La scissione come trasferimento
4. La tesi modificativo traslativa
Altra parte della dottrina condividendo il fondamento della teoria modificazionista, concorda con l’idea che la scissione sia un fenomeno di modificazione (nella continuità) del rapporto sociale e di prosecuzione dell’attività, ma al tempo stesso ritiene che detta continuità si realizzi attraverso la circolazione di beni e diritti.
Come la fusione, infatti, anche la scissione sarebbe vicenda organizzativa (meglio, riorganizzativa) della società, la cui essenza (forse causa) risiederebbe nella continuazione – in forme organizzative diverse – dell’attività già svolta dalla società scissa; altrimenti detto, la separazione – dal patrimonio unico originario – di frazioni o elementi patrimoniali da trasferire alla o alle società beneficiaria/e è in funzione non della disgregazione del patrimonio stesso e dunque della cessazione dell’attività, bensì – al contrario – in funzione del subentro delle beneficiarie nel patrimonio (in quote del patrimonio) a fini di continuazione dell’attività101.
Questa lettura, per così dire, eclettica si muove nello stesso solco della tesi modificativa e, tuttavia, se ne differenzia in quanto coglie l’esistenza di una componente traslativa, di una circolazione di beni e diritti che non qualifica la scissione, ma viene giudicata strumentale alla modificazione degli enti nella continuità102.
101 Scognamiglio, Effetti della scissione e opponibilità del trasferimento: appunti, in Riv. dir. impr.,
2002, p. 3 ss.; Id, Le scissioni, op. cit., p. 195, ove ci si riferisce a diversi esempi della realtà giuridica nei quali sarebbe possibile cogliere l’asserita continuità. Cfr. anche Palmieri, Scissione di
società e circolazione dell’azienda, Torino, 1999; Laurini, La scissione di società, in Riv. soc.,
1992, pt. II, p. 923 ss.; Chiomenti, Scissione e prelazione, in Riv. dir. comm., 1999, I, p. 783 ss.
102 Scognamiglio, Le scissioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale,
Torino, 2004, vol. VII, t. 2, p. 107 ss.; Bavetta, La scissione nel sistema delle modificazioni
societarie, in Giur. comm., 1994, I, p. 350 ss.; Campobasso, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società, Torino, 2002, p. 626 ss.; Oppo, Fusione e scissione delle società secondo il d. leg. 1991 n. 22: profili generali, cit., p. 505 ss.; Palmieri, Scissione di società e trasferimento d’azienda, Torino,
1999, p. 119 ss.; Perrino, Le operazioni straordinarie, in Diritto delle società, a cura di Alessi – Rescigno, Milano, 1998, p. 910 ss.; Portale, La scissione nel diritto societario italiano: casi e
questioni, in Riv. soc., 2000, p. 480 ss.; Caruso, Osservazioni sul dibattito in tema di natura giuridica della scissione, cit., p. 197; Guerrera, Concetto e regimi di circolazione dell’azienda, in Dir. form., 2002, p. 5; Colombo, Scissione e trasferimento d’azienda. A) Introduzione, in Economia dell’azienda e diritto dell’impresa, 2000, p. 367 ss.
Non varrebbe a smentire l’asserita continuità delle società beneficiarie nei rapporti facenti capo alla scissa, nemmeno l’osservazione che manca nella disciplina della scissione una norma analoga a quella contenuta in materia di fusione nell’art. 2504 bis c.c. che dispone che la società risultante dalla fusione prosegue in tutti i rapporti anche processuali che facevano capo anteriormente alla fusione alle diverse società partecipanti. Il mancato richiamo della norma in sede di scissione viene, infatti, interpretato come frutto di una svista del legislatore, o di un difetto di coordinamento redazionale, probabilmente derivante dall’uso non troppo accorto della tecnica del rinvio. Del resto, se si giungesse a conclusione opposta si finirebbe con il privare di significato l’asserita continuazione dei rapporti di partecipazione e dunque dell’attività e dell’investimento103.
Al contrario, la tesi esposta troverebbe conforto nella disciplina tributaria dell’istituto, tutta imperniata sul principio di cd. neutralità fiscale, e cioè sull’idea che la scissione, come la fusione, non costituisca un’operazione in sé produttiva di reddito, risolvendosi nella riorganizzazione di soggetti104.
L’orientamento citato sottolinea, inoltre, la peculiarità del profilo traslativo della scissione, ritenendo che integrerebbe una circolazione sui generis, del tutto diversa dall’ordinaria circolazione di beni e diritti105: la circolazione “da
scissione” non sarebbe riconducibile alle ordinarie vicende circolatorie che
riguardano i beni, quali ad esempio, quelle che si producono con i contratti di scambio106.
Anzi, proprio dall’analisi critica degli orientamenti che, pur individuando correttamente il verificarsi di un trasferimento di beni e rapporti giuridici riducono la scissione negli schemi di altre vicende traslative, l’impostazione in esame coglie il significato della vicenda che caratterizza l’istituto107.
103 Scognamiglio, Le scissioni, op. cit., p. 200. 104 Così Scognamiglio, Le scissioni, op. cit., p. 201. 105 Scognamiglio, Le scissioni, op. cit., p. 239 ss.
106 Scognamiglio, Le scissioni, op. cit., p. 239 ss., ed in particolare p. 243. 107 Palmieri, Scissione di società e circolazione dell’azienda, op. cit., p. 124 ss.
In particolare, non si condivide l’analogia con i contratti di scambio e più precisamente con la compravendita muovendo dai seguenti rilievi: innanzitutto, le norme riguardanti la scissione fanno esclusivamente riferimento al trasferimento e non all’acquisto del patrimonio; inoltre, le stesse parlano di trasferimento di patrimonio, mentre nelle norme sulla vendita si parla di trasferimento (e di acquisto) della proprietà di beni.
Quanto all’art. 2357 bis c.c.108, contrariamente a quanto sostenuto dalla corrente traslativa, la circostanza che il legislatore abbia collocato l’ipotesi dell’acquisto delle proprie azioni per effetto di scissione tra le figure particolari alle quali non si applicano i limiti di cui all’art. 2357 c.c., dimostra l’irriducibilità della stessa alle fattispecie prettamente “di scambio” che rientrano nella generale sfera applicativa della citata disposizione.
Infine, non sarebbe nemmeno determinante il rilievo che nel caso di scissione parziale a favore di società preesistenti l’assegnazione di azioni a soggetti non soci (cioè i membri della scissa), implichi necessariamente la presenza di un’attribuzione patrimoniale a favore delle beneficiarie, alla stregua di quanto accade in sede di compravendita. Infatti, non potrebbe di certo escludersi che tale assegnazione possa aver luogo per effetto di una reciproca modificazione degli atti costitutivi delle società partecipanti, così come accade in sede di fusione, senza che, dunque, risulti necessario ipotizzare l’introduzione di una nuova ipotesi di assegnazione a titolo gratuito, con esclusione del diritto dei soci.
Avverso la tesi che colloca il trasferimento patrimoniale da scissione tra le figure che determinano un’ipotesi di successione a titolo universale si oppone, da un lato, l’osservazione che il progetto di scissione non può limitarsi a disporre il trasferimento dell’universalità del patrimonio, né ad indicare la frazione aritmetica dello stesso - come invece avviene nel caso di istituzione di erede -, dovendo determinare l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire
108 La tesi traslativa richiamava a sostegno delle proprie conclusioni gli artt. 2357 bis e 2349, c.c.,
a ciascuna delle società beneficiarie; dall’altro, la differenza tra la disciplina della scissione dettata a tutela dei creditori della società scissa - sia nel caso in cui il progetto di scissione abbia determinato con esattezza la società destinataria degli elementi del passivo, sia qualora la sorte di uno o più elementi non sia desumibile dal progetto - ed i principi cardine dettati in materia ereditaria dagli artt. 752 e 754, c.c., quanto alla responsabilità dei coeredi per i debiti ereditari.
L’effetto traslativo conseguente alla scissione andrebbe allora considerato come peculiare della stessa e non riconducibile ad altre fattispecie disciplinate dal nostro ordinamento109. La sua peculiarità deriverebbe dall’essere riflesso di una vicenda modificativa di enti, conseguenza di un fenomeno a seguito del quale si ha una prosecuzione del rapporto sociale e dell’attività della società scissa.
La scissione (a prescindere che sia totale o parziale) viene così ricostruita come vicenda che, sebbene indubbiamente implichi una moltiplicazione dei centri di imputazione in luogo dell’unico centro di imputazione originario (la società che si scinde), ed in questo senso una modifica organizzativa del soggetto, dal quale i nuovi centri di imputazione “derivano” attraverso un procedimento di separazione di quote del patrimonio, comporterebbe altresì, e correlativamente, un mutamento nella titolarità e nella conseguente intestazione dei beni, più precisamente degli elementi patrimoniali attivi e passivi già facenti capo alla società scindente. In sintesi, la scissione realizzerebbe – in capo alla ovvero alle società beneficiarie – una fattispecie comunque acquisitiva di elementi patrimoniali110.
109 L’opinione di Scognamiglio, in Le scissioni, op. cit., p. 214 è che si tratterebbe di una
trasmissione universale del patrimonio sia nel caso di scissione totale che nel caso di scissione parziale, ma ciò non comporterebbe l’assoggettamento meccanico alle norme dettate in materia di successione universale dell’erede.
110 Scognamiglio, in Scissione e trasferimento d’azienda. B) Profili civilistici, in Economia
dell’azienda e diritto dell’impresa, 2000, p. 375; cfr. anche Id., Le scissioni, op. cit., p. 188 ss.;
Palmieri, Scissione di società e circolazione dell’azienda, op. cit.; Portale, La scissione nel diritto
societario italiano: casi e questioni, in Riv. soc., 2000, p. 480. Recentemente in giurisprudenza v.
Cass., 19 maggio 2010, n. 12253, in CED Cassazione, 2010, in Leggi d’Italia professionale, gruppo Wolters Kluwer, per la quale la scissione non comporta la semplice modificazione della struttura e dell’organizzazione societaria, ma la costituzione di un nuovo soggetto distinto da quello originario.
5. Le conseguenze quanto al divieto di concorrenza. Proposta