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Poche sono le pagine che la storiografia ha dedicato alla politica estera fascista in Grecia rispetto invece alle drammatiche vicende belliche del 1940-41.

Dopo le prime fasi di tensione dovute all’atteggiamento filo turco e anti greco -assunto dal governo italiano al fine di ottenere il riconoscimento definitivo del possesso del Dodecaneso (già stabilito dal Trattato di Sèvres del 1920)- e all’occupazione militare dell’isola di Corfù il 31 agosto 1923, nel corso degli anni Venti «la penetrazione italiana in Grecia si limitò quasi esclusivamente alla fondazione dei fasci all’estero» che pare ebbero comunque vita difficile, a causa dell’ostilità della società greca verso il fascismo italiano e le sue mire imperialiste415.

Le relazioni italogreche infatti, prima e dopo il miglioramento del 1926, ebbero sempre nelle intenzioni di Mussolini un carattere nettamente antifrancese, volte a porre la penisola balcanica sotto l’egemonia italiana e a consolidare le posizioni nel Mediterraneo orientale416.

In questo senso vanno lette le richieste del governo fascista indirizzate alla Santa Sede per il tramite di Tacchi Venturi: i tentativi di soppiantare le posizioni francesi e combatterne gli interessi anche nell’ambito della politica religiosa si tradussero nella necessità di provvedere all’assistenza religiosa della minoranza italiana con sacerdoti italiani e alla adeguata rappresentanza dell’italianità nei gradi più alti della gerarchia cattolica locale. Il coinvolgimento di Tacchi Venturi nell’area greca costituisce nella serie Affari un ulteriore nucleo documentario, che prosegue idealmente, in un nuovo contesto politico e geografico, quel filo rosso che i tentativi del fascismo di fare della Chiesa e dell’appartenenza cattolica la longa manus degli interessi italiani disegnano all’interno dell’archivio del gesuita.

La strumentalizzazione da parte del governo centrale della presenza di una minoranza italiana e soprattutto cattolica, quale pretesto per dare voce alle aspirazioni italiane, emerge nel contesto greco in modo più netto rispetto a quanto già visto per i connazionali dalmati, che potevano infatti contare su una rappresentanza locale sufficientemente forte e in grado di far valere autonomamente le proprie richieste in ambito religioso.

415 S. Santoro, L’Italia e l’Europa orientale. Diplomazia culturale e propaganda 1918-1943, Milano, Franco

Angeli, 2005, p.149.

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La documentazione, oltre ad essere la necessaria integrazione di quella prodotta dalla Segreteria di Stato e dal Ministero degli Esteri, assume in primo luogo un valore complessivo sul piano storiografico, in quanto riporta alla luce aspetti meno noti della politica estera italiana in un contesto politico-geografico pressoché trascurato dalla storiografia.

Tacchi Venturi fu innanzitutto portavoce presso la Santa Sede della politica religiosa del fascismo, intesa come strumento di politica interna, coloniale e internazionale, e i suoi interventi permettono di distinguere in questo frangente due fasi temporali ben precise. Nel contesto delle contese diplomatiche italogreche che caratterizzarono il primo dopoguerra, il gesuita fu sollecitato a segnalare la deleteria situazione spirituale delle comunità italiane, spesso fatte oggetto dell’ostilità del clero incaricato della loro assistenza religiosa. Questa prima fase fu quindi caratterizzata dagli sforzi delle istituzioni volti a tutelare anche in ambito religioso la minoranza italiana dall’odio antitaliano e antifascista, in particolare con la richiesta di sacerdoti italiani o di più fidata attitudine patriottica. A partire dal 1925 e in modo più deciso dall’anno successivo, l’interesse per la minoranza si fece però sempre più marginale, diventando un pretesto per ottenere dalla Santa Sede un’adeguata rappresentanza nazionale ai vertici della Chiesa cattolica greca.

Oltre al valore storico di cui si è detto, la documentazione della serie Affari non manca di offrire ulteriori indizi circa la figura e il ruolo del gesuita, unico canale di comunicazione fra Santa Sede e governo fascista. I suoi interventi si caratterizzano spesso per brevità e non si discostano molto dall’iter già noto che vedeva la richiesta partire direttamente dal Ministero degli Esteri per il tramite del segretario del Contenzioso Diplomatico Amedeo Giannini, per poi essere trasmessa dal gesuita alla Segreteria di Stato e viceversa.

Si è già avuto modo di notare come nella corrispondenza vi siano riferimenti a colloqui verbali intercorsi fra Tacchi Venturi e le diverse personalità, ecclesiastiche o governative, coinvolte nelle pratiche di volta in volta in discussione. Fra le diverse questioni relative all’area greca affidate alla mediazione di Tacchi Venturi, quella dell’erezione di una sede vescovile a Rodi (isola del Dodecaneso sotto la sovranità italiana ma abitata in prevalenza da greci) si rivela particolarmente interessante da molteplici punti di vista, in primo luogo quello di aggiungere ulteriori tasselli ad una pagina della storia coloniale italiana quasi dimenticata.

Nell’ambito delle trattative, il gesuita partecipò alle conversazioni fra il Segretario di Stato cardinal Gasparri e il prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, o ancora incontrò

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personalmente il governatore del Dodecaneso Mario Lago. Questi incontri rivelano come spesso egli fosse stato attivamente coinvolto, presumibilmente in virtù della sua esperienza e della conoscenza dell’ambito ecclesiastico, ma ancora di più dell’autorità centrale. Il contenuto dei colloqui intrattenuti nel corso del Ventennio rimane però un’incognita per la ricostruzione storiografica e il gesuita non fece mai menzione esplicita delle proprie personali convinzioni in merito agli affari di volta in volta trattati, seppure nel riportare i

desiderata del governo non si fosse mai espresso in maniera apertamente sfavorevole.

Nonostante questi indizi escludano in parte un ruolo prettamente passivo del gesuita nelle trattative, emergono però dallo studio di questi Affari meno noti, ulteriori elementi che mettono in dubbio il grado di affidabilità attribuito al gesuita in particolare dalla Santa Sede.

È il caso ad esempio della già citata questione pendente di Rodi, che registrò lo sfogo di Tacchi Venturi con il cardinal Gasparri per essere stato tenuto all’oscuro della decisione favorevole di Propaganda Fide e del dilata apposto da Pio XI.

I primi coinvolgimenti di Tacchi Venturi per l’area greca risalgono al 1924 quando fu informato dal Ministero degli Esteri circa l’atteggiamento ostile dei sacerdoti incaricati dell’assistenza spirituale delle comunità italiane rispettivamente di Corfù e Salonicco.

Le richieste di intervento indirizzate al gesuita riflettono una situazione tutt’altro che pacificata dopo la risoluzione delle contese diplomatiche tra Italia e Grecia del primo dopoguerra: il sostegno di Mussolini alla Turchia in funzione anti-greca nella definizione del Trattato di Sèvres, nonché il riconoscimento della sovranità italiana sulle isole del Dodecaneso ebbero un peso non trascurabile nell’accrescere il sentimento antitaliano e antifascista.

Con il promemoria del 7 gennaio 1924 il gesuita comunicò alla Segreteria di Stato le osservazioni del Ministero degli Esteri circa la condotta del parroco della colonia don Arlotti il quale aveva dismesso la lettura in italiano del Vangelo nelle messe festive subito dopo la cessazione dell’occupazione militare italiana dell’isola417.

L’irritazione degli italiani residenti era giustificata inoltre dal fatto che il sacerdote era accusato di condurre una campagna antitaliana, non mancando di presiedere a tutte le pubbliche dimostrazioni in occasione della recente evacuazione e aumentando di conseguenza il dissidio fra italiani e greci. Il continuo sovrapporsi della dimensione

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religiosa e politica nel ministero sacerdotale rendeva necessario secondo il governo un severo ammonimento e possibilmente la sostituzione del curato con altro di sentimenti più italiani.

L’occupazione militare di Corfù418 (31 agosto-27 settembre 1923) condizionò irrimediabilmente la predisposizione dei corfiotti anche nei confronti dei religiosi. Fu lo stesso vescovo di Corfù mons. Leonardo Brindisi ad esporre alla Segreteria di Stato il caso dei Fratelli delle Scuole Cristiane della provincia di Torino destinati sull’isola dall’Associazione Nazionale per Soccorrere i Missionari Italiani per gestire la scuola italiana maschile, prima affidata a maestri laici. Il loro insediamento in concomitanza con il bombardamento fu per il vescovo di Corfù una «fatale coincidenza» che mal dispose gli animi fin dall’inizio: considerati «i pionieri di una occupazione definitiva», sui Fratelli pesò sin da allora il pregiudizio che si tradusse in propaganda avversa e in continui attacchi sulla stampa locale419.

La situazione era senz’altro tesa e non solo a livello diplomatico. Per quanto riguardava don Arlotti, il vescovo rispose tempestivamente alla richiesta di chiarimenti della Segreteria di Stato, inoltrata però solo due mesi dopo la comunicazione di Tacchi Venturi420. Egli confermò a sua volta i giudizi negativi della colonia: il canonico don Arlotti fu definito come una vera e propria tribolazione per tutti i vari arcivescovi succedutisi a Corfù, dando sempre adito a malcontento. Guidato da «insulso sentimento patriottico» egli aveva effettivamente sospeso la lettura in italiano, ma dopo reiterati richiami all’ordine, si era finalmente sottomesso alla sua ingiunzione di ripristinare la consuetudine in questione421.

Tacchi Venturi comunicò il buon esito –seppur parziale rispetto alla richiesta iniziale di allontanamento- della pratica direttamente a Mussolini invece che al solito segretario generale del Ufficio del Contenzioso Diplomatico Amedeo Giannini, tanto da suggerire come la questione possa essere stata di particolare importanza per il ministro degli Esteri422. Nel fare ciò egli si attenne alle raccomandazioni del segretario della

418 L’occupazione ebbe innanzitutto il carattere di rappresaglia per l’eccidio a Giannina di una missione

militare italiana incaricata dalla conferenza degli ambasciatori di fissare il confine greco-albanese, ma fu allo stesso tempo «una rilevante alterazione dell’equilibrio marittimo mediterraneo», cfr. G. Rumi, Alle origini

della politica estera fascista (1918-1923), Bari, Laterza, 1968, p.241.

419 AA.EE.SS., Grecia, Pos.9, fasc.8, ff.70-74 [Brindisi-Pacelli, 8 novembre 1933]. 420 Ivi, f.65 [8 marzo 1924].

421 Ivi, f.67, [Brindisi, 13 marzo 1924].

422 ARSI, Tacchi Venturi, Affari, b.2, fasc.28 Predicazione in italiano nell’isola di Corfù, ff.3-4 [Tacchi Venturi-

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Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari mons. Borgongini Duca, di avvalersi cioè delle informazioni con discrezione e prudenza, presumibilmente atte a non pregiudicare ulteriormente la già precaria posizione del sacerdote in questione di fronte all’autorità civile.

A conferma di un diffuso sentimento antitaliano che coinvolgeva la gerarchia ecclesiastica locale, già nel maggio successivo il gesuita fu informato di una situazione analoga verificatasi a Salonicco, dove il parroco della chiesa locale aveva recentemente sospeso l’uso di predicare in italiano durante la funzione liturgica, ormai solo in francese. La colonia italiana ne chiedeva quindi il ripristino almeno ogni quindici giorni con una supplica indirizzata direttamente al sacerdote per il tramite del fascio italiano locale423. Il tempo intercorso fra la presentazione della petizione al parroco (26 marzo 1923) e l’apertura della pratica al Ministero degli Esteri (maggio 1924) fa supporre le resistenze del sacerdote nell’accontentare gli italiani, tanto da costringere le rappresentanze italiane locali o addirittura i coloni stessi (non vi sono documenti che indicano chi abbia inoltrato la predica al ministero) a trasmettere le proprie lamentele direttamente al governo per una soluzione certa.

La città cosmopolita di Salonicco ospitava una comunità italiana che alla fine degli anni Venti poteva contare circa 600 persone, caratterizzandosi per un discreto attivismo sia dal punto di vista economico che culturale. Oltre ad una camera di commercio e ad una filiale della Banca Commerciale Italiana (che testimoniavano il ruolo non secondario degli interessi italiani nel commercio portuale della città), vi erano inoltre due scuole elementari, un istituto medio, un fascio –con una sezione sia maschile che femminile e un settimanale «Patria Lontana» - e un ospedale italiano (di cui Tacchi Venturi fu chiamato in seguito ad occuparsi).

Al gesuita fu quindi chiesto di fare i passi necessari presso le competenti autorità ecclesiastiche per ovviare al danno morale inflitto alla numerosa colonia della città greca. La richiesta fu trasmessa questa volta tempestivamente dagli Affari Ecclesiastici Straordinari alla Congregazione di Propaganda Fide, competente per questo territorio, con la sollecitazione a provvedere424: è proprio l’assenza di ulteriori riscontri in merito, anche da parte della stessa Congregazione, a suggerire come la questione fosse stata risolta nel senso voluto dalla colonia. Se da un lato la Santa Sede si prodigò prontamente per la

423 ASDMAE, AP. 1919-30, Italia, b.1279, fasc. Carte Varie 1924, [Giannini-Tacchi Venturi, 5 maggio 1924].

Cfr. Appendice di documenti, VI e VI. A.

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soluzione di questo tipo di questioni segnalate dal ministero al solo fine di garantire il diritto della minoranza linguistica a ricevere assistenza spirituale nella lingua materna senza distinzione di nazionalità, dall’altro contribuì indirettamente a rafforzare l’immagine di Mussolini quale difensore dei diritti delle minoranze italiane all’estero, che si rivolgevano appunto direttamente all’autorità civile anziché a quella ecclesiastica.

Le richieste di intervento a favore della minoranza italiana discriminata dalla gerarchia ecclesiastica locale si interruppero con il caso di Salonicco del maggio 1924, per poi riprendere nel corso degli anni Trenta (attraverso il nuovo ambasciatore presso la Santa Sede Cesare Maria De Vecchi) ad evidenziare come la situazione fosse tutt’altro che pacificata.

La mediazione di Tacchi Venturi per il caso greco continuò però nel corso degli anni Venti in un’altra direzione, trasmettendo cioè alla Santa Sede le richieste del governo per insediare religiosi di nazionalità italiana in talune cariche della gerarchia cattolica resesi vacanti in Grecia.

I suoi interventi rispecchiano cioè una precisa cesura della politica estera mussoliniana che non mancò di ripercuotersi anche sul tipo di appoggio richiesto alla Santa Sede. Nonostante il limitato apporto personale del gesuita in questo frangente, la serie Affari ancora una volta rivela nuovi aspetti del rapporto fra Santa Sede e governo fascista anche al di fuori del territorio nazionale.

Cessati gli interessi prettamente territoriali grazie ai successi diplomatici di cui si è detto, a partire dal 1925 l’area greca divenne principalmente terreno di contesa con la Francia per espandere la propria influenza politico-culturale: a ciò corrispose una diversa predisposizione della Segreteria di Stato di fronte alla nuova tipologia di richieste, molto più attenta a vagliarne le potenziali ripercussioni.

Il nuovo corso prese avvio con l’intervento di Tacchi Venturi, dietro la sollecitazione di Amedeo Giannini del 20 novembre 1924 presso il cardinal Gasparri per il posto vacante di cappellano nell’ospedale italiano di Salonicco: il governo desiderava infatti opporsi alle «mire dei lazzaristi francesi», ottenendo la nomina di un padre dell’Ordine dei Minori Conventuali425.

Alla comunicazione della Segreteria di Stato, inoltrata solo nel febbraio successivo (il 14 febbraio 1925), il prefetto della Congregazione di Propaganda Fide cardinale Van Rossum

425 ARSI, cit., Affari, b.7, fasc.157 Salonicco. Nomina del cappellano nell’ospedale italiano, f.1 [Giannini-

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rispose spiegando che furono gli stessi padri conventuali nel 1921 a chiedere ai lazzaristi di Salonicco di farsi carico dell’assistenza all’ospedale italiano. La ragione dell’abbandono dell’incarico che essi detenevano sin dal 1910 stava proprio nell’ostilità da parte dei lazzaristi, oltre a ragioni di ordine spirituale, dovute al fatto che un solo religioso lontano dai confratelli non poteva vivere secondo le regole dell’Ordine.

In seguito alla partenza del minore conventuale, il Prelato per l’emigrazione italiana mons. Michele Cerrati destinò all’ospedale il sacerdote secolare Giuseppe Bergamo, il quale «fece del gran bene alla colonia italiana». Anch’egli però non poté evitare contrasti con i lazzaristi e con il vescovo di Atene, dal quale provvisoriamente dipendeva il territorio di Salonicco e nel 1923, meno di un anno dopo, se ne andò. Van Rossum concluse rimandando «l’esame della complessa questione» ed eventuali provvedimenti alla conclusione della visita apostolica ordinata nel frattempo in tutte le diocesi latine di Grecia, ma di fatto la questione si chiuse con la comunicazione da parte di Tacchi Venturi ad Amedeo Giannini della risposta del cardinal prefetto426.

È plausibile, seppure la documentazione non lo confermi, che la questione sia stata lasciata sostanzialmente cadere per la ragione che il lazzarista padre Marasca si era dimostrato, come lo descrisse in seguito De Vecchi, «ottimo religioso ed ottimo italiano» e un «efficace ausilio spirituale per la colonia italiana di Salonicco»427, fino alla sua morte nel 1929.

La pratica riprese appunto quell’anno con la sollecitazione dell’ambasciatore De Vecchi presso la Segreteria di Stato a nominare un altro sacerdote italiano, preferibilmente di «un ordine religioso che sia più adattabile alle particolari esigenze del loro [degli italiani] sentimento cattolico e nazionale di quello dei padri lazzaristi»428. Il disagio spirituale della colonia italiana, che pure rappresentava la maggioranza dei fedeli nella missione cattolica di Salonicco affidata ai Lazzaristi francesi, si era infatti nuovamente acuito. Con l’improvvisa scomparsa del p. Marasca infatti, gli italiani potevano contare solo sulle funzioni religiose e sull’insegnamento del catechismo in lingua francese.

Nel corso degli anni Trenta continuarono di fatto le dinamiche che si erano delineate nel decennio precedente durante la mediazione di Tacchi Venturi: consapevole degli attriti di

426 AA.EE.SS., Grecia, Pos.10, fasc.8, f.88 [Gasparri-Van Rossum, 14 febbraio 1925] e ff.89-90 [Van Rossum-

Gasparri, 28 febbraio 1925].

427 Ivi, f.93 [De Vecchi-Gasparri, 21 dicembre 1929]; cfr. ASDMAE, Ambasciata, b.36, fasc.1, sf.6 Parrocchia

italiana di Salonicco.

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natura nazionale fra i due governi italiano e francese e delle potenziali strumentalizzazioni in questo senso dell’ambito prettamente religioso, la Santa Sede non mancò tuttavia di attivarsi per garantire anche ai fedeli cattolici italiani il godimento dei diritti naturali, cioè l’assistenza spirituale e l’insegnamento cattolico in lingua materna.

Nel caso della successione del p. Marasca ad esempio, lo stesso cardinal Gasparri si scontrò con le giustificazioni che il padre Francesco Verdier, Superiore Generale della Congregazione della Missione, addusse in merito alla difficoltà di mandare un padre italiano dell’Ordine a Salonicco: la difficoltà principale stava, a suo dire, nell’opposizione dello stesso governo greco al soggiorno di stranieri nel territorio429. Una risposta che «non par chiara, perché italiani e francesi dovrebbero essere considerati ugualmente stranieri in Grecia, così che là dove si è disposti ad accettare un francese, non dovrebbe essere escluso un italiano»430.

Il cardinal segretario Pacelli auspicava che il Padre Generale riuscisse a superare tutte le difficoltà «quelle governative comprese», assicurando De Vecchi che non avrebbe mancato di fare le opportune insistenze nel senso desiderato dal governo, ma ricordava pure che all’origine delle presenti difficoltà vi era la questione irrisolta della permuta della parrocchia latina di Salonicco, abitata in maggioranza da fedeli italiani ma affidata ai PP. Lazzaristi francesi, con quella di Alessandretta (Siria francese), affidata ai PP. Carmelitani italiani, ma abitata in prevalenza da cattolici di nazionalità francese.

La Santa Sede, interrogata confidenzialmente in proposito già nel corso del 1927 per il tramite di Tacchi Venturi431, non aveva mutato la propria posizione in merito alla questione, «abbondante sorgente di attriti fra i due Governi e di molteplici inconvenienti»: nel caso in cui i due governi si fossero intesi fra loro circa il trasferimento dei religiosi, la Santa Sede era pronta a ratificare l’accordo432.

Nonostante le superiori gerarchie ecclesiastiche avessero dato –ufficiosamente- al progetto di permuta delle parrocchie l’avvallo richiesto dal governo per poter procedere con le opportune trattative con la Francia, la questione non fu risolta nel senso auspicato e la

429 Ivi, f.35 [Verdier-Gasparri, 4 febbraio 1930]. 430 Ivi, ff.97-98 [Pacelli-De Vecchi, 28 febbraio 1930].

431 ARSI, cit., Affari, b.29, fasc.765 Alessandretta. Parrocchia italiana da cambiarsi con quella di Salonicco,

[Rocco-Tacchi Venturi, 25 novembre 1927]. Già nel marzo precedente, il cardinal Gasparri aveva chiesto a Tacchi Venturi di procurargli «con le debite cautele» l’accordo franco-italiano per Alessandretta: cfr. ARSI, cit., Affari, b.23, fasc.618 Alessandretta. Accordo del 1918.

432 AA.EE.SS., Grecia, Pos.10, fasc.8, f.35 [Verdier-Gasparri, 4 febbraio 1930]. Cfr. ARSI, cit., b.29, fasc.765

Alessandretta. Parrocchia italiana da cambiarsi con quella di Salonicco, f.8 [Tacchi Venturi-Rocco, 13

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questione dell’assistenza spirituale degli italiani di Salonicco tornò ad essere fonte di attrito ancora nel 1934.

Il dato significativo che emerge da questi sviluppi è che il governo italiano era riuscito ad ottenere l’insediamento di un altro lazzarista italiano, padre Giuseppe Bucca, ma anche di un missionario francescano, Vincenzo Piccioni, con l’incarico di cappellano presso l’Ospedale italiano della città.

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