mar d'asfalto.

Con «Mar d'asfalto» si intende il Mar Morto dove, data l'elevata salinità, gli oggetti galleggiano molto di più che negli altri mari. Tanto «nuvole di cloro» quanto «Mar d'asfalto» sono modalità d'uso della terminologia scientifica che non hanno precedenti nei contemporanei a Pascoli: è tutta pascoliana, infatti, questa convivenza del termine scientifico con il termine naturale generico volta a introdurre una modalità di descrizione paesaggistica tanto originale quanto precisa.

Si diceva del rapporto con Poe nei confronti di questo uso particolare della terminologia: infatti in For Annie compare il sintagma naphtaline river, a indicare la figura di un fiume di fiamme ma usan-do un termine scientifico: non tanto un fiume di fiamme, quindi, bensì un fiume di un moderno e ar-tificiale materiale infiammabile (la sottolineatura è di chi scrive):

That torture the worst Has abated—the terrible Torture of thirst

For the naphthaline river Of Passion accurst:— I have drank of a water That quenches all thirst:—

Dal momento che non è una modalità espressiva ritrovabile, come si è visto, nella contemporaneità pascoliana, pare inevitabile concludere che l'inventore di questa modalità espressiva sia stato Poe, e che sempre questi sia stato il tramite diretto per il riuso pascoliano, anche perché, come si è visto nel capitolo precedente dedicato ai riusi di Poe, Pascoli conosceva benissimo questa poesia.