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2.3 I lavoratori

3.1.1 La teoria formale-soggettivista

Uno dei primi tentativi di dare un inquadramento dogmatico coerente al fenomento della delega di funzioni `e risalente alla ricostruzione propo- sta da Padovani3. In sintesi, il pensiero dell’Autore si delinea attraverso i seguenti passaggi: a) inderogabilit`a delle posizioni di garanzia origina- rie attribuite dalla legge; b) ammissibilit`a, da parte del garante originario, dell’adempimento del proprio obbligo per il tramite di un soggetto terzo; c) necessit`a, nelle ipotesi in cui il soggetto delegato rimanga inadempiente, di valutare la responsabilit`a del delegante sul piano soggettivo della colpe- volezza; d) possibilit`a di valorizzare anche la responsabilit`a del soggetto delegato ed inadempiente, nei limiti dell’istituto del concorso4. In sostan- za, quindi, il garante originario sarebbe pur sempre libero di affidarsi a soggetti terzi per adempiere ai propri doveri, ma ne rimarrebbe sempre, sotto il profilo oggettivo, l’unico responsabile. L’effetto liberatorio della delega di funzioni sarebbe pertanto confinato nell’ambito soggettivo, ov- verosia nella possibilit`a di dimostrare l’inesigibilit`a di un comportamento diverso da quello concretamente adottato. Per cogliere pi `u a fondo le dina- miche del pensiero in esame, occorre tuttavia svolgere alcune distinzioni. L’Autore distinue infatti a seconda che l’inadempimento riguardi un di- vieto, come per esempio una classica contravvenzione antinfortunistica, oppure un dovere di facere5.

Per quel che concerne la responsabilit`a omissiva, si distingue inoltre a seconda che il delegato sia gi`a titolare di una posizione di garanzia origi- naria e concorrente con quella del delegante oppure ne sia invece estraneo.

3Per approfondire nel detaglio il pensiero dell’Autore sul tema si rinvia a PADOVANI,

TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid..

4Si veda PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 100. 5cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg.80.

Nella prima ipotesi, qualora dell’obbligo di fare o di impedire il legislato- re gravi una pluralit`a di soggetti, secondo l’Autore non sembra comun- que possibile prospettare un pieno effetto liberatorio della delega in favo- re del delegante. Sarebbe infatti del tutto ingiustificabile mandare esente da responsabilit`a quel garante che, riconosciuto l’inadempimento del pro- prio collaboratore co-obbligato, non fosse intervenuto personalmente per adempiere all’obbligo6. In queste ipotesi, tuttavia, preso atto della scel- ta del legislatore di gravare dello stesso obbligo pi `u garanti, l’Autore in questione `e disposto ad ammettere che, sul piano soggettivo, l’onere del delegante venga in qualche modo alleggerito. Non sar`a quindi richiesto al delegante di effettuare una diretta e costante vigilanza sul collaborato- re, potendosi invece legittimamente limitare ad una vigilanza di carattere generale, da quantificare di volta in volta in relazione a due parametri: la dimensione e complessit`a dell’organizzazione e la ragionevolezza del- l’affidamento. Rimarr`a pertanto del tutto inalterata la possibilit`a che il garante principale venga chiamato a rispondere dell’omissione commessa dal garante secondario, per non aver vigilato su quest’ultimo7.

6cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg 82. Radicalmente diversa

`e invece la ricostruzione, che sar`a in seguito meglio approfondita, offerta da FIORELLA, ANTONIO, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale dell’impresa, ibid., secondo il quale,

qualora il legislatore ripartisca gi`a ab origine i diversi obblighi tra una pluralit`a di sog- getti, creerebbe invece un sistema di moduli di competenza esclusiva, individuando a priori anche i potenziali responsabili dell’inadempimento delle funzioni concretamente svolte. Adottando questa impostazione, pertanto, il garante otterebbe un completo effet- to liberatorio una volta dismessa interamente una certa funzione in favore del soggetto delegato, che ne diverrebbe l’unico responsabile.

7cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 83. Sembra peraltro utile

riportare in tema anche la conclusione di PALOMBI, ELIO, Cap. La delega di funzioni. InTrattato di diritto penale dell’impresa. Napoli: AA.VV., 1990. Secondo quest’ultimo, invero, la differenza sostanziale tra assunzione di funzioni a titolo originario e delega sta nella rilevanza dell’ignoranza colposa del garante originario rispetto all’inosservanza del collaboratore. Quando la legge prevede gi`a in origine qualifiche intermedie, il da- tore di lavoro risponderebbe delle violazioni commesse dai propri collaboratori soltanto quando ne abbia effettiva conoscenza. In presenza di deleghe a soggetti normativamente non qualificati, invece, il garante originario dovrebbe rispondere delle violazioni dei pro-

Anche quando l’obbligo sia rivolto dalla legge al solo garante origina- rio, come per esempio al datore di lavoro, non pu `o escludersi che que- st’ultimo decida di adempiervi in maniera indiretta, affidandosi ad un collaboratore privo di qualsiasi posizione di garanzia sotto il profilo og- gettivo. In queste ipotesi, tuttavia, ben lungi dal poter profilarsi un effetto pienamento liberatorio delle delega, rimarr`a in carico al delegante l’onere di controllare che l’attivit`a delegata sia puntualmente adempiuta dal sog- getto delegato, nella misura soggettiva esigibile in considerazione delle dimensioni aziendali e della ragionevolezza dell’affidamento riposto nel collaboratore8. Quanto invece alla posizione del delegato, qualora non sia a sua volta titolare di una posizone di garanzia originaria, dovrebbe pon- derarsi in considerazione della disciplina sul concorso9. Il soggetto estra- neo, in quanto privo della posizione di garanzia, potr`a infatti commettere il reato omissivo proprio del garante a titolo concorsuale, purch´e nella re- lalizzazione del fatto concorsuale intervenga anche il soggetto qualificato. In queste ipotesi l’offesa costitutiva del reato viene a realizzarsi secondo lo schema di un’esecuzione frazionata. Al fine di giustificare una tale conclu- sione, l’Autore ritiene tuttavia preliminarmente necessario superare due possibili obbiezioni.

La prima riguarda l’ammissibilit`a dell’ipotesi concorsuale in riferimen- to alle fattispecie contravvenzionali, che rappresentanto il nucleo forte della disciplina prevenzionistica10.

pri collaboratori dlegati anche nelle ipotesi di ignoranza potenziale (e quindi colpevole) dell’inadempimento, senza la necessit`a di averne una effettiva rappresentazione.

8cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 84. 9cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 87.

10Non sembra qui opportuno approfondire ulteriormente la tematica, considerata an-

che la comune accettazione giurisprudenziale del concorso di persone contravvenzionale, si rinvia pertanto alla disamina del tema svolta da PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 88; oppure a quella di SEVERINO, PAOLA, La cooperazione nel delitto col- poso, ibid., pg. 259 e ss. Per un quadro pi `u aggiornato delle posizioni giurisprudenziali

La seconda questione merita invece di essere approfondita. Come gi`a ricordato, l’Autore ritiene possibile valorizzare, sotto di un profilo penali- stico, la posizione del soggetto delegato (che non assume, secondo questa impostazione, alcuna posizione di garanzia circa l’adempimento della nor- mativa prevenzionistica) mediante l’applicazione della disciplina sul con- corso di persone. Quest’ultima, tuttavia, presuppone che il concorrente abbia dato un contributo apprezzabile alla realizzazione della fattispecie obiettivamente imputabile al garante principale. Il problema si pone al- lora in quelle ipotesi in cui si tratti di valorizzare la condotta meramente omissiva del soggetto delegato.

Nel nostro ordinamento, invero, la mera inattivit`a pu `o assumere un significato penale esclusivamente in constanza di un obbligo giuridico di agire o comunque di impedire un evento11. L’Autore supera questa con- traddizione, valorizzando il rapporto obbligatorio di natura contrattuale che lega, in ambito aziendale, il capo dell’impresa con i propri collabora- tori. In forza di questo rapporto, infatti, il collaboratore `e giuridicamente obbligato verso il vertice aziendale a prestare l’attivit`a richiestagli. Sareb- be pertanto proprio l’inadempimento di questo obbligo che, pur non po- tendo relizzare una autonoma omissione penalmente rilevante (dato che quest’ultima potr`a dipendere eslcusivamente dall’omissione del soggetto qualificato, unico garante del bene giuridico protetto), andrebbe a carat- terizzare l’inattivit`a del delegato alla stregua di un contributo alla realiz- zazione del fatto omissivo dell’intraneo, giustificando cos`ı l’applicazione dell’istituto concorsuale12. Il soggetto delegato potr`a pertanto essere giu-

sulla tematica del concorso di reato si rinvia invece a GAROFOLI, ROBERTO, Manuale di diritto penale. Parte generale, ibid., pg. 1235 e ss.

11Si esprime in modo piuttosto deciso in questo senso PIVA, DANIELE, La responsabilit`a

del vertice per organizzazione difettosa, ibid., pg. 166.

dicato penalmente responsabile del concorso nell’omissione tipica obietti- vamente realizzata dall’intraneo delegante, per avervi contribuito median- te l’inadempimento del proprio obbligo, di natura contrattuale, di svolgere l’attivit`a richiesta dal proprio datore di lavoro.

Parzialmente differente `e la conclusione raggiunta dall’Autore in rife- rimento alle fattispecie commissive, per le quali ritiene opportuno distin- guere a seconda che si tratti di fattispecie ad elemento personale generico o che comunque si rivolgono, in ambito aziendale, sia al datore di lavoro che ai suoi collaboratori, rispetto invece a quelle ipotesi di reato connotate da un elemento personale circoscritto al solo datore di lavoro.

Nella prima ipotesi, per lo meno in ambito aziendale, l’Autore ricono- sce come il potere gerarchico del datore di lavoro possa essere in tutto od in parte delegato ai lavoratori subordinati. E’ quindi logico ritenere che ognuno dei collaboratori del datore di lavoro, una volta investito di tali poteri gerarchici, possa realizzare autonomamente la fattispecie di reato, senza alcun bisogno di ricorrere alla disciplina del concorso. Tutti i sog- getti sono quindi abilitati alla commissione del reato, in quanto esercenti il potere che ne abilita la commissione. Quanto alla posizione del datore di lavoro delegante, secondo l’Autore, quest’ultimo non dismette mai la propria qualit`a di capo dell’impresa13. Se ne deduce, da un lato, che il garante originario conserva il potere di intervenire personalmente in tutte le attivit`a delegate ai propri collaboratori e, dall’altro, che egli ha l’obbli- go di esercitare su questi ultimi vigilanza e controllo, al fine di impedirne la commissione di reati. La violazione di tale potere-dovere di vigilanza e controllo potr`a pertanto dare luogo ad una forma di responsabilit`a con- corsuale del datore di lavoro rispetto al collaboratore che abbia trasgredito

la disciplina prevenzionistica, in base al capoverso dell’art. 40 C.p.

Quanto infine alle fattispecie commissive ad elemento personale circo- scritto al datore di lavoro, l’Autore osserva quanto segue. Innanzitutto il diffetto della qualit`a personale richiesta dalla legge in colui che concreta- mente agisce non pu `o escludere la tipicit`a del fatto, sia in considerazione di esigenze pratiche, dato che altrimenti la disciplina prevenzionistica po- trebbe essere largamente ed impunemente elusa nelle realt`a pi `u grandi, sia per una considerazione tecnica. Non v’`e infatti in queste fattispecie nulla che possa indurre a ritenere che la posizione del datore di lavoro sia necessariamente coinvolta, in quanto tale e sotto il profio teleologico, nella offesa al bene giuridico tutelato. La commissione di atti pericolosi per la sicurezza dei lavoratori pu `o infatti avvenire del tutto a prescindere dalla qualifica giuridica dell’autore14. Nulla induce pertanto a qualificare tali fattispecie come reati “di mano propria”, commettibili dal solo soggetto qualificato. In queste ipotesi, pertanto, a costruire la tipicit`a obiettiva delle disposizioni speciali con la normativa concorsuale sar`a sufficiente la par- tecipazione del soggetto qualificato15. Partecipazione che potr`a essere di natura attiva, ma che potr`a ridursi altres`ı alla mera violazione del dovere di controllo e vigilanza sull’operato dei collaboratori al fine di scongiurare la commissione di reati da parte di questi ultimi, che caratterizzer`a sempre e comunque la figura del capo dell’impresa16. Tutti i soggetti che hanno

14cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 100.

15cfr. PADOVANI, TULLIO, Diritto penale del lavoro, ibid., pg. 95. Conformemente, v.

PULITANO`, DOMENICO, Posizioni di garanzia e criteri dimputazione nel diritto penale del lavoro. Riv. giur. del lav. IV 1982. Contra, TRUCCO, LUIGI, Rsponsabilit`a penale nell’impresa: problemi di personalizzazione e delega. Riv. it. di dir. e proc. pen. 1985, che esclude la possibilit`a di ricorrere all’istituto del concorso di persone quando il fatto sia realizzato dall’estraneo e nessun addebito possa muoversi al soggetto qualificato.

16L’obbligo di vigilanza e controllo che andrebbe a costituire il contenuto della posi-

zione di garanzia originale in seguito al’avvenuta delega a terzi, viene spesso definita in letteratura come “residuo indelegabile”.

contribuito alla realizzazione del fatto vietato dovranno pertanto essere sottoposti ad accertamento, salvo distinguerne le responsabilit`a sul piano soggettivo.

Osservazioni critiche . Una tale ricostruzione del fenomeno della delega di funzioni non si `e sottratta ad alcune importanti obiezioni, che ne hanno messo in discussione la complessiva tenuta.

Innanzitutto, a non convincere `e l’assunto per il quale la delega di fun- zioni produrrebbe effetti esclusivamente sul piano soggettivo17. Sembra infatti essere lo stesso Padovani a riconoscere un mutamento, in seguito alla delega, del contenuto dell’obbligo del delegante: che da prestazione diretta e personale diverrebbe un obbligo indiretto, di vigilanza sull’ope- rato del delegato. L’autore sembrerebbe pertanto riconoscere una certa ef- ficacia delle delega di funzione anche sul piano obiettivo: il tutto in aperta contraddizione con l’assunto originario della sua tesi, per il quale la de- lega dinfunzioni esplicherebbe i suoi effetti unicamente sul piano sogget- tivo. Del resto, non sembra possibile trascurare il ruolo essenziale che la possibilit`a individuale di agire svolge all’interno delle fattispecie omissive nella concretizzazione obiettiva dell’obbligo di impedire l’evento18.

Anche sotto il profilo dell’applicazione dell’istituto concorsuale al sog- getto delegato, la ricostruzione in esame non sembra del tutto scevra da contraddizioni. L’assunto di partenza `e infatti quello per cui la delega di funzioni non sarebbe in grado di estendere l’obbligo di garanzia dall’ob-

17Obiezioni di questo tipo sono state mosse contro la ricostruzione di Padovani da

MANTOVANI, MARCO, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, ibid., pg. 323 e ss.; e VITARELLI, TIZIANA, Delega di funzioni e responsabilit`a penale. Milano, 2006, pg. 82 e ss.

18Sul punto v. VITARELLI, TIZIANA, Delega di funzioni e responsabilit`a penale, ibid.,

pg. 82; Autrice che mette peraltro in discussione l’idoneit`a dell’istituto del concorso di persone nel difficile processo di individuazione delle responsabilit`a all’interno di enti organizzati, dove la “condicio sine qua non” mostra tutti i suoi limiti.

bligato originario al suo delegato. Dal punto di vista obiettivo, pertanto, la posizione di garanzia continuerebbe a gravare esclusivamente sul sog- getto delegante. Nonostante ci `o, l’Autore, al fine di poter valorizzare il comportamento inerte del delegato, si trova costretto a riconoscere la sus- sistenza di un obbligo giuridico, di origine negoziale, gravante appunto sul soggetto delegato e avente a contenuto lo svolgimento dei compiti af- fidatigli dal capo dell’impresa. Premesso che nel nostro ordinamento l’o- missione pu `o avere valore soltanto in quanto vi sia una specifica fattispecie a prevederla come suo elemento costitutivo oppure nei limiti in cui risulti applicabile la disciplina di cui al capoverso dell’art. 40 cp19, due sono i possibili esiti di questa ricostruzione.

La prima `e che l’obbligo contrattuale gravante sul delegato sia in grado di fondare una vera e propria posizione di garanzia gravante su quest’ulti- mo20. In tal modo, tuttavia, la ricostruzione dell’Autore verrebbe ad essere contraddetta. Da un lato, infatti, non si potrebbe pi `u parlare di responsa- bilit`a concorsuale, ma di un’autonoma responsabilit`a del garante derivato e, in secondo luogo, verrebbe smentita la premessa originaria del ragiona- mento: quella per cui la delega di funzioni non `e in grado di incidere sul contenuto obiettivo della posizione di garanzia. In questa ipotesi, inve- ce, non solo verrebbe trasformato il contenuto della posizione di garanzia del garante originario, bens`ı la delega otterebbe addirittura il risultato di creare ex novo una posizone di garanzia a carico del delegato.

19Cfr. PIVA, DANIELE, La responsabilit`a del vertice per organizzazione difettosa, ibid., pg.

166.

20La letteratura scientifica in proposito `e pressoch´e unanime nel ritenere il contratto

come fonte idonea di posizioni di garanzia. Cfr. MANTOVANI, FERRANDO, Riv. it. di dir.e proc. pen. 2001, ibid.; LEONCINI, ISABELLA, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza, ibid.; GRASSO, GIOVANNI, Il reato omissivo improprio. La struttura obiettiva della fattispecie, ibid.; FIANDACA, GIOVANNI, Il reato commissivo mediante omissione, ibid.; SGUBBI, FILIPPO, Responsabilit`a penale per omesso impedimento dell’evento, ibid..

La seconda possibilit`a ricostruttiva, invece, passa per l’esclusione della possibilit`a di riconoscere in quell’obbligo contrattuale che lega il delega- to al delegante un vero e proprio obbligo di impedimento di cui all’art. 40 cpv cp. In quest’ultima ipotesi, tuttavia, non vi sarebbe alcun modo per ritenere l’inerzia del delegato come causale rispetto all’omissione del garante originario e verrebbe pertanto meno il requisito obiettivo per l’o- pertivit`a della disciplina concorsuale21. Se in capo al delegato non grava una posizone di garanzia per il bene giuridico tutelato, non vi `e infatti mo- do per ritenere che quest’ultimo abbia in qualche modo concorso nel reato commesso dal garante originario mediante un comportamento del tutto inerte.

Infine, alcuni autori hanno messo in luce come la ricostruzione offerta dal Padovani non riesca a giustificare una giurisprudenza piuttosto con- solidata in tema di delega di funzioni. Secondo la giurisprudenza, infat- ti, in presenza dei requisiti di validit`a della delega (codificati proprio da quest’ultima) `e il delegato a divenire l’unico destinatario del precetto, ri- noscendo cos`ı un sicuro effetto delle delega sul piano obiettivo, e non solo soggettivo, della fattispecie22.

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