• Non ci sono risultati.

Come trasformare tutto in un sogno ad occhi aperti?

137

AUTORE. – L’avvenimento è più importante del testo.

Gli avvenimenti mi disorientano. Per questo ora scriverò sui non-avvenimenti, cioè sulle cose ed il loro straordinario mistero.

È curiosa la sensazione di scrivere. Mentre scrivo non penso né al lettore né a me: in quel momento sono – ma solo di me – sono le parole propriamente dette.

ANGELA. – Mi piacciono le parole. A volte mi viene una frase libera e fasulla, senza nulla a che vedere con il resto di me. Scriverò da ora in poi in questo diario, nei giorni in cui non c’è nulla in più da fare, le frasi quasi al limite di non avere senso ma che suonano come parole amorose. Dire parole senza senso è la mia grande libertà. Poco mi importa di essere capita, voglio l’impatto delle sillabe offuscanti, voglio il nocivo di una parola malvagia. Nella parola c’è tutto. Vorrei, tuttavia, non avere questo desiderio sbagliato di scrivere. Sento che vengo spinta. Da chi?

Io voglio scrivere con parole così legate le une alle altre che non ci siano intervalli tra me e loro.

Io voglio scrivere molto arrabbiata. Io vengo da lontano. Molto lontano. E da me viene l’odore puro di cherosene.

AUTORE. – La parola è la deiezione del pensiero. Scintilla.

Ogni libro è sangue, è pus, è escremento, è un cuore ritagliato, è nervi frammentati, è uno shock elettrico, è sangue che coagula e scorre come lava che ribolle giù per la montagna.

ANGELA. – Oh, non voglio più esprimermi con le parole: voglio farlo “baciandoti”.

138

AUTORE. –Io che scrivo, occasionalmente cerco per ogni parola l’esplodere incosciente di un sentimento straziante.

ANGELA. – Ho voglia di scrivere e non ci riesco. Ho voglia di scrivere una storia intitolata “Un Piede”. È un’altra intitolata “Che aspra sei”. Ciò che scrivo è senza interlinea? Se così fosse, sarei perduta.

Il romanzo che vorrei scrivere è “È come Tentare di Ricordarsi. E non Riuscirci”. “C’è un libro in ciascuno di noi”, dicono. E poi magari avrei voluto far uscire da me un libro, che avrei scritto se avessi talento per farlo, oltre alla perseveranza.

Mi sento come una sirena fuori dall’acqua. A metà di me le squame sono come gioielli che risplendono al sole della vita. Visto che sono uscita dal mare verso la vita. E mi ritorco su uno scoglio pettinando i miei lunghi capelli salati. Non so perché ho scritto questo, penso per non dimenticarmi di annotare qualche cosa.

Io non scrivo, perché sono pregiudiziosa e svolazzante. Voglio vivere troppo e penso che scrivere non sia vivere. Che basta sentire. Non posso fare nulla per me in questo senso: mi sono già liberata della mia macchina ed esigo essere consegnata al mio destino.

AUTORE. – Non scrivo perché voglio. Scrivo perché ne ho bisogno. Altrimenti che cosa ne farei di me?

Tutto ciò che continuo ad essere o a fare o a pensare ha un accompagnamento musicale. Ci sono giorni interi e consecutivi che sono accompagnati da un potente e malinconico organo. Quando sono difficile per me stesso l’accompagnamento è a quartetto.

Quasi non so che cosa sento, se veramente sento. Ciò che non esiste comincia ad esistere nel ricevere un nome. Io scrivo per far esistere e per esistermi. Fin da bambino ho cercato il soffio della parola che da vita ai sussurri. Solo che non sono diventato un vero scrittore perché mi perdo troppo tra le vite e la mia vita. E anche perché ho bisogno di mettere ordine nella mia vita, in questo caos di cui è fatta questa vita grave ed inammissibile. Non riesco ad associarmi alla mia vita.

Grave come un ragazzino di 13 anni. Grave come una bocca aperta che canta. L’annunciazione.

139

Vedere è un miracolo. Come descrivere una piramide? Come descrivere una luce accesa?

ANGELA. – Ho tanta vergogna di scrivere. Anche se non pubblico. Quando la gente parla con Dio non deve usare parole. L’unico modo di contatto è quello di un’attitudine muta e viva, come il puntatore di un’incosciente e saggia bussola.

AUTORE. – Mi strumentalizzano quando mi chiamano scrittore. Non lo sono mai stato e mai lo sarò. Mi rifiuto di avere il ruolo dello scriba nel mondo.

Io odio quando mi ordinano di scrivere o quando si aspettano che io scriva. Una volta ho ricevuto una lettera anonima che mi offriva spiritualmente un musical purché io continuassi a scrivere. Risultato: ho smesso completamente. Il solo che comanda in me – sono io.

ANGELA. – Io non scrivo complicato. È liscio come il mare calmo con onde che si sparpagliano candide e fredde: Agnus Dei.

Ma qualcuno mi sente? Allora grido forte: mamma, e sono figlia e sono madre. E ho in me il virus della violenza crudele e dell’amore dolcissimo. Figli miei: vi amo con il mio povero corpo e la mia anima ricca. E giuro di dire la verità e solo la verità. Avvolta dal terrore. Amen.

Ho messo al suo luogo ogni cosa. È proprio così: al suo luogo. Perché “a posto” ricorda il pus di una ferita brutta e marrone sulla gamba di un medicante e la gente si sente così in colpa a causa della ferita con il pus del mendicante e il mendicante siamo noi, i degradati.

Tanto delicato e vibrante come captare una stazione musicale nella radio a batterie. Anche la batteria nuova a volte non funziona. E all’improvviso arriva chiara o fortissima o benedetta la stazione che voglio, leggera come una mosca. Chi ha già parlato sul rumorino secco e breve che fa il fosforo quando si accende la fiamma rovente e arancione?

Sto aspettando l’ispirazione per vivere.

Mi piacciono tanto i bambini, mi piacerebbe tanto pubblicare un figlio che si chiama João.

140

AUTORE. – A questo libro manca un’esplosione. Uno scandalo. Una prigione. Ma non ci sarà una prigione in questo libro, e lo scoppio è un’esplosione.

Angela scrive cronache per il giornale. Cronache settimanali, ma non è soddisfatta. La cronaca non è letteratura, è paraletteratura. Gli altri possono giudicarle di buona qualità ma lei le considera mediocri. Quello che voleva era scrivere un romanzo ma questo è impossibile perché non avrà fiato ancora per molto. I suoi racconti sono stati rifiutati dalle case editrici, alcune dicevano che erano molto distanti dalla realtà. Tenterà di scrivere un libro all’interno della “realtà” degli altri, ma questo sarebbe imbastardirsi. Non sa che cosa fare. Intanto la sua attuale tappezzeria se ne sta andando: tesse mentre gli amici e le amiche stanno parlando. Per evitare di rimanere a mani vuote, continua a tessere ore e ore. Nella prima e unica esposizione di tappezzerie. Da quel che sembra è migliore come tappezziera che come cronista.

141

Documenti correlati