supra n. 31.
36 Sept. 582 (πόόλιν πατρῴαν), 640 (πατρῴας γῆς), 648s. (Κατάάξω δ’ ἄνδρα τόόνδε καὶ πόόλιν | ἕξει πατρῴαν δωµμάάτων τ’ ἐπιστροφάάς), 876 (δόόµμους ἑλόόντες πατρῴους µμέέλεοι ξὺν ἀλκᾷ).
37 Anche la Clitennestra sofoclea ricorda la doppiezza dei sogni: non sa-‐‑ pendo come interpretare il proprio sogno, ella si rivolge nella preghiera apo-‐‑ tropaica ad Apollo considerando che i δίίσσοι σήήµματα onirici possono indicare sia un evento favorevole sia uno sfavorevole, che allora si chiede al dio di stor-‐‑ nare in direzione dei nemici; cfr. Soph. El. 644-‐‑47: ῝Α γὰρ προσεῖδον νυκτὶ τῇδε φάάσµματα | δισσῶν ὀνείίρων, ταῦτάά µμοι, Λύύκει’ ἄναξ, | εἰ µμὲν πέέφηνεν ἐσθλάά, δὸς τελεσφόόρα, | εἰ δ’ ἐχθράά, τοῖς ἐχθροῖσιν ἔµμπαλιν µμέέθες.
38 «E uno straniero spartisce l’eredità, un Calibo venuto dalla Scizia, affilato divisore dei beni, il ferro dall’animo feroce che distribuì in sorte ai morti quan-‐‑ ta terra debbano abitare e occupare, privati delle vaste pianure». Riferendo la notizia del doppio fratricidio, il messo si esprime in modo simile: cfr. Sept. 816-‐‑ 19 (δισσὼ στρατηγώώ, διέέλαχον σφυρηλάάτῳ | Σκύύθῃ σιδήήρῳ κτηµμάάτων
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Non si contesta, generalmente, che le visioni oniriche, le ὄψεις ἐνυπνίίων ϕαντασµμάάτων, si siano manifestate ad Eteo-‐‑ cle. Uno studio di Manton, ripreso anche da Massimilla,39 ha
però rimesso in discussione l’attribuzione dei sogni al protago-‐‑ nista del dramma. Il problema dell’attribuzione ad Eteocle delle ὄψεις notturne, formulato già nel commentario di Rose,40 è sta-‐‑
to riproposto in seguito alla pubblicazione, nel 1976, dei fram-‐‑ menti della Tebaide di Stesicoro, tramandata nei frustuli del Pap. Lille 76 a, b, c.41
Nel testo stesicoreo, un personaggio regale, oggi identificato con Giocasta non senza incertezze,42 avrebbe proposto la distri-‐‑
buzione dell’eredità di Edipo tra i due figli ricorrendo, forse, all’interpretazione di un suo sogno, che avrebbe suggerito l’assegnazione in sorte del trono cittadino a Eteocle e dei ‘beni
παµμπησίίαν. | ἕξουσι δ’ ἣν λάάβωσιν ἐν ταφῇ χθονόός, | πατρὸς κατ’ εὐχὰς δυσπόότµμως φορούύµμενοι). Burnett 1973, 359, annota: «Evidently the Aeschyle-‐‑ an Oedipus had cursed his sons by saying something like “May a bitter Ares guide you, as you portion out my property with iron-‐‑bearing hand!” His words plainly threatened a civil war that would be fought between the princes for the rule of Thebes. The Dream, however, had offered to its sleeper the phantasmagoric figure of a lawful mediator, one who would bring quarrels to an end with a drawing of lots»; cfr. Sidgwick 1903, 46.
39 Massimilla 1990, 192, riprende la tesi sostenuta da Manton 1961, 70 e 77-‐‑ 79.
40 Rose 1957, 1. 222: «Someone dreamed that he saw a person in Scythian dress dividing something which was a recognizable symbol of the estate of Oedipus».
41 Sulla paternità stesicorea del poema, vd. Parsons 1977, 7; Gargiulo 1976, 55; West 1978, 1. Per il testo del Papiro di Lille, si rimanda ad Ancher, Boyaval & Meiller 1976, 225ss.; un altro frustulo è stato pubblicato da Meillier 1977, 1, e Meiller & Boyaval 1977, 65. Il testo completo si legge oggi nel PMG e corri-‐‑ sponde a Stesich. fr. 222b Davies.
42 Sull’identificazione con Giocasta della regina ricordata nel papiro, cfr. Bollack et al. 1977, 39-‐‑41; Carlini 1977, 63; Maltomini 1977, 69ss. Avverte sulla possibilità che non si tratti di Giocasta ma di un’altra delle mogli attribuite ad Edipo – possibile indizio di una differente tradizione della saga tebana seguita in questo caso da Stesicoro – Aloni 20072, 693. L’attribuzione dei sogni profetici a Giocasta sembra però incerta, se si considera che la donna non appare in tut-‐‑ te le versioni del mito che raccontano dei superstiti alla morte del re tebano: mentre nelle Fenicie di Euripide Giocasta sopravvive alla scoperta dell’incesto, la regina tebana, dopo aver scoperto di essere madre e moglie di Edipo, si to-‐‑ glie la vita in in Od. 11. 277ss. e schol. Od. 11. 271 = Androt. FGrHist. 324 F 62. È dunque ragionevole il dubbio di Pepe 2007, 38: «Per questo motivo, non si può escludere in linea di principio che a parlare, nel poema conservato nel papiro di Lille, possa essere la seconda moglie di Edipo, Euriganeia». Cfr. schol. Eur.
Phoen. 1760 = Peis. FGrHist. 16 F 10 e Paus. 9. 5. 10s., il quale cita il poema epico
83 mobili’ a Polinice, per sfuggire ad una profezia infausta che Ti-‐‑ resia connetteva alle sorti del γέένος.43
Eschilo avrebbe potuto aver presente il poema di Stesicoro nella sua versione teatrale del mythos Labdacide; la Tebaide te-‐‑ stimoniataci dal Papiro di Lille potrebbe verosimilmente aver fornito una versione della tradizione relativa alla divisione dell’eredità di Edipo.44 In maniera affine sono collegate altre
due opere dei medesimi poeti: è ormai ritenuta una certezza la ripresa nell’Orestea eschilea45 di un sogno di Clitennestra nel-‐‑
l’omonimo poema stesicoreo, come testimoniatoci da una cita-‐‑ zione di Plutarco.46 Il riferimento, nell’opera eschilea, a un tema
già affrontato da Stesicoro non limita, del resto, l’eventualità di variazioni ascrivibili al tragico, com’è ben noto riguardo alle Coefore;47 appare però necessario considerare alcuni elementi
che ostacolerebbero, considerato l’attuale status delle nostre co-‐‑
43 Per evitare che i figli si diano reciproca morte e che tra loro sorga una contesa (v. 233) come ha rivelato l’indovino Tiresia (cfr. v. 227 e v. 234), nel te-‐‑ sto stesicoreo, la regina propone una soluzione traendo forse ispirazione da una visione notturna: un figlio può continuare ad occupare Tebe come re in qualità di successore di Edipo (v. 220, 223s.); l’altro, lasciata la patria, può in-‐‑ vece portare in esilio con sé tutti i beni e l’oro del padre (v. 221s.). Il papiro di Lille testimonia che la divisione dell’eredità è avvenuta tramite un sorteggio, svoltosi presumibilmente in presenza di Giocasta. La proposta di Giocasta è accolta senza riserve (v. 234): Polinice – estratto a sorte il suo nome – riceve dunque le ricchezze di Edipo e lascia Tebe per Argo. Cfr. Aloni 20072, 693.
44 Non circolava una tradizione unica del mito Labdacide: mentre alcune fonti ricordano che Eteocle, stabilito che i due fratelli si sarebbero alternati sul trono di Tebe, avrebbe ingannato e scacciato Polinice, altre narrano che que-‐‑ st’ultimo non avrebbe rispettato la divisione susseguente al sorteggio. Pepe 2007, 38-‐‑40, ritiene che Eschilo, il quale nel dramma presenta certamente tra i temi portanti quello della divisione in sorte, abbia seguito la stessa versione rappresentata dal Papiro di Lille; proprio nel testo papiraceo essa è presentata in maniera diretta, mentre nei Sette sarebbero rappresentati gli eventi successi-‐‑ vi alla divisione dei beni di Edipo e alla morte della madre Giocasta. In questo modo, si spiegherebbe anche la raffigurazione di Eteocle come sovrano virtuo-‐‑ so e di Polinice, che nel dramma sarebbe allora il figlio che non rispetta il patto sancito dal sorteggio, come il fratello empio.
45 Wick 2003, 173s.: «Puisqu’Eschyle semble avoir utilisé comme modèle Stésichore dans son Orestie (Cfr. schol. Eur. Or. 268) – dans le contexte du songe de Clytemnestre notamment! – cette hypothèse parait très probante».
46 Stesich. fr. 42 Page = 219 Davies (= Plut. de ser. num. vind. 554A 7s.): τᾷ δὲ δράάκων ἐδόόκησε µμολεῖν κάάρα βεβροτωµμέένος ἄκρον, ἐκ δ’ ἄρα τοῦ βασιλεὺς Πλεισθενίίδας ἐφάάνη.
47 È infatti noto che, nel frammento stesicoreo, il δράάκων sognato da Cli-‐‑ tennestra è Agamennone (sulla questione dell’interpretazione e sulla relativa bibliografia, cfr. infra, nel cap. sulle Coefore), mentre nel testo eschileo esso si identifica con Oreste.
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noscenze in merito alla trilogia tebana di Eschilo e al Papiro ste-‐‑ sicoreo di Lille, la rischiosa istituzione di ulteriori rapporti ana-‐‑ logici tra i due testi: se, per il sogno di Clitennestra, è possibile confrontare la scena onirica descritta nelle Coefore con quella nell’Orestea di Stesicoro, per il sogno di Giocasta, la possibilità di una comparazione tra il Papiro di Lille e la trilogia tebana di Eschilo appare più problematica. Di certo, non ci si può avven-‐‑ turare nell’attribuzione di sogni profetici a una Giocasta eschi-‐‑ lea, senza considerare il dato innegabile che il personaggio nei Sette non è apertamente menzionato, né a proposito della divi-‐‑ sione dei beni tra i due fratelli nati da Edipo, né in connessione con il tema onirico.48
Ancora oggi Walde49 ricorda la tesi di Manton, mostrandosi
possibilista, ma l’ipotesi non è generalmente considerata dai commentatori recenziori (vd., e.g., Lupaš & Petre, Dawson, Hutchinson).
Gli scoli attribuiscono, in effetti, le ὄψεις ad Eteocle, ma essi possono fornire anche dati fuorvianti: secondo alcuni scoli, in-‐‑ fatti, nei sogni di Eteocle sarebbe apparso lo stesso Edipo, nel-‐‑ l’atto di proferire la sua maledizione.50 Gli argomenti utili
all’assegnazione delle visioni notturne a Eteocle si possono co-‐‑ munque ricavare già dalla lettera del testo: alcune analogie ter-‐‑
minologiche collocano le battute di Eteocle accanto a quelle di altri due personaggi tragici che riconoscono tardivamente l’av-‐‑ verarsi dei propri sogni e che li descrivono come ἐνυπνίίων φαντασµμάάτων ὄψεις. Nei Persiani, Atossa, udito il resoconto del messo, riconosce come il suo sogno si sia dimostrato tragi-‐‑ camente profetico, associando alla citazione dell’ὄψις, parola in sé indicante la visione in senso generico, il genitivo ἐνυπνίίων che ne specifica la natura prettamente onirica (Pers. 518s.: ὦ νυκτὸς ὄψις ἐµμφανὴς ἐνυπνίίων, | ὡς κάάρτάά µμοι σαφῶς ἐδήή-‐‑
48 Cfr. Wick 2003, 174: «La comparaison de la Thébaïde de Lille et des Sept montre toutefois aussi qu’Eschyle a du retravailler le motif du tirage au sort, les différences entre les deux œuvres étant considérables».
49 Walde 2001, 74s.
50 S’impiega il participio al maschile nello schol. in Sept. 710-‐‑11 a Smith: ἄγαν δ’ ἀληθεῖς·∙ ὡς τοῦτο ἐν τοῖς ὕπνοις φαντασθείίς, ὅτι δι’ αἵµματος αὐτῷ ἔσται ἡ τῶν χρηµμάάτων διανοµμήή. Eteocle è esplicitamente menzionato nello schol. in Sept. 710-‐‑11b Smith: ἄγαν δ’ ἀληθεῖς·∙ ὡς τοῦτο ἐν τοῖς ὀνείίροις ἰδὼν ὁ ᾿Ετεοκλῆς, ὅτι δι’ αἵµματος αὐτοῖς ἔσται ἡ τῶν χρηµμάάτων διανοµμήή. Schütz e Wecklein intendevano il testo in accordo con gli scoli.
85 λωσας κακάά).51 Anche l’Ecuba euripidea, improvvisamente di-‐‑
venuta ὀνειρόόφρων (Eur. Hec. 708), intona il lamento per la morte di Polidoro, ricordando che l’anima del figlio defunto le era apparsa già in sogno (Eur. Hec. 702-‐‑707: ὤµμοι αἰαῖ | ἔµμαθον ἐνύύπνον ὀµμµμάάτων | ἐµμῶν ὄψιν ·∙ οὔ µμε παρέέβα φάάντα-‐‑|σµμα µμελανόόπτερον, ἃν ἐσεῖδον ἀµμφὶ σοῦ, | ὦ τέέκνον, οὐκέέτ’ ὄντος Διὸς ἐν φάάει).52 L’analogia di Sept. 709-‐‑11 con i due testi
ricordati appare chiara anche sul piano del contesto: ciascun personaggio lamenta il sopraggiungere di un’amara consapevo-‐‑ lezza nei confronti di una verità profetica che oltrepassa la di-‐‑ mensione onirica e si realizza in quella della veglia.
La citazione dei φαντάάσµματα notturni (Sept. 710), spesso trascurata sotto questo aspetto dai commentatori, trasmette ul-‐‑ teriori informazioni sul contenuto dei sogni di Eteocle: il plura-‐‑ le designa qui la reiterazione ossessiva di una personificazio-‐‑ ne,53 che nel sogno avrebbe assunto dunque la forma fantasma-‐‑
tica del δατήήριος. Non solo dal richiamo alla semantica di φαίίνω/φαίίνοµμαι (qui in rapporto di complementarità con la menzione dell’ὄψις), ma anche dalla citazione in altri passi tra-‐‑ gici del termine φάάντασµμα e del suo equivalente semantico φάάσµμα (cfr. LSJ, Italie, DELG, s.v.), si potrebbe dedurre che il personaggio tragico, impiegando il termine in riferimento alla descrizione di un sogno così come in relazione ad altre manife-‐‑ stazioni visive, insista particolarmente sulla ricezione delle im-‐‑ magini da parte dei propri sensi.54 Gli anziani cittadini che com-‐‑
51 Aesch. Pers. 518s.: «O chiara visione di sogni della notte, come molto chiaramente mi mostrasti i mali!».
52 Eur. Hec. 702-‐‑707: «Ahimè, ho capito la visione onirica dei miei occhi, non dimentico quel fantasma dalle nere ali, quello che vidi riguardo a te, figlio, che non sei più nella luce di Zeus».
53 Cfr. Eur. Hec. 54: φάάντασµμα δειµμαίίνουσ᾽ ἐµμόόν, dove l’ombra di Polidoro così definisce il suo status proprio mentre appare nel sogno di sua madre; cfr. Aesch. fr. 312, 3s. Radt: ἔνθα νυκτέέρων φαντασµμάάτων | ἔχουσι µμορφάάς, ἄπτεροι Πελειάάδες. Vd. anche Eur. Hec. 93s. (ἧλθ’ ὑπὲρ ἄκρας τύύµμβου κορυφᾶς | φάάντασµμ’ ᾿Αχιλέέως), et vd. Hec. 389s. (οὐ σ’, ὦ γεραιάά, κατθανεῖν ᾿Αχιλλέέως | φάάντασµμ’ ᾿Αχαιοὺς ἀλλὰ τήήνδ’ ἠιτήήσατο), dove il termine φάάντασµμα è sempre riferito all’apparizione dell’ombra di un defunto.
54 Lévy 1983, 51, ricordando la connessione della famiglia semantica di φαίίνω/φαίίνοµμαι, cita al riguardo φάάσµμα, φάάντασµμα, νυκτίίφαντος, ὀνειρόό-‐‑ φαντος ed il suo antonimo ἡµμερόόφαντος. Cfr. Vinagre Lobo 2003, 85: «En cuanto al sustantivo ὄψις, sólo aparece en cuatro ocasiones (Pers. 518, PV 645,
Ag. 425 y Sept. 710-‐‑11) y de la misma familia hallamos el sostantivo ὄψανον
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pongono il coro dell’Agamennone, ad esempio, assimilano Me-‐‑ nelao a uno sbiadito φάάσµμα: lo sposo abbandonato da Elena, infatti, appariva agli occhi dei profeti di corte così indebolito dal dolore da sembrare un’apparizione evanescente, come i vecchi argivi ricordano con le parole φάάσµμα δόόξει δόόµμων ἀνάάσσειν (Ag. 415).55 Il coro aveva del resto già chiesto a Cli-‐‑
tennestra se aveva tratto la sua convinzione che Troia fosse ca-‐‑ duta nottetempo in mano Achea perché ne era stata persuasa da certe allettanti – e illusorie – apparizioni oniriche (Ag. 274: πόότερα δ’ ὀνείίρων φάάσµματ’ εὐπειθῆ σέέβεις;). L’aggettivo rife-‐‑ rito ai sogni, εὐπειθῆ, «suadenti», è evidentemente impiegato dagli anziani di Argo in riferimento al presunto desiderio di Clitennestra di veder tornare l’esercito con il suo sposo vittorio-‐‑ so: gli argivi assumono, quindi, quello che suppongono essere il punto di vista della regina nella visione di certi ingannevoli so-‐‑ gni. E la risposta di Clitennestra chiarisce l’usurpazione della sua prospettiva implicita nella domanda del coro; scartando ri-‐‑ solutamente l’ipotesi dei cittadini, la sovrana replica con un esplicito riferimento alla ricezione delle immagini notturne del-‐‑ la sua φρήήν (Ag. 275): οὐ δόόξαν ἂν λάάβοιµμι βριζούύσης φρε-‐‑ νόός.56
Se ammettiamo allora che Eteocle si riferisca, nel nostro pas-‐‑ so dei Sette contro Tebe, a dei sogni visti in passato, e forse de-‐‑ scritti in un altro punto della trilogia, diventa però necessaria una giustificazione del ricordo subitaneo di tali sogni, che la di-‐‑ namica degli eventi deve in qualche modo aver provocato.
Può giovare ritornare ancora sulle citazioni tratte dai Persiani e dall’Ecuba; di là dalle affinità lessicali, questi testi condividono un’altra caratteristica che li avvicina alle parole di Eteocle: quando le due regine riconoscono la realizzazione dell’ὄνειρον, esse ne rettificano ex eventu l’interpretazione precedentemente seguita.57 Alla luce di un’innegabile affinità non solo sul piano