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Come lo vidi, subito impazzii. (Teocrito, Idilli II)

Sin dall’ora in cui lo vidi, lo amai. (L’Astrea)

Da quando l’ho visto , al mio primo

sguardo , ho sentito che io non

disponevo più della mia vita. (Gide, I falsari)

1.L’immediatezza.

Ho tratto queste tre epigrafi quasi casualmente – fatto salvo il dispiegamento temporale – tra altre venti o trenta che ne rappresenterebbero dei calchi quasi letterali. La terza persona può sostituirsi alla prima («Sin dall’ora in cui lo vide, lo amò»), il modello sintattico può espandersi, il tipo di formula può attenuarsi, tutte piccole varianti che non scalfiscono l’essenziale la rapidità di un avvenimento fatale, durante il quale si interrompono sia la finzione sia la narrazione.

Ed ecco qui riuniti questi tratti fondamentali, unitamente alla loro armonia emotiva, in un romanzo epistolare del XVIIIsecolo:

Sarebbe vano tentare di descrivervi il turbamento causatomi dalla vostra presenza, fino a dove giunsero, solamente col percepirvi, il disordine e lo

sconvolgimento dei miei sensi. E con quale rapidità, con quale violenza, fui esaltato da voi. Stando alle idee che potei farmi, mai avrei immaginato che gli effetti di un

qualsiasi sentimento fossero al contempo così improvvisi e così poco previsti.1

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n’aurais imaginé que les effets d’un sentiment, quel qu’il pût être, fussent tout à la fois si subits, et si peu prévus1.

A la rapidité de l’imprévisible, ce texte ajoute le retentissement de l’événement sur une sensibilité violemment secouée le seul remède en l’espèce est de fuir. De fait, cette lettre est la dernière d’une longue série – tout le roman – où l’héroïne, éloignée volontaire de son correspondant, n’a cessé d’écrire pour maintenir le contact, mais en donnant le change sur ses véritables sentiments; elle ne déclare l’ébranlement subi lors de la première vue que dans cette page finale, qui est à la fois son aveu et son adieu.

En contrepoint, voici un texte d’une palette moins sombre, plus sereine, mais qui va dans le même sens; il innove par une distinction assez rare entre voir et regarder; pour une fois le premier regard ne coïncide pas avec la première vue:

Nos yeux se rencontrèrent Il y avait plus de dix-huit mois que je vivais

près d’elle, et pour la première fois je venais de la regarder comme on regarde quand on veut voir. Madeleine était charmante Cette illumination soudaine, au lieu de m’éclairer peu à peu m’apprit en une demi-seconde tout ce que j’ignorais

d’elle et de moi. Ce fut comme une révélation définitive2.

A part l’opposition signalée entre vision active et passive, le stéréotype est parfaitement respecté l’échange des regards, en une formule invariable, déclenche un processus que nous savons déjà irréversible, la révélation est dite définitive mais c’est la rapidité de l’opération qui est fortement marquée, non seulement par l’épithète attendue,

soudaine, mais par la redondance des termes désignant une connaissance que rien ne laissait prévoir, comme si elle venait d’ailleurs illumination, révélation; non pas découverte volontaire, progressant peu à peu, mais irruption, explosion.

Les mêmes indications se trouvaient déjà, condensées au maximum, dans les trois épigraphes choisies; il y suffisait du dés que anaphorique. Au risque d’enfreindre la nomenclature reçue, on est tenté d’attribuer à la conjonction de temps une valeur causale; les deux propositions sont si étroitement associées que la seconde se donne pour le 1Crébillon, Lettres de la Duchesse (1768), lettre LVI et dernière.

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Questo testo, oltre alla rapidità dell’imprevedibile, accresce l’impatto dell’avvenimento su un cuore scosso in modo violento in questo caso, l’unica soluzione è la fuga. In effetti, questa lettera è l’ultima di una lunga serie, ovvero di tutto il romanzo; una serie in cui il personaggio femminile, lontano per sua volontà dal corrispondente, non ha smesso di scrivere per tenere il contatto, ma dissimula i suoi veri sentimenti. Solo in questa pagina finale, che è al contempo una confessione e un addio, la protagonista dichiara lo choc subìto al momento della prima vista.

Parallelamente, ecco un testo che va nella stessa direzione, ma di portata meno malinconica e più serena; comporta una distinzione abbastanza rara tra vedere e guardare. Il primo sguardo, per una volta, non coincide con la prima vista:

I nostri occhi si incontrarono . Erano più di diciotto mesi che le vivevo accanto

e per la prima volta io l’avevo guardata come si guarda quando si vuol vedere.

Madeleine era attraente . Questa improvvisa folgorazione invece di rischiarare a

poco a poco le mie idee mi fece capire in mezzo secondo tutto quello che ignoravo

di lei e di me. Fu come una rivelazione definitiva.2

Se si tralascia l’opposizione segnalata tra visione attiva e passiva, lo stereotipo è perfettamente rispettato: lo scambio di sguardi, nella sua formula invariabile, mette in moto un processo che noi già sappiamo essere irreversibile, la rivelazione è definitiva. Eppure è la rapidità dell’operazione ad essere fortemente marcata: non soltanto attraverso l’epiteto previsto, improvvisa, ma anche attraverso la ridondanza dei termini che designano una conoscenza inaspettata, come se Madeleine venisse da altrove: folgorazione, rivelazione. Dunque, non si tratta di una scoperta volontaria, che progredisce man mano, ma di un’irruzione, di un’esplosione.

Le stesse indicazioni si trovavano già, ridotte al minimo, nelle tre epigrafi scelte, ove era sufficiente il sin da anaforico. Con il rischio di violare la terminologia introdotta, si è tentati di attribuire alla congiunzione temporale un valore causale; le due proposizioni sono unite così strettamente al punto che la seconda si dà per il risultato necessario della 2 E.FROMENTIN, Dominique [1862], trad. it. Dominique di R. Loy Provera, Einaudi, Torino 1972, p. 67.

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produit nécessaire de la première: la vision. L’aspect temporel n’est pourtant pas négligeable, mais l’écart est si infime entre les deux instants qu’on le reçoit comme une simultanéité: dès que , ou tout aussi bien, aussitôt que , au moment où , et mieux encore la parataxe fameuse :

Je le vis, je rougis, je pâlis à sa vue

Ainsi s’énonce la rapidité instantanée de la conflagration; voir, apercevoir, entrevoir, et c’en est fait, la mécanique narrative est mise en marche, plus rien ne l’arrêtera. C’est donc bien de l’index dynamique qu’il convient de marquer la catégorie de l’effet, ainsi que je l’ai établi plus haut voir «Construction d’un modèle» dynamique, puisque sans lui le récit n’avancerait pas interne aussi, parce qu’il se déploie pleinement dans la scène, dont il est la condition première. On peut concevoir, je l’ai dit, l’absence de franchissement et, à la rigueur, une réduction extrême de l’échange à supprimer en revanche l’impression produite et reçue, la rencontre n’en serait plus une.

Sa manifestation constante et pour ainsi dire inévitable, on le sait déjà, c’est la surprise et ses équivalents, de l’étonnement à l’éblouissement; quelque chose d’absolument nouveau se produit à ce moment-là: «au premier coup d’œil, Sélima avait fait dans mon cœur une impression qui n’en sera jamais effacée»3, ou semblablement «j’étais loin de penser que les effets d’un sentiment pussent être à la fois si subits et si peu prévus»4.

Tel est le caractère constant de ce qui est premier. Ce trait se lisant partout, sous des formes diverses, mais toujours bien visible dans la plupart des textes déjà analysées, je n’ai pas besoin d’y revenir ici. Il me suffira d’en retenir trois réalisations fortes, qui en indiquent l’expansion maximale fascination ; commotion ; mutation.

a) La fascination est le degré élevé de l’étonnement elle se traduit soit par une paralysie momentanée, soit par le silence de la parole bloquée. La paralysie se présente sous sa forme bénigne «Tout à coup, je m’arrêtai, je ne pus plus bouger» (Proust, I, p. 140), 3

Prévost, Mémoires d’un homme de qualité , livre IV, Œuvres, Presses univ. de Grenoble, t. I (1978), p. 69. 4

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prima la visione. L’aspetto temporale non è neppure trascurabile, ma lo scarto tra i due istanti è talmente lieve che lo si percepisce come una simultaneità: sin da , o anche

appena , nel momento in cui , e meglio ancora la famosi paratassi

Lo vidi, ed arrossii, Impallidii vedendolo.3

Così si comunica la rapidità istantanea dell’esplosione. Vedere, percepire, scoprire, ed è fatta: il meccanismo narrativo è messo in marcia, niente più lo fermerà.

Proprio dall’indizio dinamico, dunque, è necessario determinare la categoria dell’effetto, così come l’ho stabilito precedentemente cfr. «Costruzione di un modello»); dinamico, poiché altrimenti la narrazione non avanzerebbe, e interno, perché si sviluppa pienamente nella scena, in cui è la condizione primaria. Come ho affermato, si può concepire l’assenza di avvicinamento e, al limite, una riduzione estrema della comunicazione, ma se si sopprime l’impressione fatta e ricevuta, l’incontro non sussisterebbe.

È risaputo: la sorpresa (e simili) è la manifestazione costante dell’effetto, dallo stupore alla meraviglia. Qualcosa di assolutamente nuovo si produce in quel momento: «alla prima occhiata Selima aveva fatto nel mio cuore un’impressione, che non ne sarà mai cancellata»4 o, in maniera simile «ero ben lontana dal credere che gli effetti d’un sentimento possano essere allo stesso tempo tanto improvvisi e così poco previsti»5.

Questo è il carattere immutabile di ciò che è primo. E questo componente si scopre ovunque, sotto forme diverse, ma sempre ben visibile nella maggior parte dei testi già analizzati: non ho bisogno di ritornarci sopra. Sarà sufficiente riportarne tre realizzazioni forti, che ne indicano la massima espansione: fascinazione; commozione; mutazione.

a) La fascinazione è il grado superiore dello stupore, che si traduce sia con una

paralisi momentanea, sia con il silenzio della parola interrotta. La paralisi si presenta sotto

3 J.RACINE, Phèdre [1677], trad. it. «Fedra» di Jean Racine di G. Ungaretti, Mondadori, Milano 1950, p. 59. 4 PREVOST, Mémoires et aventures d’un homme de qualité qui s’est retiré du monde [1728-1731], livre IV, trad. it.

Memorie ed avventure d’un uomo di qualità, che s’è ritirato dal mondo, Bettinelli, Venezia s.d., p. 168.

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ou aigue, si caractéristique de la Comédie Humaine «la passion l’avait foudroyé». Et d’autre part l’aphasie qui vient de la stupeur: «je ne pouvais parler» (Phèdre); de ce mutisme profond né de la fascination, voici l’une des belles occurrences, et des moins connues, dans le Dom Carlos de Saint-Réal tout s’y dit sans un mot, par une intense contemplation mutuelle. Le prince, déjà épris sur le vue d’un portrait chapitre «Rencontrer sans voir), est envoyé à la rencontre de la nouvelle reine, mariée à son père:

Après les premières civilités, ces deux illustres personnes, occupées à se

considérer l’une l’autre, cessèrent de parler; et le reste de compagnie se taisant par

respect, il se fit, durant quelque temps, un silence assez extraordinaire dans cette occasion. Dom Carlos n’était pas régulièrement bien fait mais outre qu’il avait le teint admirable, et la plus belle tète du monde, il avait les yeux si pleins de feu et d’esprit, et l’air si animé, qu’on ne pouvait pas dire qu’il fût désagréable. D’abord (= aussitôt) il fut ébloui de la beauté de la Reine; mais quand il considérait ce qu’il avait perdu en la perdant, son admiration se changeait en douleur, et prévoyant ce qu’elle lui ferait souffrir, il vint insensiblement à la regarder avec quelque sorte de

frayeur

Le Prince ayant pris place dans la carrosse de la Reine, il ne leva point les

yeux de dessus elle, pendant le chemin, et il eut toute la commodité qu’il pouvait souhaiter de la considérer, et de se perdre. La Reine le remarqua aussitôt. Un sentiment secret, dont elle ne fut point la maîtresse, lui fit trouver de la douceur, à

voir le ravissement de Dom Carlos. Cependant elle n’osait l’observer, et il ne la

regardait d’abord qu’en tremblant; mais enfin leurs yeux, après s’être évités quelque

temps, lassés de se faire violence, s’étant rencontrés par hasard, ils n’eurent jamais

la force de les détourner. Ce fut par ses fidèles interprètes, que Dom Carlos dit à la Reine tout ce qu’il avait à lui dire. Il la prépara par mille regards tristes, et

passionnés, à toute l’obstination et la grandeur de sa passion. Le cœur de ce

Prince, chargé de son secret, et serré de la douleur de son infortune, ne put différer plus longtemps à se soulager; et comme il crut voir dans l’air interdit et

embarrassé de la Reine, qu’elle l’entendait, il en eut une joie si sensible, qu’il en

oublia pour quelques moments le bonheur de son père, et ses propres

malheurs 5

La rencontre des regards est canonique, rien là de particulier; ce qui est porté dans ce texte à un degré rare d’intensité, c’est l’éloquence muette de ce long échange oculaire l’effet produit par la première vue éblouissement immédiat, ravissement, air interdit, constitue en même temps l’aveu mutuel d’une passion et le pressentiment de son 5

Dom Carlos, 1672, p. 14- 8. autre exemple d’aphasie, mais sur le mode comique, dans Faublas; pour cette scène, voir plus loin le chapitre VI, «Les difficultés de l’échange.

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forma leggera «Tutt’a un tratto mi fermai, fui incapace di muovermi»6, o funesta, così caratteristica della Commedia umana: «La passione lo aveva folgorato»7. L’afasia, d’altra parte, viene dallo stupore: «non potevo più parlare»8 (Fedra). Di questo intenso mutismo che deriva dalla fascinazione, il Don Carlos di Saint-Réal offre uno degli esempi più belli e meno noti tutto viene detto tramite un’intensa contemplazione reciproca, senza proferire parola. Il principe, già infatuato alla sola vista di un ritratto, (capitolo «Incontrare senza vedere» , viene condotto all’incontro con la neo-regina, sposa del padre:

Dopo i primi convenevoli, queste due illustri persone, intente a osservarsi

reciprocamente, smisero di parlare e il resto della compagnia, tacendo per rispetto,

diede luogo, per qualche istante, a un silenzio veramente straordinario, data la circostanza. Don Carlos non aveva proprio tutti i tratti regolari, ma, oltre a un incarnato ammirevole e alla più bella testa del mondo, aveva occhi così ardenti e vivai e un piglio così animoso che non si poteva dire che fosse sgradevole. Da

principio (subito) fu abbagliato dalla bellezza della regina, ma la constatazione del

bene che, perdendola, aveva perduto mutò presto l’ammirazione in dolore e il presentimento dello struggimento ulteriore lo indusse, a poco a poco, a guardarla

con una specie di spavento.

Il principe, avendo preso posto nella carrozza della regina, non le levò gli occhi di

dosso per tutto il viaggio ed ebbe tutto l’agio che poteva desiderare di osservarla e di perdersi. La regina lo notò subito. Un sentimento segreto, che non riuscì a

controllare, le fece avvertire una certa dolcezza nel vedere il rapimento di don Carlos.

Lei, tuttavia, non osava osservarlo e lui non la guardava da principio che tremando. Alla

fine però, dopo che i loro occhi si erano evitati per qualche tempo e, stanchi di farsi violenza, si erano per caso incontrati, non ebbero più la forza di distoglierli. Fu grazie a questi fedeli interpreti che don Carlos disse alla regina tutto quello che

aveva da dirle. La preparò con mille sguardi tristi e appassionati a tutta l’ostinazione e alla grandezza della sua passione. Il cuore del principe, carico del suo segreto e oppresso dal dolore della sua sventura, non poté differire oltre di liberarsi dall’assillo e, non appena credette di riconoscere nell’espressione sconcertata e imbarazzata della regina che lei lo capiva, ne provò una gioia così sensibile che

dimenticò per qualche istante la felicità di suo padre e la propria sciagura.9

L’incontro di sguardi è canonico, nulla di particolare in questo. Ciò che in questo testo è elevato a uno stadio inusuale di intensità è l’eloquenza muta di questo lungo scambio visivo. L’abbaglio immediato, il rapimento, l’espressione sconcertata, in altre parole 6 M.PROUST, Du côté de chez Swann, in À la recherche du temps perdu, t. I [1913], trad. it. Dalla parte di Swann di G. Raboni, in Alla ricerca del tempo perduto, vol I, Mondatori, Milano 1995, p. 171.

7 H. DE BALZAC, Sarrasine [1830], trad. it. Sarrasine di R. Farinazzo, Feltrinelli, Milano 1998, p. 33. 8 J.RACINE, Phèdre [1677], trad. it. «Fedra» di Jean Racine di G. Ungaretti, Mondadori, Milano 1950, p. 59. 9 SAINT-REAL, Dom Carlos [1672], trad. it. Don Carlos di L. Carcereri, Marsilio, Venezia 1997, pp. 47-49.

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dénouement malheureux: il «dit ce qu’il avait à lui dire , il crut voir qu’elle l’entendait ». Voir, s’éprendre, se le dire sans qu’une seule parole soit prononcée : on ne peut imaginer un silence plus chargé de message, d’un sens qui se déclare sans attendre, et plus fortement, plus clairement qu’aucun mot ne saurai le faire.

A cette version pathétique de l’effet de mutisme, je joins, pour détendre l’atmosphère, une version ironique, et non mutuelle, qu’en donne Marivaux, par la bouche de son meneur de jeu, dans Les Fausses Confidences:

Araminte – mais où m’a-t-il vue, avant de venir chez moi, Dubois? Dubois – Hélas! Madame, ce fut un jour que vous sortîtes de l’Opéra, qu’il perdit la raison Il vous vit descendre l’escalier, à ce qu’il me raconta, et vous suivit jusqu’à votre carrosse il avait demandé votre nom, et je le trouvai qui était comme extasié; il ne remuait plus.

Araminte – Quelle aventure!

Dubois – J’ eus beau lui crier: Monsieur! Point de nouvelles, il n’y avait

personne au logis. A la fin, pourtant, il revint à lui avec un air égaré; je le jetai dans une voiture, et nous retournâmes à la maison I, .

La fascination, ce peut être tout aussi bien l’aventure heureuse de l’égarement comme oubli de soi-même et de la réalité à la contemplation imprévue d’un beau visage, le contemplateur ne se reconnait plus, ne sait plus ni qui il est, ni où il est; de cette forme profane d’extase, il existe des textes qui portent témoignage sans l’ironie de Marivaux et sans la stupeur craintive de Saint-Réal:

Le cœur lui bat dans le sein. Un tremblement universel le rejette dans la faiblesse qu’il avait ressentie en s’embarquant. Il ne sait plus ce qu’il est devenu. Il

voit et il ne voit pas. Enfin, étant ce qu’il n’avait jamais été, O, dit-il en soi-même,

quelle merveille! ô que la beauté est puissante!6

Il n’est pas inutile de donner, si l’occasion s’en présente, la parole à un conteur médiéval, ne serait-ce que pour rappeler la continuité du thème; en voici un qui éclaire cette même face heureuse de la découverte extatique; avec plus d’insistance encore, l’émerveillement conduit à l’état extrême du ravissement, jusqu’à la perte de conscience: 6

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l’effetto del primo sguardo, costituiscono al contempo la reciproca confessione di una passione e il presentimento del suo sviluppo infelice: egli «disse quello che aveva da dirle , credette di riconoscere che lei lo capiva ». Vedere, infatuarsi, dirselo senza proferire parola: non si può immaginare un silenzio più carico di messaggio, di significato. Un significato, questo, che si spiega senza esitazione, in modo più chiaro e forte di qualsiasi parola. A questa drammatica versione dell’effetto di mutismo ne aggiungo, per cambiare registro, una ironica e non reciproca: è la versione data da Marivaux nelle False confidenze per bocca dell’iniziatore:

ARAMINTE – ma dove mi ha visto, Dubois, prima di venire qui?

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