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4. SPERIMENTAZIONE IN CANTIERE

4.3. Inquadramento territoriale ed ambientale

4.3.3. Suolo, sottosuolo ed acque sotterranee

La presente caratterizzazione ha la finalità di descrivere la componente ambientale suolo e sottosuolo dell’area interessata dalla realizzazione del Comparto area Ex ASAM.

In particolare, dopo un primo inquadramento di geologia del territorio di riferimento inerente la provincia di Bologna, sono forniti elementi di geologia della zona. Tali elementi riguardano l’assetto litostratigrafico, i lineamenti geomorfologici, lo schema idrogeologico e la caratterizzazione pedologica dell’area di studio.

Lo studio esamina in oltre la situazione delle risorse non rinnovabili connesse alla componente suolo-sottosuolo come le acque sotterranee.

4.3.3.1 Inquadramento del sito

Storia geologica

La caratterizzazione e la modellazione geologica del sito consiste nella ricostruzione dei caratteri litologici, stratigrafici, strutturali, idrogeologici, geomorfologici e, più in generale, di pericolosità geologica del territorio.

La formazione della Pianura Padana (al cui interno si trova il sito oggetto del presente studio) ha inizio subito dopo il processo orogenetico che ha determinato la formazione litogenetica degli Appennini. La rotazione del blocco sardo-corso, che ha portato alla collocazione attuale le regioni della Corsica e della Sardegna precedentemente attaccate al margine meridionale della Francia, ha determinato la formazione dei rilievi appenninici mediante un regime tettonico compressivo.

La Pianura Padana rappresenta l’avampaese di tale catena montuosa, dove, a seguito del sollevamento e dell’emersione di sedimenti più antichi ha avuto inizio l’azione erosiva e di trasporto da parte delle acque superficiali con la formazione di terrazzi fluviali, dei conoidi e delle alluvioni di pianura.

Geolitologia

Il territorio dell’area vasta di riferimento del presente studio si trova nel comune di Bologna e precisamente a nord/est dello stesso, al confine col comune di Castenaso. Per lo studio dell’area vasta si sono prese in considerazione la litologia e la geologia di un contorno del sito di interesse, avente un raggio di circa 10 km.

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Tale area risulta quasi interamente occupata dai depositi alluvionali di pianura, che si possono ulteriormente suddividere in conoidi e terrazzi alluvionali e depositi della pianura alluvionale.

Solamente a sud del sito (a circa 8-9 km) si rinvengono alcune unità litologiche dell’Appennino Emiliano Romagnolo.

Geologicamente l’area ricade quindi in un ambiente distale del conoide del Savena caratterizzato dalla prevalenza di sabbie e limi variabilmente sabbiosi con intercalazioni argillose e più raramente ghiaiose in lenti di spessore relativamente contenuto.

Di seguito si riporta l’elenco delle formazioni geologiche dell’area, con riferimento all’estratto di carta Geologica di Pianura (Regione Emilia Romagna):

DEPOSITI ALLUVIONALI (Pleistocene Olocene)

Conoidi e terrazzi alluvionali

1. ghiaie e sabbie in corpi canalizzati e lenticolari amalgamati, intercalate a sabbie e sabbie limose in strati di spessore decimetrico (depositi di conoide e di terrazzo); 2. sabbie, limi sabbiosi e limi, in strati di spessore decimetrico, ghiaie sabbiose e

sabbie in corpi canalizzati e lenticolari (depositi di conoide e di terrazzo);

3. limi e limi sabbiosi, in strati di spessore decimetrico, subordinatamente ghiaie e ghiaie sabbiose in corpi canalizzati e lenticolari (depositi di conoide e di terrazzo);

4. ghiaie, sabbie, limi e limi argillosi (depositi alluvionali indifferenziati).

Piana alluvionale

5. sabbie medie e fini in strati di spessore decimetrico passanti lateralmente ed intercalate a sabbie fini e finissime limose, subordinatamente limi argillosi; localmente sabbie medie e grossolane in corpi lenticolari nastriformi (depositi di canale e argine prossimale);

6. limi sabbiosi, sabbie fini e finissime, argille limose e subordinatamente sabbie limoso argillose intercalate in strati di spessore decimetrico ( depositi di argine distale);

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7. sabbie medie e fini, limi e argille intercalati in strati di spessore decimetrico, localmente sabbie medie e grossolane in corpi lenticolari nastriformi (depositi di canale e argine indifferenziati);

8. limi argillosi e limi sabbiosi, subordinatamente sabbie fini e finissime in strati di spessore decimetrico, localmente sabbie in corpi lenticolari e nastriformi (depositi di canale e argine indifferenziati);

9. argille limose, argille e limi argillosi laminati, localmente concentrazioni di materiali organici parzialmente decomposti (area interfluviale e depositi di palude);

10. sabbie medie e grossolane subordinatamente ghiaie e ghiaie sabbiose, limi e limi sabbiosi in strati di spessore decimetrico (depositi di piana a meandri).

UNITÀ LITOLOGICHE DELL’APPENNINO (Eocene medio Pleistocene inferiore)

11. sabbie gialle o del Millaziano. Sono state depositate in ambienti di mare basso. Queste sabbie si presentano scarsamente cementate e miste a volte ad argilla e a rari corpi ghiaiosi, per cui i fenomeni erosivi sono abbastanza sviluppati;

12. formazione Gessoso-solfifera o vena del gesso, che ha nel gesso (solfato di calcio) il suo componente principale e più noto. Il gesso che si presenta in banchi alternati a straterelli di marne e di calcari ha origini evaporitiche (deriva, cioè, da precipitazioni di Sali da una soluzione acquosa per raggiunta sovra saturazione). Si forma in bacini marini con scarsa circolazione e bassa profondità ed in presenza di forte evaporazione;

13. formazione della Marnoso-arenacea, la quale è costituita da depositi di origine sedimentaria marina di notevole spessore (alcune migliaia dimetri), dato dall’alternanza di potenti bancate arenacee con altre, in genere più sottili, marnose o argillose.

Geomorfologia e stabilità dei versanti

Come descritto nel paragrafo riguardante la geolitologia, la pianura occupa la maggior parte dell’area indagata. Essa si mostra come un’estesa superficie orizzontale con una debolissima inclinazione verso nord/est (zona del litorale adriatico) e, naturalmente, non sono presenti fenomeni di instabilità.

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I principali corsi d’acqua sono il fiume Reno ad ovest del sito ed il torrente Idice ad est. Per quanto riguarda la propensione al dissesto idrogeologico la zonizzazione del territorio contenuta nei Piani Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Reno non comprende il sito in esame fra le aree a rischio di frane né fra quelle a rischio di esondazione.

Idrogeologia

Nel sottosuolo della Pianura e sul Margine Appenninico Padano sono presenti tre Acquiferi, separati da barriere di permeabilità di estensione regionale, denominati informalmente A, B e C a partire dal piano campagna.

Il Gruppo Acquifero A è attualmente sfruttato in modo intensivo, il Gruppo Acquifero B è sfruttato solo localmente ed il Gruppo C, isolato rispetto la superficie per gran parte della sua estensione, è raramente sfruttato.

Nel caso in esame si focalizza principalmente l’attenzione sul Gruppo Acquifero A essendo il più soggetto a prelievi e a contaminazioni esterne, la cui definizione fa riferimento alla carta “Riserve Idriche Sotterranee della Regione Emilia-Romagna”. La profondità dello strato basale di tale acquifero varia secondo una direttrice sud/ovest-nord/est passando da valori compresi tra 0 e -50 m s.l.m. nelle immediate vicinanze dell’area pedeappenninica (occupata dalle zone dei conoidi e dei terrazzi) a valori compresi tra 250 e -300 m s.l.m. nella zona centrale di pianura.

Dal punto di vista di tutela idrogeologica l’area Ex ASAM non ricade in zona soggetta a tutela, (estratto dal Piano Tutela delle acque, 2005 ed estratto del PTCP), l’area oggetto di interesse non ricade infatti nella zona dei terrazzi e delle conoidi ad alta o elevata vulnerabilità dell’acquifero.

Subsidenza

La subsidenza è un fenomeno che va inteso come movimento della superficie del terreno che interessi aree relativamente estese, con direzione prevalentemente verticale (Viggiani, 1978). Si tratta di un movimento, generalmente lento, graduale e costante che può avere origini sia di tipo naturale sia antropico ma che, sempre più spesso, viene attivato o accelerato dalla compartecipazione delle due cause.

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La subsidenza derivante da cause naturali si presenta generalmente con ritmi graduali e tempi piuttosto lenti e a tale proposito sono stati stimati valori di abbassamento dell’area bolognese compresi tra i 0,2 e 0,4 cm. Quella attivata invece da azioni antropiche si presenta con velocità di abbassamento elevate ed elementi di imprevedibilità circa gli sviluppi e gli effetti. Spessissimo il fenomeno risulta indotto dalla azione integrata delle cause naturali e quelle antropiche ed in tal caso assume la connotazione del rischio ambientale e come tale occorre che venga valutato in relazione alla vulnerabilità territoriale.

La Pianura Padana è da sempre soggetta ad un fenomeno di subsidenza naturale Nel caso della pianura bolognese il fenomeno della subsidenza si presenta come effetto di cause naturali e antropiche, con una prevalenza nettissima delle seconde sulle prime, e riconducibili negli elevati emungimenti fluidi dal sottosuolo che determinano un bilancio idrico negativo degli acquiferi dell’alta pianura bolognese. Importante comunque anche il fenomeno dovuto a cause tettoniche e di costipamento dei terreni, che si presenta con velocità variabile a seconda delle zone e stimabile nell’intorno di alcuni mm/anno.

A partire dagli anni ’50, in seguito a cause antropiche, come l’eccessivo prelievo idrico dalle falde sotterranee ed in parte anche l’estrazione di gas, questo fenomeno è notevolmente incrementato con valori dell’abbassamento di picco di qualche cm/anno.

Per affrontare questa notevole criticità ambientale la regione Emilia Romagna negli ultimi decenni ha adottato politiche volte alla limitazione degli emungimenti idrici da falde profonde, incentivando infrastrutture acquedottistiche di uso industriale nelle zone dei grandi centri abitati e sistemi di approvvigionamento alternativi per gli usi irrigui in agricoltura (in particolare la realizzazione del Canale Emiliano Romagnolo che, derivando l’acqua dal fiume Po, ha consentito di ridurre i prelievi agricoli nella parte mediana della pianura tra Bologna e la Romagna, invertendo la tendenza dei livelli di falda).

Tali interventi si sono rivelati nel tempo piuttosto efficaci determinando una notevole riduzione della velocità di abbassamento nella maggior parte dei territori colpiti da questo fenomeno.

A tale riduzione generalizzata fa eccezione l’area indagata (area a nord/est di Bologna) in cui l’aumento degli emungimenti, causato dall’apertura di nuovi pozzi, ha determinato un ulteriore abbassamento dei livelli di falda.

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Sismica e tettonica

Il territorio dei comuni di Bologna e Castenaso secondo la zonizzazione sismica introdotta dall’ordinanza del Consiglio dei Ministri n°3274/’03 e successivo Decreto Ministeriale 14/01/’08 rientra in zona classificata 3 (scuotimenti modesti), pertanto la progettazione delle strutture e degli edifici deve tenere conto degli opportuni coefficienti sismici.

L’attività sismica del territorio provinciale risulta connessa alla più estesa attività orogenetica appenninica e definita nell’ambito di specifiche zone sismo genetiche nelle quali gli eventi possono ritenersi circoscritti o definiti in relazione all’assetto tettonico del territorio. 4 - Inquadramento territoriale ed ambientale.

L’attività sismica del territorio provinciale risulta connessa alla più estesa attività orogenetica appenninica e definita nell’ambito di specifiche zone sismo genetiche nelle quali gli eventi possono ritenersi circoscritti o definiti in relazione all’assetto tettonico del territorio.

I lineamenti sismo tettonici presenti nel territorio bolognese sono rappresentati da: Sinclinale intrappenninica (direzione Nord/ Ovest-Sud/ Est);

Anticlinale di Monte Capra – S. Luca - Monte Calvo (separazione tra la sinclinale intrappenninica e la depressione padana);

Sistema di Sinclinali e Anticlinali di Pianura (direzione Nord-Nord/Est e direzione Est-Nord/Est).

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Recenti studi hanno messo in luce il legame sismogenetico tra la Pianura Padana ed il fonte della Catena Appenninica. La struttura tettonica dell’Appennino prosegue sepolta al di sotto dei sedimenti che formano la pianura alluvionale, per circa 40 km fino a nord di Ferrara ed è costituita da un sistema di grandi faglie inverse (accavallamenti) con superfici di sovrascorrimento a basso angolo (circa 30°), immerse verso sud-sud/ovest e con trasporto verso nord-nord/est. Questi sovrascorrimenti hanno determinato un sistema a grandi pieghe superficiali che si sono sviluppate durante le traslazioni degli elementi appenninici.

L’attività tettonica più intensa e prolungata nel tempo si è sviluppata lungo la fascia pedeappenninica più interna, mentre i fronti settentrionali più esterni risultano in prevalenza disattivi dalla fine del Pliocene inferiore a al massimo dal Pliocene medio

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