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3.3 Coerenza stretta e principio di regolarità

3.3.5 Teorema di Shimony-Kemeny generalizzato: il caso infinito

Kemeny a insiemi infiniti di eventi (Teorema 3.3.56). Il primo passo per ottenere tale risultato è quello di definire un concetto più generale di coerenza stretta. Come messo in luce da Shimony in [142], e come vedremo ora in dettaglio, la definizione di tale concetto va incontro a delle difficoltà.

Teorema di Shimony-Kemeny per insiemi infiniti di eventi

Il Teorema 3.3.52 mostra come la coerenza stretta cattura le misure regolari definite su insiemi finiti di eventi. Dall’articolo [65] sappiamo sotto quali circostanze sia pos- sibile definire una misura regolare su una algebra booleana, in particolare sappiamo che esistono algebre booleane infinite sulle quali è definita una misura regolare. Si po- ne dunque il problema di capire se sia possibile determinare un concetto di coerenza stretta per un insieme infinito di eventi che permetta di catturare le misure regolari definite su questo. Tale problema viene sollevato per la prima volta da Shimony in [142]. A suo avviso la possibilità di dare una definizione generale di coerenza stretta,

cioè una definizione che valga tanto per algebre finite quanto per algebre infinite di eventi, va incontro ad alcuni problemi. Shimony mostra infatti due esempi che

throw doubt on the possibility of formulating a satisfactory concept of coherence applicable to both finite and infinite sets of quantitative beliefs. ([142], p. 18)

Per ragioni di chiarezza ricordiamo che per coerenza Shimony intende ciò che qua denotiamo con il termine coerenza stretta. Ricordiamo anche che Shimony sviluppa il concetto di coerenza stretta per credenze condizionate (conditional belief ). Poichè in questo lavoro siamo interessati alle credenze non condizionate in ciò che segue parafrasiamo gli argomenti di Shimony nell’approccio qua adottato. Utilizziamo inoltre una terminologia più in uso rispetto a quella usata in [142].

Shimony argomenta che un concetto generale di coerenza stretta deve soddisfare le seguenti restrizioni:

(a) Sia Γ un book. Se Γ è strettamente coerente in senso generale (SCG) allora per ogni insieme finito Γ0 ⊆ Γ, Γ0 è strettamente coerente;

(b) Sia E un’algebra booleana di eventi e sia β un assegnamento su E. Per ogni e ∈ E, dove e 6= ⊥, esiste un numero reale re tale che il book {(β(e), re)}e∈E è

SCG.

Le richieste (a) e (b) sono molto ragionevoli e concordiamo con Shimony quando sostiene che

it is difficult to see how an intuitively satisfactory and fruitful concept of coherence could be formulate which did not satisfy both (a) and (b). ([142], p. 19)

In [142] Shimony presenta due esempi che mostrano la difficoltà di trovare un concetto generale di coerenza stretta che soddisfi contemporaneamente le richieste (a) e (b). In accordo con il primo esempio sia E un’algebra booleana di eventi non-denumerabile tale che: (i) un evento di E si verificherà con certezza e (ii) per ogni ei, ej ∈ E se

i 6= j allora ei ∧ ej = ⊥, dove ⊥ è il minimo elemento dell’algebra. Denotiamo

con D l’insieme di tutte le disgiunzioni finite di membri di E. Notiamo che E ⊆ D. Supponiamo che le condizioni (a) e (b) siano soddisfatte. Per ogni d ∈ D, in accordo con (b), esiste un numero reale positivo rd tale che il book {(β(d), rd)}d∈D è SCG

e così, data la condizione (a), il singoletto {(β(d), rd)} è strettamente coerente.

Dal fatto che d 6= ⊥ segue, dal Teorema 3.3.52, β(d) > 0. Fintanto che E è non- denumerabile esiste un  > 0 e un sottoinsieme infinito E0di E tale che per ogni e ∈ E0

β(e) >  e β(e) ∈ {β(d) : (β(d), rd)}d∈D. Sia {e1, . . . , en} un sottoinsieme di E0 tale

che n > 1/. Il book Γ = {(β(ei), rei)

n i=1, (β(

Wn

i=1ei), reWn

De così dalla condizione (a) è strettamente coerente e allora, per il Teorema 3.3.52, segue che reWn i=1 = n X i=1 rei > n > 1.

Così, dal Teorema 3.3.52, segue che il book {(β(Wn

i=1ei), reWn

i=1)}non è strettamente

coerente; contraddizione per condizione (a).

Inoltre, tramite un secondo esempio, Shimony mostra che il problema della definizio- ne di un concetto di coerenza stretta che soddisfi contemporaneamente le richieste (a) e (b) è presente anche per insiemi di eventi numerabili. Sia E un’algebra boolea- na numerabile di eventi tale che le condizioni (i) e (ii) del precedente esempio siano soddisfatte. Usando un argomento simile a quello visto prima, è possibile inferire che il book {(β(e), re)e∈E} è coerente solo se la somma Pe∈Eβ(e) converge a 1. Come

puntualizzato da Shimony: uguale credenza in tutti gli eventi di E conduce a incoe- renza stretta, e dunque, tale credenza è da considerarsi irrazionale. Ma considerare una persona irrazionale perchè ha uguale credenza in un numero numerabile di eventi sembra controintuitivo. Dati questi due esempi Shimony conclude che:

a generalized concept of coherence satisfying (a) and (b) seems to be impossible. ([142], p. 19)

Analizzando gli esempi ora presentati sembra che il problema dell’impossibilità di definire una concetto generale di coerenza stretta sia legato all’assunzione (ii). No- tiamo infatti come questa impedisca la possibilità di definire una misura regolare sulle algebre booleane E dei precedenti esempi. Al fine di chiarificare quanto ora detto, diamo la seguente:

Definizione 3.3.53 (Kelley [65]). Sia B un’algebra booleana e sia hb1, . . . , bni una

n-upla di suoi elementi. Sia inoltre N(hb1, . . . , bni)il numero massimo k per il quale

esistono bi1, bi2, . . . , bik tali che 1 ≤ i1, < i2 < . . . < ik ≤ n e bi1 ∧ bi2 ∧ . . . ∧ bik 6=

0. Il numero di intersezione di di un sottoinsieme B dell’insieme sostegno di B, formalmente Int(B), è definito come inf{(1/n)N(hb1, . . . , bni)}dove l’infimo è preso

su tutte le sequenze finite di elementi in B.

Data la condizione (ii), per ogni sottoinsieme E0 di E, Int(E0) = 0. Ma allora, per il

prossimo teorema, non esiste nessuna misura regolare definita su E.

Teorema 3.3.54(Kelley [65]). Data un’algebra booleana B, esiste una misura regola- re su B se e solo se Br{0} è l’unione di un numero contabile di classi B1, . . . , Bn, . . .

tali che, per ogni i, Int(Bi) > 0.

Dimostrazione. Vedi [65].

Sebbene a causa della condizione (ii) non sia possibile definire un concetto gene- rale di coerenza stretta che valga per tutti gli insiemi infiniti di eventi, è tuttavia

possibile, come mostreremo nella prossima sezione, definire un concetto di coerenza stretta per insiemi infiniti di eventi che soddisfi le condizioni (a) e (b). Per quanto la definizione che presenteremo non supera i problemi sollevati dagli esempi dati da Shimony, questa risulta essere una generalizzazione molto naturale del concetto di coerenza stretta tramite la quale si rende possibile generalizzare il Teorema di Shimony-Kemeny ad insiemi infiniti di eventi.

Coerenza stretta per book infiniti

Dal momento che in questa sezione lavoriamo con insiemi infiniti di eventi e per tale ragione non possiamo definire l’insieme degli atomi come fatto nella sezione 3.3.3, non adotteremo la convenzione di identificare gli eventi con vettori di { 0, 1 }n per

qualche intero positivo n. Iniziamo dal definire un concetto di coerenza stretta per insiemi infiniti di eventi.

Definizione 3.3.55. Sia E un insieme infinito di eventi. Un assegnamento β : E → [0, 1] è detto essere strettamente coerente se β è strettamente coerente per ogni sottoinsieme finito di E.

La definizione ora data è una generalizzazione molto naturale del concetto di coe- renza stretta, la quale permette di soddisfare la condizione (a) e, come vedremo nel prossimo teorema, la condizione (b), presentate nella sottosezione 3.3.5. Sebbene la Definizione 3.3.55 si riduce a book finiti si lascia aperto il problema dell’interpre- tazione di scommesse infinite. Nonostante ciò il risultato che segue è interessante in quanto risponde parzialmente al problema lasciato aperto da Shimony in [142] e presentato nella sezione 3.3.5, problema il cui interesse è ribadito ad esempio da Rudolf Carnap e Richard C. Jeffrey in [18].

Teorema 3.3.56. Sia E un insieme infinito di eventi e sia β un assegnamento su E. I seguenti punti sono equivalenti:

1. β è strettamente coerente,

2. esiste una misura di probabilità regolare p : hEi → [0, 1]∗ che estende β. In

particolare, per ogni e ∈ E, p(e) = β(e) ∈ [0, 1].

Dimostrazione. (1) ⇒ (2). Sia β strettamente coerente. Per ogni sottoinsieme finito X di E, sia βX la restrizione di β a X e sia pX una misura di probabilità regolare

su hXi che estende βX come assicurato dal Teorema 3.3.52.

Sia F in(E) = {X1, X2, X3, . . .} la classe di tutti i sottoinsiemi finiti di E. Per ogni

X ∈ F in(E )sia

Infine sia ∆ = {∆X | X ∈ F in(E)}. Dato che ∆ ha la proprietà dell’intersezione

finita (vedi [118] Teorema 4.2) segue, dai Teoremi 3.3.42 e 3.3.43, che esiste un ultrafiltro U∆ che lo estende. Sia dunque [0, 1]∗ = ([0, 1]F in(E))/U∆ e

M = Y

X∈F in(E)

hXi/U∆.

Sia p∗ : M → [0, 1]la funzione definita nel seguente modo: per ogni X

i ∈ F in(E)e

eji ∈ hXii,

p∗(hej1, ej2, . . .iU∆) = hpX1(ej1), pX2(ej2), . . .iU∆.

Claim 1. p∗ : M → [0, 1]∗ è una funzione normalizzata, finitamente additiva e regolare.

Dimostrazione. (Claim1 1). Mostriamo la regolarità dato che la prova delle altre proprietà è simile. Sia E ∈ M \ {⊥}, allora {X ∈ F in(E) | EX > ⊥} ∈ U∆e quindi,

poichè ogni pX è regolare, {X ∈ F in(E) | pX(EX) > 0}da cui segue che

p(E)∗= hpX1(EX1), pX2(EX2), . . .iU∆ > h0, 0, . . .iU∆ = 0 ∈ [0, 1]

.

Identifichiamo gli elementi di E in M nel seguente modo: per ogni e ∈ E sia ∆{e}= {X ∈ F in(E ) | e ∈ X} = {X ∈ F in(E ) | {e} ⊆ X}

e sia ˆe un elemento di M tale che, per ogni X ∈ ∆{e}, ˆeX = e. Ovviamente, fintanto

∆{e}∈ U∆, segue che ˆe è determinato unicamente in M e quindi è ben definito.

Claim 2. Sia hEi l’algebra booleana generata dagli elementi di E. Allora la funzione λ : ϕ ∈ E → ˆϕ ∈ M è estendibile da un’immersione di hEi in M.

Dimostrazione. (Claim 2). Al fine di provare il claim 2 dobbiamo mostrare che la funzione λ è iniettiva poichè in tal caso hEi sarà isomorfa alla sotto algebra di M generata da λ[hEi], dove con λ[hEi] indichiamo l’immagine di hEi secondo λ.

Siano dunque e1, e2 ∈ E tale che e1 6= e2. Dobbiamo mostrare che {X ∈ F in(E) |

e1X 6= e2X} ∈ U∆ma questo è ovvio dalla definizione di ˆe1e ˆe2. Infatti, ∆{e1}, ∆{e2} ∈

U, ∆{e1}6= ∆{e2}e ∆{e1}∩∆{e2}∈ Ufintanto gli ultrafiltri sono chiusi sotto inter- sezione (nota che ∆{e1}∩∆{e2} 6= ∅perchè banalmente {{e1}, {e2}} ∈ ∆{e1}∩∆{e2}).

Inoltre, per ogni Y ∈ ∆{e1}∩ ∆{e2}, ˆe1Y = e1 6= e2 = ˆe2Y.

Torniamo ora alla dimostrazione del Teorema 3.3.56. Identificata hEi con la sua immagine isomorfa secondo λ in M, sia p : hEi → [0, 1]∗ la restrizione di pa

λ[hE i]. Rimane dunque da mostrare che p estende β. Sia dunque e ∈ E. Allo- ra, p(e) = p∗e) = hp

pX(ˆeX) = pX(e) = β(e) e dunque p(e) = β(e) (dove l’uguaglianza è nel senso di

U). In particolare per ogni e ∈ E p(e) ∈ [0, 1].

(2) ⇒ (1). Segue immediatamente dalla Definizione 3.3.55 e dal Teorema 3.3.52. Il Teorema 3.3.56 da quindi una generalizzazione del teorema di Shimony-Kemeny per insiemi di eventi infiniti. Notiamo come, sebbene il teorema faccia riferimento a probabilità non standard, la misura strettamente coerente definita su E soddisfa, oltre che la condizione (a), anche la condizione (b) introdotta nella sottosezione 3.3.5.

3.4

Conclusioni

Muovendo dal presupposto che esistono valori, come ad esempio la vita umana, che valgono “più di ogni altro capitale” ([100], p. 17), Magari sviluppa una teoria della decisione in cui trattare gli eventi HILP. La proposta di Magari permette infatti, gra- zie all’introduzione dei campi non archimedei, di rendere conto di situazioni in cui a un valore inestimabile viene associata una piccola (o nulla) probabilità di realizzazio- ne. Se da un lato l’utilità non archimedea permette di associare utilità infinita ad un evento cui è collegato un valore inestimabile, dall’altro, la probabiltà non standard, introducendo l’assioma di regolarità, impedisce di associare a tale evento probabi- lità zero. Per Magari il principio di regolarità permette di eliminare l’indifferenza spesso giustificata in virtù della “difficoltà di giudizio dovuta alla piccolezza di certe probabilità” ([100], p. 17).

È improbabile che il mio voto influisca sull’esito delle elezioni, quindi non voto; è improbabile che le mie parole e i miei gesti abbiano un influsso rilevabile sulla storia, quindi mi astengo dal far politica, e via dicendo. Questi erronei atteggiamenti possono portare perfino all’angoscia e al- la disperazione o almeno ad un bizzarro senso di impotenza che toglie motivazione a molti contemporanei. ([100], p. 17)

Come abbiamo più volte ricordato, le motivazioni che spinsero Magari a introdurre il principio di regolarità in teoria della decisione si basano su ragioni morali. Ci sono infatti situazioni, segnatamente quelle in cui sono presenti eventi HILP, in cui un atteggiamento teso a sostenere un principio di “open mindedness” sembra non solo legittimo ma moralmente auspicabile. Nel momento in cui consideriamo la probabilità come guida del pensare e dell’agire, assumere la regolarità, almeno da un punto di visto normativo, permette di non fare l’errore di considerare impossibile un evento possibile, e dunque, forza a considerare tutte le eventuali conseguenze di un dato evento, anche nel momento in cui la probabilità di realizzazione di questo è stimata arbitrariamente vicina a zero.

In ambito decisionale la regolarità permette inoltre di conciliare la teoria dell’utilità attesa con il principio di dominanza. Dal momento che ogni evento possibile ha misura positiva, non potranno verificarsi casi come quello seguente. Dato un evento e a zero probabilità, sia A un agente cui viene chiesto di scegliere tra le seguenti opzioni:

(I) se si verifica e, ottieni un milione di euro, altrimenti non ottieni niente; (II) non ottieni niente con certezza.

Sotto l’ipotesi che A agisca seguendo la regola della massimizzazione dell’utilità attesa, dal momento che tale valore è zero per entrambe le situazioni, questo si trova in una condizione di stallo non sapendo quale opzione scegliere. Diversamente usando il principio di dominanza l’agente A sceglierà l’opzione (I) in quanto l’utilità di questa è molto maggiore rispetto a quella di (II). Nel momento in cui utilizziamo il principio di regolarità la difficoltà qua presentata scompare: in entrambi i casi l’agente A sceglie l’opzione (I). Poiché l’utilità di ottenere un milione di euro è molto maggiore rispetto a quella di non ottenere niente, si vede facilmente come associando probabilità positiva ad e l’utilità attesa dell’opzione (I) sarà maggiore rispetto a quella dell’opzione (II).

Sebbene la teoria della probabilità non standard ha il vantaggio di introdurre in modo molto naturale il principio di regolarità, di contro, questa, diversamente dalla teoria standard, ha lo svantaggio di essere poco studiata e sviluppata. In questo capitolo abbiamo visto come un modo alternativo per garantire la regolarità passa attraverso la proprietà di coerenza stretta. Generalizzando il teorema di Shimony- Kemeny ad insiemi finiti arbitrati di eventi, abbiamo infatti mostrato come, nel caso di insiemi finiti di eventi, il concetto di coerenza stretta caratterizzi l’assioma di regolarità. Abbiamo inoltre mostrato come, previa generalizzazione del concetto di coerenza stretta, tale risultato valga anche per insiemi infiniti di eventi. Abbiamo infine notato che il concetto da noi introdotto soddisfa — nel caso in cui l’insieme di eventi considerato non rispetti la condizione (ii) introdotta da Shimony negli esempi da noi presentati nella sottosezione 3.3.5 — quelle proprietà, poste da Shimony in [142], che ogni definizione generale di coerenza stretta dovrebbe soddisfare.

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