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PRODUZIONE MONDIALE DI FIBRE SINTETICHE

TESSUTI NATURALI DI ORIGINE VEGETALE

L’attenzione alla natura e la sensibilità verso prodotti ecosostenibili si è fatta sentire anche nel settore T/A creando prospettive per nuovi tessuti, ricchi di proprietà ed allo stesso ecosostenibili, facilmente riciclabili o dismissibili. Se alcuni di essi però, hanno scarse prospettive di crescita, altri, al contrario, risultano competitivi. Molteplici scoperte hanno portato alla realizzazione di tessuti davvero singolari, ricavati da alghe, piume, banane, ecc. Alcuni materiali che analizzeremo in questo paragrafo possono risultare valide alternative al cotone, piuttosto che ala lana o alla seta, sia quando vi è la necessità di abbassare il livello di impatto ambientale sia quando il bisogno è invece legato alle proprietà tessili o all’antibattericità del prodotto finale.

TESSUTI NATURALI DI ORIGINE VEGETALE

Nel tessile di origine vegetale, la fibra più utilizzata è il cotone, che risulta però estremamente invasivo; la sua coltivazione e produzione richiede infatti molti pesticidi chimici che si depositano nelle falde acquifere, rendendo il terreno arido e sterile.

Proprio per queste ragioni, l’uomo ha indirizzato la sua ricerca verso l’individuazione di nuove fonti naturali dalle quali produrre fibre tessili alternative con minor impatto

ambientale, mantenendo, modificando o, addirittura, migliorando alcune proprietà fisiche, estetiche e funzionali del cotone stesso.

Sono state così individuate varie fibre tessili vegetali, alcune delle quali dotate di proprietà benefiche, anallergiche, benefiche, curative, e comunque meno invasive per l’ambiente. Per alcune tipologie la produzione risulta ancora in via di sviluppo e quindi abbastanza onerosa, tuttavia le proprietà maggiori rispetto al solo cotone favoriscono investimenti volti al miglioramento delle tecniche necessarie all’estrazione e al trattamento delle stesse.

Dalla cellulosa di abete bianco deriva una nuova fibra tessile prodotta dalla Filati Malcodio: il “Lenpur”. Il Lenpur è molto resistente alle sollecitazioni a trazione e la cellulosa conferisce proprietà termoregolanti. Rispetto alle altre fibre cellulosiche, si caratterizza per morbidezza, capacità assorbente, capacità di rilasciare umidità (come filato o tessuto) e proprietà deodoranti. Per queste caratteristiche i tessuti di Lenpur risultano quindi termoregolatori, traspiranti, anti-odore ed assorbenti. Il Lenpur trova viene già usato in svariati settori della moda, dall’intimo alla camiceria, dalla calzetteria al tessile per la casa. Una nuova fibra tessile naturale ricavata dalla cellulosa delle alghe marine, è “Seacell”. Seacell è una fibra cellulosica nella quale sono inseriti in modo permanente estratti di alghe e ioni di argento, che garantiscono una naturale funzione antibatterica creando un senso di benessere. La cellulosa di alga marina viene disciolta ed incorporata in cellulose provenienti da altre piante e successivamente convertita in fibre caratterizzate da una elevata resistenza e da una bassa percentuale di restringimento.

Minerali ed altre sostanze attive contenute nelle alghe marine vengono incorporati nelle fibre conferendo loro le proprietà antinfiammatorie ed antipruriginose tipiche delle alghe marine. I minerali e le sostanze attive presenti nella fibra vengono rilasciati sulla pelle, costantemente nel tempo, con il risultato di ammorbidire e proteggere la pelle, e di favorire l’idratazione.

La fibre Seacell, prodotte dalle italiane Mario Cucchetti Tessuti e Fordiani Riccardo & C., hanno tenacità simile alle viscose e possono essere colorate con tecniche di tintura tradizionali.

Emily Crane, studentessa di moda della Kingston University, ha recentemente sviluppato una fibra commestibile ottenuta dalla fermentazione di alghe, per cui i suoi vestiti sono crescono letteralmente in una coltura di gelatina alghe e coloranti alimentari.

può essere impiegata per tessere viscose leggere.

Il bamboo, pianta di legno a crescita rapidissima, resistente ad insetti e malattie e biodegradabile al 100%. La sua è una coltura eco- sostenibile, diffusa specialmente nelle aree con clima tropicale (Asia, America Latina, Africa), che non richiede l’uso di fertilizzanti chimici, non necessita di molta irrigazione e migliora addirittura la qualità del terreno. La fibra di bambù può essere ottenuta con o senza processi chimici: - mediante processi chimici: si ricava dalla fibra cellulosica rigenerata attraverso processi di

candeggio. Questo tipo di lavorazione produce una fibra artificiale, la viscosa di Bambù, detta Rayon, che viene comunque considerata una fibra eco-sostenibile poiché proveniente da una fibra naturalmente rigenerata. La Cina ne detiene il brevetto di lavorazione producendo il 100% della viscosa di bambù esistente sul mercato. - senza processi chimici: si ricava dalla polpa ottenuta attraverso l'esposizione degli steli e delle foglie all'azione di enzimi che ne frantumano in maniera naturale le pareti; le fibre possono essere così pettinate meccanicamente e trasformate in filato attraverso le successive fasi di lavorazione. Il tessuto di bambù è fatto di 100% fibra di polpa di bambù, che ha proprietà antibatteriche naturali, che persistono anche dopo numerosi lavaggi.

La fibra di bamboo è:

- igroscopica, vale a dire che assorbe facilmente le tinture e necessita quindi di minori quantità di colorante;

- estremamente traspirante e fresca, assorbe velocemente l’umidità e altrettanto velocemente la rilascia;

- ultravioletta, - molto elastica,

- morbida al tatto proprio come i filati in cashmere e seta.

Il tessuto di bamboo è impiegato soprattutto per la produzione di abbigliamento intimo, neonatale (per le proprietà antibatteriche e ultraviolette), accappatoi ed asciugamani, costumi da bagno (per le proprietà antibatteriche e di traspirabilità), materiali sanitari (garze, mascherine, divise, etc ), arredamento d’interni (tende, fodere, tappezzeria).

In Giappone, fin dal 13esimo secolo, le banane vengono utilizzate per realizzare un tipo di tessuto, lo “jusi” leggerissimo, tuttora impiegato per il confezionamento dei kimono. Lo jusi è un simil-cotone, la cui materia prima proviene essenzialmente dagli "steli" cui sono attaccati i caschi di banane che gli agricoltori lasciano in giardino dopo un raccolto di

banane e solitamente gettati via come rifiuti. Di fronte ad una crescente richiesta di banane da parte del mercato indiano e internazionale, uno smaltimento "utile" di questi rifiuti potrebbe dunque tradursi in una risorsa preziosa.

I gambi e le foglie dell’albero sono rimossi e trasformati in una fibra flessibile. Attualmente lo jusi viene prodotto soltanto in alcuni zone del sud est asiatico. Molti tappeti nepalesi sono costituiti da fibre sbiancate ed essiccate della pianta di banana annodati a mano con la stessa tecnica dei tappeti in seta. Alcuni studi condotti in India dal Centro Nazionale di Ricerca sulla Banana (NRCB - National Research Centre for Banana), insieme all'Istituto Centrale di Tecnologia del Cotone di Mumbai, sono giunti alla conclusione che, essendo, oltre che economici, completamente biodegradabili ed eco-compatibili (non hanno effetti tossici per l'ambiente e per l'uomo), i prodotti in fibra di banana sono destinati, in un futuro molto prossimo, ad incontrare una grande domanda sui mercati internazionali.

La canapa è una fibra ottenuta dalla pianta Cannabis Sativa della famiglia delle Cannabinacee; il suo impiego tessile, in particolare per la produzione di vele nautiche e cordami, risale a più di 5000 anni fa nelle regioni centro asiatiche ed orientali. La sua è una coltivazione ecocompatibile:

− non richiede pesticidio concimi chimici e fertilizzanti, quindi è economica e poco inquinante;

− è autocompatibile (può essere coltivata più volte nello stesso terreno senza impoverirlo); − addirittura migliora la qualità del terreno sul quale è coltivata, perché le sue radici rilasciano azoto ed assorbono i minerali presenti, che vengono concentrati nelle foglie, senza intaccare e lasciare segno del loro passaggio sulle fibre;

− è un ottimo convertitore di anidride carbonica in ossigeno, quindi riduce l'effetto serra; − ha una resa alta, cresce molto velocemente raggiungendo, in tempi brevi ed anche in piccoli appezzamenti di terreno, altezze notevoli consentendo di ottenere una grande

quantità di materia − è una pianta della quale si utilizza tutto, dalla fibre di prima qualità ai prodotti di scarto infine, sebbene prediliga climi miti e temperati, è coltivabile potenzialmente in qualsiasi terreno. Il tessuto di canapa è caldo d'inverno e fresco d'estate e, tra i tessuti naturali è quello più resistente sia al degrado che alle tensioni meccaniche (strappi), nella misura di tre volte superiore al cotone, rendendo i capi maggiormente durevoli. La canapa ha inoltre un’ottima capacità di assorbire l'umidità, filtra i raggi Uva, è anallergica, resistente al calore e all'esposizione della luce, inattaccabile da muffe, funghi e

tarme ed è comoda e confortevole da indossare. La fibra migliore per scopi tessili è quella lunga, non inferiore ai 250 cm.

La coltura del lino è antichissima, risale a circa 8000 anni fa. La sua fibra si ricava dal fusto della pianta Linum usitatissimum che, a seconda del tipo di coltivazione, può arrivare fino ad un metro di altezza. La pianta del lino predilige terreni tendenzialmente acidi e bene idrati, un climamite (temperature comprese tra i 10°C e i 20°C ), e sopporta bene anche gli attacchi parassitari, quindi necessita di un uso limitato di pesticidi.

La produzione del lino è a basso impatto ambientale: le zone di produzione dalle quali proviene il lino di qualità migliore a livello mondiale sono quelle europee (Francia, Olanda, Romania) e appartenenti a una vasta area della Russia. Il processo di lavorazione per estrarre le fibre tessili comporta però alti costi di produzione, sia per la particolare e specifica attenzione da dedicare alla sua coltivazione sia per la bassa resa dei raccolti.

Rispetto al cotone la fibra di lino è più morbida, flessibile, liscia e brillante; ha una maggiore resistenza meccanica che aumenta fino al 40% quando bagnato; ha una migliore conducibilità termica (è fresco e quindi molto adatto per abbigliamento estivo), ma gualcisce più facilmente del cotone.

Utilizzata fin dall’antichità, la iuta è una fibra di rafia, proveniente dalle regioni monsoniche, per lo più dall’India (85% della produzione mondiale), molto resistente, ma con un valore estetico piuttosto grezzo. Anche la iuta, la fibra più economica tra le tutte le fibre vegetali, come il lino e la canapa, si ricava dal fusto della pianta, che può essere alta dai 2 ai 4 metri attraverso un processo di estrazione totalmente manuale, lungo e particolarmente importante ai fini della sua qualità.

La iuta è la più economica tra le fibre vegetali; si ricava dal fusto della pianta, con un processo di estrazione totalmente manuale. E’ altamente igroscopica, proprietà che ne consente la miscelazione con altri elementi al fine di migliorarne le caratteristiche (ad esempio, trattandola con l'ammoniaca la si rende più soffice e simile alla lana). E’ riciclabile e biodegradabile al 100%.

La iuta viene impiegata principalmente per la realizzazione di tessuti durevoli come ad esempio sacchi, sacchetti, cordame, spago, tappeti, tappezzerie, moquette e geotessili (tessuti molto robusti usati per proteggere il suolo dall’erosione), in quanto ha un elevato carico di rottura e garantisce un elevata traspirazione del tessuto.

nell’arredamento, le fibre di iuta devono essere unite però ad altre fibre tessili.

Dalla pianta Brennessel - una pianta che può essere coltivata senza l’utilizzo di pesticidi o diserbanti - deriva invece il tessuto di ortica. La fibra di ortica, cava al suo interno, conferisce al filato ottime proprietà termoisolanti, è più fine della canapa e le sue fibre sono straordinariamente lunghe, caratteristica che ne accresce le

possibilità di filatura e quindi, di tessitura. Unico neo è che la pianta Brennessel richiede un grande apporto idrico e la fase di estrazione della fibra non è stata ancora ottimizzata. Attualmente la fibra viene utilizzata mista al cotone o alla lana, per lo più per la realizzazione di tessuti di arredamento. Numerose aziende tedesche ed olandesi, favorite dal clima e dalla posizione geografica, hanno investito le proprie risorse sulla coltivazione dell’ortica. La Netl, una piccola azienda olandese, ha addirittura realizzato la prima sfilata con abiti in fibra d’ortica.

Il kapok è una fibra setosa simile al cotone che circonda i semi nel baccello dell’albero Ceiba, un albero che cresce spontaneamente in climi tropicali e semi-tropicali. La fibra del Kapok, o fiocco, è composta da un minuscolo tubicino di cellulosa contenente aria sigillata; essa è ideale per imbottiture leggere ed altri equipaggiamenti di sicurezza in acqua a grazie alla sua eccellente galleggiabilità (può sopportare carichi, anche 30 volte superiori al proprio peso anche per lunghi periodi di tempo).

La fibra di kapok ha una densità inferiore rispetto al cotone e, grazie alla sua struttura cava, possiede ottime proprietà termoisolanti; è anallergica, atossica, resistente alla degradazione ed inodore. A causa della sua fragilità e della sua struttura non elastica, non può essere filata, ma le sue caratteristiche salienti ne permettono l’utilizzo come imbottiture in alcuni capi d’abbigliamento.

La fibra di ginestra si ricava dai rametti della ginestra, una pianta della famiglia delle Genisteae, diffusa nei terreni aridi, prevalentemente in Europa, nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Le fibre tessili, si ottengono dopo un processo di lavorazione che prevede la raccolta, la bollitura, il macero, la scorticatura, la battitura, la sfibratura, e la cardatura. La fibra di ginestra, molto resistente all’acqua di mare, che in passato veniva utilizzata soprattutto per produrre corde e reti, stuoie e manufatti industriali, attualmente trova largo impiego nella realizzazione di biocompositi tessili (n.d.r. c’è addirittura chi ha pensato di sostituirla alla fibra di vetro, non riciclabile, e di mischiarla ad altri materiali plastici, per produrre gli sportelli delle automobili Fiat!). La fibra di ginestra possiede anche proprietà

ignifughe che minimizzano eventuali esalazioni tossiche in caso di combustione.

L’IngeoTM, è un polimero derivante dal trattamento di zuccheri naturali vegetali con il quale vengono realizzate applicazioni di plastica e in relazione alle fibre. Si tratta della prima fibra di origine naturale derivata al 100% da risorse annualmente rinnovabili, come il mais, la soia e il fogliame.

L’ingeo, prodotta e commercializzata dall’azienda americana NatureWorks LLC., è utilizzato in circa il 60% delle fibre tessili attualmente in commercio. Gli indumenti realizzati con fibra Ingeo sono caratterizzati da eccellenti proprietà di gestione dell’umidità, traspirabilità, comfort, isolamento termico e resistenza ai raggi UV; sono easy care, facili da pulire, si asciugano velocemente e non devono essere stirati comportando un risparmio idrico ed energetico.

Inoltre questa fibra e ipoallergenica, possiede proprietà antimacchia naturali ed ha una ritenzione degli odori minima.

Numerosi stilisti stanno utilizzando la fibra di eucalipto ricavata dall’omonimo albero (Tencel Lyocell Eucalyptus - Tle), per creare abiti ecologici. Questa fibra, grazie alla sua straordinaria morbidezza, risulta ottima per la realizzazione di capi in maglieria.

La fibra di eucalipto, ottenuta sminuzzando, riducendo in poltiglia il legno proveniente da boschi certificati Fsc, assorbe bene l’umidità, è traspirante antibatterica.

Novità recentissima, i tessuti realizzati utilizzando gli scarti del caffè permettono un rapido assorbimento del sudore, proteggono contro i raggi nocivi solari e cancellano gli odori, risultando ottimi per applicazioni nel settore dell’abbigliamento sportivo.