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3. Commento traduttologico

3.2. Tipologia testuale

Prima di tradurre un testo bisogna sempre partire da una lettura profonda, mirata a capire e comprendere al meglio tutte le componenti del testo di partenza. Ritengo inoltre che la lettura sia, per così dire, una prima analisi non scientifica dell’opera che abbiamo davanti. La si legge attentamente e si cerca, per prima cosa di capire, la tipologia testuale, il contenuto, la struttura ed infine il significato ultimo, che in questo caso si presenta come una morale tipicamente favolistica. In questa prima fase,

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dopo una lettura coscienziosa, ci deve essere chiaro che tipologia di testo stiamo affrontando, in modo tale da orientare nella direzione giusta le nostre scelte traduttive60.

Il prototesto preso in esame è sicuramente un testo narrativo, in quanto l’autrice inventa, o, per meglio dire, ricorda una storia, in cui un protagonista vive episodi che seguono logicamente un filo rosso che piano piano porterà noi e lo stesso protagonista alla risoluzione della trama. Inoltre, i racconti sono divisi in una serie di sequenze ordinate che seguono lo schema di una favola: situazione iniziale, rottura dell’equilibrio iniziale, evoluzione degli episodi, ricomposizione dell’equilibrio e, infine, la conclusione che, a volte, come in “Dall’ultimo dei librai” risulta aleatoria ed eterea come un sogno ad occhi aperti. Adottando la classificazione di Hatim e Mason, i quali differenziano le tipologie testuali in cinque categorie in base alle proprietà cognitive e alle caratteristiche comunicative – testi descrittivi, argomentativi, istruttivi, narrativi ed espositivi61 – possiamo dire che

il prototesto, come anche il metatesto, sono testi narrativi, in quanto cercano di rispecchiare il linguaggio più vicino al parlato e cercano di istaurare un rapporto comunicativo col lettore.

Questa volontà di comunicare qualcosa è anche questo, a sua volta, un criterio per distinguere le tipologie testuali. I testi informativi si pongono l’obiettivo di dare più informazioni al lettore e di offrire la possibilità di arricchire le sue conoscenze su un determinato argomento. Nel panorama letterario troviamo anche testi espressivi, i quali si concentrano di più sull’autore e si profilano più come uno sfogo ed un uragano di emozioni e sentimenti dello scrittore. Un esempio di questa tipologia testuale sono le poesie, i romanzi ed i racconti. È possibile, tuttavia, che un racconto non sia espressivo? I racconti qua tradotti hanno sicuramente, anche se in maniera poco evidente, una sfumatura espressiva, tuttavia, ritengo che ciò che caratterizza maggiormente questi brevi sogni ad occhi aperti sia la capacità dell’autrice di focalizzarsi sul lettore d’arrivo, stimolandone non solo i sentimenti, ma anche i ricordi più lontani. Se, da una parte, a causa di alcuni interventi personali da parte dell’autrice durante lo scorrere della narrazione, il prototesto può essere considerato un testo espressivo, dall’altra, ritengo che l’elemento vocativo sia quello più preponderante.

Nel metatesto, quindi, ho voluto sottolineare la figura del lettore d’arrivo e la nota didascalica del testo di partenza, aggiungendo, a volte, delle spiegazioni che chiarissero un concetto complesso o una parola che non è conforme alle conoscenze di base del lettore bambino, al fine di istruirlo e chiarire un’eventuale incomprensione. Tuttavia, questa è stata una strategia per incuriosirlo e stimolarlo a chiedere ulteriori delucidazioni al genitore impegnato nella lettura ad alta voce.

60Newmark P., A Textbook of Translation, Shanghai/Hertfordshire, Shanghai Foreign Language Education Press/Prentice

Hall International, 1988, p. 11.

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3.3. Dominante

Il motivo per cui mi sono cimentato in questo lavoro di traduzione è stato principalmente la volontà di mettermi alla prova nell’analisi di un’opera apparentemente aliena al mondo in cui vivo.

Jakobson considera la dominante come “la componente sulla quale si focalizza l’opera d’arte; governa, determina e trasforma le altre componenti”62. La dominante, per me, non è altro che la caratteristica principale di un testo che, a volte, non si manifesta chiaramente e si percepisce soltanto dopo un’analisi accurata di tutte le componenti del brano. Tuttavia, possiamo dire che la dominante di un testo non è unica, ma cambia a seconda del lettore, dello scrittore e del traduttore, poiché, essendo soggetti diversi, si approcciano al testo in maniera soggettiva.

Ritengo che la dominante del prototesto sia l’andatura singhiozzante della lettura. Se prendiamo in esame tutti e tre i racconti, per quanto riguarda la sintassi, la caratteristica comune che intercorre tra loro è proprio la natura paratattica del testo. Brevi frasi giustapposte che danno la sensazione che l’autore stia raccontando ad alta voce i suoi, falsi o no, ricordi di quando era bambino. Questa è una peculiarità che si confà molto alla lettura o all’ascolto da parte di un bambino, il quale dovrebbe riuscire a comprendere e a schematizzare le informazioni del testo in maniera più semplice ed immediata. Tuttavia, a causa della premessa teorica sulla memoria e sulla capacità di comprensione del testo nell’infante, nel metatesto ho cercato di sottolineare questo elemento mnestico attraverso l’uso del passato remoto e mettendo in evidenza i verbi legati alla sfera del ricordo quali: conservare, custodire, mantenere. Nonostante nel metatesto abbia voluto, nella maggior parte dei casi, lasciare inviolata la struttura paratattica tipica del cinese, a volte, il tentativo non è andato a buon fine a causa della influente natura ipotattica dell’italiano, il quale avrebbe assunto uno stile giornalistico piuttosto che favolistico.

La dominante del metatesto è quindi il contenuto, il quale si confà perfettamente alle teorie pedagogiche della premessa, e risulta, per via della sua natura didascalica, un perfetto diario di ricordi per lo sviluppo infantile.

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