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Esistono diverse tipologie di impianti per la climatizzazione estiva, che si possono in primo luogo suddividere in due grandi classi: ad espansione diretta e a fluido intermedio [21]. Ovviamente entrambe, per rinfrescare l’aria nell’ambiente (estate), sono accomunate dalla presenza di un circuito frigorifero, che ha il compito di produrre la potenza termica fredda.

Figura 5.1 - Impianto ad espansione diretta o a fluido intermedio (funzionamento estivo).

Come si vede in figura 5.1, negli impianti ad espansione diretta, l’aria viene trattata direttamente dall’evaporatore del gruppo frigorifero, e quindi il loro comportamento non risulta autonomo, bensì strettamente vincolato dalle prestazioni del circuito. Questa dipendenza, invece, non si presenta nel caso di impianti a fluido intermedio, in quanto la batteria di trattamento dell’aria viene alimentata da acqua refrigerata, prodotta dal gruppo frigorifero e mantenuta a temperatura costante (o comunque controllata).

Nel modello TFM si è preferito pertanto optare per sistemi del secondo tipo, in modo da avere sempre prestazioni indipendenti da quelle del gruppo frigorifero a monte.

Questa grande classe di impianti si può poi suddividere in tre categorie, in base a quale fluido venga utilizzato per trasferire l’energia termica dal luogo in cui viene prodotta ai singoli locali da climatizzare.

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MPIANTI AD ACQUA

Negli impianti ad acqua il trattamento dell’aria viene effettuato da terminali posti all’interno di ogni singolo ambiente, alimentati, appunto, ad acqua refrigerata (o riscaldata, in inverno), prodotta da uno o più gruppi frigoriferi (o generatori di calore) e distribuita mediante un circuito idraulico.

Questo tipo di impianti è sprovvisto di rinnovo di aria esterna e viene generalmente utilizzato nel condizionamento di ambienti abitativi, in cui, per il ricambio dell’aria, ci si affida alle infiltrazioni. Più raramente questi impianti vengono utilizzati con presa d’aria esterna, anche se in alcuni paesi (prima tra tutti la Francia) essi vengono affiancati a sistemi autonomi di ventilazione naturale o forzata.

Le prestazioni del terminale ad acqua (fan-coil, ventilconvettori da parete, cassette da soffitto o condizionatori ad armadio) nel condizionamento estivo sono fortemente influenzate dalla portata d’aria e dalle temperature di ingresso ed uscita dell’acqua. Inoltre, soprattutto in inverno, risulta molto difficile il controllo del carico latente.

Esistono poi impianti ad acqua a due tubi oppure a quattro tubi, con la differenza che questi ultimi riescono a climatizzare locali diversi con regolazione autonoma l’uno dall’altro, anche con carichi termici di segno opposto.

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MPIANTI A TUTT

ARIA

Quando il terminale di trattamento è remotizzato rispetto all’ambiente da climatizzare, l’impianto viene chiamato ad aria, perché il fluido vettore dell’energia termica è appunto l’aria.

In questi impianti l’aria da immettere nei locali viene condizionata dall’unità di trattamento dell’aria (UTA), posizionata in prossimità dei gruppi frigoriferi e/o generatori di calore che la servono, nella cosiddetta centrale termica. In seguito quest’aria viene distribuita ai singoli ambienti attraverso un impianto di canalizzazioni aerauliche.

Anche i questo caso si individuano diverse sottocategorie:

a) Impianti per singola zona: rappresentano la configurazione più semplice che si può riscontrare negli impianti a tutt’aria. Vengono utilizzati in ambienti con elevati volumi e con importante presenza di persone (sale conferenza, cinema e teatri, palazzetti dello sport, centri commerciali…).

L’UTA, collegata alla centrale termica tramite circuiti idraulici freddi e caldi, provvede al trattamento centralizzato dell’aria, che viene poi distribuita attraverso una rete di canali di mandata e ripresa.

Figura 5.3 - Impianto a tutt’aria per singola zona.

L’impianto può essere a portata d’aria costante oppure variabile, con differenze costruttive abbastanza limitate, che riguardano quasi esclusivamente la logica di regolazione.

Questo tipo di impianto permette lo sfruttamento del free-cooling e l’utilizzo di tutti i sistemi di recupero termico presenti sul mercato, e consente le migliori prestazioni di comfort, sia in termini di controllo delle condizioni climatiche microambientali, che di qualità dell’aria. Per contro questi impianti hanno la grossa limitazione di poter essere applicati soltanto per il condizionamento di un singolo ambiente. b) Impianti multizona: sono i più diffusi, in quanto molto spesso si ha la

necessità di climatizzare, con lo stesso impianto, ambienti diversi, con diversi carichi termici. Presentano configurazioni di complessità e costo proporzionali ai livelli di comfort e qualità dell’aria che si desiderano ottenere in ciascun locale; infatti, nel caso di più zone da climatizzare, il problema della corretta neutralizzazione dei diversi carichi termici e la contemporanea gestione delle quantità d’aria di rinnovo in ogni zona, fa sì che le condizioni di benessere non risultino sempre ottimali in ciascun locale dell’edificio.

Si individuano, in ordine crescente di prestazioni fornite: - impianti multizona senza regolazione per singolo locale; - impianti con post-riscaldamento di zona;

- impianti a doppio canale;

- impianti con pretrattamento dell’aria primaria (di rinnovo);

ciascuna classe nella sua versione a portata d’aria costante o a portata variabile, per migliorarne la regolazione.

L’unità di trattamento dell’aria è sostanzialmente composta sempre dagli stessi elementi presenti nelle UTA di impianti per singolo ambiente, magari situati in posizioni diverse o in numero maggiore a seconda delle zone da climatizzare. Essendo le differenze tra questi impianti e quelli descritti in precedenza sostanzialmente legate “soltanto” alla regolazione nelle singole zone, e per i motivi spiegati nel seguito, si evita di entrare nei particolari in quanto ciò esula dallo scopo della tesi.

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MPIANTI MISTI

Esistono poi impianti ibridi, detti misti, in cui convivono assieme entrambe le tipologie d’impianto sopra descritte. In questa categoria di sistemi, infatti, l’aria di rinnovo, detta aria primaria, viene distribuita dalla rete aeraulica, a partire da una centrale di trattamento installata esternamente rispetto al locale da climatizzare; ai terminali viene invece affidato il compito di contrastare i carichi termici di ogni singolo ambiente.

In questo modo viene risolto abbastanza facilmente il problema suddetto del contemporaneo adempimento da parte dell’impianto ai diversi carichi termici e alle necessarie portate dell’aria di rinnovo nei singoli ambienti; tutto ciò, ovviamente, a fronte di una maggiore complicazione impiantistica.

Come nel caso degli impianti ad acqua, si individuano, per questa categoria, sistemi ad aria primaria con fan-coil a due tubi (più semplici e meno costosi) oppure impianti ad aria primaria e fan-coil a quattro tubi, in grado di soddisfare contemporaneamente locali con carichi termici contrapposti.

Dopo questa carrellata degli impianti di climatizzazione disponibili sul mercato, come anticipato, si rivela indispensabile individuarne una particolare categoria da implementare nel modello TFM.

Lasciare infatti all’utente la scelta su quale tipologia d’impianto installare, comporterebbe una complicazione eccessiva del modello, con il rischio, tra l’altro, di perder di vista quello che è il suo obiettivo primario.

Si ricorda, a tal proposito, che l’intento è quello di valutare l’applicabilità e l’efficacia di sistemi di risparmio energetico, quali ad esempio il free-cooling e i vari recuperi termici, quantificando la loro influenza sul fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione estiva.

Per questo motivo nel modello TFM si è deciso di implementare, come sistema di climatizzazione, un impianto a tutt’aria per singola zona, dal momento che, come già detto, su di esso si possono applicare tutte le soluzioni di risparmio energetico più comuni.

Questa scelta, teoricamente, trova accordo anche con il metodo utilizzato per determinare i carichi termici, dal momento che, come abbiamo detto, esso riesce a prendere in considerazione solo un locale per volta.

Diciamo che si può supporre che il locale studiato, anche se condivide lo stesso edificio con altri ambienti, venga condizionato da un’unità di trattamento dell’aria indipendente.

Ovviamente questa ipotesi non risulta affatto realistica per edifici che presentano molti locali di piccole dimensioni: si tratta di una grossa semplificazione atta soltanto al conseguimento degli obiettivi prefissi dal modello. Con questa scelta, infatti, si riducono al minimo tutti i problemi di regolazione che si presentano negli impianti multizona, con la possibilità di concentrarsi maggiormente su free-cooling e recuperi vari.

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