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Teoria quantistica della radiazione di corpo nero

F

ν

T

non pu`o essere determinata con argomenti generali, ma bisogna

uti-lizzare un modello specifico. Planck propose come modello un insieme di

oscillatori carichi e calcolo la densit`a di energia della radiazione in equilibrio

con questo sistema di oscillatori. Il risultato di questa analisi `e la deduzione

della legge sperimentale legge di Rayleigh-Jeans

u(ν, T ) = 8πν

2

c

3

kT. (11.3)

Questa legge `e in accordo con i dati sperimentali a piccole frequenze, ma `e

palesamente in disaccordo ad alte frequenze. Questo fenomeno `e detto

cata-strofe ultravioletta. Planck trov`o la legge corretta (1900) postulando che lo

scambio di energia tra radiazione e materia potesse avvenire solo in quantit`a

finite. Non riportiamo qui la derivazione di Planck, ma mostriamo la

deriva-zione della legge di Planck come un’applicaderiva-zione della statistica quantistica

di Bose-Einstein al caso del gas di fotoni.

11.2 Teoria quantistica della radiazione di

cor-po nero

Secondo la meccanica quantistica la radiazione `e descritta in termini di un

gas di particelle relativistiche a massa nulla. Tali paricelle sono dette fotoni

ed hanno natura bosonica. Le condizioni del gas di fotoni sono le seguenti:

• la relazione di dispersione energia-impulso `e � = cp, dove c `e la velocit`a

delle onde elettromagnetiche;

• i valori dell’impulso sono determinati dalle condizioni al bordo, p =

(h/L)(n

x

, n

y

, n

z

), dove il volume `e quello di un cubo di lato L e gli n

i

(i = x, y, z) sono interi;

• per valore dell’impulso esistono due stati di polarizzazione;

• il numero di fotoni non `e conservato e si richiede quindi µ = 0.

Nel limite di volume molto grande, l’energia del gas di fotoni risulta allora

U (T, V ) = 2V

d

3

p

h

3

cp

e

βcp

− 1. (11.4)

Per completare la derivazione occorre introdurre un’ulteriore ipotesi.

Que-sta riguarda la connessione tra energia del fotone e la frequenza della

radia-zione:

� = hν ⇒ ν = cp

In tal modo l’energia diventa

U (T, V ) = 8πV

c

3

0

3

e

βhν

− 1, (11.6)

da cui evidentemente si ricava la densit`a spettrale di energia

u(ν, T ) = 8πν

2

c

3

e

βhν

− 1. (11.7)

A basse frequenze, βhν � 1, sviluppando l’esponenziale a denominatore, si

ritrova la legge di Rayleigh-Jeans della (11.3). Ad alte frequenze, βhν � 1

si ottiene la legge sperimentale di Wien

u(ν, T ) =

c

3

ν

3

e

−βhν

. (11.8)

Se deriviamo la (11.7) rispetto alla ferquenza otteniamo

d

ν

3

e

βhν

− 1 =

ν

2

(e

βhν

− 1)

2

((3− βhν)e

βhν

− 3) = 0. (11.9)

Allora la frequenza a cui si annulla la derivata `e data dalla condizione βhν =

x, dove x soddisfa l’equazione trascendente

3− x = 3e

−x

, (11.10)

che ha soluzione approssimata x ≈ 2.822. Allora si ottiene la legge dello

spostamento del massimo

ν

max

= 2.822kT

Capitolo 12

Calori specifici

12.1 Calori specifici nei gas

Il caso pi`u semplice `e il gas monoatomico, cio`e quello per cui la molecola `e

composta di un unico atomo. Se tralasciamo la struttura interna dell’atomo

fatta di elettroni e nucleo, gli unici gradi di libert`a meccanici sono i tre

moti traslatori della molecola. Dal teorema di equipartizione sappiamo che

ogni grado di libert`a che appare quadraticamente nella funzione di Hamilton,

contribuisce con un termine kT all’energia del sistema. Allora otteniamo il

risultato gi`a incontrato in precedenza che l’energia di un gas monoatomico

formato di N molecole, ha energia

E

mono

= 3

2N kT, (12.1)

in modo che il suo calore specifico a volume costante risulta

c

V

= 3

2N k3

2R (12.2)

dove abbiamo introdotto la costante dei gas R = N k.

Per analizzare il calore specifico di gas poliatomici, `e necessario

conside-rare, oltre ai gradi di libert`a traslatori, anche quelli interni. Ad esempio,

prendiamo il caso di un gas biatomico, cio`e formato da due atomi. In

que-sto, avendo a che fare con due atomi, la molecola ha un totale di 6 gradi di

libert`a, corrispondenti ai gradi di libert`a di ciascun atomo. Questi 6 gradi

di libert`a possono essere divisi in due gruppi. Nel primo gruppo mettiamo

i gradi di libert`a traslazionali della molecola nel suo complesso, cio`e quelli

corrispondenti al moto traslatorio del centro di massa della molecola.

Chia-ramente il numero di questi gradi di libert`a `e pari a 3. I restanti gradi di

libert`a, sempre nel numero di 3, descrivono i moti interni della molecola. Nel

caso sotto considerazione di una molecola biatomica, l’asse individuato dalla

retta congiungente i due atomi della molecola determina l’orientazione della

molecola stessa. In altre parole, tutti i moti rotatori della molecola possono

essere descritti in termini dei moti che cambiano l’orientazione di tale asse.

Naturalmente la lunghezza di tale asse, cio`e la distanza tra i due atomi pu`o

anche variare. Tale variazione corrisponde i possibili moti vibratori della

molecola. Per visualizzare tali moti possiamo immaginare di posizionare il

centro di massa della molecola al centro di una sfera. Il centro di massa della

molecola si trova chiaramente sull’asse della molecola stessa. Se la molecola `e

composta di due atomi identici, tale posizione sar`a a met`a dell’asse,

altrimen-ti sar`a spostata verso l’atomo pi`u pesante. Per semplicit`a immaginiamo di

avere due atomi uguali. Consideriamo allora che la sfera il cui centro coincide

con il centro di massa abbia raggio pari alla met`a della distanza

interatomi-ca. Allora una qualunque orientazione dell’asse della molecola corrisponder`a

alla posizione su tale sfera di uno dei due atomi. I gradi di libert`a rotatori

corrispondo quindi ai gradi di libert`a necessari ad identificare un punto su

una sfera. Il numero di tali gradi di libert`a `e pari a 2. Le coordinate

sfe-riche θ e φ descrivono appunto tali due gradi di libert`a. L’energia cinetica

di rotazione associata alle velocit`a angolari ˙θ e ˙φ dipende quadraticamente

dai momenti canonici (Si veda in seguito per un calcolo esplicito), per cui

l’energia rotazionale del gas biatomico sar`a data da

E

rot

= 21

2N kT = N kT = RT. (12.3)

Per quanto riguarda l’energia vibrazionale, corrispondente alle variazioni di

lunghezza della distanza interatomica, possiamo, per piccole oscillazioni,

as-sumere un andamento di oscillatore armonico. Allora l’energia

vibraziona-le, che dipende quadraticamente dalla coordinata ed impulso dell’oscillatore

armonico, `e pari a

E

vibra

= 21

2N kT = N kT = RT. (12.4)

Il calore specifico del gas biatomico risulta allora dalla somma dei contributi

dovuti ai diversi gradi di libert`a del moto molecolare

c

V

=

3

2 + 1 + 1

R = 7

2R (12.5)

dove i contributi in parentesi corrispondono ai gradi traslatori, rotatori e

vibrazionali, rispettivamente. Ricordiamo che per avere il calore specifico a

pressione costante basta usare la relazione valida per i gas perfetti

12.1. CALORI SPECIFICI NEI GAS 87

Il risultato (12.6) `e il risultato classico. L’estensione quantistica non

pre-senta difficolt`a in quanto `e necessario considerare la quantizzazione dei vari

tipi di moto. Quello che `e importanete ai fini del confronto con i dati

speri-mentali del calore specifico `e la valutazione della spaziatura dei livelli

energe-tici per un dato tipo di moto e come tale spaziatura si confronta con l’energia

termica kT . In generale, se la spaziatura dei livelli `e molto piccola rispetto

all’energia termica, `e naturale attendersi che molti livelli energetici saranno

popolati e che la statistica di Boltzmann sar`a una buona approssimazione.

Se d’altro canto la spaziatura dei livelli `e grande rispetto all’energia termica,

bisogna usare la statistica quantistica e pochi livelli, vicini a quello

fonda-mentale, hanno una probabilit`a apprezzabile di essere occupati. In tal caso

appare come se i gradi di libert`a con moti aventi una spaziatura dei livelli

grande rispetto a kT fossero congelati. In un gas biatomico, ad esempio,

a temperatura ambiente, i gradi di libert`a vibrazionali sono congelati e la

formula del calore specifico a volume costante diventa

c

V

= 5

2R. (12.7)

Per rendersi conto di questo fatto, facciamo una stima. A temperatura

ambiente kT ∼ 10

−14

erg. L’energia rotazionale deve essere dell’ordine

E

rot

∼ ¯h

2

/I dove I `e il momento d’inerzia della molecola. Questo pu`o essere

stimato

I ∼ ma

2

B

∼ 10

−40

gr cm

2

, (12.8)

dove abbiamo usato la massa del protone e il raggio di Bohr (come ordini di

grandezza). Si ha allora che

E

rot

∼ 10

−54

10

40

erg = 10

−14

erg, (12.9)

che `e dell’ordine dell’energia termica. Per l’energia del moto vibrazionale

osserviamo che la scala di energia in gioco `e data dalle energie degli stati

elettronici. Infatti una molecola biatomica pu`o essere vista come formata da

due nuclei carichi positivamente e dagli elettroni provenienti dai due atomi

all’origine della molecola. L’interazione tra i nuclei ha due contributi. Il

primo `e la repulsione coulombiana dovuta al fatto che i due nuclei sono

carichi positivamente. Se questo fosse l’unico potenziale, la molecola non

si formerebbe. Il secondo contributo proviene dalla presenza degli elettroni

che vanno ad occupare livelli energetici molecolari. L’energia tipica di tali

livelli molecolari `e simile a quella dei livelli atomici. Ci aspettiamo dunque

che l’energia vibrazionale abbia come valore tipico quello degli eV. Poich´e

1eV ∼ 10

−12

erg, la spaziatura dei livelli vibrazionali `e mediamente circa

cento volte pi`u grande dell’energia termica.

12.1.1 Moto di una particella su una sfera

Consideriamo le coordinate sferiche definite da

x = r cos(φ) sin(θ) (12.10)

y = r sin(φ) sin(θ) (12.11)

z = r cos(θ). (12.12)

Partendo dall’energia cinetica in coordinate cartesiane `e facile ottenere la funzione

lagran-giana nella forma

L = m

2

˙r

2

+ sin(θ)

2

r

2

˙φ + r

2

˙θ. (12.13)

La funzione di Hamilton `e quindi

H = 1

2m

p

2r

+ p

2 φ

r

2

sin

2

(θ)+

p

2θ

r

2

. (12.14)

Come anticipato la dipendenza dai momenti coniugati a θ e φ `e quadratica e usando

il teorema di equipartizione si conclude facilmente che i due gradi di libert`a angolari

contribuiscono un fattore kT/2 ciascuno. Nel fare gli integrali necessari al calcolo della

funzione di partizione `e utile notare

dxdydz = sin(θ)r

2

drdθdφ (12.15)

ed anche

dp

x

dp

y

dp

z

= 1

r

2

sin(θ)dp

r

dp

θ

dp

φ

. (12.16)

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