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III. La danza dei cristiani Angelon choreia – Chorus angelorum »

III.1. Theoretikos bios : la vita contemplativa »

Nel I secolo d.C., Filone, giudeo ellenizzato di Alessandria, descrive nell’opera

Sulla vita contemplativa, i costumi di un gruppo filosofico-religioso composto da uomini e donne che chiama Terapeuti e Terapeutridi188. Per quanto l’identità di questa comunità

sia difficilmente definibile, l’approfondimento del testo filoniano risulta molto interes- sante per l’influenza che poi ha avuto negli autori cristiani che, in ogni caso, assai proba- bilmente non mettevano in dubbio la loro reale esistenza storica. Inoltre, e ancora di più, il testo è interessante per l’attenzione che Filone dedica agli aspetti propriamente gestuali del modo di vita terapeutico e contemplativo, dettaglio che ancora una volta mette in luce quanto, nel pensiero antico, questa costituisse una caratteristica di fondamentale impor- tanza. Più che stabilire, quindi, se Filone stia parlando di qualcosa che abbia realmente visto o esperito, quello è molto importante sottolineare è come l’autore descriva uno stile di vita a cui bisognerebbe ispirarsi, utilizzando tutto il bagaglio teoretico messogli a di- sposizione dalla sua formazione, allo stesso tempo giudaica ed ellenistica189. Uno stile di

vita che ispirerà, a sua volta, la perfezione del monachesimo cristiano, come si rileva, per esempio, anche da una testimonianza presente nel De institutis coenobiorum di Giovanni Cassiano190.

188 Sulla possibile identità del gruppo descritto da Filone, si può vedere J. E. TAYLOR, P. R. DAVIES, The

So-Called Therapeutae of De Vita Contemplativa: Identity and Character, in «Harvard Theological Re- view», 91 (1998), pp. 3-24.

189 Sulla formazione religiosa di Filone, che molto verosimilmente apparteneva a una prestigiosa fami-

glia ebraica di Alessandria ancorata ai principi tradizionali dell’ortodossia, unita ad un’educazione intellet- tuale e filosofica greca, si può vedere G. LARAS, Storia del pensiero ebraico nell’età antica, Firenze, La Giuntina, 2006, pp. 103-110.

190 Ioh. Cass., De inst. coen. II, 5, 1: «Nam cum in primordiis fidei pauci quidem sed probatissimi mo-

nachorum nomine censerentur, qui sicut a beatae memoriae euangelista Marco, qui primus Alexandriae urbi pontifex praefuit, normam suscepere uiuendi, non solum illa magnifica retinebant, quae primitus ec- clesiam uel credentium turbas in actibus apostolorum legimus celebrasse» (ed. M. PETSCHENIG, in CSEL XVII, 1888, p. 20). Si trova traccia dell’associazione con la vita monastica, inoltre, nello Pseudo-Dionigi Areopagita, Eccl. hier. VI, 1, 3: v / O / / ' : - ) 2 - 6 O - .K O / 2 , O 6 ) " / / A / " 2 e # " ( e 0 6 ) - - O 2 0K ? / " & / & (ed. G. HEIL – A.M. RITTER, in Patristische Texte und Studien XXXVI, Berlin, De Gruyter, 1991); un riferimento ai Terapeuti come monaci rimbalza poi anche in Tommaso

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La scelta di tali filosofi appare subito chiara dal loro nome: essi si chiamano / 2 V e / 2 V e questa loro denominazione, che deriva dal verbo / U , è ben adeguata per due ragioni: esercitano infatti una terapia medica più nobile di quella praticata in città, poiché quest’ultima cura soltanto i corpi mentre quella anche le anime, afflitte da mali gravi e difficilmente curabili, mali che furono originati da piaceri e desideri e sofferenze, paure, ambizioni, follie, ingiustizie e da una quantità inesauribile di altre passioni e vizi; inoltre, essi furono educati a servire l’Essere secondo la natura e le sacre leggi; e l’Essere è più grande del Bene e più puro dell’Uno, ed ha un’origine più antica della Monade191.

Costoro ricercavano la solitudine, vivendo lontani dalla città e separati dalla società, in giardini (kepois) o in luoghi deserti perché – specifica Filone – sapevano che «mi- schiarsi a chi è diverso per carattere (ethos) è svantaggioso e dannoso»192. Per questo

motivo, dopo essere stati iniziati ai misteri (mysteria telountai) vivevano in piccole case con una stanza sacra chiamata monasterion, dove non portavano con sé cibo o bevande, o altro che fosse necessario a soddisfare i bisogni del corpo, ma le Scritture, i testi dei profeti e gli inni, per nutrire unicamente lo spirito e la conoscenza193.

Considerando le parole come simboli di verità nascoste e significati profondi non immediatamente accessibili, i Terapeuti praticavano l’«ascesi» e, prendendo in prestito le

d’Aquino lettore e commentatore, nel XIII secolo, dello stesso Pseudo-Dionigi: «Et in VI cap. eiusdem libri, attribuit perfectionem religiosis, quos vocat monachos vel Therapeutas, idest, Deo famulantes, tan- quam perfectis» (Summa theol. II/2, q. CLXXXIV, a. 5, ed. Leonina, t. X, 1899).

191 Philo Alex., Vita cont. I, 1-2: ‹ V - & b /6 ) V $ "

` B / 2 '$ / 2 V ) U & , C b ? I ) ''W&& V " $ b& – : '$ \ / U b , ) V Y2 $ b W & 2 [ , T W Y : ) /2 V & b+ & KV

U V - ;&& /- - ` 2 &"/ – 4 b ) U - O - b ) U/ / U % , c ' / b ) e ?& W

[ ' \ (trad. it. in La vita contemplativa, a cura di P. GRAFFIGNA, Genova, Il melangolo, 1992, pp. 35-37).

192 Philo Alex., Vita cont. II, 20: &&$ - DK $ +$ ) ` 4 ' V

) V \ , [ h I ) 2 W / V , &&$ $ ) - V ^/ ) KV &2 & +& + $ ? b (trad. it. in La vita contemplativa, pp. 45-47).

193 Philo Alex., Vita cont. III, 25: • e [ Q W ) E O b , c &

` , ) ΠU $ +V 2 2 ` & , ? V# , I b , I V , W - ;&& 1 $ \ V ' , &&$ b 2 &b' / /W $ - n 2 $ ;&& T ) ` W+ 2 UK &

– «In ciascuna casa v’è una stanza sacra, chiamata santuario e monastero, in cui, stando come eremiti, vengono iniziati ai misteri della vita consacrata, senza introdurvi nulla – né bevanda né cibo né altro che sia necessario ai bisogni del corpo –, se non leggi e oracoli vaticinati dai profeti, inni e tutto ciò che contri- buisce ad accrescere e portare a perfetto compimento saggezza e devozione» (trad. it. in La vita contempla-

86 parole di Gershom Scholem, «la comprensione mistica della Torà […] comune a tutti i mistici e cabbalisti ebrei»194.

Dopo aver spiegato il tipo di attività filosofica ed esegetica che i Terapeuti pratica- vano sul testo sacro, Filone si dilunga sulla descrizione dell’incontro di tutta l’assemblea, che avveniva dopo sei giorni trascorsi dagli iniziati in solitudine. Quello che è rilevante è il modo approfondito e dettagliato con cui vengono riportati gli schemata osservati du- rante il ritrovo comune. Questo aspetto, che è molto interessante in sé, lo sarebbe forse ancora di più nel caso in cui Filone non stia descrivendo qualcosa che ha realmente visto, perché questo ci fornirebbe ulteriormente la misura di quanto i meccanismi gestuali, com- portamentali, e dunque relativi agli schemata avessero mantenuto, ancora nel I secolo d.C., ma anche oltre, tutta l’importanza che rivestivano nella polis greca antica, tanto da essere inseriti come parte integrante del modello di una perfetta vita contemplativa e fi- losofica. Perché Filone – che lo avesse vissuto in prima persona oppure no – stava descri- vendo il modo ideale di vivere, e lo faceva usando le categorie platoniche inserendole in una dimensione spirituale e ascetica di matrice giudaica. Il cristianesimo, che erediterà questi princìpi incarnandoli ulteriormente, tenterà di trasmettere le regole di questo stile di vita a tutti gli uomini, e non solo a coloro che scegliessero un percorso ascetico.

Dunque per sei giorni essi, stando ognuno in disparte, da solo, nei suddetti monasteri, esercitano la filosofia, senza varcare la soglia della stanza e senza neppur guardare da lontano; il settimo giorno poi, si riuniscono in una assemblea comune e siedono uno accanto all’altro, secondo l’età, in un atteggiamento (schematos) appropriato, cioè con le mani sotto gli abiti, la destra tra il petto e il mento, la sinistra nascosta lungo il fianco. Il più anziano ed esperto nelle dottrine si fa allora avanti e pronuncia un discorso, con lo sguardo tranquillo, con la voce pacata, con oculatezza e saggezza: egli non fa vanto d’abilità oratoria come i retori ed i sofisti di oggi, ma ricerca l’esat- tezza nell’esposizione dei suoi pensieri, esattezza che non si limita a scalfire l’udito, ma, attraverso di esso, raggiunge l’anima e vi rimane salda195.

194 G. SCHOLEM, Le grandi correnti della mistica ebraica, Introduzione di G. BUSI, Torino, Einaudi,

1993 [ed. or. 1982], p. 25. Cfr. Philo Alex., Vita cont. III, 28: j )K e / W e W [ U ) ; B ) 2' [ '$ O ' [ & I [

& V && ' , ) I U + & $ " ! " e V V# 2 2 W U ) V & 2 W – «Tutto il tempo compreso dal mattino alla sera è impiegato nell’ascesi, che consiste nella lettura delle scritture sacre e nella interpretazione allegorica della filosofia dei loro padri; ritengono infatti che le parole del testo siano simboli di una realtà nascosta, che si rivela nei significati reconditi» (trad. it. in La vita contemplativa, pp. 49-51).

195 Philo Alex., Vita cont. III, 30-31: j$ G •K : W @ U ’ e 2 )

& / V & , I >& + V , &&’ )K b 2 / B e+ b 2 W /[ ? U&& ' /’ :& V eK" /W#

87 Bisogna notare, anche, la contrapposizione con quella forma oratoria spicciola che tendeva ad imitare la pantomima e quegli histrionales modos che erano stati denunciati anche da Tacito. Invece – sottolinea Filone – il più esperto delle dottrine studiate dai Terapeuti osservava gli schemata quieti e sereni che non ricercavano la spettacolarità, ma quell’efficacia tipica delle parole esposte non solo per essere udite, ma per conquistare gli animi.

Mentre colui che presiede la comunità tiene la sua lezione commentando qualche passo delle Scritture, gli altri lo ascoltano osservando un totale silenzio, rimanendo im- mobili e accennando solo di tanto in tanto qualche leggero movimento, laddove anche l’esultanza e l’approvazione vengono espresse solo con un’appena percettibile variazione dello sguardo.

Gli ascoltatori, [con le orecchie attente e gli occhi fissi su di lui], mantenendo tutti un’unica e identica posizione (scheseos), stanno ad ascoltare, con cenni e sguardi manifestando di seguirlo e di comprenderlo: il consenso per chi parla si traduce in un’espressione di esultanza, come un graduale evolversi dello sguardo, mentre la perplessità dà luogo a un leggero movimento del capo cui si accompagna l’indice puntato della mano destra. I giovani, in piedi, ascoltano con attenzione, non meno di quelli che sono seduti196.

$ W ` , E $ D , I K $ K6 W 2 ' V 2, I \ 2 & W $ 9 & 'b . z &/Z = +U - ' [ ) b

&W' , / - J +&W , / \ Q 9 9, $ & ' ` , b &b' S O !` 4 O U , &&$ I ) `

2 Z U V+ , w ; h ) #[ , &&$ ’ " ) Y2 I D + + V ) W (trad. it. in La vita contemplativa, pp. 51-53).

196 Philo Alex., Vita cont. X, 77: O / b [ $ y 6 / & 6 b ] ?

) A " " W ) W - , 2 W & W U +&W V , D &W' O& b 9 W ' '9 \ 2, I b . W N ` " &" ; P U&P " K A b B Ž - & W O - W W 2 (trad. it. in La vita contemplativa, pp. 83- 85).

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