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Consideriamo il seguente circuito elettrico riportato in fig. 8.16 in cui una resistenza R `e collegata in serie a un condensatore di capacit`a C.

Figura 8.16: Serie RC.

La serie `e alimentata da una batteria che fornisce una differenza di potenziale V =costante. All’istante t = 0 il circuito viene chiuso tramite un interruttore, per cui la carica elettrica iniziale posseduta dal condensatore `e q0 = q (t = 0) = 0. A tutti i tempi t > 0 `e [3]:

q (t) = qM



1− eτct



, (8.38)

dove τc = RC `e una grandezza con le dimensioni di un tempo e si chiama costante di tempo della serie RC, mentre qM = CV . Dalla (8.38):

lim t→+∞q (t) = qM lim t→+∞  1− eτct  = qM 1− e−∞ (8.39) = qM 1− 0+ (8.40) = qM (8.41)

cio`e qM `e il valore asintotico della carica elettrica sulle armature del condensatore. In fig.

8.17 riportiamo il grafico della funzione (8.38).

Dalla (8.38) ricaviamo l’intensit`a di corrente che circola nella serie: i (t) = d dtq (t) = iMe τct , (8.42) dove iM = qM τc. Riesce: lim t→+∞i (t) = 0+ (8.43)

In fig. 8.18 riportiamo il grafico della funzione 8.42.

Cio`e, mentre la carica elettrica sulle armature del condensatore segue una salita espo-nenziale (cfr. eq. (8.38)), l’intensit`a di corrente nel circuito diminuisce esponenzialmente. Ci`o non deve sorprendere, poich`e a tempi brevi la carica elettrica varia rapidamente, per cui abbiamo “alti” valori di intensit`a di corrente. Viceversa, a tempi lunghi la carica tende a “stabilizzarsi” sul valore costante qM, onde la corrente assume valori progressivamente trascurabili. Quantitativamente:

0≤ t ≪ τc =⇒ i (t) ≃ iM

CAPITOLO 8. DERIVATA DI FUNZIONI CON DISCONTINUIT `A DI PRIMA SPECIE. LA FUNZIONE DEL

t qM

q

Figura 8.17: Andamento della carica elettrica q (t) sulle armature del condensatore.

t iM

i

CAPITOLO 8. DERIVATA DI FUNZIONI CON DISCONTINUIT `A DI PRIMA SPECIE. LA FUNZIONE DEL Da tale analisi segue che la costante di tempo τc fissa la scala dei tempi del transitorio di

carica. Supponendo di poter variare la capacit`a C (si pensi ad un condensatore variabile), si ha:

C > C =⇒ τ

c = RC > RC,

ovvero la serie RC impiega pi`u tempo a “caricarsi2” rispetto alla serie RC. Viceversa: C′′ < C =⇒ τc′′= RC′′ < RC,

ovvero la serie RC′′impiega meno tempo a “caricarsi” rispetto alla serie RC. Tali conclusioni sono illustrate in fig. 8.19.

t qM q Τc Τ'cc Τ''cc

Figura 8.19: Andamento della carica elettrica q (t) per differenti valori della costante di tempo. Se τ

c > τc il processo di carica `e pi`u lento. Viceversa, `e pi`u rapido per τ′′ c < τc. La dipendenza parametrica da τc esibita dalla funzione (8.38) suggerisce di riscrivere quest’ultima come:

q (t) = qMfτc(t) , (8.44)

essendo:

fτc(t)def= 1− eτct ,

una salita esponenziale (adimensionale) di costante di tempo τc. Abbiamo quindi la famiglia di salite esponenziali:

{fτc(t)}τc∈R0,

dove – ricordiamolo – `e R0 = (0, +∞). Per quanto precede, la costante di tempo controlla la rapidit`a del processo di carica. Le condizioni agli estremi del campo di variabilit`a di τc

sono:

τc → +∞ =⇒ f(t)→ 0 =⇒ la serie va a regime dopo un tempo ∞ τc → 0+=⇒ la serie va a regime istantaneamente

Dal punto di vista dell’Analisi matematica `e pi`u interessante il caso 2. Possiamo immaginare di mantenere costante la capacit`a C, e di far variare la resistenza, per cui τc → 0+ per

2

CAPITOLO 8. DERIVATA DI FUNZIONI CON DISCONTINUIT `A DI PRIMA SPECIE. LA FUNZIONE DEL R→ 0+. In altre parole, abbiamo un condensatore ideale, giacch`e R pu`o essere interpretata

come una resistenza interna. Come possiamo esprimere la funzione q (t) per R → 0+? Per quanto precede, riesce:

q (t) = qMU (t) , ∀t ≥ 0, (8.45)

dove U (t) `e la funzione unit step:

U (t) = 

1, se t > 0

0, se t≤ 0 (8.46)

Possiamo provare a calcolare l’intensit`a di corrente i (t) = d

dtq (t) `

E ovvio che per t > 0 `e i (t) = 0, mentre nell’istante iniziale t = 0, applicando la definizione di derivata: i (0) = lim ∆t→0  ∆q ∆t  t=0 (8.47) Anzich`e applicare la (8.47) facciamo le seguenti considerazioni.

La funzione (8.45) ha una discontinuit`a di prima specie in t = 0: lim

t→0−q (t) = 0, lim

t→0+q (t) = qM,

con salto s (0) = qM. In altre parole, la carica elettrica immagazzinata dal condensatore, passa “istantaneamente” da 0 a qM, per cui ci aspettiamo una corrente i (0) = +∞. D’altra parte, confrontando la (8.45) con la (8.44) per τc → 0+:

qMU (t) = lim

τc→0+qMfτc(t) , ∀t ≥ 0 Cio`e:

U (t) = lim

τc→0+fτc(t) , ∀t ≥ 0 (8.48)

In altri termini, per t ≥ 0 la funzione unit step `e una salita esponenziale con costante di tempo nulla. Tale conclusione `e corroborata dalla seguente operazione di passaggio al limite:

t≥ 0 =⇒ lim

τc→0+fτc(t) = lim

τc→0+1− eτct = 1− 0+ = 1

In fig. 8.20 riportiamo il grafico della derivata d

dtfτc(t) , (8.49)

per valori decrescenti di τc.

La funzione (8.49) ha un massimo assoluto in t = 0: d dtfτc(t) t=0 = 1 τc −→ τc→0+ +∞, per cui: i (0) −→ τc→0+ +∞

CAPITOLO 8. DERIVATA DI FUNZIONI CON DISCONTINUIT `A DI PRIMA SPECIE. LA FUNZIONE DEL

t d

dt fΤcHtL

Capitolo 9

Funzioni continue prive di derivata

prima

9.1 Il pettine di Dirac

Abbiamo visto che la continuit`a di una funzione reale di una variabile reale `e una condizione necessaria ma non sufficiente per la derivablit`a in un punto assegnato. Ad esempio, la funzione f (x) =|x| `e continua in R ma non `e derivabile in x = 0. Ne consegue che denotando con A (f ) l’insieme di derivabilit`a di f , si ha A (f ) = R−{0}. Se poi consideriamo la funzione g (x) =|sin x|, si ha

A (g) = R−[

k∈Z

{kπ}

Ci aspettiamo, dunque, che per una qualunque funzione continua, l’insieme di non deriva-bilit`a sia al pi`u infinito numerabile. Premettiamo la seguente definizione:

Definizione 8 Sia f una funzione continua in un intervallo X ⊆ R. Dicesi insieme di non derivabilit`a di f , il complementare in X dell’insieme di derivabilit`a A (f ). Cio`e:

B (f ) = X− A (f) (9.1)

Ci poniamo la seguente questione:

∃f : X → R continua in X | B (f) = X ?

Cio`e: esistono funzioni continue in un intervallo X ma non derivabile in alcun punto di X? Tentando di rispondere a tale domanda, poniamo X = [a, b] con gli estremi a, b non necessariamente finiti. Eseguiamo una decomposizione D ([a, b]), assegnanado N + 1 punti x0, x1, ..., xN ∈ [a, b] tali che:

a = x0 < x1 < x2 < ... < xN = b

D ([a, b]) decompone [a, b] in N intervalli [xk, xk+1]⊂ [a, b] con k = 0, 1, ..., N − 1: [a, b] =

N −1[ k=0

[xk, xk+1] , a due a due disgiunti:

[xk, xk+1]∩ [xk′, xk′+1] =∅, ∀k 6= k 65

CAPITOLO 9. FUNZIONI CONTINUE PRIVE DI DERIVATA PRIMA 66 La norma o ampiezza di D ([a, b]) `e ∆ = max (xk+1− xk). Per quanto precede, il numero di punti della decomposizione `e N + 1, ed `e chiaro che non possiamo definire una densit`a di punti, poich`e questi compongono un insieme al pi`u infinito numerabile:

{x0, x1, ..., xN} (9.2)

Tuttavia, la densit`a di punti pu`o essere espressa nel senso della teoria delle distribuzioni, cio`e ricorrendo alla funzione delta di Dirac. Pi`u precisamente, “etichettiamo” ogni punto con una funzione delta:

δ (x− xk) k-esimo punto

Introduciamo il pettine di Dirac di ordine N : ρN(x) =

N

X

k=0

δ (x− xk) (9.3)

ρN(x) ha le dimensioni di δ (x− xk) cio`e dell’inverso di una lunghezza, ovvero di una den-sit`a di punti, i.e. numero di punti per unit`a di lunghezza. Per verificare tale congettura, integriamo primo e secondo membro di (9.3) su tutto R:

+∞ Z −∞ ρN(x) dx = N X k=0 +∞ Z −∞ δ (x− xk) dx | {z } =1 = N + 1,

cio`e il numero di punti di D ([a, b]). Senza perdita di generalit`a, consideriamo una decom-posizione di norma costante:

∆ = b− a N , onde

xk = a + kb− a

N , (k = 0, 1, 2, ..., N ) In tal caso, la (9.3) si scrive:

ρN(x) = N X k=0 δ  x− a + kb− aN  (9.4) Ogni punto di [a, b] `e di accumulazione per [a, b], onde comunque prendiamo x0 ∈ [a, b] in ogni intorno di x0 cadono infiniti punti x ∈ [a, b] − {x0}. Cio`e ρN →+∞(x) diverge in ogni punto x∈ [a, b]. Ci`o non deve sorprendere poich`e ρN(x) `e una funzione impropria:

ρN(x) = 

0, se x6= xk, (k = 0, 1, ..., N ) +∞, se x 6= xk, (k = 0, 1, ..., N ) Se denotiamo con SN l’insieme (9.2), si ha

CAPITOLO 9. FUNZIONI CONTINUE PRIVE DI DERIVATA PRIMA 67 Eseguiamo una decomposizione di norma costante dell’intervallo [0, b], cio`e ∆ = Nb, per cui xk= k b

N (k = 0, ..., N ). Ad esempio, per N = 2 abbiamo x0 = 0, x1 = b 2, x2 = b [0, b] =  0,b 2  ∪ b 2, b 

Quindi, consideriamo la funzione: f1(x) =



x, se 0≤ x ≤ 2b b− x, se b

2 < x≤ b , (9.5)

continua in [0, b], il cui grafico `e riportato in fig. 9.1.

b

2 b

b 2

Figura 9.1: Grafico della funzione (9.5) La (9.4) si crive: ρ2(x) = 2 X k=0 δ  x− k2b 

Tuttavia, l’unico punto di discontinuit`a di f(x) `e x1 = b

2. Infatti: f1(x) = θ (x)− 2θ  x− 2b  , (9.6)

il cui grafico `e riportato in fig. 9.2. Per N = 3:

x0 = 0, x1 = b

3, x2 = 2

CAPITOLO 9. FUNZIONI CONTINUE PRIVE DI DERIVATA PRIMA 68 b 2 b x -1 1 y

Bibliografia

[1] Wagon S.: Guida a Mathematica, McGrowHill, 1995 [2] Fiorenza R.: Lezioni di Analisi matematica, Liguori, 1978 [3] Edminser J.A.: Circuiti elettrici, Schaum, 1991

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