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Temi, stile e innovazioni

Nel documento Astrachan' e Velimir Chlebnikov. (pagine 87-92)

Capitolo II : Il poeta futuriano e la sua “gorod predkov”

2.3 Temi, stile e innovazioni

La sua opera, come in parte già è stato evidenziato, è percorsa da svariati nuclei tematici e significative novità stilistiche. Partendo da un ambiente simbolista, Chlebnikov integra, soprattutto nelle prime poesie, alcuni importanti lasciti di questo movimento: l’esoterismo, la trionfalità, il recupero dei miti greci, le espressioni arcaiche ricordano da vicino la

gravezza di Viačeslav Ivanov79. Il suo primitivismo, d’altro canto, si amalgama bene con le

passioni degli artisti del suo tempo per i riti e le feste del mondo pagano paleoslavo: il folklore è un elemento tra i più rilevanti nell’opera chlebnikoviana, che viene manovrato

con “gaiezza burlesca”80.

Ciò si riaggancia non solo alla presenza, nelle poesie, di personaggi come le rusalki (creature a metà tra il mondo umano e quello acquatico, ninfe d’acqua), gli spiriti del bosco, le streghe, i maghi, ma anche a un’utopia riguardante il linguaggio. La lingua universale, o lingua delle stelle (lingua delle parole liberate dal loro significato quotidiano)

che Chlebnikov voleva ri-creare, è una lingua del popolo81, dei sentimenti (trans-

razionale).

79 Cfr. A. M. Ripellino, Tentativo di esplorazione del continente Chlebnikov, cit.,. p. XXX. 80 Ivi.

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Il primitivismo di Velimir (nome che egli stesso si dette82, poiché era più in sintonia con il

mondo panslavo antico: nasce dall’unione delle parole russe velikij, grande, e mir, pace o mondo) si esprime anche nella passione per la natura, ereditata dal padre ornitologo ed esperto naturalista. Nelle sue opere troviamo descrizioni di scene di caccia e pastorizia,

santuari vegetali, paesaggi caucasici, rive della Volga, mandrie, foreste slave83. Non a caso,

le prime attività dell’infanzia che egli ricorda sono la caccia, la pesca e il rincorrere le

farfalle84, nelle vaste steppe eurasiatiche e poi nelle foreste ucraine e di Simbirsk.

Sempre primitivista è la sua passione per i tumuli scitici (kurgany in russo), per i teschi e le statue decorative in pietra, raffiguranti spesso, in modo rozzo, delle donne: le famose

kamennye baby che gli Sciti e altri popoli nomadi usavano porre sopra i tumuli. Tutto ciò,

per dirla con Ripellino, sottolinea la sua nostalgia di una perduta “gaia pastoralità della

Russia Pagana, […] la malinconia dei perduti incantesimi, d’un mondo di fiaba svanito”85.

Il poeta era affascinato anche dal mondo della magia: la lingua trans-razionale ha un potenziale magico (come dimostra nella poesia Esorcismo col riso, 1910), e anche le sue enumerazioni, le accozzaglie di nomi (siano di personaggi storici, divinità o quant’altro)

possono suonare come degli incantesimi86.

Per ciò che concerne la tecnica stilistica, oltre allo spezzarsi del ritmo, fino a giungere al verso libero, la sua poesia presenta anche un’instabilità semantica e grammaticale

82 Cfr. E. R. Arenzon, op. cit., p. 253.

83 Cfr. A. M. Ripellino, Tentativo di esplorazione del continente Chlebnikov, cit., p. XXXII. 84 Cfr. R. Cooke, op. cit., p. 4.

85 Cfr. A. M. Ripellino, Tentativo di esplorazione del continente Chlebnikov, cit., pp. XXVII-XXXVIII. 86 Ivi, p. XLVI.

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(interruzioni, cambi improvvisi di persona-soggetto, di verbi). Chlebnikov attinse molte tecniche dalla pittura contemporanea, dal cubismo al fauvismo, passando per futurismo e costruttivismo. Utilizzava ad esempio la tecnica dello smottamento (sdvig) dei piani logici,

proveniente dalle tecniche pittoriche cubiste87.

Altro procedimento ricorrente è la segmentazione delle metafore in “piccoli nuclei

iterativi88”, ossia data una certa immagine, egli la sminuzza in tante parti che ripete poi nel

testo, con leggere variazioni: l’oggetto spezzato e distorto acquista una polisemia. Tra le immagini che si ritrovano più frequentemente ci sono quelle della farfalla, dell’albero, degli occhi, del cacciatore, della rete e dei treni89.

Non solo nelle opere si nota un “caos” popolato da molte suggestioni e figure, ma anche le condizioni concrete dei suoi scritti rivelano una grande “baraonda”: oltre ai manoscritti perduti ovunque, essi erano sempre pieni di scarabocchi, numeri, frammenti accorpati senza una logica, il tutto scritto con grafia illeggibile90. L’atto creativo era forse, per il

poeta, più importante della cosa creata in sé: esso non era mai finito, ma era un costante processo, così che una poesia poteva essere ripresa e riscritta in ogni momento. Questo ha determinato, però, una difficoltà oggettiva nell’ordinare e pubblicare le sue opere,

soprattutto dopo la sua morte. Se ne occuparono David Burljuk e Majakovskij91,

87 Ivi, pp. XX- XXIII. 88 Ivi, p. XXI. 89 Ivi, p. LXIX.

90 Cfr. R. Cooke, op. cit. p. 161. 91 Ivi, p. 162.

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attirandosi la sua ira mentre era in vita92 e sollevando critiche di distorsione delle opere

anche in seguito, dalle quali i due artisti si difesero sottolineando lo stato caotico delle stesse.

Chlebnikov, paradossalmente, lottò tutta la vita contro il caos. Nonostante sia immerso nel disordine, nella sua opera, nei suoi tentativi di scoprire le leggi del Tempo e della Storia e nella creazione di una lingua universale, si trovano i segni di una ricerca di unità. Egli non si rassegna alla baraonda del mondo, alla perdita di certezze che la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento comporta a livello globale; getta piuttosto piccole “fiammelle di un

desiderio di compattezza93”, infatti:

[…] la miscela di varie credenze; la convergenza di personaggi di ogni epoca e di ogni contrada in una storia cumulativa e sincronica, senza cesure né fuggimenti: tutto ciò testimonia dell’ansia di ritrovare la perduta unità dell’universo, l’occulta solidarietà dei fenomeni94.

Anche il suo ridurre le divinità di varie religioni a puri fonemi senza significato, o il suo

“bruciare” tutte le fedi del mondo di cui parla La temptation de Saint Antoine95 di Flaubert,

per sostituirle con la “misura della matematica”, con il Čislobog96 (Dio-numero), con la

formula che sottende al tempo, dimostra in fondo la sua ricerca di senso e di totalità.

92 Secondo V. Markov, Chlebnikov si infuriò quando vide in che modo erano rappresentate le sue opere in

Tvorenija 1906-1908, pubblicato da D. Burlujk nel 1914. Accusò i fratelli Burljuk di distorsione dei testi e di

aver pubblicato materiale non fatto per la pubblicazione, minacciando di intentare una causa a loro danno; si veda V. Markov, op. cit., p. 195.

93 A. M. Ripellino, Tentativo di esplorazione del continente Chlebnikov, cit., p. XC. 94 Ivi, pp. XC- XCI.

95 Cfr. A. A. Mamaev, op. cit., p. 40. 96 Cfr. R. Cooke, op. cit., p. 182.

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Cooke sottolinea che secondo Tzvetan Todorov, il suo iperrazionalismo (nel cercare con astrusi calcoli matematici le leggi del Tempo) diventa comunque, anche se in modo vago,

una sorta di teologia97. La fede, in realtà, non è poi così esclusa dal mondo di Chlebnikov:

anzi, il suo credere in un ordine mondiale razionale e armonico, opposto all’idea che tutto

è caos, è forse l’aspetto fondamentale della sua visione del mondo98. Jean-Claude Lanne

afferma che :

Chlebnikov in realtà condusse dall’inizio della sua carriera poetica fino alla morte una continua ricerca metafisica, combinando in strano modo misticismo e razionalismo, ciò che lo distingue così dai suoi compagni di strada occasionali e lo colloca a una certa distanza da ogni setta poetica determinata99.

In qualche modo anche il lettore è invitato ad avere “fede” in questa visione, per poter entrare nel mondo che Chlebnikov crea e nel quale vuole avviluppare il pubblico, come anche i quadri futuristi cercavano di fare.

Suggestioni del primordiale e visioni dell’avvenire, due elementi apparentemente inconciliabili, trovano un punto d’incontro in Chlebnikov: il futuro sognato e ricercato, pur con le innovazioni della tecnica, recupera l’idillio, l’innocenza del passato. In particolare il mito dell’Asia è per il poeta il modello da seguire per creare un avvenire genuino: essa è

luogo eletto, Terra promessa, deposito di innocenza100. Questo amore per l’Asia nacque in

lui grazie agli ambienti in cui visse l’infanzia e la gioventù: le steppe, dove respirò l’aria del buddismo e delle tradizioni antiche del popolo calmucco; Astrachan’, città crocevia di

97 Ivi. 98 Ivi, p. 188.

99 J. C. Lanne, Velimir Chlebnikov (1885-1922), trad. dal franc. di Ada Cinato, in Storia della letteratura russa, a

cura di E. Etkind, G. Nivat, I. Serman e V. Strada, Torino 1989, pp.665-677, p. 665.

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popoli e culture diverse, soprattutto mediorientali e asiatiche, dove Chlebnikov passò la maggior parte della propria vita; Kazan’, dove visse dal 1903 al 1908, popolata dai Tatari.

2.4 Chlebnikov e Astrachan’: aspetto biografico, luoghi del poeta, la Casa-

Nel documento Astrachan' e Velimir Chlebnikov. (pagine 87-92)