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3.1 – Introduzione.

Un analisi di estremo dettaglio dei terrazzi marini (Pleistocene Medio - Olocene) preservati lungo la fascia ionica della Calabria settentrionale e della Basilicata orientale ha consentito di valutare l’andamento, nello spazio e nel tempo, dei tassi di sollevamento che hanno interessato tale settore della Catena Appenninica negli ultimi ~600 Ka. Complessivamente, sono stati individuati 10 ordini di terrazzi, con altezze da 5 a ~660 m s.l.m., correlando, sulla base di parametri morfologici e sedimentologici, i lembi di terrazzo preservati tra la costa della Sila (Calabria Nord-orientale) e la Piana di San Nicola (Basilicata orientale), attraverso la Piana di Sibari e la Catena del Pollino. Il calcolo dell’altezza delle antiche linee di riva è stato realizzato tenendo conto di eventuali erosioni dei depositi costieri, dello spessore delle coperture continentali e degli intervalli paleo-batimetrici di deposizione dei marker costieri utilizzati nell’analisi. Datazioni assolute e correlazioni indirette degli ordini di terrazzi ai diversi picchi interglaciali della curva eustatica globale hanno consentito di ottenere uno schema cronologico dei terrazzi, pressoché continuo tra l’Olocene (Marine Isotopic

Stage 1: MIS1) e il Pleistocene Medio (MIS 15; ~576 Ka) e di valutare l’andamento nel

tempo dei tassi di sollevamento. E’ stata, inoltre, realizzata la ricostruzione della forma attuale delle antiche linee di riva allo scopo di determinare la presenza di eventuali deformazioni tettoniche locali sovrapposte al processo di sollevamento regionale che ha interessato l’area di studio a partire dal Pleistocene Medio. Analisi sedimentologiche di dettaglio dei depositi costieri associati ai terrazzi hanno, infine, consentito la precisa ricostruzione dei movimenti relativi terra-mare, caratterizzati dalla sovrapposizione di movimenti tettonici verticali e di oscillazioni eustatiche a frequenza variabile.

La determinazione degli stili deformativi su scale temporali intermedie (10-100 Ka) è di vitale importanza nel tentativo di colmare il vuoto di conoscenze spesso esistente tra le deformazioni avvenute in tempi geologici (milioni di anni) e le deformazioni attuali (<1 Ka; Friedrich et alii, 2003). Se da una parte le deformazioni a lungo termine hanno lasciato chiare tracce nella maggior parte degli orogeni Cenozoici e la deformazione tettonica contemporanea è ben ricostruita attraverso lo studio della

sismicità e delle velocità GPS, dall’altra risulta di difficile soluzione la loro correlazione attraverso la ricostruzione dei processi tettonici a medio termine. Il problema risulta di particolare importanza in catene montuose, come l’Appennino Meridionale, caratterizzate da un recente cambiamento degli stili deformativi e da bassi tassi di deformazione accompagnati da una modesta sismicità e da deformazioni del paesaggio poco evidenti. Anche se diversi autori sono concordi nell’evidenziare un cambiamento nell’evoluzione geodinamica dell’Appennino Meridionale a partire dal Pleistocene Medio, come sottolineato dall’estinzione delle dislocazioni lungo il sistema frontale dei sovrascorrimenti della catena (Hippolyte et alii,1994a; Patacca e Scandone, 2001; Goes et alii, 2004), esistono tuttavia grandi incertezze riguardo lo stile della deformazione tettonica attiva in larghe parti dell’Italia meridionale.

Considerando tali problematiche, il settore di catena qui analizzato offre la possibilità di determinare, nel medio e breve termine (Pleistocene Medio – Olocene), i tassi di deformazione tettonica e di variazione relativa del livello del mare attraverso l’utilizzo dei terrazzi marini. I tassi di sollevamento che hanno interessato l’area a partire dal Pleistocene Medio, tra i più alti nella regione Mediterranea (~1 mm/a; Westaway, 1993; Antonioli et alii, 2006; Ferranti et alii, 2006, 2007; Westaway e Bridgland, 2007), hanno favorito la conservazione di markers costieri Quaternari, ben sviluppati e facilmente riconoscibili. Di conseguenza, la presenza di numerosi ordini di paleo-linee di riva sollevate e correlabili ai diversi cicli eustatici Pleistocenici garantisce la possibilità di ricostruire accuratamente l’andamento nel tempo della deformazione. Con particolare riferimento ai corpi di spiaggia olocenici attualmente sollevati, bisogna, inoltre, sottolineare l’esistenza di escursioni tidali limitate (10-1 m) che diminuiscono

l’incertezza verticale associata al calcolo della quota delle paleo-linee di riva.

Diversi studi in letteratura hanno evidenziato l’utilità dei terrazzi marini sia nella determinazione dei paleo-livelli del mare sia nelle analisi inerenti la tettonica attiva. Ad esempio, lo studio dei terrazzi carbonatici, costituiti da costruzioni coralline sollevate, soprattutto per la possibilità di realizzare datazioni radiometriche (U/Th) dello scheletro dei coralli, ha consentito, in diverse regioni del mondo, la ricostruzione di curve eustatiche in grado di completare e migliorare i dati relativi ai carotaggi di mare profondo e alle trivellazioni dei ghiacci continentali (Bloom et alii, 1974; Harmon et alii, 1983; Chappell, 1996, 2002; Kindler e Hearty, 1996; Lambeck et alii, 2002;

Schellmann e Radtke, 2004). L’utilità dei terrazzi marini negli studi di tettonica attiva risiede, invece, in tre caratteristiche fondamentali: 1) si tratta di marker geomorfologici che si sono formati istantaneamente nell’ottica dei tempi geologici; 2) la linea di riva ad essi associata è caratterizzata da una forma originaria nota, ossia una linea perfettamente orizzontale. Di conseguenza, ricostruire la forma attuale di un’antica linea di riva e confrontarla con l’equivalente odierno, ossia l’attuale livello del mare, significa automaticamente ottenere informazioni riguardo la geometria delle deformazioni del paesaggio eventualmente presenti e calcolare l’entità dei movimenti verticali assoluti; 3) sono spesso accompagnati da depositi costieri, databili attraverso l’utilizzo di radio- nuclidi cosmogenici (tempi di esposizione ai flussi di particelle di derivazione extra- terrestre) o di tecniche di datazione radiometrica dei gusci di molluschi in essi conservati, consentendo la stima dei tassi di deformazione verticale.

La presenza lungo il Golfo di Taranto di depositi costieri contenenti fauna senegalese (Gignoux, 1913), ritenuta, nel Mediterraneo, tipica del MIS 5.5 (~130-120 Ka) e la possibilità di valutare attraverso l’andamento delle paleo-linee di riva l’eventuale deformazione associata al fronte dei sovrascorrimenti appenninici, ha comportato decenni di dettagliate ricerche sedimentologiche e geomorfologiche a Nord della dorsale del Pollino (Gignoux, 1913; Cotecchia et alii, 1969; Hearty e Dai Pra, 1985; Dai Pra e Hearty, 1988; Amato et alii, 1997; Mastronuzzi e Sansò, 2003). In questo settore, lungo la fascia costiera del Bacino del Bradano, i tassi di sollevamento diminuiscono progressivamente procedendo verso NE, raggiungendo valori prossimi allo zero lungo le coste settentrionali del Golfo di Taranto. La paleo-linee di riva non mostrano deformazioni attraversando il fronte dei sovrascorrimenti della catena, supportando l’ipotesi che i tassi di dislocazione orizzontale lungo tali strutture siano estinti a partire dal Pleistocene Medio (Patacca e Scandone, 2001).

Nel settore immediatamente a Nord dell’area di studio, lungo una fascia costiera estesa per ~70 km e compresa tra il Golfo di Taranto e le propaggini settentrionali del Pollino, Caputo et alii (2010) hanno individuato 18 ordini di terrazzi, interessati da tassi di sollevamento progressivamente maggiori, procedendo da Nord (~0,2 mm/a) verso Sud (~1,8 mm/a). L’aumento dei tassi di sollevamento verso la dorsale del Pollino è stato attribuito dagli autori alla sovrapposizione di processi tettonici a diversa scala,

includendo la possibilità di recenti deformazioni indotte da retro-scorrimenti appartenenti alla zona di faglia di Valsinni.

I terrazzi marini sollevati lungo l’area di studio sono stati recentemente investigati da Cucci e Cinti (1998), che individuarono 7 ordini di terrazzi, lungo il versante orientale del Pollino, tra ~12 e ~460 m s.l.m. Lo studio è stato poi esteso da Cucci (2004) nel settore della Piana di Sibari dove sono state individuate 5 linee di riva, tra ~60 e ~650 m s.l.m. Cucci e Cinti (1998), sulla base di correlazioni geomorfologiche con terrazzi datati attraverso tecniche radiometriche e preservati lungo la fascia costiera dell’avanfossa Bradanica, correlarono indirettamente i terrazzi rilevati al Pollino ai diversi picchi interglaciali della curva eustatica globale, compresi tra il Pleistocene Medio (~600 Ka) e l’Olocene. Successivamente, la datazione attraverso la racemizzazione degli amminoacidi di conchiglie di Glycymeris (~130 Ka), rinvenute a ~114 m s.l.m., all’interno dei depositi costieri associati al terrazzo di ordine 2, permise a Cucci (2004) di individuare il terrazzo Tirreniano presso il margine meridionale del Pollino e di valutare i tassi di sollevamento in ~1 mm/a. In accordo con Westaway (1993), il sollevamento fu attribuito ad un processo geodinamico a scala regionale. Piccole deformazioni nelle paleo-linee di riva furono attribuite, invece, al sollevamento del blocco a letto del sistema di faglie normali Pollino-Castrovillari; al contrario, non furono trovate evidenze di deformazioni verticali attribuibili ai sistemi obliqui che tagliano la dorsale del Pollino e il massiccio della Sila.

Infine, in corrispondenza dell’estremità meridionale della fascia costiera qui analizzata, lungo il versante orientale della Sila, Carobene (2003), sulla base di deboli vincoli cronologici, attribuiva un deposito a ~68 m s.l.m. al MIS 5.5 ottenendo tassi di sollevamento pari a ~0,5 mm/a, nettamente inferiori ai tassi calcolati per la dorsale del Pollino (Cucci e Cinti, 1998; Cucci, 2004; Caputo et alii, 2010).

3.2 – Metodologia.

Molteplici fattori hanno favorito la nascita in letteratura di differenti interpretazioni riguardo il numero di ordini di terrazzi esistenti, le attribuzioni cronologiche e, quindi, i tassi di sollevamento lungo il settore costiero Ionico della Calabria settentrionale. Tali differenze derivano principalmente dalla difficoltà di

correlare lateralmente i diversi lembi di terrazzo preservati, caratterizzati da notevoli variazioni lungo costa dei parametri morfologici. Le diverse morfologie dei marker costieri derivano principalmente dalla variazione della resistenza all’erosione delle litologie affioranti, costituenti il substrato dei terrazzi, e dalla presenza di una paleo- costa dalla forma irregolare (Amato et alii, 1997). La presenza di tassi di sollevamento non costanti in tutta l’area di studio, con progressiva diminuzione verso NE e deformazione locale delle paleo-linee di riva a seguito di localizzati aumenti dei tassi di sollevamento (Cucci e Cinti, 1998; Ferranti et alii, 2009, Santoro et alii, 2009; Caputo et alii, 2010), incrementa la difficoltà nella correlazione laterale dei lembi di terrazzo. Bentivenga et alii (2004) e Ferranti et alii (2009) hanno evidenziato, inoltre, l’esistenza di sistemi listrici di faglie dirette, paralleli alla costa e radicati a bassa profondità, che tagliano i depositi costieri associati ai terrazzi marini e sono relazionati a processi gravitativi a grande scala derivanti da un basculamento della fascia costiera verso Est (aumento dei tassi di sollevamento verso i settori interni della catena Appenninica). Tali faglie dirette, dislocando i terrazzi marini, comportano la formazione di lembi di terrazzo non direttamente relazionabili ai cicli eustatici, da escludere nelle correlazioni laterali e nella ricostruzione delle paleo-linee di riva.

Sulla base di tali difficoltà, allo scopo di valutare con la massima accuratezza possibile le attuali quote delle paleo-linee di riva e l’incertezza verticale ad esse associata, è stato deciso di utilizzare un approccio multi-disciplinare attraverso un’analisi geomorfologica, sedimentologica e tettonica dei lembi di terrazzo rilevati (Bull, 1985; Ota, 1986; Muhs et alii, 1990; Lajoie et alii, 1991).

3.2.1 – Rilevamento dei terrazzi marini.

L’obiettivo principale del rilevamento dei terrazzi marini è la loro correlazione laterale, su basi geomorfologiche e sedimentologiche, allo scopo di ricostruire la forma attuale delle antiche linee di riva. A tal fine, sono state calcolate le quote (con la relativa incertezza verticale) dei margini interni reali dei terrazzi, ossia la linea di intersezione tra la sommità dei depositi costieri e la paleo-falesia che limita verso monte il terrazzo. Il margine interno del terrazzo è, infatti, considerato il migliore indicatore del massimo livello raggiunto dal mare durante la fase di alto stazionamento eustatico che ha portato

alla formazione della superficie marina. Nel caso in cui non sia stato possibile individuare un margine interno a causa dell’intensa erosione del terrazzo e la preservazione della sola piattaforma d’abrasione, è stata considerata la massima quota raggiunta da quest’ultima. Per una completa ricostruzione della forma in pianta dei terrazzi sono state, inoltre, misurate le quote dei margini esterni, in ogni caso non tenuti in considerazione nella ricostruzione delle paleo-linee di riva in quanto maggiormente esposti all’erosione del moto ondoso e delle correnti costiere, soprattutto durante la fase di formazione del terrazzo sottostante.

I terrazzi marini affioranti nell’area di studio, risultato di cicli erosivi- deposizionali associati alle oscillazioni eustatiche, affiorano come superfici rese discontinue dall’incisione delle fiumare e modificate nella forma dai processi erosivi di versante, con conseguente deposizione di materiale colluviale. Una preliminare correlazione laterale dei lembi di terrazzo è stata realizzata sulla base di parametri morfologici attraverso la foto-interpretazione (foto aree in scala 1:17000) e il rilevamento sul campo utilizzando mappe topografiche e ortofoto, in scala 1:10000 e 1:5000, rispettivamente.

Le correlazioni geomorfologiche sono state realizzate sulla base della distribuzione altimetrica (altezza dei margini interni morfologici), della pendenza delle paleo-piattaforme d’abrasione e del grado di erosione dei lembi di terrazzo (ampiezza delle paleo-piattaforme d’abrasione; tab. 3.1). Date le variazioni lungo costa nella morfologia dei lembi di terrazzo appartenenti ad uno stesso ordine, una correlazione puramente morfologica non garantisce una corretta correlazione laterale dei terrazzi. Per questo motivo, la misura dei principali parametri geomorfologici è stata accompagnata da dettagliate analisi sedimentologiche e di facies dei depositi costieri eventualmente preservati lungo i terrazzi. Particolare attenzione è stata dedicata alla ricostruzione della geometria 3D delle sequenze deposizionali associate a ciascun alto stazionamento del livello del mare (highstand) e alla identificazione dei cicli sedimentari, sia trasgressivi sia regressivi, ad esse associati.

Nel calcolo delle incertezze verticali relative alle quote dei margini interni reali dei terrazzi sono stati considerati errori nel posizionamento derivanti sia dall’accuratezza dell’identificazione del marker costiero sia dalla precisione delle misure altimetriche effettuate.

A tal proposito, considerando che le basi topografiche utilizzate in fase di rilevamento sono caratterizzate da un intervallo altimetrico delle isoipse di 10 e, localmente, di 5 m, l’incertezza verticale nella stima delle quote può essere valutata in ~10 m. Le misure delle quote delle piattaforme d’abrasione e dei margini interni ed esterni dei terrazzi sono state, inoltre, realizzate attraverso l’utilizzo di GPS e altimetri barometrici, con un’incertezza verticale ugualmente stimabile in ~10 m (tab. 3.2).

I terrazzi sono stati cartografati dall’attuale livello del mare sino ad una quota di ~600 m; terrazzi a maggiore altezza sono stati riconosciuti da Cucci (2004) ma, data la presenza di pochi lembi estremamente ridotti nelle dimensioni e, quindi, di difficile e incerta correlazione, essi sono stati esclusi dalla successiva analisi. I terrazzi rilevati e correlati sono stati analizzati nel contesto dell’evoluzione strutturale dell’area, includendo la possibile deformazione indotta dai sistemi di faglie oblique e normali che interessano l’area (Ferranti et alii, 2009). Nei settori dove sono state rilevate faglie dirette dislocanti i terrazzi marini le quote dei margini interni sono state corrette di quantità pari ai rigetti verticali in modo da evitare errori nelle correlazioni laterali.

3.2.2 – Calcolo della quota delle paleo-linee di riva (margini interni reali).

Allo scopo di ricostruire con la maggiore precisione possibile la forma delle antiche linee di riva, le quote dei margini interni morfologici sono state corrette tenendo in considerazione lo spessore delle coperture continentali e le eventuali erosioni dei depositi costieri; per ciascuna quota del margine interno reale è stata, inoltre, calcolata l’incertezza verticale, principalmente derivante dalla qualità del marker costiero (tab. 3.2). Dato il contesto morfologico, così come discusso nel precedente paragrafo, il migliore indicatore delle quote raggiunte dagli antichi livelli del mare è il margine interno dei terrazzi. Nel calcolo dell’incertezza verticale associata alla quota dei margini interni bisogna, anzitutto, considerare la difficoltà esistente nell’identificare la posizione di alcuni marker costieri a seguito di fenomeni di degradazione post-emergenza; tale errore è, comunque, stimato in pochi metri.

Una fonte di errore importante può essere, invece, rappresentata dalla copertura continentale che ricopre il terrazzo una volta che esso è stato sollevato ed esposto alle dinamiche di versante e all’azione erosiva delle fiumare. Le coperture continentali sono,

generalmente, caratterizzate da una geometria cuneiforme, con aumento degli spessori verso i margini interni dei terrazzi (fig. 3.1). Gli spessori sono altamente variabili ma, comunemente, non superiori ai 10 m (tab. 3.2). In questo lavoro, differenziandosi dalle stime generalizzate effettuate in precedenti studi (Cucci e Cinti, 1998; Amato et alii, 2000), il calcolo dello spessore delle coperture dei terrazzi è stato effettuato sito per sito (tab. 3.2), utilizzando tagli naturali e artificiali e dati di pozzo. Si ritiene che tale tipo di approccio sia di fondamentale importanza per una corretta ricostruzione delle quote dei margini interni reali, dato che esse possono essere sensibilmente modificate dalle coperture continentali che restituiscono in superficie un margine interno morfologico di minore precisione (fig. 3.1).

Figura 3.1 – illustrazione di terrazzi marini sollevati caratterizzati da una diversa qualità nell’ottica della determinazione della quota del margine interno reale. Fenomeni di erosione, parziale o completa, del deposito costiero associato al terrazzo e la presenza di coperture continentali possono fortemente inficiare una corretta determinazione della quota del margine interno reale.

Analisi sedimentologiche e di facies dei depositi costieri sono state realizzate non soltanto al fine di migliorare la correlazione laterale dei terrazzi ma anche per poter

determinare la quota dei margini interni reali con maggiore precisione. Sfruttando principalmente i tagli naturali legati alle incisioni vallive e i margini esterni dei terrazzi, maggiormente esposti all’erosione e, dunque, caratterizzati da minori spessori di copertura continentale, sono state realizzate ricostruzioni della geometria delle sequenze deposizionali associate ai cicli eustatici che hanno modellato i terrazzi. In alcuni casi, l’abbondanza e la qualità degli affioramenti ha consentito di raggiungere una risoluzione tale da identificare la presenza di diverse oscillazioni eustatiche, ad alta frequenza, all’interno di un singolo alto stazionamento del mare.

Il massimo livello raggiunto dal mare durante una fase interglaciale è stato considerato pari alla massima quota raggiunta dai depositi di spiaggia intertidale (foreshore sediments) all’interno dei depositi costieri. La massima quota dei foreshore

sediments è generalmente differente da quella del margine interno morfologico (fig. 3.1)

e non necessariamente coincide con l’altezza della sommità della sequenza deposizionale costiera che termina in onlap stratigrafico sulla paleo-falesia che limita verso monte il terrazzo. Il deposito costiero può, infatti, essere caratterizzato dal graduale passaggio, verso l’interno del terrazzo, a depositi alluvionali o di conoide costiera. La presenza di tali depositi presso il margine interno dei terrazzi, nel caso in cui gli affioramenti non permettano la determinazione della massima quota dei

foreshore sediments in essi intercalati, può sensibilmente aumentare l’incertezza

verticale della quota del margine interno reale. Per tali morivi, è stata realizzata una dettagliata analisi 3-D delle sequenze deposizionali costiere, in particolar modo per i terrazzi inferiori, più recenti e, quindi, caratterizzati da depositi di spiaggia meglio preservati dall’erosione e affioranti in diversi punti dell’area di studio.

Fenomeni di erosione del deposito costiero possono comportare una sottostima della quota del margine interno reale (fig. 3.1), con significative ricadute nel calcolo dei tassi di sollevamento, in particolar modo per i terrazzi più recenti. La ricostruzione geometrica 3D delle sequenze deposizionali e il calcolo dello spessore massimo dei depositi costieri in differenti settori dell’area di studio (tab. 3.1) sono stati, dunque, utilizzati anche per l’identificazione di fenomeni di erosione. Considerato un lembo di terrazzo, significative diminuzioni nello spessore dei depositi costieri e sequenze deposizionali incomplete rispetto alla geometria 3-D del relativo ordine, sono state considerate come chiari indizi di fenomeni di erosione post-emergenza del terrazzo. La

correzione verticale apportata al margine interno reale è stata fatta coincidere con la differenza tra lo spessore del deposito eroso e lo spessore massimo relativo alla sequenza sedimentaria tipo dell’ordine cui il terrazzo appartiene (tab. 3.2).

La maggiore incertezza nel calcolo della quota delle antiche linee di riva risiede nella determinazione, realizzata per ciascun lembo di terrazzo, dell’appropriata correzione batimetrica relativa ai markers costieri, erosionali e deposizionali, utilizzati (tab. 3.2). Al fine di calcolare oggettivamente l’incertezza verticale paleo-batimetrica è stato utilizzato il seguente schema, basato sullo stato di preservazione del terrazzo e del relativo deposito costiero e sulla qualità e posizione, relativamente al terrazzo, degli affioramenti:

1. incertezza paleo-batimetrica = ±2 m: completo affioramento del deposito costiero, ben preservato dall’erosione, oppure presenza di numerosi affioramenti, in diversi settori del terrazzo, sulla base dei quali è possibile una dettagliata ricostruzione della geometria della sequenza deposizionale e la determinazione della massima quota dei foreshore sediments;

2. incertezza paleo-batimetrica = ±5 m: ricostruzione incompleta della geometria della sequenza deposizionale costiera. Sono presenti soltanto limitati affioramenti dei depositi di spiaggia, non in prossimità del margine interno, a seguito di una parziale copertura continentale del terrazzo (fig. 3.1);

3. incertezza paleo-batimetrica = +10 m: il deposito costiero è completamente eroso; in questo caso la quota del margine interno del terrazzo, chiaramente sottostimata, viene calcolata sulla base della posizione della linea di intersezione tra la paleo-piattaforma di abrasione e la paleo-falesia (fig. 3.1), utilizzando affioramenti del substrato in cui è stato inciso il terrazzo;

4. incertezza paleo-batimetrica = ±10 m: è stata attribuita alla quota del margine interno sia nel caso di una completa copertura continentale del terrazzo sia per la

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