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TIPOLOGIA B REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”

CONSEGNA

Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.

Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.

Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.

Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato.

Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.

A.S. 2014-2015 ARGOMENTO:

"Fisica quantistica e rappresentazione della realtà: possibili strade per l’immaginazione e l’intuibilità”

1. N. Bohr, Discussione con Einstein sui problemi epistemologici della fisica atomica, 1949, in A.

Einstein, Autobiografia scientifica, pp. 113- 114

I dati ottenuti in condizioni sperimentali diverse non si possono racchiudere in una singola immagine, ma debbono essere considerati complementari. Stando così le cose, l’attribuzione di qualità fisiche tradizionali agli oggetti atomici implica un elemento essenziale di ambiguità, come si vede immediatamente nella contraddizione relativa alle proprietà corpuscolari e ondulatorie degli elettroni e dei fotoni, in cui ci troviamo di fronte a immagini contrastanti, ognuna delle quali si riferisce a un aspetto essenziale dei dati sperimentali.

2. E. Schrödinger, da “Discussione sulla fisica moderna”, Bollati Boringhieri, 1959

“L’immagine della realtà materiale è oggi vacillante e malsicura, come non lo è stata da molto tempo. Conosciamo una folla di particolari assai interessanti, ne apprendiamo dei nuovi ogni settimana […]. Ma l’immagine della materia, che devo costruire davanti ai vostri occhi, non esiste affatto, per il momento, ma ne esistono appena dei frammenti, con un valore di verità più o meno parziale. […] Tanto nell’immagine corpuscolare quanto in quella ondulatoria c’è un contenuto di verità, al quale non possiamo rinunciare. Ma non sappiamo come fondere insieme queste due verità”.

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3. W. Heisenberg, da “Fisica e Filosofia”, il Saggiatore, 1958

“Non sorprende che il nostro linguaggio sia incapace di descrivere i processi che avvengono all’interno degli atomi, poiché, come ho già spiegato, è stato inventato per descrivere le esperienze di tutti i giorni, e queste consistono solo in processi che coinvolgono un enorme numero di atomi. Inoltre, è molto difficile modificare il nostro linguaggio in modo che sia possibile descrivere questi processi atomici, poiché le parole possono descrive solo le cose di cui ci siamo formati immagini mentali, e questa abilità è anch’essa risultato delle esperienze di tutti i giorni. Fortunatamente, la matematica non è soggetta a questa limitazione, ed è stato possibile inventare un modello matematico – la teoria quantistica – che sembra completamente adeguata per la discussione dei processi atomici; per la visualizzazione, comunque, dobbiamo accontentarci di due analogie incomplete – l’immagine ondulatoria e l’immagine corpuscolare”.

4. A. Einstein, da “L'evoluzione della fisica”, Bollati Boringhieri, 1938

“[…] nessuno scienziato pensa con formule: quindi le idee fondamentali della fisica si possono esprimere con parole. […] I concetti fisici sono creazioni libere dell’intelletto umano e non vengono, come potrebbe credersi, determinati esclusivamente dal mondo esterno. Nello sforzo che facciamo per intendere il mondo rassomigliamo molto all’individuo che cerca di capire il meccanismo di un orologio chiuso. Egli vede il quadrante e le sfere in moto, ode il tic-tac, ma non ha modo di aprire la cassa. Se è ingegnoso, egli potrà farsi una qualche immagine del meccanismo che considera responsabile di tutto quanto osserva, ma non sarà mai certo che tale immagine sia la sola suscettibile di spiegare le sue osservazioni. Egli non sarà mai in grado di confrontare la sua immagine con il meccanismo reale e non potrà neanche rappresentarsi la possibilità e il significato di simile confronto. Tuttavia egli crede certamente che con il moltiplicarsi delle sue cognizioni la sua immagine della realtà diverrà sempre più semplice e sempre più adatta a spiegare domini via via più estesi delle sue impressioni sensibili. Egli potrà anche credere all’esistenza di un limite ideale della conoscenza, a cui l’intelletto umano può avvicinarsi indefinitamente, e potrà chiamare verità obiettiva tale limite”.

5. M. Weiss, da “Anschaulichkeit, Abscheulichkeit” (“Visualizzabilità, Scelleratezza”), 1992

“[…] nell’infanzia della teoria quantistica, la questione della visualizzabilità incombeva minacciosa. Nel suo secondo articolo sulla meccanica ondulatoria, Schrödinger scrisse:

‘… si è persino dubitato se quello che avviene nell’atomo possa essere descritto all’interno di un modello spazio-temporale. Da un punto di vista filosofico, dovrei considerare una decisione conclusiva in questo senso come equivalente a una resa totale. Perché non possiamo evitare di pensare in termini di spazio e tempo, e quello che non possiamo comprendere in questo modo, non lo possiamo comprendere affatto. Esistono cose del genere ma non credo che la struttura atomica sia una di queste.’

Schrödinger scrisse a Willy Wien:

‘Il punto di vista di Bohr, che una descrizione spazio-temporale sia impossibile, lo rifiuto a limine … Se [la ricerca atomica] non può essere inserita nello spazio e nel tempo, allora fallisce nel suo intero compito e uno non sa più a cosa serve.’

Bohr e Heisenberg ovviamente avevano un’opinione diversa [da Schrödinger]. Gli articoli iniziali sulla meccanica delle matrici esprimevano la loro filosofia operativa: “Hai le tue equazioni, hai le tue

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osservazioni, e combaciano. Cos’altro vuoi? Stai zitto e calcola!” Ovviamente, lo dicevano in maniera più educata, almeno sugli articoli.

Per esempio, ecco l’introduzione completa del famoso articolo di Heisenberg: ‘Il presente articolo cerca di stabilire una base per la meccanica quantistica teorica basata esclusivamente sulle relazioni tra grandezze che sono in principio osservabili’”.

6. J.M. Lévy-Leblond, da “On the nature of Quantons”, Springer, 2003

“Che la vera natura degli oggetti quantistici sia stata a lungo incompresa è dimostrato dalla comune descrizione che ancora oggi se ne fa in termini di un presunto “dualismo onda-corpuscolo”.

Occorre evidenziare innanzitutto che questa formulazione è quanto meno ambigua. Perché la si può intendere sia come se dicesse che un oggetto quantistico è allo stesso tempo un’onda e una particella, o che è a volte un’onda e a volte una particella. Nessuna di queste due interpretazioni in effetti ha senso. “Onda” e “particella” non sono oggetti ma concetti, e tra loro incompatibili; dunque, non possono assolutamente descrivere la stessa entità. Mentre è vero che gli oggetti quantistici possono in alcuni casi somigliare alle onde, e in altri casi alle particelle, è sicuramente più vero che nella maggior parte delle situazioni, in particolare quelle affrontate dagli elaborati esperimenti moderni, loro somigliano né alle une né alle altre. La situazione appena descritta ricorda quella incontrata dai primi esploratori dell’Australia, quando hanno scoperto strani animali che vivevano nei torrenti. Visti da davanti, questi animali mostravano un becco d’anatra e le zampe palmate, mentre, visti da dietro, mostravano un corpo peloso e una coda. Furono allora soprannominati “anatra-castoro”. Si scoprì poi che questo dualismo castoro-anatra aveva una validità limitata e che la specificità zoologica di questo animale meritava un nome proprio, che divenne “ornitorinco”. Più o meno allo stesso modo noi possiamo (e dobbiamo) allora affermare con sicurezza che gli oggetti quantistici sono né onde, né particelle, e devono essere descritti da un nuovo e specifico concetto, che merita certamente un nome tutto suo. La proposta di Bunge è di chiamarli “quantoni”.

7. P.A.M. Dirac, da “I Principi della Meccanica Quantistica”, Bollati Boringhieri, 1959

In risposta alla prima critica si può osservare che il principale scopo della fisica non è di fornire delle immagini intuitive [“pictures” nell'originale inglese, trad. “modelli” nella versione italiana] bensì di formulare delle leggi che governino i fenomeni e la cui applicazione porti alla scoperta di nuovi fenomeni. Se poi esiste un'immagine intuitiva, tanto meglio; ma l'esistenza o meno di essa è questione di secondaria importanza. Nel caso dei fenomeni atomici, infatti, non ci si deve aspettare che esista alcuna "immagine intuitiva" nel senso abituale della parola, cioè di un modello [qui "model"

nell'originale] che funzioni essenzialmente su linee classiche. Si può tuttavia estendere il significato

delle parole "immagine intuitiva" per includervi qualsiasi maniera di raffigurarsi le leggi

fondamentali in modo da rendere ovvia la loro autoconsistenza. Con questa estensione, si può

gradualmente formare un'immagine intuitiva dei fenomeni atomici, familiarizzandoci con le leggi della fisica quantistica.

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APPENDICE C1