Dopo aver ampiamente disquisito su tutti gli elementi riguardanti l’evasione imprenditoriale è giunto il momento di ponderarla, di valutare il peso morale della delocalizzazione e interrogarsi se abbia recato benefici oppure danni, ricordandosi che “Bene e male, peccato e innocenza, attraversano il mondo tenendosi per mano.” cit. Oscar Wilde.
Per introdurre quanto si dirà di seguito si vuole esporre uno dei due princìpi su cui si fonda il concetto di Yin e Yang dell’antica teoria filosofica cinese. Lo Yin e lo Yang, qui semplicemente intesi con l’accezione di negativo e positivo, hanno fondamenta l’uno nell’altro, essi quindi hanno genesi reciproca, dipendono l’uno dall’altro, conseguentemente l’uno non può sussistere senza l’altro.
Esistono tre mantra20 apparentemente innegabili agli occhi di ogni comune lettore, che conferiscono all’offshoring un carattere di estrema bontà, rendendola una pratica quasi caritatevole. Si procederà di seguito anzitutto ad enunciarli e subito dopo a confutarli, in modo tale da far capire al lettore perché si è scelto di intitolare il presente paragrafo con un tale proverbio e perché si è citato il poeta Oscar Wilde assieme a un famoso tao cinese.
In primo luogo vi è il fatto per cui l’offshoring arricchisce il Paese d’origine (i.e. il Paese che delocalizza), per merito dei risparmi che questo ha sui costi di produzione. Il risparmio nelle spese c’è realmente, ma se lo si mette a confronto con i costi che inevitabilmente sorgono dallo sforzo nel coordinare i processi produttivi e dalla produttività che col passare del tempo in molti Paesi va calando (a causa di nascenti ribellioni nella manodopera troppo sottopagata), alla fine risulta essere una cifra talmente irrisoria (spesso addirittura inferiore al 10%) da sfatare questo primo mito sui lauti benefici economici della delocalizzazione. Benefici che comunque sono spesso abbastanza alti solo durante i primi stadi del processo, per cui alla fine la maggior parte delle aziende non ottiene i risparmi che sognava all’inizio.
20 Secondo la definizione data dal dizionario italiano Garzanti, il significato del termine “mantra” deriva dall’induismo e consiste in una formula sacra che viene ripetuta più e più volte, in qualità di esercizio di meditazione.
Altro sistematico convincimento è che l’offshoring incentiva lo sviluppo economico
mondiale, in quanto foriero di “benefici incrociati” per mezzo del commercio fra Paesi Industrializzati e Paesi Emergenti. Con il termine “beneficio incrociato” si intende che
gli investimenti delocalizzativi nei Paesi Emergenti contribuiscono ad aumentarne di poco a poco il Prodotto Interno Lordo cosicché anche la popolazione di questi Stati comincia a permettersi di poter comperare merci dai Paesi avanzati, in questo modo anche questi ultimi otterranno un beneficio dato dalla penetrazione di questi nuovi mercati emergenti. In realtà la questione non è quasi mai trasparente ed equa come appare in superficie. Infatti sarebbe utile anzitutto capire se la distribuzione della nuova ricchezza interna di questi Paesi, derivante dai benefici incrociati dell’offshoring, è equa tra tutti gli abitanti e, come è facilmente intuibile non lo è affatto. Un’abbondante quota del loro PIL è in mano a lobby locali, mentre il resto della popolazione versa quasi tutto in stato di alta indigenza. Dopodiché è necessario indagare sull’effettivo luogo di manifattura della merce occidentale destinata a questi mercati in via di sviluppo. Si capisce quindi che più che portare a benefici paralleli, le pratiche di offshoring portano solo un incremento nella disuguaglianza.
In ultimo vi è la diffusa opinione secondo cui l’offshoring innesca la specializzazione
delle cosiddette ‘economie-paese’, per cui ogni Paese si focalizza nell’essere abile in un dato settore e scambia i propri output con gli altri. Conoscendo i meccanismi di
funzionamento dell’offshoring, secondo questa affermazione si deduce che ai Paesi in Via di Sviluppo meta di delocalizzazione spetta la specializzazione in mansioni prettamente standardizzate e di assemblaggio, ovvero a basso valore aggiunto; mentre ai Paesi Industrializzati sede delle multinazionali competono le attività più “raffinate” ad alto margine; tuttavia quest’ultima parte non è esatta, o per lo meno non si verifica nella realtà. Ebbene, qui risiede il più grande punto a sfavore dell’offshoring, cioè l’enorme perdita di posti di lavoro in Patria. Infatti tantissimi lavoratori che hanno perso il lavoro in seguito al trasferimento del loro ramo della produzione all’estero, non sono mai stati riassunti e destinati a un nuovo ruolo (o comunque non immediatamente dopo il fatto e non con lo stesso stipendio).
Nel momento in cui tutto ciò che si è detto finora viene portato a conoscenza degli individui che risiedono nei Paesi dove hanno sede le imprese che delocalizzano (nonché gli stessi individui che sono poi consumatori finali dei prodotti e servizi di queste
imprese), sorge in loro un sentimento di forte rabbia e condanna verso le imprese che hanno avviato processi di delocalizzazione. Tali emozioni se tanto accentuate possono tradursi in terribili reazioni negative come nella volontà di boicottare quelle aziende. Si comprende quindi che l’offshoring è spesso visto dai consumatori occidentali informati una prassi altamente sconsiderata e sicuramente poco patriottica.
Tirando le somme, si può attestare con fermezza che i Paesi Industrializzati ci hanno fino ad oggi guadagnato ben poco dalle pratiche di offshoring messe in atto dalle imprese che hanno sede nei loro territori; come altrettanto poco hanno potuto ricavare le regioni destinatarie. Gli unici rilevanti vantaggi sono riscontrabili solo nel breve periodo e perciò sono soltanto illusori. Contrariamente alle apparenze la delocalizzazione produce parecchie esternalità negative, di cui le tre sopra dimostrate sono le più evidenti ed accentuate in un panorama in cui ve ne sono molte altre nascoste e impensabili, fra cui la difficoltà del processo che spesso viene sottovalutata. Difatti molte volte accade che le aziende decidono e agiscono con troppa fretta e smania di successo, senza operare le corrette valutazioni di cui si è ampiamente proferito nel paragrafo 1.4.2.
Lo stile secondo cui si è scelto di esporre i concetti in questo ultimo paragrafo rispecchia perfettamente il filo conduttore dell’intero elaborato, che segue un modello a cosiddetto “triangolo rovesciato”. Perciò dato che si è iniziato raccontando il fenomeno contrario è giunto il momento di addentrarsi più nello specifico e definire il fenomeno centrale, il nucleo della tesi: il reshoring.
PARTE SECONDA: La società è testimone di un ritorno. Di cosa si tratta?