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Il mito di Orfeo nell’opera di Novalis

42 Un catalogo d’asta, contiene un elenco completo della produzione giovanile pp.5-28, cfr R Samuel, Zur Geschichte des Nachlasses Friedrich von Hardenbergs

2.1.1 Traduzioni mitiche.

Come poeta ‘doctus’ il giovanissimo Friedrich si approccia al mito seguendo la tradizione di Virgilio; traduce un passo (v.454-480) dell’epillio virgiliano noto come “Favola di Aristeo”, che chiude il IV libro delle Georgiche (v.453-527), dando vita, tuttavia, a un autentico Orfeo romantico.

Novalis ne realizza tre diverse traduzioni probabilmente risalenti tutte al 178960, che testimoniano anche l’inizio del suo lavoro di

riscrittura del mito. In Virgilio il racconto si conclude al v.527 con l’immagine di Orfeo smembrato dalle baccanti, il cui capo che canta e la cui lira che suonano, vengono gettati nell’Ebro; un’immagine questa che Novalis riprende negli appunti sullo sviluppo dell’Ofterdingen. Solo pochi antichi rappresentano il mito di Orfeo in maniera così suggestiva come fa Virgilio (v.454-458): Orfeo perde la sua amata Euridice in seguito al morso di un serpente; cerca di suscitare la commozione degli Dèi in modo che questi gli restituiscano l’amata.

[Vergil, Georgika, Buch IV, Zeilen 464-480] «Ipse cava solans aegrum testitudine amorem te, dulcis coniunx, te solo in litore secum, te veniente die, te descedente canebat.        

60 Novalis, Freie Übersetzungsversuche, in NS I, III, Anhang: Dichterische

  33  Taenarias etiam fauces, alta ostia Ditis,

et caligantem nigra formidine lucum

ingressus, Manisque adiit, regemque tremendum nesciaque humanis precibus mansuescere corda. At cantu commotae Erebi de sedibus imis

umbrae ibant tenuis simulacraque luce carentum quam multa in foliis avium se millia condunt, Vesper ubi, aut hibernus agit de montibus imber, matres, atque viri, defunctaque corpora vita

magnanimum heroum, pueri innuptaeque puellae, impositique rogis iuvenes ante ora parentum; quos circum limus niger et deformis harundo Cocyti tardaque palus inamabilis unda alligat et noviens Styx interfusa coercet.»

(b)

«Orpheus linderte mit der Theorbe die leidende Liebe Sang dich, süßes Weib, sich selbst, am einsamen Ufer Schwebte der Morgen herauf, errötete Tellus am Abend, Stieg auch in Taenars Schlund, der hohen Pforte des Pluto Unerschüttert im graunverhüllten Dunkel des Waldes. Ging zu den Manen, zum furchtbaren König, zu Herzen

Nimmer vordem vom Flehn der Menschen erwärmt. Vom Gesange Munter entfuhren die nichtigen Schatten des tiefsten Erebus

Sitzen, und lichtberaubte Gestalten, unzählig wie Scharen der Vögel Welche die kommende Nacht und das Ungewitter vom Berge In das Gebüsch verscheucht; es waren Mütter und Männer, Leiber entseelter Helden von hohem Mut einst beseelet, Knabe und halbgereifte Mädchen und Jünglige vor den

Augen der Eltern von neidischen Flammen verschlungen; sie alle Fesselt ein schwarzer Schlamm und Cocytus schleußliches Schilfrohr, Und die zögernde Well‘ des Sumpfes von Schiffes verlassen,

Neumal rollet herum der Styx und zwingt sie zusammen»

«Cantava a se stesso di te, dolce sposa, di te sul lido deserto, di te all’alba, di te al tramonto. Entrò persino nelle gole tenarie, profonda porta di Dite, e nel bosco caliginoso di tetra paura, e discese ai Mani, e al tremendo re ed ai cuori

  34  incapaci di essere addolciti da preghiere umane.

Colpite dal canto, dalle profonde sedi dell’Erebo, venivano tenui ombre e parvenze private dalla luce, quante sono le migliaia di uccelli che si celano tra le foglie, quando Vespro o la pioggia invernale li caccia dalle

[montagne Madri e uomini, e corpi privi di vita

di magnanimi eroi, fanciulli e giovinette ignare di connubio, giovani posti sul rogo davanti agli occhi dei genitori:

li imprigiona intorno la nera melma e l’orrido canneto di Cocito, e l’infausta palude dall’onda morta,

e li serra la Stige aggirandoli nove volte»61

Il dolore struggente motiva il canto di Orfeo, ma forte è anche il desiderio di rivedere l’amata perduta. Discende negli inferi attraverso i monti del Tenaro. Gli ultimi versi di Virgilio spiegano come Orfeo si aspetti che gli dèi cedano alla grazia del suo canto. Qui si interrompe la traduzione di Novalis, che resta nelle tre varianti sostanzialmente vicina all’originale. Nel corpo della traduzione Novalis modifica alcune parole e non sembra produrre un testo di gran pregio da un punto di vista filologico. Tuttavia, la variante c) evidenzia la scelta del verso libero al posto dell’esametro virgiliano, mentre la variante b), se pur modesta rispetto alla prima, si distingue per una maggiore attenzione nella scelte lessicali. E’ da un punto di vista poetico-poetologico, tuttavia, che la variante b) assume un

       

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significato importante nel contesto della riflessione novalisiana sulla traduzione e la Poesia.

Il testo novalisiano, nonostante il suo carattere frammentario, costituisce una prima significativa testimonianza dell’adesione del giovane poeta alla Gefühlpoetik, di affezione romantica, che in quegli anni non era ancora al centro del dibattito estetico e poetologico, ma che molto di più si lasciava ricondurre alla poesia di Christoph Martin Wieland e Gottfried August Bürger62.

Nel v.1 Novalis, fedele al testo originale, parla di “Liebe” (Amor), nel v.5 di un Orfeo ”unerschütterlch” – irremovibile-, “hedelhaft” - eroico. Nel v.12 parla di “hohem Mut”, nobile coraggio degli eroi caduti in guerra; nel v.14 di ‘neidischen Flammen’ - fiamme invidiose - che intrecciano l’un nell’altro fanciulle e fanciulli.

Le traduzioni di Novalis non sono le uniche del XVIII secolo. Nel 1778 era apparsa Orpheus und Eurydice (Nach Vergil) di Friedrich Leopold Graf zu Stolberg. Stolberg traduce il passo virgiliano dal v.464, imitando il testo originale, conservandone anche la forma in esametri e rivelando un minore slancio emotivo rispetto a quanto fa Novalis. Va detto che Stolberg non si ferma al v.480, ma giunge al verso 527:

       

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 S.Pott, cit. , p.31.  

  36  Orpheus tröstete mit der gewölbten Leier sein Sehnen;

Dich, du süsses Weib, dich sang er am einsamen Ufer,

Dich mit dem kommenden, dich mit dem niedersinkenden Tage! Durch die Tänarischen Schlünde durch die Pforten des Pluto Ging er, hin zu den Manen, hin zu dem schrecklichen König. Herzen, nimmer vordem durch menschliches Flehen erweichet!

Sieh es erregte sein Lied des Erebus nichtige Schatten, Daß sich von ihren Sizen die dunklen Gestalten erhoben, Zahllos, wie der Vögel Tausende, welche der Abend, Oder ein Ungewitter, von Bergen in Büsche verscheuchet. Weiber und Männer erschienen, und abgeschiedene Seelen Edler Helden, noch unverlobter Jungfraun und Knaben, Und der Jünglinge, die dereinst, vor den Augen der Eltern Auf dem Scheiterhaufen die Flamme hatte verzehret,

Welche nun alle schwarzer Schlamm und scheusliches Schilfrohr, Und der menschenfeindliche träge Sumpf der Kocytus

Einschleust, und der Styx neunmal umhergossen.

Nelle sue traduzioni Novalis segue per qualche verso Stolberg facendo suoi solo pochi concetti del suo predecessore. In nessuna delle sue tre versioni del mito Novalis cita la seconda perdita di Euridice.

La sua prima traduzione di Virgilio influenzerà in maniera decisiva la fortuna letteraria di Orfeo. Il suo Orfeo è il cantore pieno d’amore, che con il suo canto spinge gli dei degli Inferi a compiere un atto straordinario, fuori dagli schemi. Novalis taglia il lato oscuro del

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mito, che invece in Virgilio predomina e giunge a determinare il tragico epilogo degli eventi63:

˶cum subita incautum dementia cepit amantem/ignoscenda quidem, scirent/ignoscere manes [ ] ̋

˶quando l’improvviso furore prese l’incauto amante, quantunque perdonabile, se solo i mani conoscessero il perdono[ ] ̋

E’ questo il commento con cui Virgilio bolla l’irrazionalità dello sguardo di Orfeo, che respinge Euridice negli inferi. Qualificando come ,furor’ e subita ,dementia’ la condotta di Orfeo, Virgilio individua nel suo cieco delirio d’amore l’ineluttabilità del suo destino. Uno sguardo al contesto storico del poema didascalico conferma la concezione negativa della figura di Orfeo veicolata da Virgilio e inserita nell’impianto ideologico complessivo delle

Georgiche nell’ottica di restaurazione morale64.

Il giovane Novalis non è interessato al furore distruttivo di Orfeo, carnefice delle proprie passioni, né intende esaltare l’oggetto del suo desiderio.

La traduzione di Heinrich von Voß, apparsa sotto il titolo titolo “Landbau” e contemporanea al testo novalisiano, è fedele al testo

       

63 Cfr. S. Pott, cit., p.35. 

64 Non v’è dubbio che nelle intenzioni di Ottaviano e Mecenate, le Georgiche

dovessero essere un poema di grande slancio ideale, che dopo la crisi delle guerre civili, dopo la rovina dell’agricoltura e specialmente dei piccoli coltivatori, dopo il logoramento dei valori religiosi, politici e morali, favorisse il ritorno alla terra, ridesse la fiducia nel lavoro, nello stato romano-italico centro dell’impero. Per la caratterizzazione negativa del personaggio di Orfeo di fine settecento si rinvia all’opera di Claudio Monteverdi, L’Orfeo, e del suo librettista Alessandro Striggio (1607). 

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virgiliano (per i vv. 454-458). Mentre Heinrich von Voß è impegnato nella meticolosa restituzione dell’esametro virgiliano, Novalis si concentra sul mito di Orfeo ed Euridice con l’intento di forgiare un nuovo Orfeo, figura poetologica65, trasfigurazione del poeta lirico.

       

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