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Le tecniche tradizionali di gestione

CAPITOLO 3: TECNICHE DI GESTIONE DEI CREDITI NON PERFORMING

3.2 Le tecniche tradizionali di gestione

Le tecniche tradizionali di gestione degli stati di difficoltà della controparte sono essenzialmente due: la ristrutturazione del credito e il recupero.

Non sempre la banca può decidere in perfetta autonomia come procedere. Infatti spesso un soggetto può aver richiesto crediti a più banche; in tal caso i creditori formano dei tavoli per individuare un accordo sulla metodologia con cui agire. Non è facile trovare un accordo in quanto a seconda della dimensione del credito le banche potrebbero preferire soluzioni differenti, quindi i tempi risultano piuttosto lunghi.

È importante individuare il trade-off costi-benefici tra liquidazione e ristrutturazione. La liquidazione permette di ottenere il massimo realizzo dai beni dell’impresa con i minimi costi di transazione, con l’aspetto negativo della cessazione dell’attività in quanto vengono venduti gli asset essenziali. La ristrutturazione può indurre nel rischio di mantenere in vita un’impresa che andrebbe liquidata.

Un’importante elemento che influenza la scelta della strada da percorrere è dato dalle garanzie. Queste possono rendere più credibile la minaccia della liquidazione è più conveniente il ricorso a questa strada. Se un credito in sofferenze è interamene garantito può essere equiparato ad un credito vivo36. Tuttavia la presenza delle garanzie spesso disincentiva la banca dall’effettuare le operazioni di monitoraggio, con cattive sorprese in caso di inadempimento.

3.2.1 La ristrutturazione

Qualora il debitore risulti in una situazione di difficoltà finanziaria i creditori (le banche), preferiscono utilizzare come prima strada la ristrutturazione, in quando con modifiche

contrattuali piuttosto semplici si potrà ottenere l’integrale, o quasi integrale rimborso del credito vantato.

Per situazione di difficoltà del debitore possiamo intendere37:

• Difficoltà nell’adempimento delle obbligazioni per quota capitale e/o interessi; • Dubbi sulla continuità aziendale (going concern);

• I flussi finanziari generati dalla gestione non sono sufficienti per effettuare puntualmente gli integrali rimborsi;

• Il debitore non riesce ad ottenere prestiti al costo di mercato per il debito oggetto di ristrutturazione, se non dall’attuale banca creditrice.

La ristrutturazione non ha un numero chiuso di metodi per essere esercitata, pertanto non possiamo riportarne un elencazione, ma possiamo riportare un raggruppamento delle diverse tipologie38.

1. Modifica delle condizioni contrattuali, in particolare si tratta di rinunce da parte del creditore quali ad esempio: l’ammontare di capitale, l’ammontare degli interessi già maturati o che matureranno, la tempistica originaria dei pagamenti. 2. Trasferimento alla banca di beni immobili, crediti verso terzi o altre attività. 3. Subentro o affiancamento di un nuovo debitore oltre a quello originario. 3.2.2 Il recupero

Il recupero coincide con il momento terminale del rapporto di debito o il momento di rinegoziazione del contratto.

A riguardo nel capitolo 1.4.2 abbiamo già visto il D.l. 59/2016 che prevede misure a sostegno delle imprese e idonee ad accelerare l’eventuale recupero del credito, vediamo ora il recupero più in generale con i diversi strumenti a disposizione.

37 Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio, OIC 6, Luglio 2011

38 Impresa, banche e rischio di credito. Tecniche innovative nella gestione dei crediti non performing,

Nella fase di recupero si può procedere con azioni extragiudiziali cioè accordi transattivi bancari, o con azioni giudiziali che richiedono la scelta della procedura concorsuale più idonea da attivare.

Nella via stragiudiziale la banca valuta soluzioni alternative a quelle concorsuali, in quanto evitando il processo giudiziario si possono ottenere risultati più convenienti in termini di costi (non ci sono costi giudiziari) e tempi (gli accordi privatistici richiedono minor tempo rispetto alle procedure giudiziarie).

In alternativa nella via giudiziale si possono avere diverse procedure concorsuali:

• Fallimento: Secondo la normativa vigente la sua applicazione è rivolta solo ad alcuni soggetti (imprenditori e società commerciali) e viene utilizzate qualora le altre soluzioni non risultano idonee. La richiesta di fallimento deve essere fatta al tribunale una volta verificati i presupporti oggettivi: la controparte non risulti soggetta ad altre procedure concorsuali, e presupposto soggettivi: il debitore è accertato in stato di insolvenza. Il tribunale, se sussistono i presupposti, emetterà la sentenza di fallimento, a seguito della quale gli organi fallimentari si occuperanno della valutazione del passivo e dell’attivo, alla successiva vendita dei beni e soddisfacimento dei creditori secondo il principio del par conditio creditorum39.

Il fallimento risulta la procedura più drastica in quando comporta effetti patrimoniali, quale lo spossessamento dei beni del fallito, ed effetti personali: iscrizione nel registro dei falliti, imposizione di alcune capacità giuridiche, divieto di allontanamento dalla residenza se non autorizzati ecc.

• Liquidazione coatta amministrativa: è una procedura per qualche verso simile al fallimento, ma si differenzia anzitutto per i soggetti a cui è rivolta, tra questi

possiamo elencare banche e assicurazioni. Inoltre l’attuazione di tale procedura non è limitata allo stato di insolvenza, ma anche a violazione di norme o atti amministrativi che comportino gravi irregolarità di gestione e ragioni di pubblico interesse. Il fine ultimo è quello della liquidazione che permetterà il soddisfacimento dei creditori e l’estinzione della società.

• Amministrazione straordinaria delle grandi imprese: a differenza delle due procedure appena viste, l’amministrazione straordinaria non ha uno scopo liquidativo, ma un obiettivo conservativo, si vuole evitare che vi siano gravi impatti sotto il profilo sociale ed economico, e salvaguardia quindi la sfera produttiva e occupazionale.

Per potervi accedere devono essere rispettati alcuni requisiti: lo stato di insolvenza, avere almeno 200 dipendenti da più di un anno, effettive prospettive di recupero e debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio.

• Concordato preventivo: è lo strumento utilizzato per “prevenire” il fallimento. Il debitore che si trova in uno stato di crisi o insolvenza può procedere al risanamento dell’attività e nel caso alla cessione della stessa, o liquidarla in modo da soddisfare i creditori. In caso di continuazione dell’attività, il debitore può accordare con il creditore un piano di recupero che può prevedere: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, la cessione dell’attività ad un assuntore, la suddivisione dei creditori in classi con trattamenti differenziati tra le diverse classi ma senza alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione. L’obiettivo anche qui è quello di mantenere in vita l’attività per fini economici ed occupazionali del paese.

• Amministrazione controllata: tale procedura consente all’imprenditore di risanare l’attività nel tempo massimo di due anni. Lo scopo principale non è quello di soddisfare i creditori, ma quello di ricreare una liquidità e un equilibrio nella gestione che permetteranno in futuro di adempiere puntualmente.

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