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5.4)Analisi)statistica))

Caso 13 0,5 15 Sutura lesione lingua

Tabella 5.3 Numero di boli di mantenimento somministrati per ogni soggetto e tipologia e durata di ogni

procedura.

Bolo Xilazina Nistagmo Tentativi < 2 2 > tentativi < 4 Tentativi > 4

83,3 % 50 % 9 % 63,3 % 27,2 %

Tabella 5.4 Valori percentuali dei cavalli che hanno ricevuto xilazina post operatoria e presentato nistagmo e

valori percentuali del numero di tentativi necessari per recuperare la stazione quadrupedale.

Tempo Da induzione Da ultimo bolo Da xilazina

Minuti 80 53 29,5

Tabella 5.5 Tempo medio del recupero della stazione quadrupedale dall’induzione, dall’ultimo bolo e dalla

)

5.6)Discussione)

Grazie alla valutazione analitica dei dati raccolti durante il monitoraggio dell’anestesia è stato possibile valutare l’efficacia e la sicurezza del protocollo anestesiologico utilizzato.

Non tutti i soggetti inclusi nello studio, hanno ricevuto la stessa dose di acepromazina in premedicazione. Pazienti giudicati agitati o moderatamente agitati al momento della visita clinica (8/13) hanno ricevuto un dosaggio doppio di acepromazina (20 µg/kg, EV) rispetto a soggetti valutati pacati (10 µg/kg, EV). L’effetto sedativo ottenuto dal farmaco, stimato in base alla valutazione clinica generale del grado di sedazione è risultato simile nelle due categorie (10 µg/kg e 20 µg/kg). Il principale meccanismo d’azione dell’acepromazina consiste nell’interazione con la dopamina e di altre catecolamine come epinefrina e norepinefrina (Muir 2009). Soggetti irrequieti

e agitati presentano una maggiore concentrazione di catecolamine in circolo rispetto a soggetti calmi e non stressati. In ragione del meccanismo d’azione dell’acepromazina può essere ipotizzato il risultato simile determinato dai due differenti dosaggi utilizzati.

La somministrazione di xilazina (1,1 mg/kg, EV), trascorsi 20 minuti dalla somministrazione dell’acepromazina, ha permesso una sedazione adeguata di tutti i soggetti reclutati, i quali manifestavano i caratteristici segni clinici riportati in letteratura: indifferenza nei confronti degli stimoli ambientali, testa e collo abbassati, labbro inferiore procidente, stazione quadrupedale a base larga, debolezza arti posteriori e marcata atassia (Muir 2009; Lerche 2013). Il dosaggio dei farmaci induttori somministrati (ketamina 0,5 mg/kg, EV; tiletamina-zolazepam 1 mg/kg, EV) è risultato suffieciente a garantire un’induzione rapida (circa 20 secondi dalla somministrazione degli agenti) pacata e priva di effetti indesiderati nella totalità dei cavalli anestetizzati. Il protocollo ha permesso di effettuare l’induzione del paziente in sicurezza anche quando lo spazio era ristretto e il personale limitato.

somministrati (Lin 2007; Hubbel 2007; Muir e Hubbel 2009). Le ipotesi dell’induzione di ottima qualità emersa dallo studio effettuato, possono essere riferite all’adeguata risposta alla premedicazione, riscontrata nei pazienti o all’associazione dei due dissociativi nel protocollo anestesiologico oppure ad entrambe le considerazioni. La scarsa presenza in letteratura di associazioni farmacologiche per l’induzione dell’anestesia, similari a quella utilizzata nel protocollo studiato, non permette di effettuare un confronto e approfondire la seconda ipotesi.

La stima del peso, effettuata tramite l’apposito nastro metrato (Equimax®), è risultata idonea per la corretta preparazione dei farmaci, in ragione della corrispondente risposta attesa da parte dei pazienti inclusi nello studio. I protocollo anestesiologico scelto permetteva l’induzione e il mantenimento di un adeguato piano anestesiologico e analgesico per chirurgie di breve durata (17,3 minuti).

Nessun paziente ha risposto agli stimoli algici generati dalla chirurgia con movimenti volontari, contrazione muscolare e tremori; indici di un piano anestesiologico inadeguato (Muir e Hubbel 2009).

I parametri emodinamici sono rimasti stabili durante il mantenimento dell’anetesia. La frequenza cardiaca, in corrispondenza dei tempi chirurgici considerati, è risultata inferiore rispetto a T0 (visita clinica), come risposta attesa agli agenti utilizzati (Hubbel 2007) e ad un corretto piano anestesiologico.

L’analisi statica del parametro in esame non ha riportato variazioni significative nel periodo compreso tra T1 e T5. In nessuno dei casi monitorati sono state riscontrate, attraverso la valutazione clinica del soggetto, aritmie, quali bradicardia sinusale (FC inferiore a 25 bpm), tachicardia sinusale (FC superiore a 50 bpm), blocchi atrio-ventricolari di II grado (possibile complicanza della somminitrazione di !2-agonisti) (Wagner 2009), né si è

presentata la necessità di somministrare farmaci d’emergenza (atropina). La valutazione statistica della frequenza respiratoria ha permesso di individuare un andamento lineare dei parametri tra T0 e T3, con una differenza statisticamente significativa tra T2 e T4. Questo potrebbe essere dovuto ad una superficializzazione del piano anestesiologico in prossimità di T4, con conseguente aumento della frequenza respiratoria (Haskins 2007). La

superficializzazione dell’anestesia può essere imputata ad un piano analgesico inadeguato oppure ad una riduzione della concentrazione plasmatica dei farmaci somministrati. Con molta probabilità la superficializzazione a livello del tempo chirrgico considerato è da attribuire alla decisione del personale coinvolto nello studio di alleggerire il paziente in vista della fine dell’intervento. L’assenza di variazioni significative, all’analisi statistica, della frequenza cardiaca ha reso poco probabile l’ipotesi del dolore come causa dell’incremento respiratorio riscontrato. Infatti, la stimolazione algica è associata ad un’attivazione del sistema simpatico con liberazione in circolo di catecolamine; alcune tra le dirette conseguenze del dolore sono tachipnea, tachicardia, inotropismo positivo e vasocostrizione periferica (Lerce e Muir 2009).

In 2 dei 13 pazienti inclusi nello studio è stato osservato un pattern respiratorio apneusico, caratterizzato da lunghe pause inspiratorie, possibile conseguenza della somministrazione di agenti dissociativi (Booth 1988; Lin 2007; Muir 2009).

Tutti i soggetti hanno respirato spontaneamente, aria ambiente (FiO2 21 %,

760 mmHg), per l’intera durata dell’anestesia, senza alcun episodio di apnea. I dissociativi, a differenza di altri anestetici utilizzati (propofol, tiopentale) non determinano una depressione respiratoria tale da determinare apnea nel paziente (Lin 2007; Muir 2009).

Il recupero della stazione quadrupedale è avvenuto in media dopo 80 minuti dall’induzione dell’anestesia, malgrado l’estensione media della procedura chirurgica sia stata 17,3 minuti. La durata del recupero è stata condizionata dal personale coinvolto nello studio, mediante sedazione post operatoria e il contenimento fisico del paziente, quando veniva ritenuto necessario. È possibile ipotizzare un risveglio più precoce nel caso in cui non fossero state prese le precauzioni riportate, probabilmente a discapito della qualità e della sicurezza finale.

È stata somministrata nella maggior parte dei soggetti (83,3 %) xilazina post operatoria. In bibliografia viene riportato l’utilizzo del farmaco per la sedazione post operatoria nel cavallo, al fine di ottenere un risveglio in sicurezza (Taylor e Clarke 2007). La xilazina ha permesso un contenimento

stazione quadrupedale e, in associazione al contenimento fisico eseguito su tutti i soggetti, di prolungare il periodo di decubito, affinchè recuperassero lo stato di coscienza e fossero idonei a posizionarsi in stazione quadrupedale. Soltanto nel 9 % dei casi analizzati, il risveglio è stato valutato di ottima qualità, nonostante il protocollo anestesiologico abbia permesso di ottenere un risveglio in sicurezza nella totalità dei soggetti, indipendentemente dall’ampiezza degli spazi a disposizione e dalla quantità del personale disponibile. La scelta di includere nella valutazione della qualità del risveglio, il numero di tentativi necessari per raggiungere la stazione quadrupedale, ha penalizzato la qualità globale del risveglio ricavata. È possibile ipotizzare una percentuale elevata di soggetti con una qualità del risveglio ottima, nel caso in cui siano esclusi dai parametri di valutazione il numero di tentativi necessari per raggiungere la stazione quadrupedale.

Limiti dello studio

I limiti di questo studio sono stati l’impossibilità di standardizzare il protocollo anestesiologico e l’assenza di una strumentazione adeguata alla valutazione dei parametri vitali del paziente.

Non è stato possibile ottenere una standardizzazione del protocollo anestesiologico elaborato, a causa delle numerose variabili presenti nello studio:

• Numero limitato di soggetti reclutati.

• Appartenenza dei cavalli a razze diverse tra loro. • Procedure chirurgiche diverse.

• Il personale addetto all’esecuzione della chirurgia incluso nello studio non era sempre lo stesso.

Il numero limitato dei pazienti inclusi nello studio, non ha permesso di effettuare un’analisi statistica dei parametri monitorati, su larga scala e di ridurre la discutibilità dei risultati ottenuti.

È possibile riscontrare una diversa risposta ai farmaci nelle diverse razze, in base al temperamento che le caratterizza. Razze classificate nevrili, come

nel caso del Purosangue Inglese tendono ad essere più refrattarie all’effetto di sedativi e anestetici rispetto a razze docili. La varietà di razze incluse nello studio, sommato alle possibili variazioni individuali nella risposta ai farmaci, non esclusa dal numero limitato dei soggetti, può avere influenzato i parametri monitorati; in particolar modo la qualità del risveglio.

La diversa stimolazione algica correlata a ciascuna tipologia chirurgica non ha determinato un grado di algia costante nello studio effettuato. Il protocollo anestesiologico eseguito ha permesso una copertura analgesica adeguata in tutti i pazienti reclutati.

La durata della procedura chirurgica non è stata costante nei casi presi in esame. Le motivazioni sono da ricercarsi sia nella diversa tempistica richiesta dai diversi interventi chirurgici eseguiti sia nell’esperienza personale e nella tecnica chirurgica effettuata dai chirurghi reclutati.

Difficilmente durante l’anestesia in campo è possibile effettuare un monitoraggio approfondito del paziente. Spesso la strumentazione disponibile non permette di valutare indici adeguati delle funzioni vitali del soggetto monitorato; di conseguenza i parametri valutabili risultano relativamente limitati.

Nello studio eseguito non è stato possibile valutare idoneamente i parametri emodinamici. L’attività cardiaca è stata saggiata attraverso la sola auscultazione dei focolai cardiaci. Non è stato, tuttavia possibile escludere con certezza la presenza di aritmie nel corso dello studio; l’auscultazione cardiaca associata alla palpazione del polso non è in grado di fornire un’adeguata valutazione dell’attività cardiaca senza l’esecuzione di un’esame elettrocardiografico. Durante il monitoraggio è stata valutata la pressione arterosa sistolica e diastolica attraverso un’apparecchiatura oscillometrica portatile(Omron® M6 Comfort). Gli appositi bracciali sono stati scelti in funzione della circonferenza della base della coda (l’altezza del manicotto dovrebbe essere il 40-50 % della circonferenza della base della coda, sede di misurazione nel cavallo (Schwarzald, Bonagura e Muir 2009)) per saggiare le pulsazioni dell’arteria media coccigea. Nonostante sia stato utilizzato un bracciale di dimensioni adeguate per ogni soggetto monitorato e

pressori è risultata adeguata soltanto in 3 pazienti su 13. I dati raccolti, non sono stati sufficienti all’esecuzione di una valutazione statistica. La causa della scarsa efficienza rilevata nella misurazione oscillometrica della pressione arteriosa, è da ricercarsi con molta probabilità nella bassa frequenza cardiaca che si riscontra del cavallo anestetizzato (media FC nello studio effettuato) non sufficientemente elevata da permettere una stima delle pulsazioni arteriose all’apparecchitura portatile (Murrell e Wilson 2006).

Le mucose esplorabili hanno mantenuto una colorazione rosea in tutti i pazienti nel corso del monitoraggio. La sola ispezione delle mucose non è sufficiente ad escludere un eventuale stato ipossico (Cattò, Venturini e Spadari 1999).

Non sono stati valutati, nel corso dello studio, gli indici di ossigenazione del paziente (PaCO2 e PaO2), a causa dell’impossibilità di eseguire una

valutazione emogas analitica in campo e per l’assenza di adeguata strumentazione provvista di pulsossimetria (SpO2) e capnografia (EtCO2 ).

5.7)Conclusioni)

Il protocollo elaborato ha permesso l’esecuzione di chirurgie in campo in modo efficace e sicuro.

Il grado di sedazione determinato dalla premedicazione nei pazienti reclutati è risultato soddisfacente. È stato possibile eseguire, nella totalità dei soggetti esaminati, l’induzione dell’anestesia ed il risveglio idoneamente ed in sicurezza, indipendentemente dallo spazio e dal personale disponibile.

La somministrazione di boli di mantenimento ha permesso un piano anestetico e analgesico adeguato in tutti i soggetti reclutati.

Un’analisi complessiva dello studio eseguito permette di affermare che lo scopo di elaborare un protocollo anestesiologico pratico, sicuro ed efficace è stato raggiunto.

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