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Sussidiarietà: esigenze di riforma e primi riconoscimenti legislativi del principio.

Nel periodo successivo all’adozione della Costituzione si guardava con diffidenza, non solo all’affermazione del principio di sussidiarietà ma anche a tutto quel complesso di disposizioni costituzionali e legislative che avrebbero potuto comportare maggiori poteri a livello regionale e locale.

La limitazione dell’autonomia legislativa regionale veniva giustificata, dal legislatore statale, sulla base del preminente interesse nazionale e dei principi fondamentali delle materie oggetto di disciplina mentre, in ambito amministrativo, la discrezionalità regionale era limitata dall’introduzione della c.d. funzione di indirizzo e coordinamento attribuita allo Stato.

Durante gli anni Settanta ed Ottanta il regionalismo italiano rimaneva “sospeso in un limbo di sostanziale ineffettività”108a causa di fattori politici (organizzazione dei partiti su base nazionale) ed economici (politiche pubbliche volte a valorizzare il potere degli apparati statali a discapito dell’autonomia regionale).

Solo con l’avvento degli anni ’90, si verificarono cambiamenti significativi a livello nazionale ed internazionale che costituirono il giusto sostrato per una riforma dell’intero sistema.

A seguito del processo di integrazione europea che aveva preso avvio con il trattato di Maastricht (vedi par.1.2), si assisteva al

rafforzamento delle istituzioni sovranazionali accompagnato dal mutamento dell’antico concetto di sovranità statale, favorendo il

108 L. P.Vanoni, Federalismo, regionalismo e sussidiarietà forme di limitazione al

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coinvolgimento dei diversi livelli di governo nella fase di attuazione delle direttive e politiche comunitarie.109

La legge del 9 marzo 1989 n.86 “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”(c.d. La Pergola) costituiva una prima apertura nei confronti delle autonomie locali, nella parte in cui disponeva, nell’art.9 comma 2 (modificato dall’art. 13 l.9 marzo 1989 n.86): “le regioni, anche a statuto ordinario, e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di competenza concorrente, possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie.”110 Si stabiliva, inoltre, “la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni, nelle materie cui hanno riguardo le direttive, attiene ad esigenze di carattere unitario, anche in

riferimento agli obiettivi della programmazione economica ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.”111

Nell’art. 10 della predetta legge, si fissavano dei criteri di tipo procedimentale diretti a valorizzare il ruolo svolto dalla Conferenza Stato Regioni nella trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse regionale.112

109 L. P. Vanoni, Federalismo Regionalismo e sussidiarietà Forme di limitazione al

potere centrale, cit., pag.49

110

Art.9,3 l.9 marzo 1989 n. 86 : “La legge comunitaria o altra legge dello Stato che dia attuazione a direttive in materia di competenza regionale indica quali

disposizioni di principio non sono derogabili dalla legge regionale sopravvenuta e prevalgono sulle contrarie disposizioni eventualmente già emanate dagli organi regionali. Nelle materie di competenza esclusiva, le regioni a statuto speciale e le province autonome si adeguano alla legge dello Stato nei limiti della Costituzione e dei rispettivi statuti”

111

Legge ora abrogata dall’art.22 della legge 4 febbraio 2005 n.11 “norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” (abrogazione confermata art.24 l.6 agosto 2008 n.133)

112 Art. 10 l.9 marzo 1989 n. 86 : “Il Presidente del Consiglio dei ministri convoca

almeno ogni sei mesi o anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano una sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse

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Nello stesso periodo il principio di sussidiarietà trovava in Italia i suoi primi, chiari, riferimenti normativi.

Di particolare importanza la legge 30 dicembre 1989 n.439, concernente la ratifica e l’esecuzione della Convenzione Europea riguardante la Carta Europea delle autonomie locali (firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985113) nel punto 1 dell’art. 3 definisce l’autonomia locale “il diritto e le capacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge, sotto la loro responsabilità,e a favore delle popolazioni, una parte

importante di affari pubblici” speculare a tale esigenza la necessità, prescritta nell’art. 4 punto 3, che le responsabilità pubbliche vengano preferibilmente assegnate alle autorità più vicine ai cittadini e che lo spostamento delle competenze verso autorità superiori possa

avvenire solo avendo riguardo “all’ampiezza della natura del compito e delle esigenze di efficacia dell’economia.”

Ancora una volta la sussidiarietà rispondeva all’esigenza di assicurare un maggiore coinvolgimento del livello di governo più vicino ai cittadini, i quali ex. art. 4 punto6 dovevano essere consultati “nel corso dei processi di programmazione e di decisione per tutte le questioni che le riguardano direttamente”114

regionale e provinciale. Il Governo informa le Camere sui risultati emersi da tale sessione (7/a). 2. La Conferenza, in particolare, esprime parere: a) sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione ed attuazione degli atti comunitari che riguardano le competenze regionali; b) sui criteri e le modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1;Il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per gli aspetti di competenza di cui all'articolo 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183. (abrogato legge 4 febbraio 2005 n.11)

113

Nel preambolo della carta il diritto del cittadino a partecipare alla gestione degli affari pubblici inteso come principio democratico comune a tutti gli Stati membri del consiglio di Europa, stabilisce, altresì, l'esistenza di collettività' locali investite di responsabilità effettive, consente un'amministrazione efficace e vicina al cittadino;

114art.4 punto 6 l. 30 dicembre 1989 n.489 “Le collettività locali dovranno essere

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Si iniziava a prendere consapevolezza della portata della sussidiarietà intesa sia come forma per l’esercizio del potere, sia come criterio regolatore dei rapporti tra Regioni, Province e Comuni nel rispetto altresì del principio di collaborazione ed autodeterminazione delle comunità territoriali.115

Diretta al perseguimento di questi obiettivi anche la l. 8 giugno 1990 n.142 “ordinamento delle autonomie locali” che, abrogando la vecchia disciplina risalente al 1934, aveva ordinato i rapporti tra i diversi livelli di governo nel rispetto del principio di sussidiarietà (sebbene ancora non espressamente richiamato).

Il legislatore procedeva alla distribuzione delle competenze tra i vari livelli territoriali di governo avendo riguardo, non solo alla dimensione degli interessi pubblici coinvolti, ma anche all’economicità ed

efficienza nell’esercizio delle stesse, provvedendo ad assegnare al Comune una competenza di tipo residuale.116

Anche in questo testo normativo, il legislatore si dimostrava attento a favorire il coinvolgimento dei cittadini, singoli ed associati,da parte dei comuni a cui assegnava il compito di definire nei propri statuti la disciplina dei rapporti con questi.117

dei processi di programmazione e di decisione per tutte le questioni che le riguardano direttamente”

115 S. Papa, Sussidiarietà alla prova, poteri sostitutivi nel nuovo ordinamento

costituzionale, Giuffrè, Milano, 2008, pag.105

116

Art.9 l. 8 giugno 1990 n.142: “1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale

precipuamente nei settori organici dei servizi sociali, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente

attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. (abrogata dal d.lgs. 18 agosto 2000 n.267 )

2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia.”;

117

Art.6 l. 8giugno 1990 n.142: “ 1.I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione dei cittadini all'amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione. I rapporti di tali forme associative con il comune sono disciplinati dallo statuto.

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Questa legge segnava una svolta significativa nel modo di intendere gli enti locali, non più come ultimo ingranaggio dell’organizzazione statale, ma centri vivi e vitali della stessa capaci di fissare

autonomamente gli obiettivi e di realizzarli garantendo la piena tutela della collettività e del territorio che delimita il loro raggio d’azione. A fronte di questi importanti interventi normativi, sorgeva la necessità di adeguare il testo costituzionale alle nuove esigenze emerse dal territorio nazione. Per questo motivo si provvide ad assegnare l’incarico di realizzare la riforma costituzionale a delle commissioni bicamerali al fine di assicurare un maggiore decentramento delle competenze.

La Commissione parlamentare per le riforme istituzionali costituita nella XI legislatura ("Commissione De Mita - Iotti")118venne incaricata di realizzare una riforma idonea a costituire uno “Stato regionale, caratterizzato dalla coesistenza nell'ambito della Comunità nazionale di distinte comunità territoriali dotate di autonomia politica e di governo, di autonomia finanziaria e di autonomia normativa primaria e secondaria di carattere generale.”

Si riservava allo Stato l’esercizio delle sole funzioni amministrative rientranti nelle materie riservate alla sua competenza legislativa esclusiva, restando le altre di competenza della Regione che ne

2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto.

3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.

Possono essere previsti referendum consultivi anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.

4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono aver luogo in coincidenza con altre operazioni di voto.” (abrogata dal D.lgs 18 agosto 2000 n.267 )

118 Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, XI Legislatura, istituita con

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delegava l’esercizio alle Province e Comuni e rispetto alle quali lo Stato rimaneva titolare delle funzioni di indirizzo e coordinamento.119 Per esigenze di completezza della trattazione, prima di passare all’esame dei lavori della commissione bilaterale d’Alema deve

ricordarsi come il principio di sussidiarietà sia stato citato per la prima volta (espressamente) nell’ambito dei progetti Speroni, presentati al senato nel corso della XII legislatura.

Nel primo progetto, la sussidiarietà veniva intesa quale criterio di organizzazione della Repubblica federale;

nel secondo, il principio era considerato alla base del riparto delle competenze amministrative tra i diversi livelli di governo (enti autonomi con propri poteri e funzioni).120

Il principio di sussidiarietà, prima ancora che nei lavori della commissione bicamerale D’Alema, aveva trovato espresso riconoscimento ad opera del legislatore ordinario nella legge 15 marzo 1997 n.59 “delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica

Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”

(c.d. Bassanini) che nel primo comma dell’art.4 stabiliva le modalità attraverso cui realizzare il decentramento di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni e da queste agli Enti Locali.121

119La Commissione parlamentare per le riforme istituzionali costituita nella XI

legislatura ("Commissione De Mita - Iotti")

(http://www.camera.it/parlam/bicam/rifcost/dossier/prec07.htm)

120 Progetti “Speroni” presentati al Senato nel corso della XII legislatura numeri 1304

e 1403. Il primo, all’art.2, comma 2 prevedeva: “La Repubblica federale si organizza conformemente al principio di sussidiarietà, sia per quanto riguarda i singoli cittadini e le formazioni sociali, sia per quanto riguarda i soggetti pubblici territoriali e non territoriali nazionali ed internazionali.” Nel secondo progetto art.118,1 comma : “Con legge dello stato, sono ripartite tra regioni, province e comuni ad altri enti locali le funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa regionale, secondo il criterio di sussidiarietà.”

121

Art.4,1 comma l. 15 marzo 1997 n.59 :1. Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono

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Con decreto legislativo, si conferivano alle Regioni, Province, Comuni ed altri enti locali funzioni e compiti amministrativi “relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero tramite enti o altri soggetti pubblici.” (art.4,2 comma richiama art.1,2 comma).122

Il terzo comma123 si occupava di disciplinare i principi fondamentali alla base di tale processo di conferimento di competenze.

l'unitario esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni provvedono sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere ascoltati anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali;

122 Art.1, 2 comma l. 15 marzo 1997 n.59 ;

123 art. 4,3 l. 15 marzo 1997 n.59: I conferimenti di funzioni di cui ai commi 1 e 2

avvengono nell'osservanza dei seguenti princìpi fondamentali:

a) il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle

funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le

responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;

b) il principio di completezza, con la attribuzione alla regione dei compiti e delle

funzioni amministrative non assegnati ai sensi della lettera a), e delle funzioni di programmazione;

c) il principio di efficienza e di economicità, anche con la soppressione delle funzioni

e dei compiti divenuti superflui;

d) il principio di cooperazione tra Stato, regioni ed enti locali anche al fine di

garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito dell'Unione europea;

e) i principi di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, con la conseguente

attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti connessi, strumentali e complementari, e quello di identificabilità in capo ad un unico soggetto anche associativo della responsabilità di ciascun servizio o attività amministrativa;

f) il principio di omogeneità, tenendo conto in particolare delle funzioni già

esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo;

g) il principio di adeguatezza, in relazione all'idoneità organizzativa

dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni;

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Primo tra questi, il principio di sussidiarietà che viene richiamato nella sua duplice accezione verticale (criterio regolatore delle competenze tra i diversi livelli di governo) ed orizzontale mediante l’attribuzione di responsabilità pubbliche nei confronti delle autorità funzionalmente e territorialmente più vicine ai cittadini in quanto destinatari delle determinazioni amministrative e dei servizi, assicurando la possibilità per le famiglie, associazioni e comunità di assolvere compiti e funzioni di rilevanza sociale.124

La ratio di tale previsione deve essere ricavata dalla volontà del legislatore di garantire, attraverso il meccanismo predisposto dal principio di sussidiarietà, il mantenimento del livello di benessere sociale evitando un aumento dei costi dell’apparato

amministrativo.125

Ulteriore elemento di novità era rappresentato dal fatto che l’attribuzione delle competenze non potesse essere effettuata in modo indiscriminato, ma occorreva verificare che le dimensioni territoriali dell’ente permettessero la realizzazione dell’interesse pubblico a questo assegnato. In talune circostanze, si prevedeva il potere di intervento dell’ente di governo territorialmente superiore, se necessario alla realizzazione dell’interesse coinvolto, avendo riguardo alla dimensione ed agli effetti da questo prodotti.

h) il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni in considerazione

delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi;

i) il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle

funzioni amministrative conferite;

l) il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli

enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti.

124 S. Papa, Sussidiarietà alla prova, poteri sostitutivi nel nuovo ordinamento

costituzionale, cit. pag.108

125

D. Donati, La sussidiarietà orizzontale nell’evoluzione normativa dello Stato e delle Regioni, in Il valore aggiunto come la sussidiarietà può salvare l’Italia, a cura di G.Arena e G. Cotturri, Carrocci, 2010.

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Prendeva avvio una riflessione di carattere politico e giuridico diretta ad attribuire nei confronti dell’amministrazione un volto nuovo e diverso, aperta alla partecipazione del cittadino non più, soltanto, in sporadiche e circoscritte attività di rilievo sociale, ma con riguardo allo svolgimento di funzioni che dapprima erano riservate alla esclusiva competenza statale (evoluzione dei processi decisionali

dell’amministrazione già avviati con la l. 7 agosto 1990 n.241). La posizione assunta da parte del legislatore rispondeva all’esigenza, da tempo avvertita, di favorire il pluralismo ed il decentramento nell’allocazione delle funzioni amministrative, garantendo, altresì, una “spinta centrifuga”126che partendo dagli enti territoriali minori

coinvolgeva i privati nell’ esercizio sistematico delle funzioni dirette alla realizzazione dell’interesse generale.

Esigenza di cambiamento supportata dalla fissazione di un termine (6 mesi) entro il quale la Regione avrebbe dovuto adottare una legge in cui definire, in modo puntuale, le funzioni di cui manteneva la titolarità e quelle trasferite o delegate agli enti locali.

La mancata adozione della legge regionale, autorizzava il Governo ad adottare decreti delegati atti a definire il riparto delle competenze tra i diversi livelli di governo (inefficaci al momento di entrata in vigore della legge regionale.)127

La necessità di garantire piena attuazione del principio di sussidiarietà traspare dalle formulazioni di altri articoli della stessa legge, in cui si stabilisce:

1)costituzione di una apposita commissione parlamentare bicamerale alla quale vengono assegnate funzioni consultive e di controllo circa

126

L. Grimaldi, Il principio di sussidiarietà orizzontale tra ordinamento comunitario ed ordinamento interno, cit.

127

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“lo stato di attuazione delle riforme previste dalla presente legge e ne riferisce ogni sei mesi alle Camere”;128

2)fissazione di criteri procedimentali ai fini dell’adozione dei decreti legislativi da parte del governo;129

3)necessità per lo Stato di stipulare un’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano o con la singola regione interessata, per l’adozione di atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali e direttive per l’esercizio delle funzioni delegate. (art.8,1 comma)

Tale intesa doveva raggiungersi entro il termine di 45 giorni ed in mancanza era previsto il potere del Governo di adottare tali atti con deliberazione del Consiglio dei Ministri, questa volta, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da ottenere entro trenta giorni dalla richiesta. (art.8,2 comma);130 4)ampliamento e definizione delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province

128 Art.6 l. 15 marzo 1997 n.59 (L. 28 novembre 2005, n. 246 ha disposto (con l'art.

14, comma 24) che a decorrere dall'inizio della legislatura successiva alla data di entrata in vigore della legge 28 novembre 2005 n. 246, cessano gli effetti dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo.)

(http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzett a=1997-03-17&atto.codiceRedazionale=097G0099&currentPage=1)

129

Art. 7,2 comma l.15 marzo 1997 n.59: “Sugli schemi dei provvedimenti di cui al comma 1 e' acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 5, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato- Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane. Sugli schemi, inoltre, sono sentiti gli organismi rappresentativi degli enti locali funzionali ed e' assicurata la consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. I pareri devono essere espressi entro trenta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine i decreti possono comunque essere emanati.”

130

Art.8,1-2commi l.15 marzo 1997n 59; un procedimento speciale viene dettato dal 3 comma dell’articolo in esame in caso di urgenza: “In caso di urgenza il Consiglio dei ministri può provvedere senza l'osservanza delle procedure di cui ai commi 1 e 2. I provvedimenti in tal modo adottati sono sottoposti all'esame degli organi di cui ai commi 1 e 2 entro i successivi quindici giorni. Il Consiglio dei ministri è tenuto a riesaminare i provvedimenti in ordine ai quali siano stati espressi pareri negativi”;

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autonome di Trento e di Bolzano, unificandola, per le materie e i compiti di interesse comune delle Regioni, delle Province e dei Comuni, con la Conferenza Stato- Città e autonomie locali.131 Nel momento della sua adozione, la riforma Bassanini ha

rappresentato la risposta ad un’esigenza di cambiamento che veniva da tempo manifestata nell’ambito della politica e della società civile ed ha costituito punto di partenza per una reinterpretazione del principio autonomista come volto a garantire la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali e teso altresì a valorizzare le identità territoriali, politiche e culturali delle singole comunità.132

Tuttavia, non sono mancate le critiche di una parte della dottrina che attribuiva alla sussidiarietà, così come intesa nel 3 comma dell’art.4 e