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Test di biocompatibilità degli scaffold di PU

L’ingegnerizzazione dei tessuti vascolar

2.2 Materiali e metod

2.3.8 Test di biocompatibilità degli scaffold di PU

Questo test è stato effettuato per valutare la capacità degli scaffold di PU trattati con Gelatina di tipo A di supportare l’adesione e proliferazione delle hMSCs. I risultati del test dell’XTT sono mostrati in figura 2.19, e come si può osservare sono presenti differenze statisticamente significative a ciascuno dei tempi considerati, fra la proliferazione delle hMSCs sullo scaffold trattato con gelatina (PU-gel crosslinked), e quello non trattato (PU). Le hMSCs aderiscono e proliferano bene sul PU trattato con gelatina, ma non sono in grado di proliferare senza la presenza della gelatina.

Figura 2.19. Proliferazione delle hMSCs sugli scaffold di Poliuretano (PU), e di Poliuretano trattato con gelatina (PU-gel crosslinked). I dati sono stati rappresentati come media ± SD (standard deviation) di 6 esperimenti indipendenti. I dati sono stati analizzati mediante T-test. ** p<0,01; *** p<0,001.

La buona capacità di adesione delle hMSCS sullo scaffold PU-gel crosslinked è stata ulteriormente confermata dalla colorazione con Giemsa, come mostrato in figura

2.20, la quale permette di visualizzare le cellule sullo scaffold colorando i nuclei in viola.

Possiamo vedere che vi è una ridottissima adesione cellulare negli scaffold non trattati (PU) senza nessuna variazione nei 3 giorni di incubazione, mentre troviamo molte cellule adese e in proliferazione negli scaffold trattati (PU-gelatina).

0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60 0,70 24h 48h 72h O .D . 4 5 0 n m PU PU-gel cross-linked ** *** ***

Figura 2.20. Colorazione con Giemsa delle hMSCs seminate sugli scaffold di poliuretano non trattatao (PU) e su quelli di poliuretano trattato con Gelatina di tipo A.

2.4 Discussione

I risultati ottenuti in questo studio dimostrano che entrambi i trattamenti proposti determinano una completa decellularizzazione delle carotidi ovine. Questo è confermato dalla totale assenza di materiale cellulare e nucleico visibile nelle carotidi decellularizzate sia con SDS sia con Tripsina e Triton X-100, in seguito a colorazione istologica con ematossilina e eosina. Inoltre, la tricromica di Masson e la colorazione di Verhoeff-van Gieson dimostrano una buona conservazione sia delle fibre collagene sia di quelle elastiche in seguito ad entrambi i trattamenti decellularizzanti. Le immagini istologiche mostrano l’ottima conservazione anche delle lamine elastiche interna ed esterna, due strutture fondamentali sia per l’adesione delle cellule endoteliali, e conseguentemente per l’antitrombogenicità del vaso, sia per la consistenza meccanica del vaso (Wilshaw et al., 2012). Questi risultati sono ulteriormente confermati dall’analisi tramite microscopia elettronica a scansione, grazie alla quale è stato possibile confermare sia l’avvenuta

rimozione del monostrato endoteliale, sia lo stato di conservazione del network di fibre sottostanti.

L’efficienza di entrambi i protocolli di decellularizzazione è stata inoltre confermata dalla significativa riduzione dello spessore delle pareti delle carotidi trattate sia con SDS, sia con Tripsina e successivamente con Triton X-100. È infatti ragionevole ipotizzare che questa riduzione sia dovuta alla rimozione dello spesso strato di cellule muscolari lisce.

L’analisi immunoistochimica non rivela alcuna significativa alterazione né nella distribuzione del collagene di tipo I, né in quella della fibronectina in seguito ad entrambi i trattamenti di decellularizzazione, rispetto alle carotidi di controllo. Al contrario, sia il trattamento con SDS per 36 ore, sia quello eseguito incubando le carotidi per 24 ore con Tripsina, e successivamente con Triton X-100 per ulteriori 24 ore, hanno determinato una perdita totale dell’espressione della laminina. La laminina, così come la fibronectina, è una proteina cruciale nell’adesione cellulare e risulta anche coinvolta nella crescita e migrazione delle cellule endoteliali (Kleinman et al., 1984). Studi precedenti comunque mostrano che sia il trattamento con SDS che l’uso della Tripsina, possono causare la rimozione di alcune proteine importanti della ECM, fra cui appunto la laminina (Gilbert et al., 2006).

In un recente lavoro del gruppo di Cortiella (Cortiella et al., 2010), in seguito a decellularizzazione tramite SDS di polmoni murini, vengono riportate la perdita totale del collagene di tipo I, della fibronectina e della laminina. I polmoni decellularizzati vengono ripopolati con cellule staminali embrionali murine, e dopo 14 giorni si ha nuovamente la presenza della laminina, prodotta in seguito al differenziamento delle staminali embrionali. Conseguentemente, nonostante il ruolo cruciale della laminina nell’adesione cellulare, è

ragionevole ipotizzare che la sua perdita non precluda la possibilità di ripopolare la matrice precedentemente decellularizzata.

Per quanto riguarda la caratterizzazione meccanica, i risultati presentati nel presente lavoro di tesi, dimostrano come non vi sia alcuna differenza significativa né relativamente al modulo elastico, né rispetto alla compliance, fra i vasi di controllo e le carotidi decellularizzate utilizzando la Tripsina e il Triton X-100. D’altra parte, le carotidi decellularizzate con SDS mostrano un modulo elastico più alto e valori di compliance significativamente più bassi rispetto ai vasi nativi, risultati che indicano un incremento della rigidezza e una perdita di distensibilità da parte dei vasi trattati con il suddetto protocollo. Risultati simili sono stati ottenuti in precedenza da Roy (Roy et al., 2005.), che analizza le proprietà biomeccaniche di carotidi porcine decellularizzate con SDS, riscontrando un incremento del modulo elastico e una riduzione della compliance in seguito a tale trattamento.

La protesi vascolare ideale dovrebbe essere biocompatibile, antitrombogenica e resistente alle infezioni, ma dovrebbe anche possedere delle caratteristiche biomeccaniche simili a quelle dei vasi che deve sostituire (Bergmeister et al., 2013). Caratteristiche meccaniche differenti fra vaso nativo e protesi possono infatti causare variazioni a livello locale del flusso sanguigno e innescare la formazione di trombi. È stato infatti dimostrato in studi precedenti che l’iperplasia endoteliale, causa frequente del fallimento di una protesi, è spesso determinata da quello che viene definito “compliance mismatch”, a livello dell’anastomosi (Okuhn et al., 1989; Ballyk et al., 1998; Greenwald et al., 2000).

I risultati descritti dimostrano quindi che entrambi i protocolli di decellularizzazione testati durante il presente lavoro di tesi sono in grado di rimuovere efficacemente il materiale cellulare e nucleico dalla matrice extracellulare delle carotidi ovine, lasciandone apparentemente inalterate le principali componenti. Tuttavia, il

trattamento per 36 ore con SDS determina significative alterazioni a livello delle proprietà meccaniche dei vasi e in particolare nella loro capacità di sopportare gli sbalzi pressori. Pertanto, è possibile affermare che la combinazione di un detergente non-ionico, qual è il Triton X-100, con un trattamento enzimatico, la tripsina, alle concentrazioni qui utilizzate, risulta più efficiente del trattamento ionico (SDS) per l’ottenimento di una matrice extracellulare da carotide ovina da utilizzare per la realizzazione di una protesi vascolare di piccolo calibro. Inoltre tali risultati dimostrano anche che i detergenti, gli enzimi e gli antibiotici utilizzati nei protocolli descritti, possono essere efficacemente rimossi tramite i lavaggi, dal momento che non permangono nei vasi trattati tracce di agenti chimici che possano influenzare la proliferazione di hMSCs.

Per quanto concerne il test preliminare di biocompatibilità in vitro sullo scaffold di PU, i risultati ottenuti dimostrano che il trattamento con Collagene denaturato è essenziale per permettere l’adesione cellulare sullo scaffold sintetico di poliuretano. Sono attualmente in corso ulteriori esperimenti di caratterizzazione dello scaffold.

Capitolo 3

Utilizzo delle Cellule Staminali

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