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I LASER IN UROLOGIA

4.4 TESSUTI MOLLI

Lo sviluppo della tecnologia delle fibre ottiche laser per l’endoscopia ha permesso in breve tempo di trattare tutte le patologie urologiche [23, 24].

Attualmente, i trattamenti endoscopici dei tessuti molli con i laser riguardano l’intero apparato urinario: uretra, prostata, vescica, ureteri, pelvi e calici renali.

Trattamenti laser al parenchima renale − Il parenchima renale è uno dei tessuti più vascolarizzati del corpo umano, molto difficile da trattare chirurgicamente a causa dei copiosi sanguinamenti che si possono verificare in fase di intervento, con emorragie importanti e difficili da controllare. Solo gli urologi più esperti infatti si cimentano in interventi chirurgici conservativi a carico del parenchima renale, con asportazioni di formazioni cistiche o di neoformazioni di ridotte dimensioni. La problematica chirurgica del parenchima renale si può riassumere in questi termini: occorre usare una sorgente di energia in grado di ottenere un taglio del tessuto che al contempo dia una soddisfacente emostasi. Laddove si tagliano vasi di diametro superiore al millimetro, il chirurgo deve bloccare l’emorragia con filo di sutura, ma per i piccoli vasi deve essere la sorgente laser in grado di occluderli e provocare emostasi.

Il laser ad Argon, il KTP, il Diodo a 980nm e 1470nm sono sorgenti in grado di ottenere questo risultato, grazie all’elevato assorbimento che il sangue ha alle lunghezze d’onda rispettivamente di 514, 532 e 980nm + 1470nm. Il processo avviene per riscaldamento del sangue e delle pareti dei vasi che subiscono un termorestringimento occlusivo, ottenendo così un effetto emostatico.

Sono stati eseguiti diversi interventi sperimentali sul parenchima renale con i laser sopra citati: l’Argon per i notevoli ingombri e basse potenze è stato scartato, ma sia il KTP che i Diodi a 980nm e 1470nm hanno dato risultati promettenti.

Trattamenti laser all’uretra − Le stenosi dell’uretra, prodotte da traumi o patologie di diversa natura, sono abbastanza frequenti. In questi casi l’incisione dell’uretra avviene con controllo endoscopico: la tecnica tradizionale utilizza una lama a freddo, in alternativa si possono usare laser con fibre ottiche molto sottili che lavorano a contatto con la parete. Con la lama a freddo si verifica spesso l’inconveniente delle recidive: la stenosi si ripresenta dopo pochi mesi. Tra i primi laser usati, l’argon ha dato buoni risultati [25]; successivamente la tecnica è stata migliorata grazie anche all’utilizzo di micromanipoli laser, in grado di posizionare e traslare l’estremità della fibra ottica con precisione sulla parete dell’uretra. I primi buoni risultati si sono ottenuti con il Nd:YAG con la relativa fibra ottica inserita in un manipolo laser; successivamente si sono utilizzate, sempre con lo stesso manipolo laser, sorgenti a diodi a 980nm e laser ad olmio. L’uso di fibre sottili con dosaggi energetici minimali hanno portato ad una percentuale di recidive inferiore al 10%; recentemente sono state trattate stenosi dell’uretra anche con sorgenti laser al Tm-YAG e con diodi a 1470nm; a breve si avranno i follow up con i dati delle recidive.

Trattamenti laser alla vescica − I tumori alla vescica sono difficili da trattare, poiché tendono a riformarsi dopo la terapia e un trattamento della vescica ha successo solo se riesce a rimuovere il tumore senza perforare le pareti vescicali. Dal 1982 [26] sono stati utilizzati laser a Nd:YAG e laser ad argon. Il Nd:YAG ottiene una buona coagulazione del tumore anche in stadio avanzato, mentre il laser ad argon o il KTP/532 non hanno dato risultati apprezzabili; inoltre per il loro scarso assobimento su tessuti poco vascolarizzati possono provocare retrodanni non controllabili. Il trattamento con il Nd:YAG consisteva nell’applicazione di 30-40 W temporizzati, con tempi di accensione di 0,8 sec e di spegnimento di 0,4 s ad una distanza di lavoro di 6-8 mm; in seguito il tessuto coagulato si dissolve gradualmente e viene rimosso tramite le urine.

La stessa tecnica, con potenze quattro volte minori, è stata usata con il laser a diodi a 980nm. Per minimizzare eventuali retro danni, l’erogazione è stata temporizzata con tempi di accensione di 0,5 sec e di spegnimento di 0,3 sec. Durante il trattamento la punta della fibra viene gradualmente avvicinata alla parete vescicale fino a quando si ottiene uno sbiancamento dei tessuti che evidenzia l’avvenuta sterilizzazione tessutale che mantiene però inalterate le cellule epiteliali di collagene. Le proprietà di ablazione tessutale e di emostasi del laser ad olmio hanno trovato applicazione anche nel trattamento endoscopico dei tumori superficiali della vescica. Preventivamente si asporta con pinza da biopsia la neoformazione, per avere reperti su cui eseguire l’analisi istologica, successivamente si pone in prossimità della neoformazione la punta della fibra ottica e si inizia il trattamento con la radiazione laser. Durante l’irraggiamento, sull’estremità della fibra, si forma una bolla di plasma che rilascia la sua energia termica all’acqua circostante formando così un termo spray di vapore ed acqua calda in grado di coagulare e sterilizzare il tessuto neoplastico. Avvicinando l’estremità della fibra alla neoformazione, si ottiene uno sbiancamento dei tessuti che evidenzia l’avvenuta sterilizzazione. Con la stessa tecnica si trattano tutte le altre neoformazioni presenti nell’apparato urinario. A fine trattamento è sempre di fondamentale importanza bonificare le basi d’impianto delle neoformazioni mediante coagulazione. Attualmente, si ritiene che l’indicazione elettiva del trattamento laser sia rappresentata dai tumori superficiali inferiori al centimetro di diametro, l’utilizzo del laser per le neoplasie estese o multifocali tuttora non ha trovato riscontri efficaci e sicuri per varie ragioni. Per neoformazioni vescicali sono state utilizzate anche sorgenti KTP-532, ma a questa lunghezza d’onda l’acqua ed i tessuti poco vascolarizzati non assorbono la radiazione, con il rischio quindi di causare retrodanni ed in alcuni casi la perforazione della vescica, con conseguenti rischi per i pazienti. Possibili alternative sembrano essere il laser al

Tulio a 2000nm ed il diodo a 1470nm, entrambi in grado di produrre gli stessi effetti sui tessuti con danno termico controllato e senza retrodanni [27].

Figura 4.5 − Incisione laser di un collo vescicale stenotico

Trattamenti laser all’uretere − Per i tumori uroteliali dell’alta via escretrice, il trattamento usuale consiste nell’asportazione del rene e dell’uretere sino al suo ingresso vescicale. Anche in questo ambito, però, il trattamento transureteroscopico è una valida alternativa. Il laser maggiormente utilizzato per questi trattamenti è il laser Ho:YAG, ma sono stati impiegati anche laser a Nd:YAG e laser a diodi a 980nm e a 1470nm. Con il laser ad Ho-YAG si ottiene sull’uretere un trattamento di sterilizzazione termocoagulativa, efficace e poco traumatica a patto che la fibra laser sia a distanza di sicurezza dalla parete, per sfruttare il termo spray dell’acqua calda prodotto dal plasma. Ancor più che per la vescica, nell’uretere occorre avere la massima precisione e accuratezza, per evitare eccessivi riscaldamenti che porterebbero alla coartazione ovvero al termorestringimento irreversibile della parete ureterale [28]. Oltre ai tumori uroteliali, altre importanti patologie dell’alta via escretrice sono rappresentate dalle stenosi del giunto pielo-ureterale o del lume dell’uretere. Tutte queste patologie erano tradizionalmente trattate «a cielo aperto» fino a pochi anni fa, ora le opzioni a disposizione dell’urologo sono molteplici e, se ben eseguite, sono sicuramente efficaci e poco invasive. Anche per questi tipi di ostruzioni, la soluzione migliore sembra essere l’incisione con i laser ad olmio o con i diodi a 980nm e 1470nm, che, analogamente a quanto riferito circa il trattamento dei tumori uroteliali, hanno il vantaggio rispetto all’elettrobisturi di confinare al minimo il danno termico, ottenendo quindi una minore risposta cicatriziale dei tessuti.

4.5 I TRATTAMENTI LASER DELLA PROSTATA