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Il trasferimento delle quote di partecipazione ed il passaggio generazionale del patrimonio

Come abbiamo avuto modo di evidenziare nell’ambito del presente lavoro la società semplice rappresenta uno strumento vantaggioso ai fini della gestione e, soprattutto, protezione del patrimonio.

Grazie alla sua grande semplicità di gestione ed alla sua notevole flessibilità, tale tipologia societaria permette alla famiglia o, se vogliamo, al “pater familias”, di pianificare il futuro del proprio patrimonio attraverso una attenta e ponderata articolazione statutaria che risponda alle proprie esigenze ed alle proprie volontà.

Ci si riferisce a tutte quelle clausole statutarie che possono attenuare le conseguenze derivanti dal trasferimento della quota societaria, sia per atto fra vivi che a causa di morte di un familiare/socio.

26 In verità ai sensi degli artt. 2261 e 2262 del codice civile in capo alla società semplice vige l’obbligo di redigere un rendiconto per il quale non sussistono, a livello normativo, obblighi in materia di forma e contenuto.

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In merito al trasferimento per atto tra vivi l’art. 2252 c.c. dispone che “il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci, se non convenuto diversamente.”

Il trasferimento della quota di partecipazione, infatti, comporterebbe una modifica del contratto sociale stante la circostanza che nelle società di persone, società semplice compresa, viene attribuita rilevanza alla persona del socio.

Il consenso unanime dei soci per procedere a tale modifica non è, però, una previsione imperativa e i soci possono liberamente disporre diversamente prevedendo, ad esempio, che le quote possano essere trasferite con il solo consenso delle parti interessate riservando agli altri un diritto di prelazione o, addirittura, che sia sufficiente il consenso tra le parti senza attribuire alcun diritto agli altri soci.27

Il trasferimento delle quote per atto tra vivi potrà avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito.

Il trasferimento a titolo oneroso, qualora avvenga in forma scritta,28 comporta l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’art. 11 della Tariffa Parte Prima del D.P.R. 131/1986.29

Ai fini delle imposte dirette il trasferimento della quota posseduta da una persona fisica può comportare l’emersione di una plusvalenza da cessione ai sensi dell’art. 67 del TUIR.

La plusvalenza sarà data dalla differenza tra il prezzo realizzato mediante la cessione ed il costo storico fiscalmente riconosciuto della partecipazione, determinato ai sensi dell’art. 68 comma 6 del TUIR.

Non si può, infatti, prescindere dalla considerazione che il reddito della società semplice viene imputato e tassato per trasparenza in capo ai soci e che le plusvalenze da cessione sono il risultato di redditi prodotti in vari periodi d’imposta già assoggetti a tassazione perché ciò potrebbe implicare fenomeni di doppia imposizione.

Il sopracitato art. 68, quindi, prevede che il costo fiscalmente riconosciuto venga determinato nel seguente modo:

27 Cass. Civ. n. 15605/2002.

28 La cessione è un atto negoziale a forma libera che non richiede la forma scritta, nemmeno qualora nel patrimonio siano ricompresi beni la cui circolazione sia subordinata al rispetto di determinati requisiti formali (cfr Cass. Civ. n.

11314/2010); inoltre, posto che il trasferimento ha ad oggetto la quota e non l’azienda, la forma scritta non è richiesta nemmeno ad probationem (cfr. Cass. Civ. n. 9334/2013).

29 Cfr. Circolare n. 18/E del 29 maggio 2013.

28 Costo di acquisto

+ Redditi imputati al socio per trasparenza – Perdite imputate al socio per trasparenza – Utili distribuiti al socio

Nell’ambito delle cessioni a titolo oneroso una particolare menzione merita la disciplina contenuta nell’art. 25 del D.P.R. 131/1986; tale articolo introduce la presunzione legale30 secondo cui qualora il trasferimento, avente ad oggetto immobili o partecipazioni, venga posto in essere fra coniugi o parenti in linea retta ed il valore della partecipazione o la differenza tra valore e prezzo siano superiori ad euro 180.795,9, tale trasferimento viene considerato una liberalità se l’ammontare complessivo dell’imposta di registro e di ogni altra imposta dovuta per il trasferimento risulta inferiore alle imposte che sarebbero dovute in caso di donazione.

Ricordando che nei trasferimenti a titolo oneroso l’imposta di registro si applica in misura fissa risulta evidente come l’operazione vada valutata attentamente nelle modalità e nei termini di attuazione perché vi è il rischio che si possa cadere nella spinosa disciplina dell’abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della Legge 212/2000.

Per quanto riguardo il trasferimento a titolo gratuito e a causa di morte osserviamo che la disciplina fiscale è sostanzialmente la stessa ed è quella contenuta, in tema di caratteri generali, nell’art. 2, commi da 47 a 53 del D.L. 262/2006.31

Molto dibattuta, tuttavia, è stata la possibile applicazione alla società semplice di una disciplina fiscale molto peculiare, la disciplina contenuta nell’art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. 346/1990.

Tale articolo sancisce espressamente che: “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73, co. 1, lettera a) del TUIR, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni medianti le quali è

30 La Corte Costituzionale è intervenuta in merito alla qualificazione della presunzione con Sentenza n. 41 del 22-25 febbraio 1999 dichiarando l’illegittimità costituzionale della presunzione, di cui all’art. 26 comma 1 del D.P.R.

131/1986 nella parete in cui esclude la prova contraria diretta a superare la presunzione di liberalità dei trasferimenti immobiliari. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul punto con la Circolare n. 119/E del 27 maggio 1999

precisando che “…è da ritenere che la presunzione contenuta nella norma in argomento, ormai, non può che essere considerata di carattere relativo e quindi sempre suscettibile di prova contraria”.

31 Per quanto non disposto si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 nella versione vigente alla data del 24 ottobre 2001.

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acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, co. 1, n. 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’art. 14 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata”.

La norma introduce un regime di esenzione dall’applicabilità dell’imposta sulle successioni e donazioni nei casi di trasferimento di quote sociali detenute in società di persone ed in società di capitali a favore dei discendenti.

L’esenzione, tuttavia, è condizionata al rispetto di determinate condizioni:

- il trasferimento deve avvenire a favore dei discendenti o del coniuge;

- limitatamente alle quote di società di capitali, i beneficiari del trasferimento devono acquisire o integrare il controllo, inteso come maggioranza di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria32; qualora oggetto del trasferimento siano quote di società di persone, invece, si prescinde dall’entità della quota di partecipazione trasferita33 ed è sufficiente che vengano rispettati gli altri requisiti;

- i beneficiari del trasferimento devono proseguire l’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento;

- l’impegno alla prosecuzione dell’attività d’impresa deve essere esplicitamente dichiarato dagli aventi diritto all’atto della presentazione della dichiarazione di successione.

Occorre, a questo punto, chiedersi se il regime di esenzione possa essere applicato anche in relazione al trasferimento delle quote sociali di una società semplice e, come detto pocanzi, la questione è stata ampiamente dibattuta portando ad orientamenti contrastanti.

32 Art. 2359, comma 1, numero 1) del codice civile.

33 Cfr. D. STEVANATO, “I trasferimenti di aziende e partecipazioni nell’imposta di successione e donazione:

aspetti critici delle nuove fattispecie di esenzione”, in Dialoghi di diritto tributario, 2007, pag. 588. Cfr. anche Circ.

n. 3/E del 22 gennaio 2008, secondo cui: “in base al tenore letterale della disposizione in commento, si evince che l’imposta sulle successioni e donazioni non si applica ogniqualvolta il trasferimento riguardi partecipazioni in società di persone”.

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Un primo orientamento pone l’attenzione sul requisito della continuazione dell’attività d’impresa da parte degli aventi causa.

Secondo questo orientamento, che si basa, principalmente, sulle conclusioni formulate dalla Direzione Regionale Lombardia e su quelle espresse nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 446 del 18 novembre 200834, poiché la società semplice non può esercitare attività d’impresa si può dedurre l’inapplicabilità delle disposizioni dell’art. 3, comma 4-ter, del TUS.

Va evidenziato, tuttavia, che nonostante l’Agenzia delle Entrate non abbia mai di fatto affrontato il tema dell’applicabilità dell’esenzione ai trasferimenti di quote di società semplici, la questione è stata affrontata dalla dottrina, in maniera più generale, facendo riferimento alle quote di società di persone con le quali non sarebbe esercitabile un’azione dominante sull’impresa sociale, giungendo ad una conclusione in senso negativo.35 In senso diametralmente opposto, invece, vi è un orientamento che pone l’accento sulla ratio della norma in esame, cioè quella di favorire, da un lato, la prosecuzione dell’attività d’impresa e, dall’altro, agevolarne il passaggio generazionale.

Ferma la ratio, però, la norma non prevede nessuna esplicita esclusione e/o limitazione, se non l’impegno degli assegnatari a proseguire l’attività d’impresa per un quinquennio, il che legittima un’interpretazione estensiva della norma nel senso che essa possa essere applicata, senza distinzioni, alla trasmissione della partecipazione sociale di qualsiasi società, comprese le società di persone e le società semplici.36

Secondo la stessa interpretazione estensiva il concetto di “attività di impresa” non va interpretato nel senso letterale ma piuttosto come “possesso di partecipazioni societarie”

acquisite.

In linea con questa tesi il Consiglio Nazionale del Notariato, con lo Studio n. 43-2007/T, ha affermato che il requisito della prosecuzione dell’esercizio dell’attività d’impresa debba ritenersi fondamentale ai fini dell’applicabilità dell’esenzione esclusivamente nell’eventualità in cui oggetto del trasferimento sia un’azienda o un ramo di essa e non partecipazioni societarie.

34 La risoluzione 446/2008 ha ad oggetto il trasferimento di quote di una società in accomandita semplice e non una società semplice.

35 Cfr. G. GAFFURI, L’imposta sulle successioni e donazioni, 2008; M.V. CERNIGLIARO DINI, Commento all’art.

3 del D.Lgs. n. 346/1990, in G. MARONGIU, a cura di, Commentario breve alle leggi tributarie, Vol. IV, 2011, 1162-1163.

36 In tal senso A. BUSANI, L’agevolazione per il passaggio generazionale dell’azienda, in “Le società”, 2018.

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L’orientamento è confermato da recente Dottrina37 la quale è intervenuta precisando come la dichiarazione di voler continuare l’attività d’impresa, in conformità al dettato normativo, debba essere inteso nel senso della volontà di mantenere il possesso delle partecipazioni sociali acquisite nei cinque anni successivi.38

Nell’eventualità in cui non si ritengano sussistenti i requisiti fissati dalla legge non sarà possibile applicare l’esenzione dall’imposta e si dovrà, invece, procedere all’ordinaria applicazione dell’imposta di successione e donazione.

La base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta dovrà essere determinata ai sensi dell’art. 16, lettera b), del TUS in quale sancisce che essa sarà pari “… al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’art. 12”.

Come già evidenziato in precedenza non esistono specifici obblighi contabili, da un punto di vista tributario, per le società semplici; ciò non toglie, tuttavia, che in funzione del livello di complessità della gestione sociale e dell’opportunità di redigere un bilancio utile alla rappresentazione dei risultati della gestione stessa39, la società possa decidere di redigere un adeguato bilancio d’esercizio.

In presenza di un bilancio pubblicato, la giurisprudenza di legittimità40 e la Corte Costituzionale41 sono concordi nel ritenere che l’Amministrazione Finanziaria non possa rettificare il valore della quota dichiarato nel bilancio, salvo che non venga contestata la legittimità del bilancio stesso.

Se, invece, non esiste un bilancio o un inventario, l’Amministrazione avrà la facoltà di valutare autonomamente il valore della partecipazione, rettificando, se del caso, le dichiarazioni effettuate dall’erede.

37 Cfr. A. BUSANI, Esenti le quote delle società semplici, Il Sole 24 Ore del 27 gennaio 2018, 19.

38 Cfr. Agenzia delle Entrate, Risposta all’interpello n. 38 del 7 febbraio 2020; Si veda, inoltre Quesito Tributario n.

12-2015/T, Cessione di partecipazioni in società di persone – Applicabilità art. 3, comma 4-ter D.Lgs. 346/1990 – Condizioni;

39 Cfr. M CARONE – M. PISCETTA, La società semplice e l’organizzazione dei patrimoni familiari, 2019.

40 Cass. Civ. n. 15187/2010, Cass. Civ. n. 23462/2007, Cass. Civ. n. 993/2000 e Cass. Civ. n. 6915/2003.

41 Corte Cost. n. 250/2002.

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Una volta determinata la base imponibile l’imposta verrà determinata applicando le aliquote e le franchigie ordinariamente disciplinate dall’art. 2, comma 48, del D.L.

262/2006.

Nello specifico:

- aliquota del 4% in caso di trasferimento a favore del coniuge o dei parenti in linea retta con una franchigia di 1.000.000,00 euro;

- aliquota del 6% in caso di trasferimento a favore di fratelli o sorelle, con una franchigia di 100.000,00 euro;

- aliquota dell’6% in caso di trasferimento a favore di altri parenti fino al quarto grado e affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo grado, senza alcuna franchigia;

- aliquota dell’8% in tutti gli altri casi, senza la previsione di alcuna franchigia.

In caso di trasferimenti effettuati a favore di soggetti con disabilità grave, ai sensi della Legge n. 104 del 1992, la franchigia viene elevata ad 1.500.00,00 euro, oltre la quale vengono applicate le aliquote sopra indicate in relazione al grado di parentela.

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