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I casi e le vicende menzionati nei paragrafi antecedenti, lungi dall’esaurire il novero delle questioni effettivamente coinvolte nel corso di questi anni dal principio di proporzionalità, in materia cautelare, confermano piuttosto la vitalità e la capacità orientativa crescente del principio di proporzione, fermo restando che i casi concreti in cui esso ha svolto un ruolo di rilievo sono molto più numerosi.

Su un diverso piano, per le ragioni evidenziate in precedenza, occorre riconoscere come ormai il canone di proporzione sia da considerare proprio del sistema nella sua interezza, e dunque capace di esplicare una sua efficacia al di fuori del solo Libro IV del codice. Come si è indicato, il terreno su cui il procedere proporzionato appare invocabile sembra quello dei diritti inviolabili (cioè, tendenzialmente, degli art. 13, 14 e 15 Cost., oltre che della dignità umana, in generale presupposta da tutto l’ordinamento). Da un lato il predicato della invio- labilità sembra implicare un criterio razionale verificabile ogniqualvolta si intenda interferire con il diritto riconosciuto: in questo senso, la proporzionalità appare lo strumento guida ideale a perseguire il fine indicato, posto che essa è stata concepita proprio quale argine e canone di legittimazione di ogni invasione delle prerogative individuali da parte dello Stato. Dall’altro, le salvaguardie formali della riserva di legge e di giurisdizione si pongono a conferma della tesi sostenuta. Posto lo iato incolmabile tra previsione normativa scritta e momento applica-

68 Cfr. R. E. Kostoris, Diritto europeo e giustizia penale, cit., p. 41-42. Sul caso Pupino si vedano inoltre S. Allegrezza, Il caso “Pupino”: profili

processuali, in F. Sgubbi-V. Manes (a cura di), L’interpretazione conforme al diritto comunitario in materia penale, BUP, Bologna, 2007, p. 53 s.;

(in particolare p. 64-76); V. Manes, L’incidenza delle “decisioni-quadro” sull’interpretazione in materia penale: profili di diritto sostanziale, in Cass.

pen., 2006, p. 1151-1153; Id., Metodo e limiti dell’interpretazione conforme alle fonti sovranazionali in materia penale, in Arch. pen., 2012, n. 1, p.

1 s. (in particolare p. 11); B. Piattoli, La tutela dei diritti fondamentali: i principi della decisione quadro e le garanzie della normativa derivata, in M. Bargis-E. Selvaggi (a cura di), Mandato d’arresto europeo. Dall’estradizione alle procedure di consegna, Giappichelli, Torino, 2005, p. 175. Si veda inoltre L. Luparia, Une recente decisione della Corte di giustizia sull’allargamento delle ipotesi di audizione del minore in incidente probatorio, in Cass. pen., 2005, p. 3544. Ancora, con diversi argomenti e considerazioni, A. Fabbricatore, Caso Pupino: sul riconoscimento dell’efficacia

diretta delle decisioni quadro, in Dir. pen. e proc., 2006, p. 640 s.

69 Sono infatti ancora poche le decisioni della Corte di Lussemburgo nel settore processuale penale coinvolgenti la proporzionalità. Vale

la pena menzionare il caso Radu (CGCE, sent. 29 gennaio 2013, C-396/11, Radu), nel quale tuttavia la Corte di Lussemburgo è rifuggita dalla questione rappresentata dalla proporzionalità (diversamente da quanto auspicato dall’Avvocato generale). Su di essa, senza pretesa di completezza, cfr. A. Marletta, Il principio di proporzionalità, cit., p. 112; V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p. 149-150; S. Civello Conigliaro-S. Lo Forte, Cooperazione giudiziaria in materia penale e tutela dei diritti fondamentali nell’Unione Europea. Un commento alle

sentenze Radu e Melloni della Corte di Giustizia, in Dir. Pen. Cont., 3 giugno 2013.

70 Si rinvia a quanto detto supra, § 3.

tivo, posto – in altre parole – il carattere sempre analogico, in senso lato, della attuazione in concreto delle disposizioni normative, occorre uno strumento che canalizzi il lavoro giudiziale verso un alveo razionale standardizzato, e imponga un percorso motivazionale in grado di consentire un efficace controllo ex post. La proporzionalità sembra in grado di soddisfare tutte le esigenze qui messe in luce: essa, pur lasciando all’interprete quella ineliminabile libertà sul merito, impone tuttavia di seguire un percorso cadenzato e razionale, quanto alle modalità di giustificazione della scelta adottata.

L’estensione del principio qui in esame a tutta l’area dei diritti inviolabili consente, tra l’altro, di mantenere un approccio coerente a materie che, in passato, sebbene caratterizzate dal fatto di appartenere tutte all’area dei diritti fondamentali, hanno ricevuto soluzioni erme- neutiche eterogenee sul piano giurisprudenziale: il riferimento corre, per esempio, ai tabulati, ai prelievi ematici coattivi, alle videoriprese71. In due dei tre casi, la Corte costituzionale ha

applicato, in tutto o in parte, la disciplina tipica di attività disciplinate dal codice – quella delle intercettazioni (disciplina che, fra l’altro, impone un vaglio di proporzionalità in maniera piuttosto evidente72); in uno, invece, ha più radicalmente precluso di procedere a determina-

te operazioni73: tuttavia, la riforma legislativa che, a distanza di molti anni dalla pronuncia

costituzionale, è intervenuta a regolare il settore, ha poi introdotto a sua volta il vaglio di proporzionalità74.

Quanto al metodo imposto dal principio, come giustamente è stato osservato75, esso è

destinato ad operare in tre momenti diversi: per il legislatore, come parametro per verificare la correttezza del bilanciamento; per l’interprete, a priori, quando sia chiamato a incidere, potenzialmente, attraverso un proprio provvedimento, su uno o più diritti inviolabili, in tal maniera usando la proporzionalità quale orientamento per sciogliere i margini di incertezza lasciati dalla legge; ancora per l’interprete, a posteriori, per verificare, se con il provvedimento adottato sia stato effettuato un (corretto) bilanciamento in concreto degli interessi in conflitto.

Alla luce delle considerazioni esposte, pare sostenibile che gli indici rivelatori della neces- sità di porre in essere il controllo di proporzione possano ragionevolmente ritenersi i seguenti: una messa a repentaglio di un diritto inviolabile, per le ragioni già espresse; la presenza di un “presupposto sostanziale”, vale a dire di un fatto processuale, che giustifichi l’adozione di un provvedimento giudiziario, gravido di ricadute sulla fattispecie sostanziale; la ricorrenza di un presupposto cautelare, vale a dire di una esigenza processuale al cui servizio si pone la limita- zione legale del diritto individuale.

Quanto al presupposto sostanziale (definito anche come fatto processuale a ricaduta so- stanziale), il caso tipico è quello dei gravi indizi di colpevolezza, da cui discende sì l’appli- cazione di norme processuali, ma al tempo stesso implica in toto la verifica sulla sussistenza dell’illecito penale76. Rientrano in questa categoria numerose ipotesi, in cui, con gradi diversi,

ricorre il collegamento tra il provvedimento processuale da adottare e i requisiti costitutivi del reato (o parte di essi): i gravi indizi di reato, previsti per le intercettazioni; i presupposti di perquisizioni e ispezioni (che fanno comunque riferimento al “reato”, alla ricerca delle cui trac- ce o del cui corpo sono orientate); i casi di compimento di atti idonei a incidere sulla libertà

71 Il riferimento è alle sentenze della Corte costituzionale n. 81 del 1993, in materia di dati del traffico telefonico; n. 238 del 1996 per quel che

concerne i prelievi ematici coattivi; n. 135 del 2002 per quel che riguarda le riprese visive.

72 Sul punto si rinvia alla analisi di A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, p. 76-79, le cui considerazioni

rimangono, ancora, le più approfondite in materia.

73 Il riferimento è alla nota sentenza n. 238 del 1996. Sul tema, per una ricostruzione del problema, si rinvia agli autori menzionati alla nota

successiva.

74 Si vedano, senza pretesa di completezza, G. Giostra, Gli importanti meriti e i molti limiti della nuova disciplina, in Giur. it., 2010, p.

1217-1221; M. Panzavolta, Il profilo dell’istituto, in Giur. it., 2010, p. 1223; P. Felicioni, L’Italia aderisce al Trattato di Prüm: disciplinata

l’acquisizione e l’utilizzazione probatoria dei profili genetici; in Dir. pen. e proc., 2009, p. 6 s.; C. Conti, I diritti fondamentali della persona tra divieti e “sanzioni processuali”: il punto sulla perizia coattiva, in Dir. pen. proc., 2010, p. 993 s.; D. Curtotti Nappi-L. Saravo, L’approccio multidisciplinare nella gestione della scena del crimine, ivi, 2011, p. 263 s.; E. Di Salvo, Prova scientifica, indagini preliminari e garanzie difensive,

in Giur. merito, 2010, p. 1177 s.; M. Corasaniti, La banca dati del DNA: primi aspetti problematici dell’attuazione del Trattato di Prüm, in Dir.

informatica, 2009, p. 437; B. Galgani, Libertà personale e “raccolta” di campioni biologici: eccessi di zelo difensivo o formalismi della Suprema Corte?,

in Riv. it. dir. e proc. pen., 2008, p. 1812.

Inoltre, cfr. il recente volume a cura di C. Conti (a cura di), Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, Giuffrè, Milano, 2011. In particolare, quanto specificamente alla prova del DNA, si vedano i contributi di P. Felicioni, Questioni aperte in materia di acquisizione e

utilizzazione probatoria dei profili genetici (p. 143 s.); G. Lago, Legge n. 85 e banche dati del DNA a fini di giustizia: spunti di studio comparato con raccomandazioni internazionali (p. 183).

75 D. Negri, Fumus, cit., p. 74.

personale per prelevare campioni biologici o compiere accertamenti medici (artt. 224-bis c.p.p. e 359-bis c.p.p.), in cui il richiamo al reato è in re ipsa, trattandosi di provvedimenti destinati ad apprendere elementi materiali rilevanti per il reato.

Quanto alla sussistenza di esigenze processuali, occorre che il codice giustifichi l’intru- sione nella sfera personale dell’individuo alla presenza di una necessità del procedimento (ad esempio, l’indispensabilità per proseguire le indagini; la necessità di ottenere tracce o cose pertinenti al reato, o il corpo del reato stesso; la necessità di eseguire operazioni per prelevare campioni biologici o compiere altri accertamenti medici, etc.). Infine, lo si rammenta, occorre si verta intorno a un diritto inviolabile: ne deriva, stando al solo terreno del processo penale, l’esclusione del canone di proporzione dalla sfera delle libertà economiche e della proprietà privata (ambito in origine, nella concezione della dottrina tedesca e nella rielaborazione euro- pea, non certo immune dal principio di proporzionalità).

Si badi che ciò vale per i settori non toccati dal diritto europeo, vale a dire per quegli ambiti in cui la disciplina normativa sia tutta contenuta nella legge ordinaria e nella Carta fonda- mentale: in queste aree il vincolo della proporzione pare potersi limitare ai diritti inviolabili costituzionalmente previsti.

Quando invece il sistema interno recepisca, attraverso proprie fonti di rango ordinario, atti normativi dell’Unione europea, la proporzionalità pare imporsi a prescindere dal settore coinvolto, costituendo principio generale del sistema sovranazionale77. Ciò significa che, in

questi contesti, anche se non si verta in materia di diritti inviolabili, ma si tocchi il rapporto tra potere invasivo dello Stato, da un lato, e tutela della sfera individuale, dall’altro, occorrerà applicare il controllo di proporzione78.

In sostanza, ci avviamo verso un sistema differenziato, a seconda che, nel procedere, si “attui”, in senso lato, una fonte UE oppure no.

Ad ogni modo, quale che sia l’origine del dovere incombente sul magistrato procedente, ogniqualvolta questi sia chiamato a incidere su una prerogativa implicante il canone di pro- porzione, dovrà porre il essere il controllo da esso sotteso: idoneità, stretta necessità e propor- zionalità in senso stretto79. In proposito emerge la diversa questione relativa al come debbano

essere interpretate disposizioni normative che solo in maniera parziale richiamino il test di proporzione: nell’ottica qui sostenuta, esse vanno lette ed applicate come evocative dell’intero canone di proporzione, e non quali specifici accorgimenti da osservare entro lo stretto limite della formulazione letterale della previsione. L’applicazione integrale del metodo imposto dal principio di proporzionalità è preferibile infatti per conferire all’intera area della tutela pro- cessuale dei diritti fondamentali una piena coerenza. Esigenza – quella della coerenza com- plessiva del modo in cui la sfera individuale deve essere protetta all’interno del processo penale – destinata ad aumentare d’intensità, attraverso l’espandersi del diritto UE, per il quale, come visto, l’approccio olistico e integrale nella materia trattata è indiscusso.

In altre parole, ciò comporta che, ove l’interprete si imbatta in una previsione codicistica che evochi, sia pur parzialmente, il canone di proporzione, debba sentirsi vincolato all’inte- grale rispetto del metodo che esso impone, anche al di là di quanto previsto dalla specifica disposizione. Così, per esemplificare, il già menzionato criterio della indispensabilità delle

77 A tal proposito si rinvia agli artt. 5 par. 4 TUE e 52 par. 1 della Carta dei diritti UE. Per le conseguenze derivanti dal principio di

proporzionalità nelle legislazioni nazionali attuative di fonti ordinarie UE cfr. A. Marletta, Il principio di proporzionalità, cit., p. 88-92; V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p. 149-150.

78 E’ il caso, ad esempio, di tutti i provvedimenti di cautela reale destinati a tutelare la confisca – se la fonte della misura ablativa è da rinvenire

in sede europea (quali, come noto, la maggior parte delle confische per equivalente o estese). Ancora, è il caso di procedimenti penali aventi ad oggetto reati a suo tempo introdotti nell’ordinamento nazionale per attuare fonti – per esempio direttive – dell’Unione europea. Come ha mostrato il caso Åkerberg Fransson, ove si tratti di attuare previsioni punitive di origine europea (ad esempio le frodi fiscali in materia di Iva), l’intero procedimento penale che ne segue deve improntarsi, in ogni momento, al principio di proporzionalità, così come a ogni altro principio fondamentale riconosciuto dalle fonti primarie dell’Unione europea (Trattati e Carta dei diritti): per rendere tangibilmente il concetto, nella vicenda citata, si trattava di stabilire se, in materia di reati in senso lato riconducibili alle frodi fiscali Iva, trovasse attuazione l’art. 50 della Carta dei diritti dell’Unione, in materia di ne bis in idem.

Va ad ogni buon conto segnalato quell’indirizzo giurisprudenziale per il quale il principio di proporzionalità deve trovare attuazione anche in materia di misure cautelari reali, con ciò operandosi un parallelismo con le cautele personali. Sul tema, cfr. L. Milani, Proporzionalità,

adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, in Cass. pen., 2012, p. 4168 s. Quanto alla giurisprudenza, si segnalano Cass., S. U., 13

febbraio 2004, p.c. Ferrazzi in c. Bevilacqua , n. 5876, in C.e.d. n. 226711; Cass., 15 dicembre 2011, Sartori, n. 12500, ivi, n. 252223. Contra Cass., 16 gennaio 2007, Rosato e al., n. 16818, ivi n. 236490.

79 Si rinvia supra, § 5, per quanto riguarda il contenuto del test di proporzionalità come elaborato dal sistema tedesco (e per gli adeguati

intercettazioni, chiaramente evocativo della proporzionalità, impone di conseguenza la veri- fica puntuale della minima offensività e della proporzionalità in senso stretto. Si pensi ancora al dovere di selezionare, tra quelle possibili, le tecniche meno invasive, così come prescritto in materia di prelievo di campioni del DNA e di accertamenti medici ex artt. 224-bis e 359-

bis c.p.p.80: anche qui, idoneità e proporzionalità in senso stretto dovranno trovare integrale

attuazione.

Simili considerazioni parrebbero foriere di conseguenze sul piano applicativo. Ad esem- pio, inducendo a rifuggire da interpretazioni poco rigorose nell’adozione di misure coercitive di diritti fondamentali81, tanto sulla sussistenza del presupposto quanto sul piano dei motivi

espressi a giustificazione del provvedimento adottato. O ancora, portando a ripensare certe misure atipiche sulle quali la giurisprudenza non sembra aver mostrato, almeno non sempre, un adeguato rigore, quali la radiografia o la endoscopia forzata per verificare se l’indagato ab- bia ingerito il corpo del reato82: quand’anche assimilabili simili operazioni a ispezioni, rimane

da stabilire se sia rispettato in generale il principio di proporzione, sotto i due profili della minima offensività e della proporzionalità in senso stretto (o compressione in misura intolle- rabile del diritto tutelato): ciò dando per scontata l’idoneità della operazione.

Quanto alle conseguenze derivanti – al di fuori dell’ambito cautelare e in particolare nel terreno probatorio – dalla mancata osservanza del principio, esse paiono riconducibili in ge- nerale alla inutilizzabilità del dato probatorio ricavato.

Da un lato, la proporzionalità costituisce quella griglia procedurale razionale posta a tutela della dignità e libertà dell’individuo, nei termini innanzi descritti; dall’altro, l’inutilizzabilità, come si è avuto modo di osservare, rappresenta una ipotesi di invalidità posta a tutela della compromissione dei diritti fondamentali – e non solo quelli – in ambito probatorio83. Dove

la libertà lasciata all’interprete nella ricerca di una violazione effettiva dell’interesse protetto trova la possibilità di una sottoposizione a verifica razionale attraverso il canone procedurale di proporzione.

Da queste considerazioni deriva che il vizio in esame deve operare non soltanto in caso di completa inosservanza della specifica previsione di legge che richiami, in maniera parziale, il principio di proporzionalità; ma anche, per le ragioni espresse, quando il test implicato dal principio in esame sia stato attuato solo in parte. Infatti, in entrambe le ipotesi, l’invasione del potere autoritativo nella sfera individuale finisce per essere il frutto di una scelta arbitraria e

80 Altri esempi, meno evocativi ma certamente indicativi del canone di proporzione, paiono essere, ad esempio, il dovere di rispettare il pudore

di chi vi è sottoposto, nell’ambito di ispezioni e perquisizioni personali; il divieto di effettuate nel domicilio perquisizioni oltre determinati limiti temporali, salvo urgenza e previa disposizione scritta dell’autorità giudiziaria.

81 Il riferimento è, in ambito di intercettazioni, alla tendenza a rifuggire da un rigoroso controllo sui presupposti applicativi della misura

investigativa in sede di legittimità, giustificando la scelta con la considerazione che si tratta di questione di merito, sottratta alla verifica della Suprema Corte. Sul tema si rinvia, tra le tante, a Cass., 25 settembre 2005, Scremin, in Arch. nuova proc. pen., 2005, p. 263. Ancora, Cass., 28 ottobre 2008, Chiocci, in Cass. pen., 2009, p. 4321, sulla possibilità di disporre intercettazioni telefoniche a seguito di ricezione di denuncia anonima (ma anche Cass., 9 settembre 2010, Lombardi e altro, in Guida al dir., f. 43, p. 97, sulla verifica in sede di cassazione della congruità della motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di reato).

82 Cfr. S. Renzetti, Gli accertamenti corporali coattivi: una questione irrisolta, in Cass. pen., 2006, p. 3557; A. Macchia, L’indiziato e l’esame

radiologico coattivo – adesso serve un chiarimento legislativo, in Dir. e giust., f. 12, 2006, pag. 50; M. Gialuz, Radiologia e accertamenti medici coattivi: il difficile equilibrio tra libertà della persona ed esigenze di prova, in Riv. it. dir. proc. pen., 2012, p. 558; P. Felicioni, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il prelievo di materiale biologico, Ipsoa, Milano, 2007, p. 111-115.

83 Osserva C. Conti, Il volto attuale dell’inutilizzabilità: derive sostanzialistiche e bussola della legalità, in Dir. pen. proc., 2010, p. 782, a

proposito del concetto di divieto, che «Si tratta di un concetto che finisce per prescindere dall’esistenza di una norma espressa formulata in chiave di divieto; una simile caratteristica è risultata evidente fin dai primi anni di vigenza del codice Vassalli e, probabilmente, non era esclusa neppure dalla voluntas legis». Sulla tematica, per tutti, A. Scella, voce Inutilizzabilità della prova (diritto processuale penale), in Enc. dir.,

Annali, vol. II, t. 1, Giuffrè, Milano, 2009, p. 484 s.; Id., Prove penali e inutilizzabilità. Uno studio introduttivo, Giappichelli, Torino, 2000, 152

s. V. ancora G. Illuminati, L’inutilizzabilità della prova nel processo penale italiano, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p. 522; F. M. Grifantini, voce Inutilizzabilità, in Dig. pen., vol. VII, Utet, Torino, 1993, p. 243 s.

non ponderata – o non ponderata quanto necessario – da parte del potere pubblico84.

Emerge dunque, attraverso la logica della proporzionalità, quella riconduzione del vizio processuale a “sanzione”, tradizionalmente non accolta dalla dogmatica85: la conseguenza in-

validante qui infatti finisce per operare come reazione alla ingerenza autoritaria ad opera del potere pubblico nella sfera più intima dell’individuo, con la conseguente degradazione della sua dignità.

Conclusioni.

Giunti al termine della trattazione, si impone un riepilogo che cerchi si tessere in una unica tela i diversi fili intrecciati nel corso della analisi.

Ad oggi, in parte quale sviluppo della legalità costituzionale, in parte in ragione del pro- gressivo espandersi della sfera d’influenza del diritto europeo su quello nazionale, il principio di proporzionalità può dirsi improntare il sistema processuale penale nella sua interezza: se non nell’immediato, certamente in chiave evolutiva. Del resto, al fondo, è nel terreno del pro- cedimento che trova la massima espressione l’antitesi continua tra autorità e individuo, alla cui sintesi la proporzionalità è costantemente chiamata.

Al momento, tuttavia, pur potendosi parlare di un principio generale, diverse, almeno parzialmente, risultano le sue aree di operatività. Limitata ai diritti inviolabili quella ove il rapporto tra potere pubblico e individuo sia regolata dal solo diritto italiano; comprensiva di ogni prerogativa del singolo quella in cui la fonte italiana attui, anche in via non diretta e non immediata, il diritto dell’Unione europea.

Il metodo di realizzazione del canone di proporzione rimane in ogni caso il medesimo, improntato al test tripartito elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza tedesca, in origine, e recepito, con qualche lieve difformità, a livello europeo86. In ogni caso in cui l’interprete sia

chiamato a dare attuazione al principio, la verifica tripartita dovrà essere effettuata nella sua interezza, pena la violazione del principio in questione. La conseguenza della trasgressione,

84 Si pensi ancora al tema delle ispezioni o perquisizioni informatiche. Qui indice del dovere di rispettare la proporzionalità paiono essere,

oltre al presupposto a rilevanza sostanziale (la necessità di accertare tracce ed effetti materiali del reato; quella di apprendere il corpo del

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